Giovanni Verga

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Categoria:Letteratura

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Testo

GIOVANNI VERGA
LA VITA:
Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840. Nato da una famiglia nobile e benestante, compì i primi studi nella città natale, dove iniziò giovanissimo (ad appena quindici anni) la sua attività letteraria con Amore e patria, un romanzo ambientato durante la rivoluzione americana. Seguirono altri due romanzi di intonazione patriottica: I carbonari della montagna e Sulle lagune.
Si dedicò molto allo scrivere e proprio per coltivare fino in fondo questa sua passione dal 1865 al 1872 Verga visse a Firenze, allora capitale del Regno d’Italia, e qui cominciò a farsi notare come scrittore con due romanzi, Una peccatrice e Storia di una capinera. Da Firenze Verga si trasferì a Milano, dove rimase sino al 1893 e questo fu il periodo più intenso della sua carriera. A Milano Verga frequentava i salotti più brillanti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia e venne a contatto con altri scrittori. Durante il soggiorno milanese, per il Verga fu importante l’incontro con lo scrittore Capuana, che lo portò verso il Verismo.
La sua fama di scrittore crebbe con la pubblicazione di altri romanzi (Eva, Eros, Tigre reale) di facile presa sul pubblico perché erano centrate su storie d’amore appassionate.
Dopo aver accostato il naturalismo francese, il Verga cambiò tematica; dai salotti e aristocrazia milanese, passò alla provincie siciliane, piene di problemi sociali. Infatti Verga abbandonò il romanzo sentimentale, per intraprendere dapprima le novelle per poi finire con il ciclo dei vinti.
Verga cambiò anche il linguaggio dei suoi romanzi per aderire al mondo degli umili , Verga infatti progettò il ciclo dei vinti, una serie di 5 romanzi che dovevano rappresentare il fallimento delle ambizioni umane, ma solo due vennero portati a compimento: il grande romanzo de’ I Malavoglia (1881) e Mastro don Gesualdo (1889). Il ciclo dei vinti non fu portato a termine anche per la mancata attenzione e l’ostilità con cui furono accolti questi romanzi. Accanto a questi due romanzi veristi ci sono anche due raccolte di novelle: Vita dei campi e Novelle rusticane.
Verga, oltre a scrivere romanzi e novelle, è stato anche un autore teatrale. I migliori drammi sono: Cavalleria rusticana (1884), che diede inizio al teatro verista e La Lupa.
Da Milano Verga ritornò a Catania nel 1893 e lì vi rimase fino alla morte, escluso alcuni viaggi a Milano e Roma (incontro con Zola). La sua produzione letteraria si può considerare chiusa nel 1890, perché quello che scriverà in seguito è ripetitivo, o documento della vita disagiata che il Verga trascorse negli ultimi decenni della sua vita.
Verga morì nel 1922 a Catania.

IL PENSIERO:
Verga è il primo scrittore italiano che si accosta al mondo degli umili, anche se Manzoni nei Promessi Sposi aveva parlato di Renzo e Lucia, che erano due umili, che però non aveva l’intenzione di capirne la cultura e la civiltà, senza la pretesa di aver qualcosa da insegnarli, come aveva fatto Manzoni.
Una svolta principale all’itinerario verghiano si ebbe quando conobbe Capuana, lo scrittore volle provare le vie della poetica verista e così compose Nedda.
Verga era un borghese reazionario e non credeva nel progresso sociale, secondo lui, il mondo è regolato dalle leggi che non devono essere violate, per lui gli umili devono restare legati al loro mondo: povero, ma anche dignitoso.
Proprio perché Verga è un reazionario e pessimista è riuscito a darci una rappresentazione fedele e oggettiva, proprio come la vuole la corrente del verismo.
Applicando il principio dell’impersonalità, il Verga scrive i Malavoglia, che è tutto raccontato in diretta dai personaggi della storia, di una lingua un po’ primitiva.
La sua epopea all’epoca dei vinti si può fissare in questi aspetti: si nasce servi o si nasce padroni e mai i primi potranno scavalcare la barriera che li separa dai secondi, né vale la pena poter tentare di evadere, col rischio di diventare degli emarginati.
Il pessimismo verghiano indubbiamente è in contraddizione con le fiducie ottimistiche del positivismo, che spiravano nell’atmosfera letteraria di quel tempo, perché non solo Verga conservò sempre qualcosa del Romanticismo.
La lingua del Verga è essenziale, nuda come volevano i teorici del Naturalismo francese; il Verga ricorre frequentemente al dialogo per far sembrare la scena, ancora più vera.
Verga fu e volle essere uno scrittore, un’artista, non un politico, infatti, non pensò di prescindere, dai sentimenti umani, la condizione esistenziale dell’uomo, che per lui era più tragica di qualsiasi causa economica o politica..
Concludendo, possiamo dire che il Verga, pur rappresentando la seconda tappa più importante del romanzo italiano, dopo Manzoni, del lombardo aveva acquisito la lezione del “vero” come oggetto dell’arte.
LE OPERE:
ROMANZI e NOVELLE OPERE TEATRALI
I Malavoglia (1881) - Tigre reale (1875) - Rosso mal Pelo (
Storia di una capinera Nedda (1874)
I carbonari della montagna
- Mastro don Gesualdo - L’uomo di lusso -
Eros (1873)
Vita dei campi (1880)
L’uomo di lusso (
(1871)
L’onorevole Scipione La cavalleria rusticana
Il ciclo dei vinti

In portineria - La lupa - Dal tuo al mio - Cavalleria rusticana

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