Materie: | Appunti |
Categoria: | Letteratura |
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Data: | 02.07.2001 |
Numero di pagine: | 4 |
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Testo
Le riflessioni di Montale sul mondo sono caratterizzate da un dubbio radicale: “Tante cose non so. Non sono sicuro nemmeno che il mondo esista”.
Ma questo scetticismo così radicato si accompagna all’ altrettanto ostinata ricerca di una fede, nella convinzione che, nonostante tutto, “la vita deve, in qualche modo, avere un significato”.
Montale poeta ermetico è considerato l’ “intellettuale” del primo ‘900 che meglio esprime il cosiddetto “male del vivere”, la tipica crisi spirituale dell’ uomo moderno, l’ isolamento dell’ uomo e la sua incapacità di raggiungere delle certezze, di conoscere se stesso e la realtà, l’ impotenza dell’ artista e della cultura di rintracciare e di proporre sicuri punti di riferimento.
Domina infatti nella poesia di Montale il senso angoscioso di una chiusura e di una costrizione esistenziale (il muro che compare in molte delle sue poesie, la “rete che ci stringe”, la “ferrea catena delle necessità”, la “catena che ci lega”, la “giostra d’ ore troppo uguale della ripetizione banale”) che costituiscono l’ immaginario delle prime opere di questo poeta che “ sconvolge il panorama letterario italiano quando nel 1925” pubblica “Ossi di seppia”.
In questa opera dichiara l’ impotenza del “poeta, veggente ma non vate” a dare soluzioni valide per se stesso, come per gli altri, in un’ epoca in cui distrutti i vecchi schemi della cultura positivistica e i miti dell’ ‘800 romantico e sentimentale, l’ uomo appare immerso in un mondo sfiduciato nelle prospettive della scienza e della vita politica e sociale e vive una profonda e – spesso – insanabile frattura con la realtà e il mondo.
Posto di fronte all’ ascesa “vertiginosa” della borghesia capitalistica che impone un modello di società basato sulla logica del capitale e del profitto, l’ uomo “moderno” vive, infatti, una profonda crisi di identità avverte la fine di un’ epoca e dei valori che l’ hanno caratterizzata e si sente disorientato, incapace di comunicare.
Montale interpreta questa crisi esistenziale, morale, culturale che investe la società del suo tempo e - come molti intellettuali e artisti della sua generazione – tenta di testimoniare ( “Spesso il male di vivere ho incontrato) un malessere profondo, lo scacco e l’ impotenza dell’ uomo che sa di aver perso certezze e riferimenti e che non sa contrapporre a questa assenza un’ alternativa storica e culturale credibile.
Sono gli anni in cui le due guerre mondiali, il fascismo, l’ imporsi di una società di massa che disumanizza e aliena, segnano profondamente il poeta che avverte il male di vivere, l’ isolamento, l’ incomunicabilità, come male dell’ “essere” che gli impedisce di avere certezze e di conoscere la realtà e se stesso, e, come l’ osso di seppia relitto del mare e delle spiagge, si sente prosciugato, inaridito, senza vita.
Tuttavia la coscienza dei propri limiti, la consapevolezza della solitudine dell’ uomo e della sua infinita e dolorosa alienazione lo spingono a cercare il senso dell’ esistenza umana, sia attraverso la poesia e l’ uso della parola innovativa, pura, caricata di un intenso significato, sia attraverso la ricerca di “sperati spiragli di libertà “ e di vita autentica: la maglia rotta nella rete, l’ “anello che non tiene” , la “lima che sega la catena” (il limite), l’ “inaspettato miracolo che salva” ( ma non in senso religioso) come possibilità di superare le finitezze e l’ impotenza umane e di ricercare il significato dell’ “ esistenza e della vita” .
Nell’ uomo come nel poeta manca ogni certezza nella vita e nel mondo, dominano l’ aridità e il male, ma egli “ non si acquieta in questa constatazione” e non se ne compiace, anzi assegna alla poesia un compito privilegiato, ne fa uno strumento di conoscenza e, nel naufragio di valori e di certezze, Montale afferma la suprema e superstite dignità della poesia.
Credo, infatti, che attraverso la poesia – definita da alcuni critici “metafisica” - Montale ricerchi un “essere superiore” “un ordine più generale delle cose” che con la sola ragione non può conoscere e aspira a cercare un significato che dia senso alla esistenza umana.
Il poeta infatti non resta “appiattito” nella sua visone negativa, ma esprime (come nei “Limoni” e nella raccolta lirica “Crisalide”) la tensione di un animo e di una mente che cerca un “varco” oltre il quale “fuori della prigione” trovare un raggio di sole, una speranza che rimandi ad una realtà diversa, ad una imprecisata salvezza che spezzi le “sbarre della prigione” del suo scetticismo.
Alcuni critici (Contini, Gioanola) hanno trovato nella sua poesia (e già negli stessi Ossi di seppia) le tracce di un’ ansia religiosa di fronte ad una esistenza di angoscia e di nulla (un esempio è il “girasole” simbolo del divino)
Montale, infatti, dal gelo dell’ impotenza spirituale che lo spinge a “trovare un varco nella muraglia” , si apre nella ricerca di un senso più profondo e assoluto della vita e sembra anelare alla fede e alla ricerca del “divino” come possibilità di superare la frattura con la realtà e la vita, per consegnare all’ uomo una possibilità di speranza “mi pareva di vivere sotto una campana di vetro, eppure sentivo di essere vicino a qualcosa di essenziale. Un velo sottile, un filo appena mi separava da quel quid definitivo” e cercare un appiglio, una salvezza (”Penso ad un giorno di incantesimo”) quasi la ricerca di una “fede” che dia significato e senso alla vita che aiuti l’ uomo a superare quella “muraglia” che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Quella di Montale sembra essere la ricerca di un DIO, o almeno di un divino che va “oltre il tempo “ non misurabile dall’ uomo (come nella Bufera) ma che “forse” può dare un significato anche al dolore dell’ uomo.
Nella fase della poesia di Montale che va dal 1940-42 al 1962, e in particolare nella Bufera, molti critici sono concordi nel dire che egli sembra avvertire “il germe sottile di un’ inquietudine religiosa” e che si interroghi sul significato del mondo e della vita e sulla possibilità di salvezza,
La poesia di Montale esprime lo scavo interiore di un uomo che si guarda dentro, mentre vagabonda solitario nella civiltà moderna, sentendosi spaesato e disorientato e avverte la vita come dolore, ma anche come tensione ideale a ricercare un’ armonia e una solidarietà con il mondo esterno, una certezza che “illumini” la sua esistenza.
…l’ anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’ arsura e la desolazione,
la scintilla che dicembre tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito…………..