Decameron

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Categoria:Letteratura

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Testo

DECAMERON

La raccolta di novelle и stata quasi certamente scritta fra il 1349 e il 1353, all'indomani cioи della terribile pestilenza che dal 1348 devastт l'Europa. Come dice il titolo grecizzante l'azione si svolge e si chiude nel giro di dieci giorni. Dopo un "proemio" indirizzato alle "vaghe donne" che per prova conoscano l'amore, la lunga introduzione alla prima giornata dа un quadro terrificante dell'atmosfera di orrore e di morte che circonda Firenze in preda alla peste. Boccaccio immagina che sette fanciulle e tre giovani uomini si rifugino in una villa dei vicini colli per sfuggire al contagio e per trascorrere un po' di tempo allegramente fra amabili conversari, banchetti e danze. Ogni giorno, tranne il venerdм e il sabato dedicati a pratiche religiose, i giovani si radunano su un prato, per raccontare novelle, una per ciascuno; queste si svolgono intorno a un tema prestabilito, proposto ogni volta dal re o dalla regina eletti quotidianamente dalla compagnia. Dopo ciascun gruppo di racconti trova posto una "conclusione" suggellata da una ballata.

Cenni biografici

Nasce nel 1313 (giugno o luglio) in Toscana (forse a Certaldo o a Firenze: oggi non si ritiene piщ attendibile la notizia di una sua nascita a Parigi).

Era figlio "naturale" (nato cioи al di fuori del matrimonio) di un mercante, Boccaccio di Chellino, e di una donna di cui non si sa il nome: ma venne riconosciuto e legittimato dal padre, e visse in famiglia con pari diritti rispetto ai fratelli.

Dopo i primi studi a Firenze, nel 1327 venne mandato dal padre a Napoli prima a far pratica mercantile, poi, vista la sua svogliata applicazione a questa attivitа, a studiare diritto canonico.

In quegli anni Giovanni studiт i classici latini, e la letteratura cortese francese e italiana, e scrisse le sue prime opere: Filocolo (1336-38), Filostrato (1335), Teseida (1339-41), Caccia di Diana (1334/38 ) e le Rime (la cui composizione rimanda ad anni diversi). Ebbe anche presumibilmente relazioni amorose, che piщ tardi esprime, secondo un costume stilnovistico, nella figura di Fiammetta, identificata un tempo con una Maria figlia naturale (anche lei!) di re Roberto d'Angiт e maritata nella casa dei conti d'Aquino: la consistenza storica di questa donna и perт oggi largamente messa in dubbio dagli studiosi.

Nel 1341 dovette tornare a Firenze dal padre il quale aveva difficoltа economiche a causa del fallimento della banca di Bardi. Comporrа nuove opere poetiche e narrative: Ninfale d'Ameto o Commedia delle Ninfe fiorentine (1341-42), Elegia di madonna Fiammetta (1343-44), Ninfale fiesolano (1344-46). Boccaccio frequenta le corti della Romagna (Ravenna, Forlм) in cerca di un impiego.

Nel 1348 и di nuovo a Firenze, dove assiste alla peste e dopo la morte del padre (1350?) vi rimase per amministrare lo scarso patrimonio. Cominciт a partecipare in vario modo alla vita pubblica e culturale della sua cittа, e gli furono affidati uffici e ambascerie. Nel frattempo andava componendo quella che noi consideriamo la sua opera maggiore, il Decameron, terminato nel 1351.

Negli ultimi anni si stringe il rapporto di amicizia con Francesco Petrarca, il "glorioso maestro" che lo aveva persuaso a dirigere la mente verso le cose eterne lasciando da parte il diletto di quelle temporali. Il Petrarca lo aiutт a superare una crisi religiosa, indirizzando l'attivitа del Boccaccio verso la cultura letteraria di tipo "umanistico": le opere tarde del Boccaccio saranno in latino, e fra queste va citata la "Genealogia deorum gentilium", un grande trattato di mitologia greco-romana, che per due o tre secoli rimase il libro piщ consultato su questo argomento.

Negli stessi anni si dedica allo studio dell'opera di Dante, per cui ebbe un vero e proprio culto: di questa attivitа resta il "Trattatello in laude di Dante", e le lezioni con cui commentava pubblicamente la "Divina" Commedia (и stato il Boccaccio ad usare e ad imporre nell'uso questo aggettivo). Morм il 21 dicembre 1375.

I n d i c e

Proemio
Prima giornata
nella quale dopo la dimostrazione fatta dall'autore, per che cagione avvenisse di doversi quelle persone, che appresso si mostrano, ragunare a ragionare insieme, sotto il reggimento di Pampinea si ragiona di quello che piщ aggrada a ciascheduno.
Seconda giornata
nella quale, sotto il reggimento di Filomena, si ragiona di chi, da diverse cose infestato, sia, oltre alla sua speranza, riuscito a lieto fine.
Terza giornata
nella quale si ragiona, sotto il reggimento di Neifile, di chi alcuna cosa molto da lui disiderata con industria acquistasse o la perduta ricoverasse.
Quarta giornata
nella quale, sotto il reggimento di Filostrato, si ragiona di coloro li cui amori ebbero infelice fine.
Quinta giornata
nella quale, sotto il reggimento di Fiammetta, si ragiona di ciт che ad alcuno amante, dopo alcuni fieri o sventurati accidenti, felicemente avvenisse.
Sesta giornata
nella quale sotto il reggimento d'Elissa, si ragiona di chi con alcuno leggiadro motto, tentato, si riscosse, o con pronta risposta o avvedimento fuggм perdita o pericolo o scorno.
Settima giornata
nella quale, sotto il reggimento di Dioneo, si ragiona delle beffe, le quali, o per amore o per salvamento di loro, le donne hanno giа fatte a'lor mariti, senza essersene avveduti o sм.
Ottava giornata
nella quale, sotto il reggimento di Lauretta, si ragiona di quelle beffe che tutto il giorno o donna ad uomo, o uomo a donna, o l'uno uomo all'altro si fanno.
Nona giornata
nella quale sotto il reggimento d'Emilia, si ragiona ciascuno secondo che gli piace e di quello che piщ gli aggrada.
Decima giornata
nella quale, sotto il reggimento di Panfilo, si ragiona di chi liberalmente ovvero magnificamente alcuna cosa operasse intorno a fatti d'amore o d'altra cosa.
Conclusioni dell'Autore

Prima Giornata
Novella Prima

Ser Cepperello con una falsa confessione inganna uno santo frate, e muorsi; ed essendo stato un pessimo uomo in vita, и morto reputato per santo e chiamato san Ciappelletto.

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Convenevole cosa и, carissime donne, che ciascheduna cosa la quale l'uomo fa, dallo ammirabile e santo nome di Colui il quale di tutte fu facitore le dea principio. Per che, dovendo io al nostro novellare, sм come primo, dare cominciamento, intendo da una delle sue maravigliose cose incominciare, acciт che, quella udita, la nostra speranza in lui, sм come in cosa impermutabile, si fermi e sempre sia da noi il suo nome lodato.

Manifesta cosa и che, sм come le cose temporali tutte sono transitorie e mortali, cosм in sй e fuor di sй essere piene di noia e d'angoscia e di fatica e ad infiniti pericoli soggiacere; alle quali senza niuno fallo nй potremmo noi, che viviamo mescolati in esse e che siamo parte d'esse, durare nй ripararci, se spezial grazia di Dio forza e avvedimento non ci prestasse. La quale a noi e in noi non и da credere che per alcuno nostro merito discenda, ma dalla sua propia benignitа mossa e da prieghi di coloro impetrata che, sм come noi siamo, furon mortali, e bene i suoi piaceri mentre furono in vita seguendo, ora con lui etterni sono divenuti e beati; alli quali noi medesimi, sм come a procuratori informati per esperienza della nostra fragilitа, forse non audaci di porgere i prieghi nostri nel cospetto di tanto giudice, delle cose le quali a noi reputiamo opportune gli porgiamo.

E ancora piщ in questo lui verso noi di pietosa liberalitа pieno discerniamo, che, non potendo l'acume dell'occhio mortale nel segreto della divina mente trapassare in alcun modo, avvien forse tal volta che, da oppinione ingannati, tale dinanzi alla sua maestа facciamo procuratore, che da quella con etterno essilio и scacciato; e nondimeno esso, al quale niuna cosa и occulta, piщ alla puritа del pregator riguardando che alla sua ignoranza o allo essilio del pregato, cosм come se quegli fosse nel suo conspetto beato, esaudisce coloro che 'l priegano. Il che manifestamente potrа apparire nella novellala quale di raccontare intendo; manifestamente dico, non il giudicio di Dio, ma quel degli uomini seguitando.

Ragionasi adunque che essendo Musciatto Franzesi di ricchissimo e gran mercatante in Francia cavalier divenuto e dovendone in Toscana venire con messer Carlo Senzaterra, fratello del re di Francia, da papa Bonifazio addomandato e al venir promosso, sentendo egli gli fatti suoi, sм come le piщ volte son quegli de' mercatanti, molto intralciati in qua e in lа e non potersi di leggiere nй subitamente stralciare, pensт quegli commettere a piщ persone; e a tutti trovт modo; fuor solamente in dubbio gli rimase cui lasciar potesse sofficiente a riscuoter suoi crediti fatti a piщ borgognoni.

E la cagion del dubbio era il sentire li borgognoni uomini riottosi e di mala condizione e misleali; e a lui non andava per la memoria chi tanto malvagio uom fosse, in cui egli potesse alcuna fidanza avere che opporre alla loro malvagitа si potesse.

E sopra questa essaminazione pensando lungamente stato, gli venne a memoria un ser Cepperello da Prato, il qual molto alla sua casa in Parigi si riparava. Il quale, per ciт che piccolo di persona era e molto assettatuzzo, non sappiendo li franceschi che si volesse dire Cepperello, credendo che cappello, cioи ghirlanda, secondo il loro volgare, a dir venisse, per ciт che piccolo era come dicemmo, non Ciappello, ma Ciappelletto il chiamavano; e per Ciappelletto era conosciuto per tutto, lа dove pochi per ser Cepperello il conoscieno.

Era questo Ciappelletto di questa vita: egli, essendo notaio, avea grandissima vergogna quando uno de' suoi strumenti (come che pochi ne facesse) fosse altro che falso trovato; de' quali tanti avrebbe fatti di quanti fosse stato richiesto, e quelli piщ volentieri in dono che alcun altro grandemente salariato. Testimonianze false con sommo diletto diceva, richiesto e non richiesto; e dandosi a que' tempi in Francia a' saramenti grandissima fede, non curandosi fargli falsi, tante quistioni malvagiamente vincea a quante a giurare di dire il vero sopra la sua fede era chiamato. Aveva oltre modo piacere, e forte vi studiava, in commettere tra amici e parenti e qualunque altra persona mali e inimicizie e scandali, de' quali quanto maggiori mali vedeva seguire tanto piщ d'allegrezza prendea. Invitato ad un omicidio o a qualunque altra rea cosa, senza negarlo mai, volenterosamente v'andava; e piщ volte a fedire e ad uccidere uomini colle propie mani si trovт volentieri. Bestemmiatore di Dio e de' santi era grandissimo; e per ogni piccola cosa, sм come colui che piщ che alcun altro era iracundo. A chiesa non usava giammai; e i sacramenti di quella tutti, come vil cosa, con abominevoli parole scherniva; e cosм in contrario le taverne e gli altri disonesti luoghi visitava volentieri e usavagli.

Delle femine era cosм vago come sono i cani de' bastoni; del contrario piщ che alcun altro tristo uomo si dilettava. Imbolato avrebbe e rubato con quella conscienzia che un santo uomo offerrebbe. Gulosissimo e bevitore grande, tanto che alcuna volta sconciamente gli facea noia. Giuocatore e mettitor di malvagi dadi era solenne. Perchй mi distendo io in tante parole? Egli era il piggiore uomo forse che mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la potenzia e lo stato di messer Musciatto, per cui molte volte e dalle private persone, alle quali assai sovente faceva ingiuria, e dalla corte, a cui tuttavia la facea, fu riguardato.

Venuto adunque questo ser Cepperello nell'animo a messer Musciatto, il quale ottimamente la sua vita conosceva, si pensт il detto messer Musciatto costui dovere essere tale quale la malvagitа de' borgognoni il richiedea; e perciт, fattolsi chiamare, gli disse cosм:

- Ser Ciappelletto, come tu sai, io sono per ritrarmi del tutto di qui, e avendo tra gli altri a fare co' borgognoni, uomini pieni d'inganni, non so cui io mi possa lasciare a riscuotere il mio da loro piщ convenevole di te; e perciт, con ciт sia cosa che tu niente facci al presente, ove a questo vogli intendere, io intendo di farti avere il favore della corte e di donarti quella parte di ciт che tu riscoterai che convenevole sia.

Ser Ciappelletto, che scioperato si vedea e male agitato delle cose del mondo e lui ne vedeva andare che suo sostegno e ritegno era lungamente stato, senza niuno indugio e quasi da necessitа costretto si diliberт, e disse che volea volentieri.

Per che, convenutisi insieme, ricevuta ser Ciappelletto la procura e le lettere favorevoli del re, partitosi messer Musciatto, n'andт in Borgogna dove quasi niuno il conoscea; e quivi, fuor di sua natura, benignamente e mansuetamente cominciт a voler riscuotere e fare quello per che andato v'era, quasi si riserbasse l'adirarsi al da sezzo.

E cosм faccendo, riparandosi in casa di due fratelli fiorentini, li quali quivi ad usura prestavano e lui per amor di messer Musciatto onoravano molto, avvenne che egli infermт; al quale i due fratelli fecero prestamente venire medici e fanti che il servissero e ogni cosa opportuna alla sua santа racquistare.

Ma ogni aiuto era nullo, per ciт che 'l buono uomo, il quale giа era vecchio e disordinatamente vivuto, secondo che i medici dicevano, andava di giorno in giorno di male in peggio, come colui ch'aveva il male della morte; di che li due fratelli si dolevan forte.

E un giorno, assai vicini della camera nella quale ser Ciappelletto giaceva infermo, seco medesimi cominciarono a ragionare:

- Che farem noi- diceva l'uno all'altro- di costui? Noi abbiamo dei fatti suoi pessimo partito alle mani, per ciт che il mandarlo fuori di casa nostra cosм infermo ne sarebbe gran biasimo e segno manifesto di poco senno, veggendo la gente che noi l'avessimo ricevuto prima, e poi fatto servire e medicare cosм sollecitamente, e ora, senza potere egli aver fatta cosa alcuna che dispiacere ci debba, cosм subitamente di casa nostra e infermo a morte vederlo mandar fuori. D'altra parte, egli и stato sм malvagio uomo che egli non si vorrа confessare nй prendere alcuno sacramento della Chiesa; e, morendo senza confessione, niuna chiesa vorrа il suo corpo ricevere, anzi sarа gittato a' fossi a guisa d'un cane. E, se egli si pur confessa, i peccati suoi son tanti e sм orribili che il simigliante n'avverrа, per ciт che frate nй prete ci sarа che 'l voglia nй possa assolvere; per che, non assoluto, anche sarа gittato a' fossi. E se questo avviene, il popolo di questa terra, il quale sм per lo mestier nostro, il quale loro pare iniquissimo e tutto 'l giorno ne dicon male, e sм per la volontа che hanno di rubarci, veggendo ciт, si leverа a romore e griderrа: - Questi lombardi cani, li quali a chiesa non sono voluti ricevere, non ci si vogliono piщ sostenere - ; e correrannoci alle case e per avventura non solamente l'avere ci ruberanno, ma forse ci torranno oltre a ciт le persone; di che noi in ogni guisa stiam male, se costui muore.

Ser Ciappelletto, il quale, come dicemmo, presso giacea lа dove costoro cosм ragionavano, avendo l'udire sottile, sм come le piщ volte veggiamo avere gl'infermi, udм ciт che costoro di lui dicevano; li quali egli si fece chiamare, e disse loro:

- Io non voglio che voi di niuna cosa di me dubitiate nй abbiate paura di ricevere per me alcun danno. Io ho inteso ciт che di me ragionato avete e son certissimo che cosм n'avverrebbe come voi dite, dove cosм andasse la bisogna come avvisate; ma ella andrа altramenti. Io ho, vivendo, tante ingiurie fatte a Domenedio che, per farnegli io una ora in su la mia morte, nй piщ nй meno ne farа. E per ciт procacciate di farmi venire un santo e valente frate, il piщ che aver potete, se alcun ce n'и, e lasciate fare a me, chй fermamente io acconcerт i fatti vostri e i miei in maniera che starа bene e che dovrete esser contenti.

I due fratelli, come che molta speranza non prendessono di questo, nondimeno se n'andarono ad una religione di frati e domandarono alcuno santo e savio uomo che udisse la confessione d'un lombardo che in casa loro era infermo; e fu lor dato un frate antico di santa e di buona vita e gran maestro in Iscrittura e molto venerabile uomo, nel quale tutti i cittadini grandissima e spezial divozione aveano, e lui menarono.

Il quale, giunto nella camera dove ser Ciappelletto giacea e allato postoglisi a sedere, prima benignamente il cominciт a confortare, e appresso il domandт quanto tempo era che egli altra volta confessato si fosse. Al quale ser Ciappelletto, che mai confessato non s'era, rispose:

- Padre mio, la mia usanza suole essere di confessarmi ogni settimana almeno una volta, senza che assai sono di quelle che io mi confesso piщ; и il vero che poi ch'io infermai, che son presso a otto dм, io non mi confessai, tanta и stata la noia che la infermitа m'ha data.

Disse allora il frate:

- Figliuol mio, bene hai fatto, e cosм si vuol fare per innanzi; e veggio che, poi sм spesso ti confessi, poca fatica avrт d'udire o di domandare.

Disse ser Ciappelletto:

- Messer lo frate, non dite cosм; io non mi confessai mai tante volte nй sм spesso, che io sempre non mi volessi confessare generalmente di tutti i miei peccati che io mi ricordassi dal dм ch'i' nacqui infino a quello che confessato mi sono; e per ciт vi priego, padre mio buono, che cosм puntualmente d'ogni cosa mi domandiate come se mai confessato non mi fossi. E non mi riguardate perch'io infermo sia, chй io amo molto meglio di dispiacere a queste mie carni che, faccendo agio loro, io facessi cosa che potesse essere perdizione della anima mia, la quale il mio Salvatore ricomperт col suo prezioso sangue.

Queste parole piacquero molto al santo uomo e parvongli argomento di bene disposta mente; e poi che a ser Ciappelletto ebbe molto commendato questa sua usanza, il cominciт a domandare se egli mai in lussuria con alcuna femina peccato avesse. Al qual ser Ciappelletto sospirando rispose:

- Padre mio, di questa parte mi vergogno io di dirvene il vero, temendo di non peccare in vanagloria.

Al quale il santo frate disse:

- Dм sicuramente, chй il ver dicendo nй in confessione nй in altro atto si pecco' giammai.

Disse allora ser Ciappelletto:

- Poichй voi di questo mi fate sicuro, e io il vi dirт: io son cosм vergine come io uscм del corpo della mamma mia.

- Oh benedetto sia tu da Dio!- disse il frate- come bene hai fatto! e, faccendolo, hai tanto piщ meritato, quanto, volendo, avevi piщ d'arbitrio di fare il contrario che non abbiam noi e qualunque altri son quegli che sotto alcuna regola sono costretti.

E appresso questo il domandт se nel peccato della gola aveva a Dio dispiaciuto; al quale, sospirando forte, ser Ciappelletto rispose del sм, e molte volte; perciт che con ciт fosse cosa che egli, oltre a' digiuni delle quaresime che nell'anno si fanno dalle divote persone, ogni settimana almeno tre dм fosse uso di digiunare in pane e in acqua, con quello diletto e con quello appetito l'acqua bevuta avea, e spezialmente quando avesse alcuna fatica durata o adorando o andando in pellegrinaggio, che fanno i gran bevitori il vino; e molte volte aveva disiderato d'avere cotali insalatuzze d'erbucce, come le donne fanno quando vanno in villa; e alcuna volta gli era paruto migliore il mangiare che non pareva a lui che dovesse parere a chi digiuna per divozione, come digiunava egli.

Al quale il frate disse:

- Figliuol mio, questi peccati sono naturali e sono assai leggieri; e per ciт io non voglio che tu ne gravi piщ la conscienzia tua che bisogni. Ad ogni uomo addiviene, quantunque santissimo sia, il parergli dopo lungo digiuno buono il manicare, e dopo la fatica il bere.

- Oh! - disse ser Ciappelletto- padre mio, non mi dite questo per confortarmi; ben sapete che io so che le cose che al servigio di Dio si fanno, si deono fare tutte nettamente e senza alcuna ruggine d'animo; e chiunque altri menti le fa, pecca.

Il frate contentissimo disse:

- E io son contento che cosм ti cappia nell'animo, e piacemi forte la tua pura e buona conscienzia in ciт. Ma, dimmi: in avarizia hai tu peccato, disiderando piщ che il convenevole, o tenendo quello che tu tener non dovesti?

Al quale ser Ciappelletto disse:

- Padre mio, io non vorrei che voi guardaste perchй io sia in casa di questi usurieri: io non ci ho a far nulla; anzi ci era venuto per dovergli ammonire e gastigare e torgli da questo abbominevole guadagno; e credo mi sarebbe venuto fatto, se Iddio non m'avesse cosм visitato. Ma voi dovete sapere che mio padre mi lasciт ricco uomo, del cui avere, come egli fu morto, diedi la maggior parte per Dio; e poi, per sostentare la vita mia e per potere aiutare i poveri di Cristo, ho fatte mie picciole mercatantie, e in quelle ho desiderato di guadagnare, e sempre co' poveri di Dio quello che ho guadagnato ho partito per mezzo, l'una metа convertendo nй miei bisogni, l'altra metа dando loro; e di ciт m'ha sм bene il mio Creatore aiutato che io ho sempre di bene in meglio fatti i fatti miei.

- Bene hai fatto,- disse il frate - ma come ti se' tu spesso adirato?

- Oh!- disse ser Ciappelletto- cotesto vi dico io bene che io ho molto spesso fatto. E chi se ne potrebbe tenere, veggendo tutto il dм gli uomini fare le sconce cose, non servare i comandamenti di Dio, non temere i suoi giudici? Egli sono state assai volte il dм che io vorrei piщ tosto essere stato morto che vivo, veggendo i giovani andare dietro alle vanitа e vedendogli giurare e spergiurare, andare alle taverne, non visitare le chiese e seguir piщ tosto le vie del mondo che quella di Dio.

Disse allora il frate:

- Figliuol mio, cotesta и buona ira, nй io per me te ne saprei penitenzia imporre. Ma, per alcuno caso, avrebbeti l'ira potuto inducere a fare alcuno omicidio o a dire villania a persona o a fare alcun'altra ingiuria?

A cui ser Ciappelletto rispose:

- Ohimи, messere, o voi mi parete uom di Dio: come dite voi coteste parole? o s'io avessi avuto pure un pensieruzzo di fare qualunque s'и l'una delle cose che voi dite, credete voi che io creda che Iddio m'avesse tanto sostenuto? Coteste son cose da farle gli scherani e i rei uomini, de' quali qualunque ora io n'ho mai veduto alcuno, sempre ho detto: - Va che Dio ti converta -

Allora disse il frate:

- Or mi dм, figliuol mio, che benedetto sia tu da Dio: hai tu mai testimonianza niuna falsa detta contro alcuno o detto mal d'altrui o tolte dell'altrui cose senza piacer di colui di cui sono?

- Mai, messere, sм,- rispose ser Ciappelletto- che io ho detto male d'altrui; per ciт che io ebbi giа un mio vicino che, al maggior torto del mondo, non faceva altro che battere la moglie, sм che io dissi una volta mal di lui alli parenti della moglie, sм gran pietа mi venne di quella cattivella, la quale egli, ogni volta che bevuto avea troppo, conciava come Dio vel dica.

Disse allora il frate:

- Or bene, tu mi di' che se' stato mercatante: ingannasti tu mai persona cosм come fanno i mercatanti?

- Gnaffe,- disse ser Ciappelletto- messer sм; ma io non so chi egli si fu, se non che uno, avendomi recati danari che egli mi dovea dare di panno che io gli avea venduto, e io messogli in una mia cassa senza annoverare, ivi bene ad un mese trovai ch'egli erano quattro piccioli piщ che essere non doveano; per che, non rivedendo colui e avendogli serbati bene uno anno per rendergliele, io gli diedi per l'amor di Dio.

Disse il frate:

- Cotesta fu piccola cosa; e facesti bene a farne quello che ne facesti.

E, oltre a questo, il domandт il santo frate di molte altre cose, delle quali di tutte rispose a questo modo. E volendo egli giа procedere all'assoluzione, disse ser Ciappelletto:

- Messere, io ho ancora alcun peccato che io non v'ho detto.

Il frate il domandт quale; ed egli disse:

- Io mi ricordo che io feci al fante mio un sabato dopo nona spazzare la casa, e non ebbi alla santa domenica quella reverenza che io dovea.

- Oh!- disse il frate- figliuol mio, cotesta и leggier cosa.

- Non,- disse ser Ciappelletto- non dite leggier cosa, chй la domenica и troppo da onorare, perт che in cosм fatto dм risuscitт da morte a vita il nostro Signore.

Disse allora il frate: - O altro hai tu fatto?

- Messer sм,- rispose ser Ciappelletto- chй io, non avvedendomene, sputai una volta nella chiesa di Dio.

Il frate cominciт a sorridere e disse:

- Figliuol mio, cotesta non и cosa da curarsene: noi, che siamo religiosi, tutto il dм vi sputiamo.

Disse allora ser Ciappelletto:

- E voi fate gran villania, per ciт che niuna cosa si convien tener netta come il santo tempio, nel quale si rende sacrificio a Dio.

E in brieve de' cosм fatti ne gli disse molti, e ultimamente cominciт a sospirare, e appresso a piagner forte, come colui che il sapeva troppo ben fare quando volea.

Disse il santo frate:

- Figliuol mio, che hai tu?

Rispose ser Ciappelletto:

- Ohimи, messere, chй un peccato m'и rimaso, del quale io non mi confessai mai, sм gran vergogna ho di doverlo dire; e ogni volta ch'io me ne ricordo piango come voi vedete, e parmi essere molto certo che Iddio mai non avrа misericordia di me per questo peccato.

Allora il santo frate disse:

- Va via, figliuol, che и ciт che tu dм? Se tutti i peccati che furon mai fatti da tutti gli uomini, o che si debbon fare da tutti gli uomini mentre che il mondo durerа, fosser tutti in uno uom solo, ed egli ne fosse pentuto e contrito come io veggio te, si и tanta la benignitа e la misericordia di Dio che, confessandogli egli, gliele perdonerebbe liberamente; e per ciт dillo sicuramente.

Disse allora ser Ciappelletto, sempre piagnendo forte:

- Ohimи, padre mio, il mio и troppo gran peccato, e appena posso credere, se i vostri prieghi non ci si adoperano, che egli mi debba mai da Dio esser perdonato.

A cui il frate disse:

- Dillo sicuramente, chй io ti prometto di pregare Iddio per te.

Ser Ciappelletto pur piagnea e nol dicea, e il frate pur il confortava a dire. Ma poi che ser Ciappelletto piagnendo ebbe un grandissimo pezzo tenuto il frate cosм sospeso, ed egli gittт un gran sospiro e disse:

- Padre mio, poscia che voi mi promettete di pregare Iddio per me, e io il vi dirт. Sappiate che, quando io era piccolino, io bestemmiai una volta la mamma mia- ; e cosм detto ricominciт a piagnere forte.

Disse il frate:

- O figliuol mio, or parti questo cosм grande peccato? Oh! gli uomini bestemmiano tutto 'l giorno Iddio, e sм perdona egli volentieri a chi si pente d'averlo bestemmiato; e tu non credi che egli perdoni a te questo? Non piagner, confortati, chй fermamente, se tu fossi stato un di quegli che il posero in croce, avendo la contrizione ch'io ti veggio, sм ti perdonerebbe egli.

Disse allora ser Ciappelletto:

- Ohimи, padre mio, che dite- voi? La mamma mia dolce, che mi portт in corpo nove mesi il dм e la notte e portommi in collo piщ di cento volte! troppo feci male a bestemmiarla e troppo и gran peccato; e se voi non pregate Iddio per me, egli non mi sarа perdonato.

Veggendo il frate non essere altro restato a dire a ser Ciappelletto, gli fece l'assoluzione e diedegli la sua benedizione, avendolo per santissimo uomo, sм come colui che pienamente credeva esser vero ciт che ser Ciappelletto avea detto.

E chi sarebbe colui che nol credesse, veggendo uno uomo in caso di morte dir cosм? E poi, dopo tutto questo, gli disse:

- Ser Ciappelletto, coll'aiuto di Dio voi sarete tosto sano; ma se pure avvenisse che Iddio la vostra benedetta e ben disposta anima chiamasse a se', piacev'egli che 'l vostro corpo sia sepellito al nostro luogo?

Al quale ser Ciappelletto rispose:

- Messer sм; anzi non vorre' io essere altrove, poscia che voi mi avete promesso di pregare Iddio per me; senza che io ho avuta sempre spezial divozione al vostro ordine. E per ciт vi priego che, come voi al vostro luogo sarete, facciate che a me vegna quel veracissimo corpo di Cristo, il qual voi la mattina sopra l'altare consecrate; per ciт che (come che io degno non ne sia) io intendo colla vostra licenzia di prenderlo, e appresso la santa e ultima unzione, acciт che io, se vivuto son come peccatore, almeno muoia come cristiano.

Il santo uomo disse che molto gli piacea e che egli dicea bene, e farebbe che di presente gli sarebbe apportato; e cosм fu.

Li due fratelli, li quali dubitavan forte non ser Ciappelletto gl'ingannasse, s'eran posti appresso ad un tavolato, il quale la camera dove ser Ciappelletto giaceva divideva da un'altra, e ascoltando leggiermente udivano e intendevano ciт che ser Ciappelletto al frate diceva; e aveano alcuna volta sм gran voglia di ridere, udendo le cose le quali egli confessava d'aver fatte, che quasi scoppiavano, e fra se' talora dicevano:

- Che uomo и costui, il quale nй vecchiezza nй infermitа nй paura di morte alla qual si vede vicino, nй ancora di Dio dinanzi al giudicio del quale di qui a picciola ora s'aspetta di dovere essere, dalla sua malvagitа l'hanno potuto rimuovere, nй far ch'egli cosм non voglia morire come egli и vivuto?

Ma pur vedendo che sм aveva detto che egli sarebbe a sepoltura ricevuto in chiesa, niente del rimaso si curarono.

Ser Ciappelletto poco appresso si comunico', e peggiorando senza modo, ebbe l'ultima unzione; e poco passato vespro, quel dм stesso che la buona confessione fatta avea, si morм. Per la qual cosa li due fratelli, ordinato di quello di lui medesimo come egli fosse onorevolmente sepellito, e man datolo a dire al luogo de' frati, e che essi vi venissero la sera a far la vigilia secondo l'usanza e la mattina per lo corpo, ogni cosa a ciт opportuna disposero.

Il santo frate che confessato l'avea, udendo che egli era trapassato, fu insieme col priore del luogo, e fatto sonare a capitolo, alli frati ragunati in quello mostrт ser Ciappelletto essere stato santo uomo, secondo che per la sua confessione conceputo avea; e sperando per lui Domenedio dover molti miracoli dimostrare, persuadette loro che con grandissima reverenzia e divozione quello corpo si dovesse ricevere. Alla qual cosa il priore e gli altri frati creduli s'accordarono; e la sera, andati tutti lа dove il corpo di ser Ciappelletto giaceva, sopr'esso fecero una grande e solenne vigilia; e la mattina, tutti vestiti co' camici e co' pieviali, con libri in mano e con le croci innanzi, cantando, andaron per questo corpo e con grandissima festa e solennitа il recarono alla lor chiesa, seguendo quasi tutto il popolo della cittа, uomini e donne. E nella chiesa postolo, il santo frate che confessato l'avea, salito in sul pergamo, di lui cominciт e della sua vita, de' suoi digiuni, della sua virginitа, della sua simplicitа e innocenzia e santitа maravigliose cose a predicare, tra l'altre cose narrando quello che ser Ciappelletto per lo suo maggior peccato piagnendo gli avea confessato, e come esso appena gli avea potuto mettere nel capo che Iddio gliele dovesse perdonare, da questo volgendosi a riprendere il popolo che ascoltava, dicendo:

- E voi, maledetti da Dio, per ogni fuscello di paglia che vi si volge tra' piedi bestemmiate Iddio e la Madre, e tutta la corte di paradiso.

E oltre a queste, molte altre cose disse della sua lealtа e della sua puritа; e in brieve colle sue parole, alle quali era dalla gente della contrada data intera fede, sм il mise nel capo e nella divozion di tutti coloro che v'erano che, poi che fornito fu l'uficio, colla maggior calca del mondo da tutti fu andato a baciargli i piedi e le mani, e tutti i panni gli furono in dosso stracciati, tenendosi beato chi pure un poco di quegli potesse avere; e convenne che tutto il giorno cosм fosse tenuto, acciт che da tutti potesse essere veduto e visitato. Poi, la vegnente notte, in una arca di marmo sepellito fu onorevolmente in una cappella, e a mano a mano il dм seguente vi cominciarono le genti ad andare e ad accender lumi e ad adorarlo, e per conseguente a botarsi e ad appiccarvi le imagini della cera secondo la promession fatta.

E in tanto crebbe la fama della sua santitа e divozione a lui, che quasi niuno era, che in alcuna avversitа fosse, che ad altro santo che a lui si botasse, e chiamaronlo e chiamano san Ciappelletto; e affermano molti miracoli Iddio aver mostrati per lui e mostrare tutto giorno a chi divotamente si raccomanda a lui.

Cosм adunque visse e morм ser Cepperello da Prato e santo divenne come avete udito. Il quale negar non voglio essere possibile lui essere beato nella presenza di Dio, per ciт che, come che la sua vita fosse scelerata e malvagia, egli potи in su l'estremo aver sм fatta contrizione, che per avventura Iddio ebbe misericordia di lui e nel suo regno il ricevette; ma, per ciт che questo n'и occulto, secondo quello che ne puт apparire ragiono, e dico costui piщ tosto dovere essere nelle mani del diavolo in perdizione che in paradiso. E se cosм и, grandissima si puт la benignitа di Dio cognoscere verso noi, la quale non al nostro errore, ma alla puritа della fede riguardando, cosм faccendo noi nostro mezzano un suo nemico, amico credendolo, ci esaudisce, come se ad uno veramente santo per mezzano della sua grazia ricorressimo. E per ciт, acciт che noi per la sua grazia nelle presenti avversitа e in questa compagnia cosм lieta siamo sani e salvi servati, lodando il suo nome nel quale cominciata l'abbiamo, lui in reverenza avendo, nй nostri bisogni gli ci raccomandiamo, sicurissimi d'essere uditi.

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