Materie: | Appunti |
Categoria: | Letteratura |
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Data: | 09.05.2001 |
Numero di pagine: | 24 |
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Testo
Le Novelle di Verga
Abbiamo tentato di mettere il maggior numero possibile di novelle, ma l'impresa si и rivelata superiore alle nostre forze. Ecco il risultato:
La lupa
Libertа
Rosso Malpelo
Jeli il pastore
Cavalleria rusticana
Don Licciu Papa
Malaria
Il reverendo
Cos'и il Re
Gli orfani
Il mistero
La roba
I galantuomini
Di lа del mare
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La Lupa
Fabula
Nel villaggio dove viveva la chiamavano la Lupa perchй ella non era mai sazia delle relazioni che aveva con gli uomini e le altre donne avevano paura di lei perchй ella attirava con la sua bellezza i loro mariti e i loro figli anche se solo li guardava. Di ciт soffriva la figlia, Maricchia, che sapeva che non avrebbe trovato un marito. Una volta la Lupa si era innamorata di un giovane, Nanni, che mieteva il grano con lei, e lo guardava avidamente e lo seguiva; una sera gli dichiarт il suo amore e lui rispose che voleva in sposa Maricchia, ella se ne andт via per ripresentarsi ad ottobre per la spremitura delle olive e gli offrм in sposa Maricchia e Nanni accettт, ma sua figlia non ne voleva sapere ma la costrinse con le minacce. Maricchia aveva giа dato dei figli a Nanni, e la Lupa aveva deciso di non farsi piщ vedere, anche perchй lavorava molto durante la giornata. Un pomeriggio caldo svegliт Nanni che dormiva in un fosso e gli offrм del vino, ma egli la pregт di andarsene via, ma lei tornт altre volte incurante dei divieti di Nanni.
Maricchia era disperata e accusava al madre di volerle rubare il marito e andт anche dal brigadiere e Nanni lo supplicт di metterlo in prigione pur non rivedere la Lupa, ma ella non lo lasciava in pace. Una volta Nanni prese un calcio al petto da un asino e stava sul punto di morire, il prete si rifiutт di confessarlo se la Lupa fosse stata lа, ella se ne andт ma, visto che Nanni sopravvisse ella continuт a tormentarlo e lui alla fine la minacciт di ucciderla. La Lupa gli si presentт ancora davanti e Nanni la uccise, senza che lei opponesse resistenza.
La fabula e l'intreccio coincidono poichй i vari eventi della novella sono legati da rapporti logici temporali e causali e inoltre l'autore non utilizza delle tecniche come analessi o prolessi che sono indice di un intreccio diverso dalla fabula.
Il protagonista
La protagonista della novella и la Lupa, anche se il suo vero nome и Pina, ma questo и un soprannome molto azzeccato poichй ci rappresenta l'insaziabilitа sessuale della protagonista, sempre intenta ad andare dietro agli uomini per cui provava solo ed unicamente attrazione fisica, perchй quello che cercava lei non era l'amore ma il piacere. La Lupa era alta e magra, aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna eppure non era piщ giovane, e sembrava avesse la malaria addosso, era pallida e aveva delle labbra rosse e fresche. La Lupa и un personaggio fuori da ogni regola morale e sociale, per questo temuta proprio perchй il suo unico scopo nella vita era quello di soddisfare la sue voglie e perciт и disposta a mettere in gioco tutto della sua vita; per legare comunque a sй Nanni costringe la figlia a sposarlo e anche dopo il matrimonio lei continua a corteggiare il genero, non considerando minimamente sua figlia. La Lupa pagherа con la morte la sua passione per Nanni, che esasperato dalla corte continua a cui era sottoposto dalla suocera arriverа alla decisione di ucciderla. La Lupa lavorava sodo per mantenersi, quindi sgobbava come qualsiasi altro bracciante e quindi avrebbe potuto ottenere il rispetto di tutti, ma visti i suoi comportamenti che anche oggi sarebbero considerati anche troppo libertini, per la societа di allora erano considerati come qualcosa di demoniaco e quindi di cui si doveva avere paura, perciт spieghiamo l'emarginazione della Lupa.
Personaggi secondari
Nanni и il giovane che sposa Maricchia a che viene corteggiato dalla Lupa, che ucciderа.
Maricchia и la figlia della Lupa.
Il confessore che concede la confessione a Nanni solo se la Lupa non fosse stata a casa sua.
Il brigadiere и colui che cerca di arginare il problema ricorrendo alle leggi dello Stato.
I luoghi
La novella и ambientata nella campagna, si presume quella siciliana, le cui attivitа influenzano il lavoro dei contadini e che compaiono nella novella; quindi questo testo и legato al calendario "Agrario". Ciт che Verga ci suggerisce nella descrizione dei luoghi и il fatto che la vita del bracciante sia resa dura dalla calura tipica della Sicilia durante le fasi piщ importanti del lavoro, quindi il raccolto o la semina.
Il tempo: la novella individua i momenti piщ importanti della vita della Lupa, cioи la storia d'amore fallita fra lei e Nanni, ma possiamo tentare individuare il tempo cronologico che coprono i fatti, sappiamo infatti, perchй Verga lo indica nella novella, che gli eventi piщ significativi della vicenda sono coincidenti con alcuni momenti del calendario agricolo, come la semina, il raccolto, la spremitura delle olive e cosм via.
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Libertа
Intreccio
Verga in questa novella rivive la vicenda di Bronte dopo la rivolta della povera gente che voleva dividere le terre dei ricchi, alcuni sventolavano un fazzoletto rosso dal campanile e altri gridavano nella piazza piщ grande la parola "Libertа". Don Antonio fu ucciso mentre cercava di fuggire e mentre passava a miglior vita si chiedeva perchй lo stessero facendo. Anche il reverendo anche supplicava di non essere ucciso. Don Paolo fu ucciso davanti casa, sotto gli occhi della moglie che aspettava un po' di minestra da suo marito per sfamare i cinque figli. Neddu, il figlio del notaio, fu ucciso nel modo piщ terribile possibile, infatti era ancora cosciente quando gli fu vibrato il colpo finale. Egli era giа ferito quando supplicт i garibaldini di non ucciderlo e un boscaiolo, lo ammazzт per pietа e si giustificт dicendo: "Tanto sarebbe stato un notaio, succhiasangue anche lui!".
Si faceva strage di chiunque fosse ricco, perciт la baronessa aveva fatto fortificare la sua abitazione e i suoi servi per vender cara la pelle sparavano contro la folla, che comunque non si demoralizzт e sfondт il cancello, dando la caccia alla donna nella sua villa. Infine fu scovata con i suoi tre figli tutti furono trucidati. La follia della gente si placт soltanto a sera, quando la pazza folla diminuм consistentemente. La Domenica dopo non fu celebrata messa e si pensт a come dividere le terre, ma tutti si guardavano in cagnesco perchй non sapevano come fare, infatti non c'erano periti per misurare la grandezza dei lotti di terreno, notai per registrare la proprietа, e cosм via.
Il giorno successivo si apprese che il generale Nino Bixio stava venendo a fare giustizia, cosicchй molti scapparono e fecero bene, poichй egli appena arrivato fece fucilare alcuni rivoltosi, poi vennero i giudici, che interrogarono i colpevoli e li portarono in cittа per il processo, che andт per le lunghe. Le cose in paese tornarono come prima, infatti i ricchi avevano le loro terre e i poveri dovevano lavorarvi per guadagnarsi il pane quotidiano, visto che i benestanti non le avrebbero neanche toccate. Il processo andт per le lunghe e alla fine tutti gli imputati furono ascoltati da una giuria composta dai ricchi e dai nobili, i quali ogni volta pensavano di averla scampata bella e si rallegravano di non essere nati e vissuti a Bronte. Infine fu pronunciata la sentenza e un carbonaro a cui erano state rimesse le manette era rimasto sbigottito perchй non aveva assaporato la libertа di cui avevano tanto parlato.
La fabula e l'intreccio coincidono perchй i fatti narrati sono legati da rapporti temporali e causali, non c'и traccia dell'uso di tecniche narrative come l'analessi che indicano una non coincidenza fra fabula e intreccio.
Il protagonista
Il protagonista di questa vicenda и il popolo di Bronte inteso come la massa, tutte quelle persone che hanno partecipato alla rivolta. Quest'evento storico che Verga narra nella sua novella и ricordato come "I fatti di Bronte", ed и una reazione del popolo siciliano all'inganno garibaldino. In questa novella il popolo и una massa in cui uno dice e gli altri seguono, magari fanno delle azioni che non avrebbero voluto mai compiere da soli, ma sono stati trascinati dall'euforia di quei momenti. Il popolo di Bronte verghiano и simile per certi aspetti a quello milanese manzoniano durante la rivolta del pane, entrambi accomunati da una situazione disperata che opprime e alla fine trova come unico sfogo la rivolta armata. Tutto ciт cela un'ignoranza del popolo, che non riesce a risolvere certe questioni con l'intelletto, ed и stato proprio l'ignoranza dei piщ poveri su cui si и fondato il potere dei ricchi.
Personaggi secondari
Neddu, il figlio del notaio.
Don Paolo.
Don Antonio.
La baronessa.
I figli della baronessa.
Nino Bixio.
I luoghi
Verga fa riferimento ad uno luogo specifico, ovvero il paese di Bronte in cui si svolgono i fatti della novella, e a una cittа (forse Catania) in cui si svolge il processo ai rivoltosi.
Il tempo
La novella copre nella prima parte un arco di tempo comprendente circa tre giorni, и indefinito invece il tempo in cui si svolge il processo ai rivoltosi, che lo stesso Verga definisce molto lungo. Il contesto storico in cui si svolge la novella и quello dei fatti di Bronte, nel 1860, che furono duramente repressi dalle truppe capeggiate da Nino Bixio, che fu definito dai contadini "La Belva". Questa dura repressione segnт la fine delle richieste dei contadini che volevano la spartizione della terra; in questo furono ingannati da Garibaldi, che prometteva libertа in cambio dell'aiuto a scacciare i Borboni. I contadini vedevano la libertа come la ridistribuzione delle terre, i garibaldini come libertа morale e personale che era garantita dalla costituzione italiana; ma gli agricoltori meridionali erano ridotti alla fame e quindi a loro interessava solo avere un pezzo di terra da coltivare per mandare avanti la propria famiglia; da qui nacque la frase "La libertа non и pane". Questo fu uno dei primi dissidi fra il Meridione e il governo italiano. Questa volontа di non ridistribuire le terre fu una delle cause del brigantaggio, un sorta di protesta armata contro lo Stato.
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Rosso Malpelo
Fabula
Descrizione di Malpelo
Malpelo e la famiglia
La morte del padre di Malpelo
Malpelo nella cava e il rapporto con i colleghi
Malpelo e Ranocchio
La morte di Ranocchio
L'episodio dell'evaso
La madre e la sorella non vogliono piщ Malpelo a casa
Malpelo non viene piщ ritrovato dopo essere andato negli antri della miniera
Intreccio
Ritratto di Malpelo. Rosso Malpelo era cosм chiamato dai suoi colleghi di lavoro alla miniere perchй aveva i capelli rossi; essi lo maltrattavano, come sua sorella che lo picchiava se non portava a casa tutto il suo stipendio. Egli lavorava duro anche se il suo padrone lo teneva quasi per pietа, visto che suo padre era morto nella cava di rena.
La morte di mastro Misciu- Mastro Misciu era il padre di Rosso Malpelo e un giorno doveva terminare un lavoro a cottimo, molto pericoloso, quel sabato rimase anche il figlio ad aiutarlo, e lui giа pensava come spendere i soldi che avrebbe ottenuto quando una montagna di rena lo seppellм. Venne chiamato l'ingegnere, che stava al teatro, e che venne solo per non avere dei rimorsi di coscienza, ma quando vide che c'era troppa sabbia da scavare decise di ritornare al teatro e furono costretti a portare via Malpelo dalla cava perchй cercava invano di scavare e non ne voleva saper proprio d'andar via.
Malpelo e Ranocchio- Malpelo tornт al lavoro qualche giorno dopo la tragedia e scavava furiosamente nel luogo in cui era morto suo padre, era di malumore e trattava tutti male, uomini e animali. In particolare con un ragazzo, un certo Ranocchio, aveva stretto un rapporto di amicizia ambiguo e quasi morboso, infatti Malpelo lo malmenava per abituarlo a reagire e a non subire gli altri, quando piagnucolava per un lavoro pesante, Rosso Malpelo prima lo menava e poi lo aiutava, a volte gli cedeva la sua cipolla e mangiava quindi il pane senza alcun condimento di sorta. Quando Malpelo era attaccato da Mastro Misciu Ranocchio lo pregava di discolparsi ma egli non lo voleva fare, vista la sua situazione di emarginato da tutti, anche dalla stessa famiglia. Quando ritrovarono il corpo di Mastro Misciu Malpelo ebbe il paglio di pantaloni che portava il padre, le scarpe invece erano troppo grandi. D'estate Malpelo e Ranocchio andavano frequentemente in un luogo in cui si vedeva la salma di un asino morto e lм facevano delle riflessioni sulla morte e sulla misera condizione dell'uomo, a volte stavano lм le notti della Bella Stagione ad osservare il cielo stellato.
Ranocchio muore e Malpelo scompare nella miniera- Ranocchio si ammalт a causa del deperimento e Malpelo, vedendolo peggiorare ogni giorno che passava e cercava di guarirlo a modo suo, con schiaffi e botte. Addirittura delle volte aveva sottratto dei soldi dalla sua paga e li aveva usati per comprare del cibo a Ranocchio. Egli morм e Malpelo, non vedendolo nella miniera, andт a casa sua e lм trovт tutti che piangevano per la morte del ragazzo e non capм perchй. Visto che la madre e la sorella non lo volevano piщ a casa, Malpelo un giorno si propose per una missione rischiosa per gli antri delle miniera non fu piщ rivisto.
La fabula e l'intreccio di questa novella non coincidono perchй Giovanni Verga riprende un fatto che и accaduti prima della narrazione e il tempo non si svolge in un modo cronologicamente corretto.
Il protagonista
Rosso Malpelo и il protagonista dell'omonima novella, egli viene presentato inizialmente come una persona emarginata e denigrata dalla societа in cui viveva. Lo si capisce giа dalle prime battute. Egli era cosм chiamato perchй aveva i capelli rossi, e i suoi colleghi della cava di rena, dove lavorava, ricollegavano questa sua caratteristica fisica alla sua malignitа e alla sua cattiveria. Rosso Malpelo era un brutto ceffo, torvo, ringhioso e selvatico, era sempre cencioso e sporco di sabbia rossa. Malpelo era emarginato e vilipeso da tutti, privo di affetto e relegato ad una condizione subumana, privo di qualsiasi speranza nella vita futura, egli accetta ogni ingiustizia.
Egli aveva i capelli di colore rosso ed essendo questa caratteristica fisica collegata alla cattiveria, almeno questo era uno dei capi d'imputazione che l'Inquisizione aveva stabilito per le streghe eretiche, essa condannava il ragazzo ad essere emarginato dalla societа. Il padre, mastro Misciu, era l'unica persona che lo comprendeva e quando muore Malpelo si sente sprofondare e viene colto da una grande disperazione, infatti il resto della famiglia non lo comprendeva e a volte lo maltrattava, come la sorella che si occupava di lui solo quando doveva prendergli la paga settimanale e doveva controllare che fosse tutta, poi per lei il fratello cessava di esistere ed era per lei motivo di imbarazzo. Lo stesso trattamento gli era riservato dalla madre, e anche i colleghi di lavoro lo trattavano malissimo e lo emarginavano. Malpelo era cosм rassegnato che non cercava di ribellarsi a nessuna ingiustizia e subiva, ciт lo spingeva ad accettare ogni imposizione. La salma dell'asino era divenuta la meta delle sue frequentazioni e gli aveva fatto capire i senso della vita, che trova respiro per chi viveva in una condizione subumana solo nella morte. Malpelo trova come unico affetto Ranocchio, che voleva forgiare a resistere alle avversitа della vita che avrebbe incontrato e trovava, quando egli era ammalato, l'unica soluzione possibile la morte e molti minatori pensavano che lo volesse uccidere. Quando Ranocchio morм egli non riuscм a capire il dolore della madre perchй il ragazzo non guadagnava quello che mangiava da due settimane; infatti per una persona che ha vissuto ai margini della societа l'unico metro di valutazione и quello economico. Malpelo и una delle vittime di una societа chiusa e poco aperta al cambiamento per cui le credenze o i proverbi sono piщ importanti delle persone e relegano chi ha certi difetti ad uno stato di emarginazione.
Personaggi secondari
Ranocchio и l'amico piщ caro di Malpelo
La madre e la sorella di Malpelo che si ricordavano di lui solo per la paga che doveva portare a casa
I compagni di lavoro di Malpelo che lo emarginavano e lo deridevano
Il carcerato
Mastro Misciu l'unico familiare di Malpelo che lo comprendeva
Luoghi
La miniera dove lavora Malpelo и il luogo principale in cui si svolge la storia e con i suoi antri bui e tenebrosi riflette l'esistenza del povero Malpelo, costretto a lavorare sotto terra e nel buio, un po' come viveva la sua vita, era per questo che lui avrebbe desiderato fortemente lavorare all'aperto. Naturalmente la miniera di sabbia и un'ipotetica miniera siciliana perchй molte delle novelle del catanese Verga sono ambientate nell'isola ed hanno come sfondo una societа tipica dell'800.
Lo spazio
Il tempo in cui si svolge la novella и indefinito poichй prende alcuni attimi significativi della vita del protagonista e li narra, non troviamo quindi indicazioni testuali di tempo ma solo parole del tipo una volta, una sera, un tempo… Anche il contesto storico non lo possiamo dedurre attraverso elementi presento nel testo ma possiamo immaginare che esso sia quello della societа contadina e dei piccoli lavoratori siciliani.
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Jeli il pastore
Trama
Morte della madre di Jeli;
Incontro con Mara;
Morte del padre di Jeli;
Morte del puledro;
Festa di San Giovanni;
Nuova lavoro di Jeli;
Matrimonio con Mara;
Tradimento di Mara;
Uccisione di don Alfonso.
Jeli и un ragazzo indipendente cresciuto portando a pascolare le bestie, mentre don Alfonso и "cresciuto nel cotone", cioи proviene da una famiglia agiata. Inizialmente i due ragazzi passano la maggior parte del loro tempo insieme, sono ragazzi e la differenza sociale non influisce sul loro rapporto. Succesivamente, col passare del tempo, i due si limitano a salutarsi e la differenza sociale comincia a pesare sempre di piщ: entrambi dimenticano i momenti e le avventure passate insieme da ragazzi.
Mara и la ragazza per la quale Jeli perde la testa. И la figlia di Massaro Agrippino e della gnа Lia. Viene descritta come una ragazza bellissima con gli occhi neri come stelle che ama vestirsi di rosso. Il suo rapporto con Jeli и di stretta amicizia, tanto che alcuni a Tebidi dicevano che si sarebbero sposati. La prima parte della novella si conclude proprio con la sua partenza da Tebidi.
Attraverso l'episodio della morte di uno dei puledri che aveva in custodia, e al suo conseguente licenziamento, Jeli fa esperienza della violenza e della logica economica. Senza lavoro e senza un posto dove passare la notte Jeli vede sbattersi la porta della casa di Mara in faccia, come se fosse un pezzente. Attraverso ciт fa esperienza del disinteresse della gente nei suoi confronti e dell'abbandono. Jeli si vede escluso dal divertimento della festa quando tutti si divertono cantando e ballando mentre lui sta fuori ad osservarli. Jeli si vede escluso dall'affetto di Mara quando questa passeggia e chiacchiera con il figlio di massaro Neri e non si cura minimamente di Jeli che la osserva baciarsi con l'altro ragazzo. Il motivo economico и un elemento fondamentale anche nel legame tra Mara e Jeli. Quest'ultimo pensa di non poter pretendere di sposare Mara a causa della non irrilevante differenza sociale esistente fra i due.
Ecco il dialogo fra i due quando decidono di sposarsi:
Mara: "A Tebidi dicevano che saremmo stati marito e moglie, lo rammenti?"
Jeli: "Sм, ma io sono un povero pecoraio e non posso pretendere alla figlia di un massaro come sei tu".
Mara: "Se tu mi vuoi, io per me ti piglio volentieri".
Jeli: "Davvero?"
Mara: "Sм, davvero".
Jeli: "E massaro Agrippino che cosa dirа?"
Mara: "Mio padre dice che ora il mestiere lo sai, e tu non sei di quelli che vanno a spendere il loro salario, [...], e ti farai ricco".
Jeli: "Se и cosм ti piglio volentieri anch'io".
Mara: "To'! Se vuoi un bacio adesso te lo do, perchй saremo marito e moglie".
Jeli: "Io t'ho sempre voluto bene, anche quando volermi lasciarmi pel figlio di massaro Neri".
Mara: "Non lo vedi? Eravamo destinati!"
Don Alfonso era talmente cambiato che quasi Jeli non lo riconosceva: aveva la barba ricciuta al pari dei capelli, una giacchetta di velluto e una catenella d'oro sul panciotto.
Il particolare dell'abbigliamento di Mara che richiama l'aspetto di don Alfonso e lo "assimila" a lui и l'oro che entrambi indossano.
Jeli scatta e uccide don Alfonso quando questi prende per mano e tocca Mara.
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Cavalleria rusticana
La trama
Turriddu torna dal servizio militare e viene a conoscenza del fatto che Lola sta per sposare compare Alfio.
Incontro Turriddu-Lola. Addio fra i due.
Turriddu corteggia Santa per ripicca.
Partenza compare Alfio.
Lola ingelosita diventa l'amante di Turriddu.
Ritorno compare Alfio.
Santa informa compare Alfio della relazione fra la moglie e Turriddu.
Compare Alfio e Turriddu decidono di sfidarsi per regolare la "questione".
Addio fra Turriddu e sua madre.
Uccisione Turriddu.
Lola si fidanza con Alfio, il ricco carrettiere. Dopo un primo accesso di furore Turriddu sembra accettare la scelta della ragazza. La sua rassegnazione и giustificata: come potrebbe mai pretendere un individuo nella sua condizione socio-economica di poter competere con Alfio, uno dei piщ ricchi e agiati abitanti della zona? Turriddu "per ripicca" corteggia Santa, la figlia di massaro Cola. Cosм facendo fa ingelosire Lola a tal punto da farla diventare la sua amante. L'evento centrale della storia и il tradimento di Lola che "adorna casa" in assenza del marito, cioи tradisce il compare Alfio con Turriddu. Il duello, come il bacio, puт essere considerato un rito.
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Don Licciu Papa
Le galline stavano correndo davanti alle case quando arrivт zio Masi, incaricato dal sindaco di catturare le galline e i maiali che erano in contravvenzione. Come zio masi vide la porcellina di comare Stesa davanti alla porta di casa le mise al collo una fune e la catturт. Comare santa, disperata, tentт di fermarlo ma non ci riuscм; allora, per salvare la sua porcellina diede un calcio a zio Masi che cadde a terra. Le altre donne volevano far la festa a zio Masi per tutte le galline che aveva sulla coscienza, ma, in quel momento, arrivт don Licciu Papa. Don Licciu Papa chiarм subito la situazione: Comare Santa si prese la multa ma non andт in carcere perchй il barone aveva visto che zio Masi non portava il cappello con lo stemma del municipio.
Don Licciu Papa si era interessato anche del pignoramento della mula di mastro Vito assieme all’usciere. Quando mastro Vito era stato citato da mastro Venerando per un debito non aveva potuto rispondere, perchй non aveva un avvocato. La mula venne venduta e mastro Vito disperato disse che non poteva piщ lavorare e quindi non avrebbe mai potuto estinguere il debito. Mastro Vito disse male parole verso mastro venerando e se non fosse stato per don Licciu Papa sarebbe andata per il peggio. Un giorno curatolo Arcangelo si mise in causa con il reverendo, consapevole di ciт a cui andava incontro perchй il reverendo aveva i migliori avvocati. Il prete, arricchitosi, aveva allargato la casa paterna e voleva costruire la cucina sopra la casa di curatolo Arcangelo; perciт, voleva costringerlo a vendere. Curatolo Arcangelo si rifiutт e il reverendo, per dispetto, gli buttava sul tetto dell’acqua sporca, dicendo che era acqua che serviva per innaffiare i fiori. Curatolo Arcangelo fece venire il giudice e don Licciu Papa ma il reverendo eliminт ogni prova. A furia di spese giudiziarie arcangelo rimase senza un soldo vendette metа casa al reverendo e metа al barone che voleva allargare la dispensa. La figlia di Arcangelo non voleva andarsene ma solo le vicine sapevano il perchй. Nina, infatti era solita incontrarsi con un signorino che le abitava di fronte ma non ne voleva sapere di sposarsi; il signorino l’avrebbe mantenuta. Come lo seppe, arcangelo, chiamт don Licciu Papa per convincere la figlia a partire; ma, il giudice, disse che Nina aveva l’etа per decidere. Quando Arcangelo vide il signorino gli diede una randellata in testa, ma, dopo che i passanti lo avevano legato accorse don Licciu Papa dicendo: "Largo alla Giustizia". Ad arcangelo venne dato un avvocato che riuscм a farlo condannare a soli 5 anni.
Tutte le storie che si intrecciano in questa novella si ricollegano tutte al problema comune del rapporto tra gli "umili" e la "giustizia": nel caso della zia Santa, quest'ultima vede sottrarsi il suo maialino per il semplice fatto che sostava in mezzo alla strada; nel caso di massaro Vito che si era visto pignorare la sua mula da don Licciu Papa; nel caso poi di curatolo Arcangelo, quest'ultimo doveva subire "l'innaffiamento dei fiori" da parte del Reverendo.
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Malaria
La malaria entra nelle ossa, camminando lungo le strade polverose di Lentini, Francofonte e Paternт. Alla sera, in questi paesi, si vedono persone sedute davanti la porta di casa, con il fazzoletto in testa o delle donne che allattano bambini che non si sa ancora se cresceranno e come cresceranno. Se qualcuno muore lo si carica nel carretto del fieno oppure su un asino e lo si porta nella chiesetta solitaria, come nel caso di Massaro Croce che da trent’anni inghiottiva solfato e decotto di eucalipto per curarsi. Compare Carmine aveva perso cosм i suoi cinque figli: tre maschi in etа da lavoro e due femmine. Dopo che i figli si erano ammalati Carmine non spendeva piщ soldi per le medicine ma andava a pesca e preparava i suoi piatti migliori per stimolare l’appetito del malato. Fra i figli di Carmine l’ultimo a morire aveva una forte paura della morte che una notte si buttт nel lago. C’era chi della malaria era guarito senza prendere le medicine, come Cirino lo scimunito. Cirino non aveva una casa ma sostava sempre davanti a Valsavoia perchй la strada era trafficata e molta gente gli dava due centesimi. L’unico nemico di Cirino fu la ferrovia perchй la gente ormai non percorreva piщ la strada. La ferrovia portт la rovina anche all’oste. Gli affari andavano bene, tanto che egli aveva avuto quattro mogli, tutte morte per malaria, fatto che gli aveva procurato il soprannome di "Ammazzamogli", ma con la costruzione della linea ferroviaria nessuno si fermava piщ all’osteria: l’unico cliente era il cantoniere. Alla sera, quando l’oste vedeva passare il treno carico di gente pensava: "Per certa gente non esiste la malaria". Quando non potй pagare l’affitto il padrone lo mandт via e l’oste trovт lavoro nella ferrovia. Stanco ormai di correre su e giщ per le rotaie vedeva il treno passare con le sue luci e i sedili imbottiti, e lui, seduto su una panchina, pensava: "Per questi qui non c’и proprio la malaria!".
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Il reverendo
Aveva perso l’aspetto di un reverendo perchй si era tagliato la barba e indossava una sottana di stoffa fine. Durante la giornata osservava spesso i suoi campi e i braccianti che vi lavoravano, non ricordandosi che se non fosse stato accolto nel convento dei cappuccini e non avesse imparato a leggere e a scrivere non sarebbe mai diventato una delle persone piщ importanti. Viveva assieme alla madre, che svolgeva le faccende di casa e ad una nipote. Da ragazzo, il reverendo aveva comunicato alla famiglia di voler diventare prete e, per mandarlo a scuola, furono venduti il campo e la mula.
La famiglia sperava che se il figlio fosse diventato prete sarebbe stato meglio anche per loro ma non avevano disponibilitа economiche per mantenerlo al seminario. Il ragazzo, perт, venne accolto in convento da padre Giammaria, il quale lo aveva ben giudicato in quanto era molto abile in cucina e negli altri servizi. Aveva molte conoscenze che gli permettevano di far tutto: durante un’epidemia di colera si era procurato l’antidoto e non l’aveva offerto neanche alla zia che stava morendo. Riusciva ad accaparrarsi gli affari migliori e non si faceva scrupoli a prendere la roba degli altri. Non aveva un comportamento da vero prete perchй celebrava la messa raramente e si preoccupava solo dei propri interessi. Era sempre rispettato per le sue conoscenze ma, con la rivoluzione le cose cambiarono: i contadini si erano istruiti, presso il giudice e le altre persone importanti il prete aveva perso il suo potere e ormai gli era rimasto da fare solo che il suo dovere.
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Cos’и il Re
Compare Cosimo, il lettighiere, aveva legato le sue mule nella stalla e si era fermato davanti alla porta ad osservare la gente che era andata li a Caltagirone per vedere il Re. Ad un tratto venne un funzionario del Re per dirgli che Sua Maestа voleva noleggiare la lettiga per andare a Catania. Compare Cosimo si preoccupт perchй aveva paura che durante il viaggio qualcosa andasse storto e che il re gli avrebbe tagliato la testa con una delle tante sciabole appese ai muri. Cosimo diede altro orzo alle sue mule e durante quella notte non dormм.
Prima dell’alba le trombe della cavalleria lo destarono dal dormiveglia; uscм e vide che la gente ancora girava per le strade del paese e sentм che le campane di San Giacomo suonavano a festa. Cosimo preparт la lettiga e si diresse verso il palazzo del Re. La cavalleria fece largo tra la folla per far passare compare Cosimo ma il Re si fece aspettare molto.
Sua Maestа arrivт e battendo la mano sulla spalla di compare Cosimo disse: "Bada che porti la tua regina!" Ad un tratto venne una ragazza che chiese al re la grazia per suo padre perchй era stato condannato a morte. Il Re l’accontentт e Cosimo venne preso dal terrore che Sua Maestа l’avrebbe condannato se fosse accaduto qualcosa durante il viaggio. Il viaggio andт bene anche se Cosimo era sempre preso dal terrore che la lettiga si rovesciasse mentre guadavano il fiume. Dopo molti anni gli vennero confiscate le mule perchй non poteva pagare un debito, dato che ormai le strade erano carrozzabili e nessuno aveva bisogno della lettiga. Quando poi gli venne portato via il figlio Orazio per farlo artigliere compare Cosimo ripensт alla ragazza che chiedeva la grazia e disse che se il re fosse stato lм avrebbe aiutato anche lui e la sua famiglia; ma, ormai, il re era cambiato.
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Il Mistero
Ogni volta che lo zio Giovanni raccontava questa storia gli venivano le lacrime agli occhi. In paese il teatro era stato allestito nella piazzetta della chiesa, il sagrestano stava tagliando un grosso ramo di ulivo con la scure. Lo zio Memmu rimproverт il sagrestano per ciт che stava facendo ma la moglie lo calmт perchй quell’ulivo serviva per il Mistero e il Signore avrebbe dato una buona annata.
Il Mistero rappresentava La fuga in Egitto: la Madonna era interpretata da compare Nanni mentre la parte di Gesщ bambino era stata assegnata al figlio di comare Menica. I ladri erano interpretati da Janu e mastro Cola, i quali dovevano rincorrere la Madonna e San Giuseppe.
La scena fece tornare in mente a comare Filippa l’arresto del marito perchй aveva ammazzato a colpi di zappa il vicino della vigna. I ladri raggiunsero San Giuseppe, e, la folla, prese dei sassi per lanciarli a Janu e mastro Cola nel caso in cui facessero del male a San Giuseppe. Don Angelino li calmт dicendo che la scena doveva essere cosм. Don Angelino era un prete che pensava molto ai soldi, infatti, una volta, si rifiutт di fare il funerale a compare Rocco perchй la famiglia del defunto non aveva soldi. Un anno dopo compare Nanni si incontrт con Cola nello stesso luogo. Nanni era appostato davanti al campanile per vedere chi andava da comare Venera, la qual egli aveva assicurato che non si era mai vista con nessuno all’infuori di lui. Venera, perт, si incontrava con Cola, il quale fu avvertito che Nanni aveva scoperto qualcosa dei loro incontri. Cola non andт piщ da Venera, quando una sera uscм di casa e si diresse verso l’abitazione della vedova. Bussт alla porta, l’uscio si aprм e si udм una schioppettata. Cola, gravemente ferito, venne portato a casa, dove lo attendeva la madre, la quale pregт moltissimo per avere salvo il figlio. Comare Venera era andata via dal paese e si era salvata ma ciт non accadde a Nanni, che venne arrestato e condotto in prigione.
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Gli Orfani
Le comari stavano impastando il pane quando la figlia di compare Meno arrivт dicendo: "Mi hanno detto di andare da comare Sidora". Comare Sidora la chiamт e si mise a preparare una focaccia per la bambina. Le altre pensarono che la matrigna della bambina, comare Nunzia, stava ormai per morire e perciт le avevano portato l’ultima comunione. Le donne commentavano il fatto che, se compare meno avesse perso anche la sua seconda moglie, sarebbe andato in rovina. Una donna si affacciт sulla porta e disse che comare Nunzia era morta e i beccamorti la stavano andando a prendere. Comare Sidora sfornт la focaccia e la diede alla bambina. L’orfanella voleva portare la focaccia alla madre ma venne fermata e si mise seduta su di uno scalino. Poi arrivт compare Meno, disperato per la perdita della moglie e, con le comari, cominciт ad elogiare le migliori qualitа della povera moglie.
Le altre comari consolarono compare Meno offrendogli da mangiare e da bere e dicendogli di non affliggersi ma di pensare a comare Angela che dopo aver perso il marito e il figlio le stava morendo anche l’asino. Compare Meno disse che non si sarebbe piщ risposato perchй una moglie come quella non l’avrebbe trovata mai piщ. Le comari dissero a compare Meno di andare da comare Angela perchй forse avrebbe potuto trovare una cura per salvarle l’asino ma per l’animale non c’era piщ nulla da fare. Curatolo Nino, il padre delle due mogli di compare Meno, disse che non gli avrebbe mai dato in sposa la terza figlia quindi compare Meno mise gli occhi sulla cugina Alfia. Poi, vedendo l’asino morente che si rantolava a terra disse ad Angela: "Che aspettate a far scuoiare l’asino? Almeno ci ricavate i soldi della pelle".
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La Roba
Un viandante, che andava lungo il biviere di Lentini, per ingannare la noia del viaggio chiese ad un uomo: "Di chi и qui?", "Di Mazzarт!".
Proseguendo per quella strada vide una fattoria con depositi grandi come chiese, uliveti dove il raccolto dura fino a marzo e poi vigneti, aratri, mandrie: tutta roba di Mazzarт. Pareva che Mazzarт fosse il padrone di tutto il mondo. Mazzarт era un uomo molto piccolo che di grosso aveva solo la pancia, era ricchissimo ma mangiava solo due soldi di pane al giorno; l’unico suo vanto era un cappello di seta nera. Non aveva vizi: non beveva, non fumava, non amava le donne, non amava il giuoco delle carte.
Si ricordava del periodo in cui lavorava anche lui nei campi per quattordici ore al giorno, sempre sorvegliato da un uomo a cavallo pronto a frustarlo. Nei suoi uliveti non si contavano le donne che raccoglievano le olive e nelle sue vigne, ogni volta che si vendemmiava, c’erano gli uomini di tutti i villaggi dei dintorni. I mietitori dovevano essere mantenuti per tutta la giornata quindi Mazzarт li controllava molto severamente. Quando Mazzarт lavorava nei campi si sapeva sempre il giorno e l’ora dell’arrivo del padrone cosм nessuno poteva essere sorpreso ma egli, arrivava sempre nei suoi campi all’improvviso; a piedi o a cavallo della mula. Mazzarт si impossessт in breve tempo di tutti i possedimenti del barone, l’uomo per cui lavorava. Di una sola cosa si dispiaceva Mazzarт: ormai stava diventando vecchio e la terra la doveva lasciare li dov’era. Quando gli venne detto di abbandonare la sua roba egli uscм di casa e, ammazzando con un bastone tutti i suoi tacchini, gridт: "Roba mia, vientene con me!"
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I galantuomini
Il difetto и che sanno scrivere; se avete a che fare con loro vi estorcono il nome e il cognome e rimarrete sempre scritti su i loro libri, inchiodati dai debiti. Un giorno fra Giuseppe si recт nel podere di don Piddu per chiedere l’elemosina con una mula che gli era stata data in offerta. Allora don Piddu disse: "Che bella mula che avete, fra Giuseppe. Beato voi che senza seminare raccogliete; io ho cinque figli e devo lavorare per sfamarli tutti. L’anno scorso vi ho dato una parte del mio grano affinchй San Francesco mi mandasse la buonannata ma non piove piщ da tre mesi".
Don Piddu, aiutato da altri quattro contadini rovesciт un secchio d’acqua addosso a fra Giuseppe. Fra Giuseppe, indignato, disse a don Piddu che gliel’avrebbe fatta pagare cara. Alla fine di carnevale vennero i missionari per la preparazione alla quaresima. Se c’era un peccatore essi andavano a predicargli davanti alla porta di casa, perciт, fra Giuseppe, indicava sempre la casa di don Piddu. Don Piddu aveva giа molti problemi per la testa: la moglie malata, i debiti, le malannate, la mortalitа del bestiame, aveva tutte le figlie in etа da marito ma nessuna era riuscita a sposarsi.
La figlia piщ grande di don Piddu, donna Saridda, aveva quasi trent’anni e fortunatamente era riuscita a trovare un uomo con cui si potesse sposare: don Giovannino. Un giorno, poi, vennero pignorati i mobili di don Piddu a causa del suo debito quindi egli si trovт un lavoro come sorvegliante alle chiuse del Fiumegrande. Del resto quando uno aveva la forza per lavorare riesce a mantenere se e la sua famiglia come successe a don Marcantonio malerba, quando cadde in povertа. Un giorno venne giщ il fuoco da Mongibello che distrusse numerosi terreni. Ciт causт una grave perdita per i galantuomini perchй non sapevano piщ come guadagnarsi da vivere. A don Marco gli venne comunicata la notizia che la lava aveva deviato verso la sua vigna mentre stava a tavola con la famiglia. Egli si diresse subito alla vigna e vide il guardiano che stava portando via tutti gli attrezzi. Don marco disse di lasciare tutto lм perchй ormai non aveva piщ nessun terreno su cui poter usare quegli utensili.
Anche i galantuomini hanno i loro guai, ad esempio don Piddu, che, dopo il pignoramento ebbe dei problemi causati dalla sua seconda figlia: donna Marina. Marina aveva ormai perso la speranza di sposarsi perciт si era messa con il ragazzo della stalla. Don Piddu si trovava nel convento dei cappuccini per gli esercizi spirituali ma, quando gli giunsero alcune vocii riguardo la figlia uscм, si diresse verso casa e trovт il ragazzo di stalla che fuggiva dalla finestra in camera di Marina. Don Piddu tornт in convento e si confessт da un missionario che stava pregando. Il missionario gli consigliт di offrire a Dio quel dolore ma avrebbe dovuto dirgli: "Vedete, anche ai poveri, quando gli succede la stessa vostra disgrazia stanno zitti perchй il solo modo che conoscono per sfogarsi и andare in galera!"
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Di lа del mare
Non udivano altro che il rumore della macchina e delle onde, a poppa, una voce lontana cantava una canzone popolare accompagnata dall’organetto. Rimasero ancora un po’ sulla porta della cabina prima di separarsi poi si rividero sul ponte all’alba. Quella mattina videro lo stretto di Messina aprirsi lungo la costa, videro il litorale della Calabria, la Punta del Faro, Cariddi. Ella volle che le indicasse le montagne di Licodia, la piana di Catania, il Biviere di Lentini. Ad un tratto lei disse: "Eccolo!". Si salutarono e le si diresse verso l’uomo che le era venuto incontro. Passarono alcuni mesi e lei gli scrisse che poteva andarla a trovare: si sarebbero incontrati in una casa in mezzo alle vigne riconoscibile da un segno fatto sulla porta. Pioveva come se fosse inverno, egli di riparт all’interno della casa e si mise ad aspettare. Sentiva il tempo passare dai rintocchi dell’orologio del paese vicino ma lei ancora non arrivava. Ad un tratto la pioggia cessт, poco dopo lei arrivт e abbracciandolo gli disse: "Non ti lascerт mai piщ". Rimasero a lungo dentro la casa, poi si diressero verso la stazione piщ vicina. Partirono e andarono lontano, in mezzo a quelle montagne di cui egli le aveva parlato. Si alzavano come faceva giorno e trascorrevano le varie giornate nei campi o all’ombra degli abeti. Al tramonto si vedevano le rovine dell’osteria di "Ammazzamogli", le vigne di Mazzarт, il Biviere di Lentini. Un giorno giunse una notizia molto triste: ella sarebbe dovuta ritornare in cittа. Si rincontrarono durante il carnevale e anche il giorno dopo, ma, l’indomani ella sarebbe dovuta ripartire con il primo treno. Anche lui doveva partire: era arrivato un telegramma che lo chiamava lontano. La sera seguente partм anche lui. Su un muro di una stazione vide i nomi di due innamorati scritti con il carbone. Ricordт di tutti i momenti passati insieme a lei e avrebbe voluto incidere su un sasso il nome di lei.
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