L'andata

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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L’andata

Bimbo, Negus, Treno, Colonello e Biagino devono catturare un sergente della repubblica. Hanno un piano, tutto è perfettamente organizzato, e tutto dovrebbe riuscire grazie all’aiuto della sorella di Bimbo, ma nessuno è veramente certo della riuscita della loro impresa, nessuno veramente convinto di potercela fare. Dopo aver passato Treiso, una cittadina in mano ancora dei partigiani, vengono avvisati da un uomo del pericolo della cavalleria repubblichina che potrebbe fare il giro di perlustrazione nella loro zona. Arrivati ad Alba si appostano in un canneto vicino all’osteria nella quale sarebbe dovuto prima o poi arrivare il sergente ed attendono che dalla casa vicino la sorella di Bimbo faccia il segnale convenuto per indicare l’arrivo del sergente, appunto. Il sergente arriva, e mentre cerca di sedurre la figlia dell’oste, i cinque partigiani irrompono nel locale e lo sequestrano. Se ne vanno, ma poco dopo il sergente scappa sentendo il rumore della cavalleria della repubblica: Negus però lo fredda all’istante. La cavalleria tuttavia non tarda ad arrivare e inutilmente cercano i partigiani di salvarsi risalendo il fangoso pendio sulla cima del quale sarebbero salvi.

Il racconto è molto rappresentativo dello stile di narrazione e di descrizione dei fatti partigiani e dei partigiani stessi. Non leggiamo infatti una storia in cui sono celebrate eroiche figure partigiane, spinte nell’azione da valori politici e ideologici saldissimi, dotate di coraggio e fermezza incrollabili, animate insomma, da tutti quei valori e virtù positive che avrebbero voluto per loro gli stessi politici del partito comunista per una propaganda “culturale”. I cinque partigiani de “L’andata” sono invece ragazzi semplici, che non si sa perché si siano arruolati nell’esercito partigiano, in cui si ritrovano tutte le debolezze dei ragazzi normali.
Non sono molto convinti dell’azione che stanno per compiere, ed hanno delle riserve sulle capacità e sul coraggio della sorella de Bimbo, capacità che nessuno di loro ha mai sperimentato.
Bimbo all’inizio del racconto esprime la sua insofferenza verso il capo della loro formazione, Morgan, che ritiene non degno di avere alle sue dipendenze dei ragazzi in gamba come quelli che fanno parte del gruppo della spedizione, che, invece, dovrebbero emanciparsi, e concedersi più spesso delle azioni autonome. Poi, lui e Negus parlano di Carmencita, una ragazza per la quale Bimbo si domanda come faccia ad avere i peli scuri sotto le ascelle pur essendo bionda. O ancora, giunti ad Alba, pensano a com’era la loro vita due settimane prima, quando la città era ancora in mano loro, e le conclusioni sono alquanto sconcertanti. A Colonnello non importa niente di aver perso Alba, perché non ci viveva bene, avendo sempre la paura di farci la fine del topo, per lui l’unica comodità del vivere ad Alba era il casino. Bimbo d’atra parte trova che stare in città era tutta un’altra cosa, se non altro per il fatto di camminare sui marciapiedi. Per qualcuno poi, il fine primo del sequestro del sergente è quello di procurarsi un’arma automatica.
La descrizione dei combattenti repubblichini non si discosta tuttavia da quella dei partigiani in quanto a comicità. I più giovani sono completamente asserviti al sergente, ed sembra che per loro sia quasi più importante conquistare il suo favore che difendere Alba dai partigiani sulle colline. Il sergente non è da meno, e perde il suo tempo in una squallida osteria della cittadina a cercare di sedurre la figlia dell’oste.
Non c’è eroismo, né enfasi nella descrizione che Fenoglio dà d

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