Poesie

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

Voto:

1.5 (2)
Download:2171
Data:22.03.2001
Numero di pagine:9
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
poesie_2.zip (Dimensione: 14.3 Kb)
trucheck.it_poesie.doc     25 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Stefano De Rossi 5°B
Analisi poesia “DALLA SPIAGGIA”

Pascoli incluse la poesia “Dalla Spiaggia” nella famosa raccolta Myricae nel 1894 essendo accomunata agli altri componimenti dall’ambientazione naturale nella quale il poeta osserva la realtà e la interpreta. Infatti come è chiarito dapprincipio nel titolo, è dalla spiaggia che Pascoli ha la sua particolare visione del mare, elemento naturale che consente alla sua mente di fanciullino di immaginare, di intuire laddove il mare si ricongiunge al cielo, ossia nella linea dell’orizzonte, le rovine di un tempio antico che si erge maestoso sulle sue colonne di candido splendore. Mentre il poeta immagina che tutto ciò gli venga cantato dal mare stesso attraverso il ripetitivo movimento delle onde sulla risacca, la visione, che aveva lasciato un’atmosfera quasi di sospensione, svanisce lasciando il posto alla cruda realtà. Il fantastico colonnato lascia il posto a due concretissime imbarcazioni, sole nella distesa d’acqua, immobili, quasi smarrite. Risulta evidente dal punto di vista del significato la divisione all’interno della poesia che è rimarcata dalla stessa struttura formale. La prima parte, caratterizzata da colori luminosi quali il bianco e l’azzurro, da una sovrabbondanza di luce che viene riflessa sia dalla superficie del mare sia dalle colonne del tempio e da un’apertura, resa anche dall’uso di vocali aperte in successione (che rimane limitata nello spazio anche se indeterminata), si contrappone chiaramente alla seconda in cui spicca un colore più deciso come il nero e il tutto è pervaso da una sensazione di infinità che può risultare persino opprimente. Da notare come nella prima parte sia subito il mare, percezione sensibile, a caratterizzarsi concretamente e ad esso venga accostato in un secondo momento l’elemento illusorio costituito dal tempio. Invece nella seconda parte sono le barche ad essere subito definite, mentre in un secondo momento non viene presentato il mare, bensì un qualcosa di infinito e quindi indefinito ai sensi in cui le due imbarcazioni sono abbandonate.
Le tematiche sviluppate da Pascoli in questo componimento non costituiscono uno stacco dalla norma e si possono suddividere in tre sezioni fondamentali. Il sentimento di solitudine trasmesso dall’immagine delle due barche abbandonate, la percezione della morte suggerita dall’immagine delle bare smarrite nell’infinito, e il contrasto tra illusione fanciullesca e realtà cosciente che accompagna lo svolgersi stesso della poesia. La contrapposizione è poi rimarcata se s’interpreta il bianco colonnato come l’immagine del nido familiare che è candido, solitario, in rovina perché ormai impoverito ma pur sempre protettivo e puro, e le barche-bare come l’apparizione dei defunti che assillano la memoria e la coscienza del poeta lasciandogli poco tempo all’immaginazione e costituendo una presenza ricorrente e inquietante.
Si nota facilmente che la divisione in blocchi distinti è suggerita anche dall’interrogativa centrale dei vv. 9 e 10, in cui il poeta si rende conto dello scarto presente tra le sue capacità extrasensoriali di veggente con cui carica la realtà di sogni, fantasmi e di significati ulteriori, e la normale veduta di un uomo che scorge gli oggetti materiali. Ma anche qui intravede qualcosa aldilà dell’oggetto stesso e si affida al linguaggio analogico per esprimerlo: le barche diventano la concretizzazione di un elemento appartenente ad una realtà ulteriore. Le nere bare simboleggiano infatti la morte. Un’altra metafora è riscontrabile nei primi versi, in cui i riflessi che la luce del sole produce sul lento movimento della superficie del mare sono paragonati alla tessitura di una maglia.
Da un punto di vista metrico la poesia è suddivisa in sei strofe costituite da endecasillabi. La prima parte si divide in una quartina con rima alternata A-B-A-B e in due distici con rima baciata e la medesima struttura si ripete nella seconda parte che coincide quindi con la prima. Inoltre il secondo distico di entrambe le parti ha il medesimo significato e offre le stesse informazioni, ossia che ci troviamo d’estate e che il mare s’infrange dolcemente a riva producendo un suono che culla l’ascoltatore. Entrambi i distici che si incontrano per primi nelle due sezioni riprendono la stessa figura presentata nella rispettiva quartina. Sintatticamente il componimento è costituito da frasi brevi, coordinate fra loro e suddivise dalla punteggiatura che quindi coincidono ovunque con l’estensione dei versi.
Il carattere evocativo e illusionistico di questa poesia in cui un elemento naturale viene presentato con tratti impressionistici e si colloca in un’atmosfera illusoria è tipico della raccolta in cui è inclusa ed è facilmente riscontrabile anche in “Novembre”. Qui Pascoli osserva la realtà che lo circonda facendola svanire e sfumare in una realtà illusoria alla quale poi subentra nuovamente la prima, caricata però della dimensione non realistica e soggettiva della morte.

STEFANO DE ROSSI
CLASSE 5°B

La capinera

Il tempo si cambia: stasera
vuol l'acqua venire a ruscelli.
L'annunzia la capinera
tra li àlbatri e li avornielli:
tac tac.
Non mettere, o bionda mammina,
ai bimbi i vestiti da fuori.
Restate, che l'acqua è vicina:
udite tra i pini e gli allori:
tac tac.
Anch'essa nel tiepido nido
s'alleva i suoi quattro piccini:
per questo ripete il suo grido,
guardando il suo nido di crini:
tac tac.
Già vede una nuvola a mare:
già, sotto le goccie dirotte,
vedrà tutto il bosco tremare,
covando tra il vento e la notte:
tac tac.

Il componimento poetico, scritto da Pascoli all’inizio del nostro secolo, rivela fin dai primi versi l’ambientazione rurale che il poeta scelse per l’intera raccolta cui il testo appartiene. Si rivela subito fondamentale da un punto di vista simbolico il riferimento al quadro di campagna e la descrizione d’elementi semplici e umili del paesaggio, poiché se da un lato emerge il timore fanciullesco di Pascoli verso la vita cittadina, dall’altro traspare la sua concezione della poesia che si distacca dalla tradizione classica, trovando ispiranti e poetici non solo temi aulici, ma anche le piccole cose della natura.Ecco infatti, che un anonimo volatile come la capinera diventa il fulcro tematico della poesia affiancato da un altro elemento naturale quale la pioggia. I numerosi termini del lessico botanico sono qui presentati dal poeta con una precisione scientifica che ne testimonia l’adesione alla corrente del positivismo.La capinera stessa, gli albatri, gli avornielli, i pini, gli allori, i crini sono esempi della minuziosa ricostruzione del paesaggio attraverso cui egli riesce a giungere all’essenza vera e propria delle cose.
L’avvicinarsi dell’acquazzone che minaccia la tranquillità dell’ambiente descritto, viene annunciato con un grido ripetuto dalla pronta capinera che funge da vedetta per gli altri abitanti del bosco. Anche la madre, altra protagonista simbolica della poesia, è avvertita dall’uccello del pericolo che incombe e ammonita a rimanere con i figlioli all’interno del nido domestico.
Il suono prodotto dal verso dell’animale è espresso dal poeta con l’uso dell’onomatopea tac-tac situata alla fine d’ogni quartina in una posizione di assoluta rilevanza metrica, che può essere considerata anche come un’anafora. Da un punto di vista fonico inoltre sono rimarcabili sia l’allitterazione della lettera s nel primo verso che quella della a nel v.3. Esaminando ulteriormente il testo, si notano sia le rime alternate, sia i versi novenari, talora legati da enjambement come tra i vv. 1-2 in cui si evidenzia la portata dell’evento, o tra i vv.3-4, come anche tra i vv. 11-12. La sintassi è paratattica e vi sono numerose inversioni dell’ordine usuale della frase come l’iperbato nel v.2 vuol l’acqua venire per l’acqua vuol venire; oppure nel v.3 l’annunzia la capinera con lo scambio soggetto-verbo, o ancora le due anastrofi soggetto-attributo nei vv 6 (bionda mammina) e 11 (tiepido nido). L’unica metafora notevole si trova alla fine del secondo verso poiché per indicare la notevole quantità di pioggia che sta per cadere sulla zona, il poeta utilizza l’espressione l’acqua venire a ruscelli. Altre figure retoriche sono presenti al v.8, al v.17 e al v.13, rispettivamente due metonimie, in cui l’acqua e le gocce sostituiscono la pioggia, e un’impersonificazione, in cui la capinera viene resa capace di emettere un grido, quasi fosse un essere umano. Fondamentale per la comprensione del componimento è riuscire a cogliere l’analogia sottintesa tra la bionda mammina e la capinera. Entrambe sono figure materne che si prendono cura dei loro figli, costituendone apparentemente l’universo degli affetti. Infatti, l’immagine del nido (parola chiave della poesia) è caratterizzata in entrambi i casi dall’assenza della figura paterna, scelta forse condotta dal poeta con chiaro riferimento alla sua reale esperienza, senza però che questo comprometta la sicurezza e il tepore che essa esprime. Tuttavia mentre l’animale riesce subito ad avvertire il pericolo e custodisce gelosamente il nido, la madre è esortata dal poeta a proteggere i figli, affidandosi al segnale rivelatore della capinera. Se la pioggia può essere intesa metaforicamente come raffigurazione di tutti i pericoli che il mondo esterno presenta, allora il nido è un luogo ideale di estrema protezione e sicurezza. Sarà quindi dall’alto del suo rifugio che la capinera osserverà la scena circostante, costituita da elementi inquietanti, come il bosco tremare o tra il vento e la notte, espressioni utilizzate da Pascoli ancora una volta per evidenziare il contrasto tra i due mondi: quello della casa, degli affetti e della serenità, e quello esterno, pericoloso e minaccioso.

Stefano De Rossi

La ritirata in Piazza Aldrovandi a Bologna

Piazza Aldrovandi e la sera d’ottobre
Hanno sposate le bellezze loro;
ed è felice l’occhio che le scopre.
L’allegra ragazzaglia urge e schiamazza,
che i bersaglieri colle trombe d’oro
formano il cerchio in mezzo della piazza.
Io li guardo: Dai monti alla pianura
Pingue, ed a quella ove nell’aria è il male,
convengono a una sola vita dura,
a un solo malcontento, a un solo tu;
or quivi, a un cenno del lor caporale
gonfian le gote in fior di gioventù.
La canzonetta per l’innamorata,
un’altra che le coppie in danza scaglia,
e poi, correndo già, la ritirata.
E tu sei tutta in questa piazza, o Italia.

La serena disperazione è il titolo scelto da Umberto Saba per la raccolta di poesie, scritte negli anni precedenti alla Grande guerra e confluite poi nel Canzoniere, a cui questa lirica appartiene. L’utilizzo dell’ossimoro, per cui un termine che si riferisce alla tranquillità e alla gioia viene accostato a un sostantivo che indica il male di vivere, è significativo della visione del poeta, il quale considera gioia e dolore come due elementi costitutivi inscindibili della natura umana.
L’argomento della poesia è un momento d’allegria regalato dai bersaglieri al pubblico della piazza dopo le esercitazioni. Viene precisata sia l’ambientazione temporale (sera d’ottobre), sia quella spaziale (Piazza Aldrovandi) in cui la scena si svolge.Il poeta funge da spettatore, osservando l’arrivo dei bersaglieri provenienti da tutta Italia che suonano vari motivi con la tromba sotto il segnale del loro comandante e poi di corsa rientrano in caserma come le parti di un unico corpo, concludendo il lieto avvenimento che aveva raggruppato un modesto pubblico.
La metrica è piuttosto regolare, con versi endecasillabi variamente interessati da sinalefe, dialefe e sineresi e disposti in cinque terzine con l’aggiunta di un ultimo verso isolato, che acquista una notevole espressività. Le rime sono incatenate, sostituite in qualche caso da assonanze, come al v.3 tra ottobre e scopre, oppure al v.16 tra scaglia e Italia. La punteggiatura non frastaglia i versi che anzi procedono con un ritmo allegro e scorrevole, quasi ad indicare il veloce passaggio dei soldati. Vi è un solo forte enjambement sull’aggettivo pingue che lo lega a pianura, motivato dalla necessità di unire i due versi accomunati dal fatto che descrivono brevemente le realtà della nostra penisola. Ma contemporaneamente emerge la caratteristica di Saba nell’utilizzo di un linguaggio classico con la presenza dell’anastrofe, di cui pianura pingue è un esempio. Altri enjambement dilatano talvolta il ritmo come tra i vv.1-2 in cui vengono collegati i sostantivi con i predicati, o tra i vv.4-5-6 in cui viene espressa la rapidità con cui i bersaglieri irrompono nella piazza, o ancora tra i vv.11-12. Nel testo sono inoltre presenti numerose figure sintattiche come l’anastrofe e l’iperbato nei vv 2,4, 14.
Esaminando il testo da un punto di vista lessicale è necessario precisare alcune scelte del poeta tra cui emerge subito il verbo sposare nel v.2. Infatti le bellezze artificiali della piazza vengono associate in maniera indissolubile (vista la solennità del termine) a quelle naturali offerte dalla stagione creando un tutt’uno ideale che si dispiega agli occhi di poeta e lettore fungendo da preludio al clima soave della prima parte della lirica. A prima lettura il termine ragazzaglia potrebbe sembrare dispregiativo, ma in realtà offre efficacemente l’idea della confusione e del rumore attenuato da una giovanile allegria, che fa apparire gli schiamazzi come leciti incitamenti ai bersaglieri. Poco dopo s’incontra la congiunzione che con valore causale e in sostituzione a perché. Nella terza strofa pianura pingue indica la fertilità della terra di gran parte d’Italia, contrapposta dal poeta alla malsanità di clima e ambiente della palude definita con l’espressione quella ove nell’aria è il male in riferimento alle zone malariche da bonificare.
E’ proprio nella terza strofa che si precisa sia la durezza della vita militare (con termini come malcontento), che l’ambiguità della situazione, poiché se la singola identità è abrogata, viene anche a crearsi un senso di solidarietà tra camerati. Ecco che l’aggettivo solo iterato tre volte diviene il simbolo dell’identità collettiva del corpo dei bersaglieri che racchiude giovani di tutta Italia sotto uno stesso ideale di collaborazione. Di seguito il poeta cerca di esprimere attraverso espressioni particolari la musicalità dell’evento; è così che la canzone popolare viene definita con un termine del linguaggio quotidiano la canzonetta dell’innamorata, che il motivo allegro viene reso dall’inversione dell’ordine naturale della frase quasi a suggerire la danza, e che, infine, la marcia della ritirata è suggerita dall’allitterazione della “r” in correndo-ritirata.
L’ultimo verso racchiude nella sua brevità gran parte del senso della poesia e una riflessione di Saba che vede negli avvenimenti di piazza prima raccontati l’emblema di tutta l’Italia dell’epoca, stretta in maniera un po’ ingenua, intorno ai suoi militari che presto combatteranno nella guerra.

(Stefano De Rossi)

Esempio



  


  1. evvai

    stupenda!! giovanni pascoli e 1 mito, e unico, imbattibile, formidabile..non so come abbia fatto a scrivere tutte queste grandiose poesie!