quarto capitolo de "I promessi sposi"

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura
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Testo

CAPITOLO IV° DE “I PROMESSI SPOSI”
RIASSUNTO:
Padre Cristofaro si mosse dal convento di prima mattina incontrando sui suoi passi tanta povera gente affamata, che non osava chiedergli l’elemosina sapendolo cappuccino e quindi votato alla povertà. Questo spettacolo per il frate era molto doloroso e soffriva tantissimo a vedere queste cose. Poiché nel romanzo questo personaggio occupa un gran posto, Manzoni ha pensato di darne descrizione della sua vita passata.
Ci dice che era un frate che mostrava di avere circa sessant’anni. Il suo nome, quello di Padre Cristofaro, non era quello di battesimo. Egli, infatti, si chiamava Lodovico ed era figlio di un ricco mercante il quale soffriva del fatto che la gente non lo reputava essere di sangue nobile ma lo considerava solamente un mercante arricchito e in quel tempo l'appellativo di mercante utilizzato con disprezzo. Egli, infatti, temeva di essere schernito e per tanto, per fare dimenticare la sua modesta origine, aveva avviato allo studio delle lettere suo figlio e allo stesso tempo gli aveva dato un maestro che lo abituasse agli esercizi cavallereschi come fanno tutti i giovani nobili. Crescendo, questo giovane, si accorse, però, di essere escluso dalla nobile società del tempo e nello stesso tempo in lui sorse un odio verso tutto ciò che apparteneva al mondo dei nobili. Un certo giorno Lodovico, con un suo servo fidato di nome Cristoforo e seguito da due Bravi, incontrò per la strada un signorotto che in virtù del fatto di avere il sangue nobile pretese che lui gli cedesse il passo, al ché il Lodovico si rifiutò. Quel signore dopo aver schermito Lodovico ordinò ai suoi Bravi di punirlo. Si arrivò così allo scontro armato fra i due a cui parteciparono anche i loro Bravi. Capitò che Lodovico ebbe la peggio e stava per essere ucciso quando il suo fedele servitore, Cristoforo, intervenendo in suo aiuto fu colpito a morte. La reazione del giovane fu talmente violenta che con un colpo di spada ammazzò il signorotto. I Bravi di entrambe le parti scapparono via e Lodovico spaventato per quello che era successo rimase atterrito lì a guardare quel brutto spettacolo. Nel frattempo la folla, che si era fermata a guardare i duellanti, quando comprese che il caduto era quel signore di cui tutti conoscevano il pessimo carattere e preoccupati che Lodovico venisse arrestato, gli consigliarono di rifugiarsi nel vicino convento dei cappuccini, luogo che a quei tempi godeva del diritto di asilo per chi era cercato dalla giustizia. La famiglia del morto si recò al convento dei frati per punire Lodovico, con un atteggiamento che faceva intendere che avevano solamente voglia di vendetta e non erano alquanto dispiaciuti per la morte del loro caro. Il padre guardiano allora uscì e andò a calmare le acque tranquillizzando il fratello del morto. Mentre Lodovico era rifugiato, pentito per quello che aveva fatto, decise di compensare questo suo peccato divenendo un frate cappuccino. Chiese pertanto al guardiano di poter realizzare questa sua richiesta, il padre guardiano accettò e Lodovico lasciò così il suo nome di battesimo e prese quello di Fra Cristoforo in ricordo del suo fedele servo morto per difenderlo. Nel contempo fece voto di povertà e donò tutti i suoi averi alla moglie e ai figli di lui. Quindi pronunzio i voti religiosi e prima di partire per andare a fare il noviziato in un altro convento chiese di poter incontrare il fratello dell’ucciso per chiedergli personalmente perdono per quello che aveva fatto. Uno il padre guardiano si recò così a casa del fratello del ucciso insieme si misero d'accordo sul da farsi, cioè il fratello acconsentì a perdonare Lodovico, ma in cambio quest'ultimo doveva lasciare il paese; dopo aver dettato queste condizioni stabilire un appuntamento per il giorno seguente. Così il giorno dopo Padre Cristoforo andò a cercare questo signore e alla presenza di tutti i parenti dell’ucciso chiese umilmente il perdono che gli fu accordato. Ci fu un tripudio generale e il padrone della casa offrì un rinfresco ai presenti invitando ad esso lo stesso Padre Cristoforo. Questi ringraziò per l’invito ma, prima di andar via, chiese che gli venisse dato come elemosina un Pane che per lui avrebbe significato il perdono ricevuto. Queste furono le ragioni della vocazione di Padre Cristoforo che si mise così definitivamente al servizio degli oppressi. Dopo questa lunga digressione Manzoni si presenta padre Cristoforo già davanti a casa di Agnese Lucia che lo accolgono con un “ oh padre Cristoforo! Sia benedetto!”.
SPAZIO:
il capitolo si apre con la descrizione di Pescarenico, paesino sulla riva sinistra dell'Adda, era situato appunto il convento di Fra Cristoforo . Lungo il cammino verso casa di Lucia Fra Cristoforo ripensa alla sua vita e la nuova ambientazione sia nel paese d'origine di Fra Cristoforo che viene però indicato con *** per mantenere l'anonimato. Il primo luogo dove si svolge un a azione narrativa è un luogo aperto, precisamente “per una strada della sua città”(verso 117), e qui si svolge il duello tra Lodovico e il suo rivale. Alla fine del duello, terminato con la vittoria di Lodovico, la storia si sposta in un convento di cappuccini, che si trovava nelle vicinanze, e che a quel tempo era rifugio per qualunque persona stesse per subire un'ingiustizia (“asilo, come ognun sa, impenetrabile allora a’ birri” vr. 185/ 186). Il terzo luogo dove si conclude la vicenda, è la casa del fratello dell'ucciso, che simboleggia “la tana”degli oppressori. La storia si conclude con la partenza di Fra Cristoforo per un altro convento, ma siamo all'oscuro del suo nome.
TEMPO:
Possiamo dire che il capitolo è come un lungo flashback, che si interpone tra la storia di Renzo e Lucia. L'inizio del racconto, quindi la fine della storia, sia al verso 30, quando Manzoni ponendosi alcune domande introduce così la storia di Fra Cristoforo: ma perché si prendeva tanto pensiero di Lucia? e perché, al primo affido, si era mosso con tanta sollecitudine, come una chiamata del padre provinciale? e chi era questo padre Cristoforo?-bisogna soddisfare tutte queste domande.
Il capitolo si conclude con una riflessione da parte di Manzoni sulla psicologia e sul carattere di padre Cristoforo, e proprio nelle ultime righe il racconto finisce e rinizia il tempo della storia con l'arrivo da parte di padre Cristoforo a casa di Lucia spazio (“ma, intanto che noi siamo stati a raccontare i fatti del padre Cristoforo, è arrivato...”verso 415).
Infine, con nella scena dell'incontro di Fra Cristoforo con Lucia e Agnese, il tempo della storia, che nella retrospezione era risultato nullo e come sospeso, torna infatti a ricongiungersi e a coincidere col tempo del racconto.
MARCHE TEMPORALI:
- il sole non era ancora apparso l'orizzonte; (vr. 1);
- Pochi giorni,( vr. 14);
- Giorno dopo, (vr. 19);
- Quel giorno,(vr. 22);
- Quella mattina,(vr.27);
- Questa mattina,(vr. 50);
- Un giorno: (vr.117);
- 15 ottobre 1627 (vr. 149);
- 1620,(vr. 157);
- A mezzogiorno: (vr. 300);
- Un giorno,( vr. 333);
- Quest’anno, (vr.339).
- Quel giorno terribile: (vr. 381);
PERSONAGGI:
SISTEMA E PRESENTAZIONE
PRINCIPALE: Lodovico (fra Cristoforo)
SECONDARI: padre guardiano, da famiglia del ucciso, Cristoforo e il padre di Lodovico.
Tutti personaggi sono sempre presentati dal narratore, a parte lo ci sono che verrà presentato anche dalla folla, la quale compare per la prima volta nel romanzo (“com'è andata?... sono due... quel prepotente... ha finito anche lui... una le paga tutte... salvatelo salvatolo... scappi scatti" vr da 176 a 181).
CARATTERIZZAZIONE:
FRA CRISTOFORO
FISICA: era un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant'anni. Il suo capo raso, salvo una piccola corona di capelli, che vi girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s'alzava di tempo in tempo, con un movimento che lasciava trasparire un so che d’ altero ed inquieto... la barba di anche lunga, che gli copriva le guance il mento... forme rilevante della parte superiore del volto (vr da 33 a 40).
SOCIALE: frate cappuccino. (“ padre” vr. 33 e “cappuccinesco” vr.36),
PSICOLOGICA: per molti tratti è uguale alla psicologia di Lodovico, significante però alla caratterizzazione che ci viene data da Manzoni alla fine del racconto, dopo il perdono: “sempre con gran voglia, e con gran cura, gli Uffizi gli venivano ordinariamente assegnati, di predicare ed assistere i moribondi, non lasciava mai sfuggire un'occasione d'esercitarne due altri, che non si era imposte da sè: accomodare differenze e proteggere oppressi... quella sua vecchia abitudine, e un resticciolo di spiriti guerreschi, che l'umiliazioni e le macerazioni non avevano potuto spegner del tutto. Il suo linguaggio era abitualmente umile e posato, ma quando si trattasse di giustizia o di verità combattuta, l'uomo s'animava, e a un tratto, dell'impeto antico, che, se con secondato e modificato da un'enfasi solenne, venutagli dall'uso del predicare, dava quel linguaggio un carattere singolare” vr. da 388 a 398.
LODOVICO
FISICA: giovane (“giovinetto” vr. 80)
SOCIALE: figlio di un mercante (vr. 47), dopo la morte del padre resta molto ricco (vr.79).
PSICOLOGICA: ha molte inimicizie, invidie ed è ridicolo. È di indole onesta, insieme violenta... si sente un orrore spontaneo e sincero per le angherie e per i soprusi... prende volentieri le parti d'un debole sopraffatto... si intromette in una briga e se ne tira addosso un'altra... protettore degli oppressi, e un vendicatore dei torti... è tribolato continuamente da contrasti interni una temi doveva tenersi intorno un buon numero di bracci... doveva sceglierei più arrischiati... più di una volta gli era saltata la fantasia di farsi frat. (verso da 93 a 113).
È sconvolto dalla morte di Cristoforo e per aver ucciso una persona (“ il cadere del suo nemico, l'alterazione di quel volto, che passava in un momento, dalla minaccia e dalla furia all'abbattimento e alla quiete solenne della morte, fu una vista che cambiò, in un punto l'animo dell'uccisore” vr 195/196/197/198).
PADRE DI LODOVICO
FISICA: non è presente.
SOCIALE: mercante abbastanza ricco (“trovandosi se fornito di beni e con quell'unico figlio” vr.48/49/59).
PSICOLOGICA: si era dato a vivere da signore (vr. 50), si vergogna di tutto quel tempo che aveva speso fare qualcosa in questo modo... studiava tutte le maniere di fare dimenticare che era stato mercante: avrebbe voluto dimenticarlo anche lui... temendo sempre di essere schernito... e tu col figlio nobilmente... gli diede maestri di lettere ed esercizi cavallereschi (vr da 50 a 80).
CRISTOFORO
FISICA: giovane(verso 117),. Era un uomo di circa quarant'anni. (Verso 119);
SOCIALE: altre volte giovane di bottega e, dopo chiusa questa, diventato maestro di casa(verso 117);
PSICOLOGICA: affezionato dalla gioventù a Lodovico, che aveva veduto nascere, e che, tra salario regali, gli dava non sono da vivere, ma di che mantenere tirar su una numerosa famiglia. (Verso 120 e 121).
PADRE GUARDIANO
SOCIALE: padre guardiano (vr. 255);
PSICOLOGICA: il padre guardiano una persona molto furba e con i suoi modi riesce sembra convincere le persone (“garbatamente... soavemente... che cessa non piacesse, la cosa doveva essere... il guardiano aveva già deliberato che questo fosse fatto... e tutto fu concluso”vr da 258 a 267). Inoltre padre ha sempre un secondo fine, cioè quello di portare guadagno al convento ("al guardiano parve che un tal passo, oltre all'essere buono in sala, servirebbe a riconciliare sempre più la famiglia col convento" diverso 288 e 289 ).
LA FAMIGLIA DELL’UCCISO: è sicuramente composta da almeno un fratello vecchio zio, due cugini e un vecchio zio(verso 217). Inoltre vi è una grande parentela (“tutta la parentela” verso 295). Inoltre della famiglia sappiamo che non è dispiaciuta particolarmente per la morte del famigliare ma è interessata solamente a farsi vendetta per rendere grande in non infangare il nome della famiglia (“ la storia non dice che a loro dolesse molto dell'ucciso, e nemmeno che una lagrima fosse stata sparsa per lui, in tutto il parentado: dice soltanto che erano tutti smaniosi d'avere nelle unghie l'uccisore, o vivo o morto. Verso 244,245, 246 ).
LA FOLLA: compare per la prima volta nel romanzo la folla che può essere divisa in folla popolana e folla dei nobili. In folla popolana dopo aver assistito muta argomentata all'epilogo del duello, spinta da un suo istintivo impulso di giustizia aiuta Lodovico rifugiarsi nel convento. La folla dei nobili, invece, viene presentata a si tratta nel palazzo del fratello dell'ucciso per assistere alla pubblica umiliazione dell'uccisore. Queste due folle sono molto diversi anche simbolicamente perché la prima rappresenta la spontaneità e la seconda rappresenta un mondo dove tutto è organizzato e si fanno le cose sempre fine a se stessi e con un secondo fine.
TEMI:
in questo capitolo sono presenti numerosi temi, molti dei quali ci vengono introdotti dall'autore della prima parte del capitolo durante la descrizione della natura. Nelle foglie che si staccano troviamo il tema della morte e quello della fragilità umana (anticipa il 900).
Il primo tema che incontriamo è quello della carestia di cui abbiamo una fortissima descrizione della quale Manzoni analizza attentamente tutto ciò che circonda Fra Cristoforo: "spettacolo de’ lavoratori sparsi ne’ campi, aveva qualcosa d’ancor più doloroso. Alcuni andavan gettando le lor semente, rade, con risparmio, e a malincuore, come chi arrischia cosa che troppo gli preme..." (vr.21 in poi).
Tra i temi di fondo troviamo anche il puntiglio della società del 600 e l'orgoglio.
Il primo , è prodotto in una realtà sociale che divideva gli uomini in caste impenetrabili le une alle altre, e che tortura l'onesto mercante padre di Lodovico, sollecitandone i vani e risibili sforzi di promozione sociale, e inchioda un falso ruolo il figlio che non potendo godere alla pari della compagnia dei nobili, si metta competere con loro: "i bravi dell'uno dell'altro eran rimasti fermi , ciascuno dietro il suo padrone, guardandosi in cagnesco, con le mani alle daghe, preparati alla battaglia. La gente che arrivava di qua e di là, si teneva in distanza, a osservare il fatto; e la presenza di quegli spettatori animava sempre più il puntiglio de’ contendenti", (vr. 144-147).
Il secondo tema, cioè quello dell'orgoglio, lo troviamo invece nel momento in cui viene descritta la presenza di tutta la parentela alla cerimonia del perdono: troviamo infatti una società che non è dispiaciuta per la morte di un un suo caro, ma si sente ferita nell'immagine e nei suoi desideri più grandi c'è la voglia di vendetta che viene poi sostituito dal semplice desiderio di avere una rivincita nei confronti di Fra Cristoforo e provare finalmente un po' di soddisfazione: il gentiluomo pensò subito che, quanto più quella soddisfazione fosse solenne e clamorosa, tanto più accrescerebbe il suo credito presso tutta la parenti e la, che presso il pubblico; e sarebbe una bella pagina nella storia della famiglia, (vr. 295,296,297).
REGISTRI LINGUISTICI:
Viene utilizzato per quasi tutta la vicenda un registro informale, soprattutto quando Manzoni dà spazio alle parole della folla (“chi cerca trova... una le paga tutte... che colpo!...” vr. da 175 a 182). È utilizzato sicuramente un registro formale invece quando c'è lo scambio di parole tra Lodovico e il signore che incontra per la strada, si parlano entrambi rimanendo distaccati, ma Lodovico rispetta in un primo momento quel signore, lui al contrario fin da subito lo disprezza e lo schernisce (“Co’vostri pari, e sempre mia” vr. 142).
Notiamo, infine, un evidente cambio di registro linguistico al rigo 315 quando ferma l'azione narrativa per descrivere l'espressione del volto di Fra Cristoforo: "c'è talvolta, nel volto e nel contegno d’un uomo, un'espressione così immediata, si direbbe quasi un'effusione dell'animo interno, che, in una folla di spettatori, il giudizio sopra quell'animo sarà uno solo. Il volto e il contegno di Fra Cristoforo...", (vr. 315 e seguenti).
FIGURE RETORICHE:
- Similitudine ("si vedeva la sua luce, dalla sommità dei monti opposti, ascendere, come spiegandosi rapidamente, giù per i pendii, e nella valle" verso 8, 9,10 );
- Similitudine ("gettando le loro semente, frate, con risparmio, e a malincuore, come chi arrischia cosa che troppo gli preme" verso le 23 chiusa parentesi;
- Metonimia ("svogliatamente la zolla”verso 24);
- Ossimoro (“umiltà disinvolta”verso 255);
- Metonimia (“tra forze nel sacco”verso 278);
COMMENTO PERSONALE:
il capitolo con una prima lettura può sembrare abbastanza noioso perché tratta di un unico argomento o meglio di un'unica storia in tutte le sue pagine. Ma analizzandolo si capisce che Manzoni non ha fatto questa grande digressione solamente per “ allungare” il libro, mai suo scopo è quello di farci capire a fondo la personalità di fra Cristoforo che incomincia a diventare un personaggio molto importante che influirà sicuramente sulle idee di Renzo, Lucia e Agnese. Sia particolarmente colpito il fatto che fra Cristoforo abbia queste due personalità molto diverse una buona calma e dedita agli oppressi, l'altra orgogliosa e irruente. Fra Cristoforo bisogna riconoscere che comunque è molto bravo a far prevalere la prima sulla seconda.

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