Decameron

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

BOCCACCIO
DECAMERON
4.1 STRUTTURA DELL’OPERA
• Raccolta di 100 novelle. Mentre la peste del 1348 devasta Firenze, 7 fanciulle e 3 giovani di elevata condizione sociale fuggono il contagio e la dissoluzione morale e sociale, rifugiandosi in campagna
• Quotidianamente viene eletto dalla brigata un re, che dovrà fissare un tema ai narratori (Dioneo sarà l’unico che la prima e la nona giornata concederà il tema libero ai compagni)
• Ogni giornata, dopo commenti ai racconti, ballate, e riti prestabiliti, è chiusa da una “conclusione”, in cui è inserita una ballata, cantata a turno dai giovani
• I nomi dei 10 richiamano o personaggi delle opere precedenti di Boccaccio stesso, o personaggi letterari, o la mitologia
• L’esercizio del raccontare dura 10 giorni: di qui proviene il titolo dell’opera, che in greco significa appunto “di dieci giorni” (sottinteso “novelle”). Il titolo conferma il gusto del Boccaccio per la lingua greca, già dimostrato nelle opere giovanili
4.2 IL “PROEMIO” E LE DICHIARAZIONI DI POETICA DELL’AUTORE
• Nel proemio B. giustifica il proprio libro, affermando il proposito di voler con esso giovare a coloro che sono afflitti da pene d’amore, dilettandoli con piacevoli racconti e dando loro consigli. L’opera è quindi rivolta alle donne, “quelle che amano”, dove l’amore, sulla linea cortese, è assunto come simbolo di nobile sentire e di un civile costume
• B. si rivolge alle donne per rimediare al “peccato di Fortuna”: la donna infatti ha precluse attività (come la caccia, il gioco, il commerciare) che consentono all’uomo di fuggire il turbamento causato dalle pene d’amore. Da qui l’importanza che nel Decameron assume la capacità dell’individuo di superare, mediante l’intelligenza, le avversità a cui la Fortuna lo costringe
• Nell’opera ha un forte peso anche il motivo amoroso, spesso affrontato in maniera licenziosa. Segnale questo di una letteratura (quella di B.) libera dagli impicci moralistici, ispirata ad una concezione naturalistica dell’eros; una letteratura del tutto laica e mondana, svincolata dai pregiudizi religiosi e morali di altre opere medievali, quali il canzoniere e la commedia
4.3 LA PESTE E LA “CORNICE”
• L’atteggiamento di B. di fronte al flagello costituito dalla peste è una forma di disgusto misto ad angoscia per il disgregarsi e il degenerare di quelle norme sociali, di quei civili e raffinati costumi per i quali egli ha un vero e proprio culto
• L’iniziativa dei giovani di fuggire e di riorganizzarsi, ha la funzione di ricomporre la socialità minata e sconvolta dal flagello
• Motivo centrale del Decameron è dunque l’osservazione degli ostacoli che la natura e la fortuna oppongono all’esistenza umana, e la celebrazione della forza e dell’intelligenza dell’uomo, che affronta e supera quegli ostacoli
• Da questo conflitto si manifesta l’arte del vivere, la capacità di porre un ordine umano alla realtà
• L’atmosfera della cornice è caratterizzata da un ideale signorile di armonia e di equilibrio, da un’atmosfera contemplativa, distaccata e immobile, a differenza delle novelle in cui domina l’energia dinamica e l’azione; nella cornice si ha un ideale uniformità di spazi e di condizioni sociali, mentre nelle novelle brulica tutto un mondo vario e multiforme
• La cornice rappresenta un modo di distanziarsi dal molteplice, a favore della contemplazione distaccata del caos presente nel mondo concreto
4.4 LA REALTA’ RAPPRESENTATA: IL MONDO MERCANTILE CITTADINO E LA CORTESIA
• Le vicende sono raccontate in realtà storiche ben precise, quali il mondo cittadino, borghese o mercantile. B. dedica molta attenzione al suo ambiente sociale di provenienza, il mondo dei mercanti (realtà del calcolo prudente, dello scambio vantaggioso, del maneggio accorto di denaro, dell’accumulo di ricchezza)
• B. guarda con compiacimento l’abilità e l’intraprendenza umana che si manifestano nella difesa e nell’acquisto del denaro (Landolfo Rufolo diventa pirata per recuperare le ricchezze perdute; Andreuccio ruba l’anello dell’arcivescovo per rifarsi della somma perduta)
• Uno dei temi centrali del Decameron è “l’industria”, l’umana iniziativa che sa superare le avversità opposte dalla fortuna agli uomini, che sa dominare, con il calcolo accorto e con l’azione energica, la realtà oggettiva e piegarla ai propri fini; il prodotto della civiltà mercantile, che esalta l’iniziativa dell’individuo e la sua capacità di creare autonomamente tutto un mondo
• L’esclusivo attaccamento alla “ragion di mercatura”, può però generare una grettezza disumana, e condurre a gesti di estrema crudeltà (il caso dei fratelli di Lisabetta da Messina, che uccidono il giovane amato in nome dell’arida ragion di mercatura)
• I valori borghesi devono essere integrati e corretti da altre virtù, come la generosità, la liberalità, la magnanimità disinteressata, il gusto delle belle forme di un vivere signorile
• B. sostiene che la nuova realtà del denaro possa conservare il gusto della cortesia e del vivere splendido (ne è l’esempio il fornaio Cisti). Viceversa, crede che la vecchia nobiltà feudale debba aprirsi ai nuovi valori borghesi (Federigo degli Alberighi rappresenta il mondo aristocratico, con tutte le sue virtù, ma la sua vita improduttiva e dissipatrice lo porterà alla rovina, almeno fino a quando non conoscerà l’ideale borghese della masserizia)
• La borghesia, raggiunto l’apice della sua attività e posizionatasi alla stregua della nobiltà, non ha più sviluppi dinamici. La virtù, nonostante possa esistere anche nelle persone + insignificanti, non basta ad aumentare di grado, a scalare la vetta del prestigio ed essere alla pari dell’aristocrazia. Testimonianza di una struttura statica della gerarchia sociale
4.5 LE FORZE CHE MUOVONO IL MONDO DEL “DECAMERON”: LA FORTUNA E L’AMORE
• La visione medievale della Fortuna consisteva nell’assoluta subordinazione di essa al superiore disegno della provvidenza divina; nella visione della società mercantile, invece, la Fortuna diviene solo un complesso accidentale di forze, non più regolato da forze superiori. È una visione laica, che non esclude la presenza di Dio nel mondo, ma che ha in sé i suoi fini, la sfera terrena dell’agire umano
• La Fortuna può essere avversa o favorevole. È la grande antagonista della “industria” umana, che per misurarsi con essa deve prevederne e schivarne gli influssi.
• L’amore è visto in una prospettiva laica e terrena. Non è + l’amore della Divina Commedia, ma una forza che scaturisce dalla natura. Soffocarla è quindi una colpa, che può generare sofferenza e morte. Per questo B. guarda con favore le azioni che i personaggi compiono per raggiungere il loro fine amoroso
• Anche la forza dell’eros deve essere regolata dalla ragione, se non vuole trasformarsi in forza devastante
• L’amore si presenta in forme diverse. Può essere fonte di ingentilimento, può innalzare persone di umili condizioni a quella nobiltà di sentire che è propria dei ceti elevati; oppure può costituire uno stimolo alla “industria” (Nastagio degli Onesti); può inoltre dare origine alla commedia dei sensi o al contrario, dar vita alle situazioni più tragiche.
4.6 LA MOLTEPLICITA’ DEL REALE NEL “DECAMERON”
• B. dimostra una totale aderenza al reale, un’aperta disponibilità verso la vita. Tutte le azioni della vita sono compiute dai personaggi boccacciani
• Tutti gli aspetti della società e della natura sono registrati nelle cento novelle, senza alcuna scelta in senso idealizzante, con la scelta di esplorare in modo sistematico tutte le possibilità del reale
• Il mondo sociale è rappresentato significativamente dalle professioni o dalla posizione sociale dei personaggi tipici della moderna società urbana: si va dai grandi mercanti e banchieri all’aristocrazia cittadina, alla borghesia delle professioni (notai, giudici, medici, mercanti) fino ad arrivare alla comicità legata agli aspetti più materiali del vivere plebeo
• Come succede per il mondo sociale, anche quello naturale è esplorato in maniera esaustiva: tutti i luoghi e i fenomeni naturali sono registrati, così come i momenti del giorno. Tra i luoghi, B. predilige soprattutto il mare: mare come metafora della Fortuna; mare con una dimensione realistica, quella della concreta vita dei mercanti che al mare affidano gli averi e la vita. L’ambiente per eccellenza è però la città (spesso rappresentata da Firenze): labirinto delle sue vie, nell’intersecarsi imprevisto di destini umani che si incrociano e si dividono, assurge anch’essa a emblema del gioco mutevole della fortuna
• Sullo sfondo di una geografia precisa e concreta, l’Italia, l’Europa, il vasto mondo del mediterraneo, la varietà del concreto si staglia su uno sfondo parimenti tangibile, che va dal presente borghese al passato feudale e alle età più antiche, di Grecia e di Roma. Il presente non è passabile di alcuna idealizzazione, mentre il passato, anche recente, è idealizzato e vagheggiato come il tempo della cortesia
4.7 MOLTEPLICITA’ E TENDENZA ALL’UNITA’
• In B. c’è la volontà di raccogliere nelle sue novelle tutto il reale, ma al tempo stesso il chiaro proposito di ordinarlo in schemi armonici (il ruolo della cornice)
• Il Decameron e la Commedia di Dante. In Dante, l’unità verso cui tutto il molteplice convergeva era situata fuori dal mondo terreno, in una dimensione trascendente; in B. invece, gli schemi d’ordine nascono all’interno della stessa realtà umana e derivano da una visione del mondo essenzialmente laica. La visione di Dante è verticale, perché il poeta riferisce il mondo terreno ad un punto di vista trascendente; quella di B. è orizzontale, perché tutta calata nella dimensione della terra. Perciò il mondo di Dante ha un ordinamento rigidamente gerarchico, subordinato a Dio; mentre B. è semplicemente curioso di indagare sul molteplice, e di conseguenza i suoi moduli d’ordine non istituiscono gerarchie fra terreno e divino
4.8 GLI OGGETTI E L’AZIONE UMANA
• Gli oggetti della realtà esterna non ricevono da B. un interesse per se stessi: hanno rilievo solo in quanto sono funzionali all’azione umana
• Gli ambienti non sono oggetto di una descrizione fine a se stessa: il più delle volte non sono affatto descritti perché si costruiscono nella fantasia del lettore solo attraverso le azioni che vi compiono i personaggi
• Al centro della visione del mondo vi è l’agire dell’uomo, la fiducia nella sua energia e nella sua capacità di istituire un dominio sul mondo esterno; per questo ogni aspetto della realtà interessa allo scrittore solo nella misura in cui entra nel raggio di questo agire umano
• I profili dei personaggi per lo più si compongono attraverso le azioni che essi svolgono via via nell’arco della vicenda
• È estraneo a B. il gusto della minuta analisi psicologica: sentimenti e moti psicologici hanno rilievo e realtà solo in quanto si traducono in azioni
4.9 LE FORME: IL GENERE DELLA NOVELLA
• Il genere della novella, racconto breve in prosa, non è altro che il risultato dell’evoluzione graduale che ha portato l’exemplum morale e religioso al mutarsi in un genere che ha per fine l’intrattenimento. È indirizzato essenzialmente ad un pubblico di non letterati, che nella lettura ricerca un’occupazione dilettevole.
• La forma della novella offre lo strumento espressivo più duttile per riprodurre quell’esperienza della realtà vasta e multiforme di cui B. è avido
• Tutto ciò si traduce in una grande varietà di tipologie narrative: 1_il racconto, che consta nel puro scorrere di fatti; 2_il romanzo, che percorre l’intera storia di un personaggio; 3_la novella in senso proprio, che si concentra solo su un momento particolare della vita di un personaggio; 4_il contrasto, che mette di fronte due individui generando un confronto di valori; 5_la commedia, con struttura di tipo teatrale, basata sul dialogo; 6_il mimo, in cui il personaggio è colto nella rapidità dei sui gesti
• La tecnica del discorso si incentra su un Narratore eterodiegetico e onnisciente, in genere molto sobrio negli interventi a commento della narrazione. I narratori sono in realtà diversi da novella a novella, però essi non hanno fisionomie nettamente definite e individuali; l’unico narratore che spicca con caratteristiche autonome è Dioneo.
• L’adottare questi narratori consente a B. un gioco sottile di distacco dalla materia. Ciò non toglie che i narratori siano spesso portavoce della visione dell’autore stesso
• Una funzione analoga ha anche la presenza sensibile dei narratari (gli altri 9 giovani che ascoltano il racconto), con le loro reazioni e i loro commenti a ciò che hanno appena udito
• In certi punti noi vediamo con il personaggio, cioè il punto di osservazione degli eventi narrati coincide con la sua percezione del reale, anziché con il punto di vista generale e onnicomprensivo del Narratore
4.10 LE FORME: LA LINGUA E LO STILE
• Alla varietà del mondo del Decameron, corrisponde anche una pluralità di registri stilistici. Bisogna però fare distinzione tra la lingua della voce narrante e la lingua dei personaggi
• Il discorso “autoriale” è caratterizzato di norma da uno stile “alto” e sostenuto. È costituito da periodi molto lunghi, costruiti con ampie architetture di subordinate. Il periodo costruito in questo modo vale a mettere in evidenza nella principale ciò che è essenziale, collocando invece nelle proposizioni subordinate ciò che è accessorio.
• Lo stile è il riflesso più eloquente della fiducia boccacciana nella possibilità di dominare intellettualmente la molteplicità brulicante del mondo, di disporla entro precisi moduli d’ordine

Esempio



  


  1. Sefora

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