Hannah Arendt

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

Voto:

1 (2)
Download:146
Data:01.06.2001
Numero di pagine:8
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
hannah-arendt_2.zip (Dimensione: 8.69 Kb)
trucheck.it_hannah-arendt.doc     33 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Hannah Arendt
Filosofa tedesca, di origine ebrea. Durante il nazismo deve fuggire dal suo paese. Allieva di Hideger, tedesco, nazista. Ne "le origini del totalitarismo" ella ricostruisce il processo storico che ha condotto alle dittature europee e alla seconda guerra mondiale; i momenti decisivi di tale processo (antisemitismo, imperialismo e trasformazione delle democrazie) sono interpretati come effetti di una moderna spoliticizzazione della cultura moderna. L'agire per la Arendt definisce l'essere umano come essere-con-gli-altri; l'intimità umana si costituisce nella sfera pubblica.
Il Totalitarismo è una forma di governo che può originarsi solo all'interno di una società di massa. In qualche modo anticipato dal fenomeno dell'antisemitismo (ostilità nei confronti degli ebrei), ripreso alla fine del 1800 in paesi come la Russia, la Francia… il suo ritorno è stato favorito da circostanze quali la Grande depressione del '29, che aveva causato la necessità di trovare un capro espiatorio.
Il totalitarismo, cresciuto e maturato nella Germania hitleriana e nell'Unione Sovietica stalinista, è per la Arendt una forma politica distinta da tutte le altre, senza precedenti nella storia. Ella analizza parallelamente le due forme politiche del nazismo e dello stalinismo, e le separa in maniera radicale da tutte le altre forme di dittatura, dispotismo, autoritarismo e tirannide.
Elementi che lo caratterizzano:
- non classi sociali, ma masse
- creazione di istituzioni del tutto nuove
- non una dittatura, di un unico partito, ma un movimento di massa
- centro di potere non l'esercito ma la polizia
- in politica estera punta al dominio del mondo
- opera in modo assolutamente imprevedibile
Avverte che esso può costituire un pericolo per il futuro. Ella sottolinea come le varie forme di governo, non escluse le democrazie, possano degenerare in totalitarismi. Per questo non bisogna considerarlo un accidente storico: il pericolo non è mai completamente estinto. Non è sufficiente la fine di Hitler o di Stalin e dei loro regimi per poter chiudere la parentesi storica del totalitarismo. La formula di dominio totale è tipica della nostra epoca, ed è possibile che esso possa trovare modo di imporsi nuovamente.
Si è portati a pensare il totalitarismo come una moderna forma di tirannide, degenerazione della monarchia (vd. Platone), un governo senza legge in cui il potere è detenuto da un uomo solo. Si tratta di un potere arbitrario. L'interesse del governante è diverso da quello dei governati. Principio d'azione è la paura, da entrambi i lati!
Per la Arendt il totalitarismo non è dispotismo, ma è una forma nuova:
- non è arbitrario
- non opera senza la guida di una legge. Alla legge positiva si sostituisce una legge naturale o storica, rispetto a cui la legge positiva non può che cedere il passo. Per i giusnaturalisti (Seicento) dalla legge di natura (razionale) devono derivare le leggi positive, che non possono contraddirla. Marx e Darwin pongono entrambi al centro della loro riflessione l'idea di sviluppo. Dichiara di rifarsi a quella legge della storia che sarebbe già predeterminata da un destino sovrumano. L'ideologia nazista vede inscritta nella storia la supremazia della razza ariana su tutte le altre razze, considerate inferiori per legge di natura. Utilizza l'evoluzionismo darwiniano configurando la razza ariana come il prodotto più perfezionato di una lotta per l'esistenza non più di carattere biologico, ma politico e sociale. In questo modo legittima l'annientamento del popolo ebraico. L'ideologia stalinista utilizza invece la visione di Marx della storia come movimento dialettico (come storia delle lotte di classe, per stabilire il possesso dei mezzi di produzione) per legittimare il suo operare politico. Quindi disprezza la legalità, dichiarando di applicare direttamente la legge della storia o della natura. In questo modo la legge è arbitraria, manipolabile, e questo comporta un grande rischio, secondo la Arendt. Rompe il consensus iuris, legge derivata da un patto orizzontale tra cittadino e cittadino, di una convenzione, che ha il compito di determinare lo spazio entro cui l'individuo può agire senza ledere l'altro. Non sostituisce un corpo di leggi ad un altro. Pretende di fare dell'umanità stessa l'incarnazione del diritto. Nel totalitarismo la legge naturale rimane assoluta, e si traduce nel terrore totale, poiché fa riferimento all'esistenza di razze, classi, gruppi che devono imporsi a tutti i costi.
- IDEOLOGIA:= strumento di interpretazione della realtà per cui tutta questa è spiegata per mezzo di un'idea. Le ideologie sanno spiegare ogni cosa e ogni avvenimento facendoli derivare da una singola premessa. Per Marx era quella forma di pensiero che pretende di fondare in modo assoluto valori che invece sono frutto del conflitto tra classi, come religione, stato, guerra… Le ideologie sono state utili al regime totalitario. Esse pretendono di combinare insieme carattere scientifico e filosofico. A contrario di come si pone la parola, non significa che possano essere materia di studio di una scienza! Le ideologie pretendono di avere un carattere scientifico, ma non lo sono perché si distaccano dalla realtà empirica, dal costante riscontro coi fatti. Pretendono di spiegare il reale, di catturare l'ordine del mondo, di conoscere le verità nascoste ma non fanno altro che semplificare e astrarsi da esso. Partendo da un'unica premessa (ad esempio l'idea di razza), vengono rigorosamente dedotte conseguenze, che in virtù della loro rigorosità si definiscono valide e scientifiche. Ma l'idea di un'ideologia non è l'idea di Platone realtà trascendente, superiore, pura e perfetta, nemmeno l'idea in senso kantiano (concetti il cui oggetto non è passibile di conoscenza sensibile, quindi conoscenze non valide), ma è diventata strumento di interpretazione della realtà e della storia. Si suppone che il movimento della storia e il processo logico del concetto corrispondano. Il vantaggio della logica dialettica per l'ideologia è di essere capace di spiegare anche le sue contraddizioni, per cui qualunque cosa accada l'ideologia non viene scalfita. Il pericolo è quello di abbandonare la nostra libertà di pensare, non potendo modificare il nostro pensiero sulla base di un'esperienza. Quando la logica è applicata a un'idea, questa si trasforma in una premessa, e da essa partono tutta una serie di conseguenze attraverso la mera argomentazione. In questo processo argomentativo non possono essere introdotte ne' nuove idee, ne' nuove esperienze! Il pensiero filosofico è inevitabilmente insicuro, perché si fonda sulla libertà di cambiare continuamente. Per mezzo delle ideologie si giustificano fatti storici riducendoli a fatti naturali.
1. L'ideologia spiega tutto! Ma non si può dare una totale spiegazione della realtà.
2. Indipendenza dall'esperienza. L'apparato propagandistico serve a indurre maggiormente questo distacco.
3. Procede per via logica (tradizionale o dialettica) si parte da una premessa assiomatica assolutizzata, per poi trarre conseguenze che non possono essere scalfite dall'esperienza.
Chi accetta la premessa e non le conseguenze, o è stupido o codardo.
Il razzismo esisteva prima di Hitler, egli ha solo tratto le logiche conseguenze da tale ideologia. Idem Stalin e il comunismo.
Il passaggio dall'ideologia al totalitarismo comporta la perdita graduale dello scopo dell'ideologia. Concretamente non importano più i diritti dei lavoratori, anzi, nel regime staliniano, molti diritti vengono meno. Così lo stato tedesco si prepara a una guerra, non preoccupandosi della sopravvivenza del popolo. Non si tratta di una deviazione di percorso compiuta da Hitler o da Stalin per smania di potere personale, nemmeno di un caso, ma è la conseguenza logica dell'ideologia.
Esempio: la storia è lotta di classe e il partito guida questa lotta. Trockij è oppositore di Stalin, ma è d’accordo con la premessa. Oppure: c'è un percorso necessario della storia per cui sono necessari crimini da punire, individuando responsabili. Non è importante che ci sia qualcuno che trami o meno contro la rivoluzione. L'esperienza non conta. Se non ci sono i crimini si inventano i colpevoli. Se sei accusato o sei davvero colpevole e quindi meriti di essere punito o non lo sei. Ma non importa, il crimine c'è. Qualcuno deve essere punito. Così sei colpevole sia se confessi per disciplina al partito, sia se neghi, perché ti opponi al progetto del partito.
- Unico partito non come rappresentante degli interessi di una parte, ma come rappresentante dell'intero popolo.
- l'essenza del potere totalitario è il terrore totale, riga 136, al posto del diritto positivo,. Serve per eliminare l'opposizione, ma non solo, perché rimane anche dopo l'eliminazione di questa. Una volta individuati i nemici dell'umanità contro cui scatenare il terrore, i concetti di colpevolezza o di innocenza perdono ogni significato, e possono essere utilizzati ideologicamente per colpire questo nemico fittizio, che possono essere le razze inferiori, come gli individui inadatti a vivere, le classi in via d'estinzione, i popoli decadenti… non è necessario opporsi per essere colpiti! È la legge generale che individua i nemici, in modo oggettivo: non sono importanti le sue scelte. Esempio: un ebreo nazista sarebbe stato comunque un nemico. Si toglie agli individui la responsabilità delle loro azioni, anche in questo senso.
- deresponsabilizzazione dell'individuo. I crimini sono commessi o per ordine superiore, o obbedendo a presunte leggi della storia o della natura. Per cui gli individui non si pongono più di tanto problemi nel compiere anche i crimini più efferati, convinti di non essere responsabili dei propri atti: in nome di leggi naturali si possono compiere i peggiori atti sentendosi giustificati. Nella "banalità del male" afferma che chi ha partecipato ai massacri non è un mostro, ma una persona comune, che le circostanze, l'occasione, le frustrazioni hanno portato a compiere azioni efferate, come se fosse la normalità. Il male si scatena quando le condizioni sono favorevoli. Non assolve i criminali, ma dice che non c'è bisogno di una particolare attitudine al male per giungere a questi estremi.
- Il totalitarismo elimina gli individui per la specie. La Arendt vuole rivalutare il carattere individuale dell'essere, in una società che tende ad appiattirlo, a massificare e a omologare i comportamenti. Agire = libertà, ma anche responsabilità.
- Il totalitarismo rifiuta e distrugge la pluralità umana, e con essa la differenza, uniformando l'uomo a un unico modello, eliminando brutalmente il "diverso". Le masse sono un tutto indifferenziato che si identifica col capo carismatico, quale incarnazione della legge naturale. La Arendt si oppone con tutte le sue forze a questa ipotesi del mondo politico e sociale come spazio omogeneo, e ne denuncia i pericoli. Uniformità = morte. Solo la diversità consente la nascita del nuovo, dell'opposizione al dispotismo della maggioranza. È quindi la base della democrazia. La sola diversità condannata è quella giuridica.
- L'individualità umana è l'unico elemento che può ostacolare la natura della storia. il totalitarismo cerca di eliminare tale elemento, riducendolo a massa. Tutti diventano uno solo. Accelera il movimento della storia, intervenendo anticipatamente laddove la natura interverrebbe comunque.
- Si sviluppa sempre comunque a partire da sistemi monopartitici, che rendono9 l'individuo isolato e impotente, frustrandone la capacità d'azione. Ma qui la sfera della vita privata, la capacità di esperienza, di pensiero, di azione persistono, mentre saranno annullate nel totalitarismo. Ogni aspettativa nei confronti di questi regimi viene poi meno.
Montesquieu, aveva classificato le forme di governo, non più alla stregua di Aristotele, ma in base al rapporto esistente tra il governo e la legge; è proprio la legge, infatti, ad assicurare la libertà del singolo i quanto cittadino. Ogni governo, diceva, è caratterizzato da un principio d'azione, che ispira cittadini e governo nella loro attività pubblica, e più precisamente:
 l'onore per la monarchia, ovvero la dignità legata al rango, alla condizione sociale, per cui ad esempio il nobile deve essere magnanimo.
 la virtù nella repubblica, in cui si identificano valori con cui confrontarsi.
 la paura nella tirannide, cioè il timore di dover subire le conseguenze delle proprie azioni
Il totalitarismo è una forma di regime esule da qualunque classificazione fino ad ora tracciata, il terrore non è suo principio d'azione, ma la sua essenza. Si elimina la possibilità di azione perché non ci sono azioni buone o cattive. Sottrae ogni strumento di giudizio. Il giudizio nasce da un confronto col modo di rappresentare di tutti gli altri uomini, ma se tutti gli uomini sono ridotti a massa non ho un termine di paragone. Non c'è nemmeno comunicazione tra gli individui, l'individuo è completamente isolato. Nemmeno la paura può suggerire come ci si deve comportare perché le vittime sono oggettive, non è detto quindi che siano realmente oppositori. Perdono valore anche affetti e simpatie: lo stato totalitario obbliga la gente a denunciare anche i propri amici pur di salvaguardarsi l'esistenza. Esecutori e vittime sono scelti dalla natura stessa, come ad esempio nel caso delle SS, che sceglievano i candidati in base alla foto. (La maggior parte delle vittime delle purghe erano esponenti del partito comunista.) Eliminando la capacità di azione non necessita di un principio d'azione!
Unica alternativa è la grande capacità umana di dare inizio a qualcosa di nuovo, di contraddire in pratica la logica.

Esempio