Pier Paolo Pasolini

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Testo

Nato a Bologna nel 1922, trascorse l’infanzia in diverse città d’Italia, seguendo i trasferimenti del padre militare in carriera. Si rifugiò negli anni della guerra, in Friuli, a Casarsa, paese della madre, dove si unì ad un gruppo di giovani che aveva scelto come strumento espressivo la lingua friulana, infatti, in friulano compose molte poesie raccolte in Poesie a Casarsa (1942). Utilizza il dialetto giacché lingua che esalta il suono, strumento poetico per una lingua pura; si distacca quindi provocatoriamente dalla poesia civile, esaltando i temi lirici.
Ben presto però, per le sue scelte anticonformiste, Pasolini venne in contrasto con la mentalità chiusa e conservatrice della provincia e, nel 1949 fu costretto a trasferirsi a Roma. Nei primi anni, affrontò gravi problemi economici, ma poi s’inserì nel mondo culturale e prese a svolgere un’intensa attività di giornalista, saggista, poeta, romanziere e di regista che lo portò ad una grande fama.
Nel ’47 intanto si era iscritto Pasolini al partito comunista, iniziando un’attività di militante. Nel frattempo divenne insegnante di scuola media e collaboratore di numerose riviste locali, ma nel ’49, accusato di corruzione di minorenni, venne sospeso dall’insegnamento ed espulso dal partito. Mentre il padre lo condannò, la madre gli restò sempre accanto in questo periodo difficile sia da un punto di vista economico che psicologico.
L’attaccamento alla madre ispirò a Pasolini sentimenti profondi e nello stesso tempo costituì un complesso edipico che forse fu all’origine della sua omosessualità.
Dopo il processo Pasolini si trasferì a Roma con la madre conducendo una vita d’estrema indigenza e difficoltà per l’esclusione di cui si sentiva vittima. Affascinato dal vitalismo dei ragazzi di borgata romani, di cui lo colpì il coraggio, il senso dell’avventura e la capacità di vivere alla giornata, scrisse due romanzi: Ragazzi di Vita ’55 e Una vita violenta ’59, in cui utilizzò un linguaggio di sua invenzione a metà tra gergo e dialetto. Nei due romanzi principali i protagonisti sono i giovani di borgata, un mondo di borgata descritto con precisione documentaria e con amore spassionato. Pasolini era rimasto affascinato dalla carica anarchica di questi ragazzi di vita, dal loro abbandonarsi agli istinti e agli impulsi, dalla loro capacità a sottrarsi ad ogni regola di comportamento ufficiale.
L’originalità di queste opere lo pose al centro dell’attenzione del mondo intellettuale, ma i contenuti gli valsero un processo per pornografia, da cui uscì con il ruolo di provocatore nel bene e nel male. Nel ’55 fece parte della redazione di “Officina”.
I protagonisti delle liriche pasoliniane sono il popolo nella sua inconsapevole semplicità: l’esuberanza, la mancanza di corruzione religiosa e sociale, la sventatezza animale, l’assenza di ideologia o credo, in contrapposizione ad un Pasolini dichiaratamente schierato e dichiaratamente intellettuale, l’opposto dei suoi ragazzi di vita. Quindi il ruolo dell’intellettuale nelle sue opere, profondamente scisso tra odio per la civiltà industriale e amore per il mondo popolare, sentire la fine della civiltà borghese individualistica, ma non inquadrare un futuro sempre più incerto. Questi i temi de “Le ceneri di Gramsci” spassionato atto di disperato amore, dell’essere con e contro Gramsci. Vivere pienamente le contraddizioni dell’epoca; andare comunque controcorrente. Questo era Pasolini.
Tra il ’57 e il ’61 scrisse undici sceneggiature cinematografiche. Nel ’61 esordì come regista con Accattone, il primo di una serie di film ambientati nel mondo del sottoproletariato romano e con attori tratti dalle borgate. Fra i film più famosi si ricordano: Edipo re, Medea, Mamma Roma (in cui ripercorre gli stessi temi di Accattone), La ricotta, Salò, Le centoventi giornate di Sodoma. La sua ispirazione religiosa è visibile nel film Il Vangelo secondo Matteo, una rilettura appassionata e fedele dei testi sacri inserendo ancora una volta il popolo eretto a protagonista del film, in cui Pasolini affidò alla madre il ruolo della Madonna. Famosa è inoltre la trilogia Il Decameron, Canterbury Tales, Le mille e una notte e a seguire pellicole più complesse e ideologiche come Uccellacci e Uccellini, parabola e riflessione sulla storia e Teorema, in cui Pasolini annienta il mondo borghese con un epilogo mistico a favore del proletariato.
Pasolini fu un intellettuale esterno ai partiti: per quanto di sinistra, assunse sempre delle posizioni libere. Nel ’68 durante le lotte studentesche uscì con un articolo in cui si dichiarò d’accordo con i poliziotti che avevano caricato gli studenti, “figli di papà”.
Nel boom degli anni ’70 scorse un pericolo di imborghesimento e di massificazione, o come egli diceva di “omologazione”, il rischio di una perdita del senso più profondo della tradizione popolare.
Scrisse anche numerosi drammi e saggi; questi ultimi confluiranno poi negli Scritti corsari pubblicati postumi.
Si pose sempre come una voce diversa e anticonformista alla ricerca continua di una verità in politica, come in arte, nei rapporti umani come nei linguaggi quotidiani.
Continuò la sua esistenza di vita irregolare, cercando come amanti giovani presi alla stazione. La sua vita destò scandalo e forse lo condusse alla morte. All’alba di domenica 2 novembre ’75 il corpo di Pier Paolo Pasolini, straziato e irriconoscibile, fu rinvenuto cadavere nella zona del vecchio idroscalo di Ostia. L’inchiesta e il processo riveleranno che il poeta era stato assassinato nella notte da un “ragazzo di borgata”, il giovane Pelosi.
Nella primavera del 1968. In tutta Italia era esplosa la protesta studentesca che, a partire dall'università aveva coinvolto e travolto il mondo giovanile.
Pasolini, dopo la manifestazione di Valle Giulia che si ebbe a Roma nel mese di marzo, con centinaia di feriti tra giovani, ma anche per la prima volta tra gli ancora sprovveduti poliziotti, decine di arresti e moltissimi fermati, scrisse di getto per la rivista Nuovi Argomenti una lunga poesia, Il PCI ai giovani, che suscita clamore, stupore e scandalo, anche perché fu pubblicata in contemporanea, dal Settimanale L'Espresso, all'interno di un ampio reportage, con il provocatorio titolo Vi odio cari studenti!.
L'intellettuale impegnato, di sinistra, comunista, nello scontro che aveva visto contrapposti in un campo di battaglia, giovani studenti e giovani poliziotti, scriveva di preferire decisamente questi ultimi, sia per la loro estrazione sociale, popolare e meridionale, sia, ancor più, per la loro "innocenza".
Il Movimento studentesco reagì sdegnato e offeso. Sotto accusa era la presunta incapacità di Pasolini di cogliere le ragioni dello scontro in atto e di comprendere il ruolo di repressione svolto dalle forze di polizia in difesa del vecchio ordine.
Vi odio, cari studenti
Avete facce di figli di papà.
Vi odio come odio i vostri papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete pavidi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati:
prerogative piccolo-borghesi, cari.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
Coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti.
Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da subtopie, contadine od urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
Il loro modo di essere stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, o tenera
Per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli; la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache, o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida, che puzza di rancio
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
è lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in un tipo d’esclusione che non ha eguali):
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
• Osservatore attento e polemico dei fenomeni sociali, Pasolini non esitò a giudicare, in modo scandaloso ed anticonformista, capace di far nascere dubbi anche nelle certezze più chiare e condivise. Nel 1968, quando l’opinione democratica dava il suo pieno consenso alla contestazione studentesca che si batteva contro le autorità delle istituzioni scolastiche, Pasolini pubblicò appunto sull’ ”Espresso” un componimento in versi provocatorio già dal titolo, che suscitò polemiche e rumore. In esso, prendendo spunto da uno scontro tra studenti e polizia avvenuta qualche giorno prima nei pressi della Facoltà di Architettura di Roma, Pasolini affermava che quella degli studenti era una rivolta dei figli contro i padri, una lotta interna alla borghesia e perciò priva di prospettive rivoluzionarie: la sua simpatia non andava ai ragazzi “con le facce di papà”, ma ai poliziotti, di famiglie proletarie, infelici ed odiati. Considera gli interventi degli studenti, elementi della nuova borghesia, atti per distruggere quanto ancora sopravviveva della società precedente, per instaurare un proprio dominio totalitarista.
• Letti oggi, a distanza di quando nacquero, i versi di Pasolini, conservano il loro significato profondo, conservando la sua adesione al mondo popolare che caratterizza tutta la sua produzione.

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