Giovanni Verga

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Categoria:Letteratura

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Testo

Giovanni Verga

LA VITA Il Verga nacque a Catania nel 1840, da famiglia agiata, e in Sicilia trascorse l’infanzia e la prima giovinezza. Iniziò a scrivere i suoi primi romanzi (Amore e patria, I carbonari, della montagna, Sulle lagune) legati all’immaginario della letteratura romantico-risorgimentale. Da qui avvertì l’esigenza di uscire da una vita provinciale e di entrare in contatto con le correnti vive della letteratura. Così egli andò prima a Firenze e poi a Milano dove ebbe la possibilità di entrare in contatto con la civiltà borghese e con l’ambiente scapigliato.
Successivamente scrisse Eros, Tigre reale, Eva, Storia di una capinera e Una peccatrice che sono i cinque romanzi che fanno parte del cosiddetto «ciclo amoroso».
Una volta ritornato in Sicilia, il Verga, compone la novella Nedda che si ritiene dia inizio alla stagione verista dell’autore, anche se non tutti i critici letterari sono d’accordo su questa scansione cronologica.
Con Nedda, il Verga, ha l’idea, di fronte a questa Sicilia così martoriata, dove ci sono classi sociali che si eludono a vicenda (da una parte gli immensamente ricchi e dall’altra gli immensamente poveri), di comporre il «ciclo dei vinti», cioè una serie di romanzi che mettono in evidenza la lotta che l’uomo conduce per la vita. Essa può essere una lotta per i bisogni naturali, una lotta per la sopravvivenza. Di questo ciclo fanno parte Vita nei campi e I Malavoglia da un lato e Novelle rusticane e Mastro don Gesualdo dall’altro.
Infine vediamo anche delle sue opere teatrali come Dal tuo al mio, La lupa, ecc..
Nel 1922 morì a Catania. Ne danno il triste annuncio…bla bla…bla bla…

LO SVOLGIMENTO DELLLA NARRATIVA VERGHIANA Prima di aderire ad una poetica verista, il Verga ripercorre il cammino della narrativa ottocentesca. Mentre nelle prime prove (I carbonari della montagna, Sulle lagune) ricalca lo stile del romanzo storico, in Una peccatrice, Eros, Tigre reale, Eva, Storia di una capinera (tutti romanzi dominati dall’amore), appare legato alla sensibilità tardo-romantica e scapigliata.
In generale possiamo dividere in due parti la vita narrativa del Verga:
ﱙ Il ciclo romanzesco che comprende I carbonari della montagna e Sulle lagune, opere che, dal punto di vista artistico, sono prive di significato, sia per la struttura e sia per l’insistenza su toni patetico-sentimentali.
ﱙ Il ciclo amoroso che comprende Una peccatrice, Eros, Tigre reale, Eva, Storia di una capinera, è composto da romanzi dominati dall’amore, concepito però, come passione sensuale più che spirituale. Un amore che alla fine porterà alla sconfitta di questi personaggi, perché o si mettono in contrasto con la società o si mettono in conflitto con se stessi.

L’ambiente si rispecchia in quello borghese e soprattutto in quello milanese e tutti i personaggi, in linee generali, amano il lusso e la raffinatezza.
In questi romanzi, lo scrittore, non si è ancora raffinato e quindi cade nel patetico perché cerca in ogni modo di commuovere.

VERSO UNA POETICA VERISTA Il 1878 è uno dei momenti più significativi della vita letteraria del Verga perché compone Nedda. Questa è una storia di miseria e di sventura, ambientata fra il bracciantato siciliano. Nedda lavora duramente e fra gli stenti per mantenere la madre ammalata; dopo la sua morte cede all’amore d’un giovane povero come lei Janu, ma questi muore di malaria prima di poterla sposare e di stenti muore la bambina nata dalla loro unione. Come si vede, è una storia di miseria e di sventura, ma scavata in una realtà sociale precisa, come precisa è la psicologia del personaggio centrale:determinata dalla miseria che induce a condizioni disumane, ma, al tempo stesso, capace di affetti intensi e profondi; ed è, soprattutto, una vicenda «vera», legata ai dolori «veri» e alle gioie «vere» della gente umile, al dramma della lotta per la vita.
Il Verga in quasi tutte le sue opere insiste nel presentare la vicenda come storia vera e, in fondo, ha ragione in quanto in quel contesto si sono consumate molte vicende analoghe. Per aumentare la veridicità dei suoi racconti, il Verga, prima di scrivere un romanzo effettua degli studi sul tipo personaggio che narra.

Le tecniche di composizione che sono presenti in quasi tutte le opere del Verga sono basate sul gergo, sul linguaggio vissuto dal popolo, il discorso diretto libero (che non è introdotto da verbi come dire, pensare, affermare). Lo scrittore con queste tecniche regredisce alla mentalità del personaggio che parla (regressione linguistica o discorso rivissuto o erlebte rede) e conduce la narrazione sia dal punto di vista della comunità paesana e sia dei personaggi.

UN VERISMO PROBLEMATICO Lo scrittore fa una riflessione amara sul progresso: il progresso è un fattore fondamentale della storia, non si può farne a meno (diventa la spinta naturale dell’uomo proiettato verso il miglioramento della propria condizione sociale).
In genere gli autori meridionali, in particolare il Verga, sentono il bisogno di evadere dall’ambiente di cui spesso non condividono la mentalità, le convenzioni sociali arcaiche, ma quando si trovano proiettati in un mondo borghese, differente dal loro, provano repulsione per questo ambiente aperto perché è proiettato verso la logica del profitto, che cancella l’individuo e preferiscono andare alla ricerca delle proprie radici.
E’ nelle proprie radici che si trovano radicati quei valori che consentono ad un “vinto dall’oppressione secolare e dall’ingiustizia” di rimanere saldo alla dignità di persona.Questi valori sono l’onore, la famiglia, la proprietà.
Chi vuole evadere da quest’ambiente,secondo il Verga, va incontro alla sconfitta.

Ad es.: Mastro don Gesualdo che si arricchisce e che da mastro vuole diventare donna, non è accettato né dalla classe sociale da cui proviene perché non condivide più le stesse idee, né dalla classe sociale in cui è entrato perché non lo sentono appartenere a quella categoria. Anche la figlia lo rifiuterà e morirà da solo.

Nella vita dei campi è messo in evidenza il concetto fondamentale del Verga: egli vede che il progresso travolge i più deboli, progredisce solo la classe borghese sempre più desiderosa di imporre doveri e mai riconoscere i diritti del proletariato.
Per il Verga vale la teoria dell’ostrica: “chi rimane ancorato allo scoglio delle proprie radici non muore, se si stacca soccombe”. Gli umili hanno solo hanno solo il conforto del focolare domestico, della famiglia, della casa, del lavoro e chi cerca di salire nella scala sociale va solo contro la sconfitta.
Il Verga è progressista o regressivo?
Progressista perché ha fiducia nel progresso, senza il quale l’Italia non sarebbe mai uscita dall’arretratezza e dalla miseria.
Non crede che del progresso possano beneficiare tutti. Per i deboli, infatti, non c’è possibilità di modificazione della propria condizione sociale.
Lo sguardo del Verga è molto lucido sul suo periodo.
Viene, però, accusato di essere ambiguo perché da una parte è attento alla miseria della plebe meridionale e dall’altra parte afferma che se si allontana dalla Sicilia è perso.
Il Verga condanna i suoi personaggi ad un immobilismo nel quale possono sopravvivere anche con la sopraffazione purchè mantengano inalterati i valori universali.
Per gli umili del Verga non c’è la divina provvidenza, tutto è fatuo per loro, tutto è mutabile.

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