Materie: | Appunti |
Categoria: | Letteratura |
Voto: | 1.5 (2) |
Download: | 1081 |
Data: | 28.09.2000 |
Numero di pagine: | 5 |
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Testo
FRANCESCA DA POLENTA, PIA DE' TOLOMEI, PICCARDA DONATI: TRE DONNE, TRE INCONTRI. CONFRONTO
Dante incontra, all'inizio di ciascuna delle cantiche della Commedia, le tre donne che rivestono un ruolo piщ importante nell'economia dell'opera: Francesca da Polenta, Pia de' Tolomei, Piccarda Donati. In particolare, la prima e l'ultima sono state viste dalla critica in reciproca opposizione, e sembrano essere, in effetti, l'una l'antitesi dell'altra.
Il contrasto si realizza di giа per quanto riguarda la modalitа dell'incontro tra il pellegrino e gli spiriti: separata dagli altri dannati, possiamo osservare Francesca, assieme a Paolo; Piccarda, invece, compare unitamente ai volti di altri beati. In entrambi i casi, и un Dante fortemente curioso a iniziare il dialogo, attratto dalla particolaritа della pena, nel primo caso, da una piщ evidente disposizione a parlare, nel secondo. Le significativa differenza tra le due condizioni ultramondane sono chiarite giа dalle prime battute: i due amanti sono "anime affannate", che il pellegrino chiama in modo piuttosto deciso, mentre la donna fiorentina и degna dell'appellativo "ben creato spirito" e di un'elaborata captatio benevolentiae. E, se Francesca si mostra disposta a discorrere su ciт che piщ possa interessare l'interlocutore, Piccarda stabilisce immediatamente un criterio in qualche modo "selettivo", quello della "caritа" e della "giusta voglia". Le prime parole della nobile riminese, invece, uniscono a modi cortesi espressioni in netto contrasto con le corrispondenti della terza cantica; un "aere perso" e un mondo "sanguigno" laddove nel cielo lunare dominano la luminositа e quella gioia che piщ volte emana dagli occhi delle anime, al posto delle lacrime dei due dannati. Tuttavia la gentilezza di Francesca и tale da giustificare un riferimento, fuggevole ma tuttavia singolare nell'Inferno, al "re dell'universo", la cui amicizia le и per sempre negata; al contrario, Piccarda puт godere appieno della medesima "amicizia", tanto che, pur trovandosi nel cielo piщ periferico, non и inappagata nel suo desiderio di Dio. Intermedia и la condizione di Pia de' Tolomei: l'amore di Dio non и, per lei, nй irreparabilmente perduto, nй ormai conquistato, bensм condizione da raggiungere per mezzo della purificazione purgatoriale.
Elemento che ricorre in entrambi gli episodi della prima e dell'ultima cantica и la "pace"; questa и per Francesca una condizione desiderata ma perduta per sempre. Questo contrasto и reso abilmente a livello stilistico: al momento dell'aspirazione corrispondono le maniere pacate dell'anima dannata, la simmetria tra terzine e sintassi, l'utilizzo di una terminologia cortese; alla fase della negazione, invece, fa riscontro la presenza, accanto a termini "gentili", di parole "aspre", come perso, sanguigno, mal perverso, offende, forte, morte, spense, dolore, miseria, piange. Assistiamo, dunque, all'impiego, e allo stesso tempo al polemico capovolgimento, di quello "stile nuovo" di cui Dante rinnega certe applicazioni degeneri. Questo dissidio и eliminato nel terzo canto del Paradiso, tanto a livello concettuale, quanto sul piano stilistico - lessicale. La terminologia stilnovistica, infatti, и adesso indirizzata esclusivamente verso l'amore divino, dal quale proviene lo stato di beatitudine delle anime. Questo, ovviamente, vale anche per Piccarda, che realizza la propria aspirazione alla pace rimanendo entro la "sua [cioи di Dio] volontade".
L'autore, tuttavia, non si limita a confrontare uno stato di pace inappagato con uno realizzato, ma, in un certo senso, indaga le cause, attraverso due termini che ricorrono in entrambi gli episodi: il il "piacer", ossia la bellezza, e il "desiderio" di esso.
Il piacere, per Francesca, и Paolo, un uomo che ella ama in sй e per sй, senza considerarlo tramite verso la bellezza divina (secondo la funzione rivestita dalla Beatrice della Vita Nuova), e pertanto a prescindere dal superamento di un bene terreno in vista di quello eterno. Infatti, il "piacer" di costui и "si forte" che ancora non abbandona la giovane riminese. Ma una passione terrena, se non subordinata e finalizzata all'amore per Dio, и destinata all'errore, cosм come errano poesia e filosofia senza teologia; i desideri dei due amanti, quindi, non possono che essere "dubbiosi" e in contrasto con la volontа divina. Cosм, con inappellabile condanna della tradizione cortese, anche l'amore, se esclusivamente terreno, conduce alla morte.
Un atto di violenza, cosм come stronca le vite di Paolo, Francesca e Pia, pone fine al desiderio di Piccarda di un'esistenza distaccata dalle cose terrene. Ma l'inappagamento del desiderio in vita и in realtа figura del suo soddisfacimento dopo la morte, in una prospettiva che ribalta quella dei giovani amanti. Conseguentemente, per Francesca il passato terreno и felice, l'eternitа и infelice, per cui il ricordo si presenta come radicato, se pure allo stesso tempo doloroso; per la donna fiorentina il passato и stato contraddistinto da un dolore dissimulato, ma adesso partecipa di un'eterna beatitudine: dunque il ricordo и debole ma soprattutto insignificante, tanto da venir condensato in pochissimi versi, in massima parte riferiti alla scelta di ritiro in convento. Una tale condizione di felicitа perfetta fa sм che i "desiri" di Piccarda e delle altre anime rimangano naturalmente inscritti entro la volontа divina, senza alcuna possibilitа di disaccordo. Questo, in sostanza, и quanto l'anima del cielo lunare risponde a Dante che, se nel secondo cerchio rivolgeva una domanda circa l'origine del peccato di Paolo e Francesca, adesso sembra maggiormente interessato da disquisizioni di tipo teologico. Tuttavia, come tra i lussuriosi il linguaggio cortese viene accompagnato da termini "aspri", nel primo cielo assistiamo ad una fusione (nel senso di una compenetrazione vicendevole) tra il lessico filosofico e quello stilnovistico; quest'ultimo, inoltre, и sottoposto ad un processo di selezione il quale ne amplifica le potenzialitа musicali e lo adatta al campo semantico di "luce" e "calore", in un crescendo di indeterminatezza che culmina con lo svanire del sembiante di Piccarda. Si deve rilevare, a tal proposito, come l'incontro con la donna fiorentina sia dotato di un proprio inizio e di una fine compiuta, pure entro una struttura circolare che ribadisce il concetto di "desiderio appagato"; questo non avviene con Pia, in Purgatorio, che и protagonista di un'apparizione fulminea, a conclusione della quasi ininterrotta scia di parole di altre due anime, Iacopo del Cassero e Buonconte da Montefeltro. Per quanto riguarda Paolo e Francesca, poi, il dialogo si chiude bruscamente, in un "groppo" che ne impedisce la prosecuzione, tra le lacrime del primo e il silenzio della seconda; tutto questo, al termine di un progressivo inasprimento linguistico, che passa attraverso la condanna dell'uccisore, Giovanni Malatesta, e dell'autore del libro "galeotto". Al contrario, nй Pia nй Piccarda mostrano astio verso i loro malfattori; la seconda, anzi, parla del male quasi come di un "uso", come a voler sottolineare che l'essenza dell'uomo, la sua "virtщ informativa", lo fa tendere naturalmente al bene.
Interessante и, poi, osservare in che modo le due "comparse minori" di Francesca e di Piccarda assumano un maggior rilievo in chiusura di dialogo. Paolo verrа ritratto tra le lacrime, suscitate dalle parole dell'amante, laddove quelle della donna fiorentina non faranno che aumentare lo splendore di Costanza d'Altavilla; e in effetti, a ben giudicare, solo Piccarda si rivolge realmente all'anima compagna, mentre la giovane riminese nomina Paolo sempre in riferimento al proprio desiderio, al proprio piacere, in una prospettiva tutto sommato egoistica, cui per contrappasso corrisponderebbe l'inseparabilitа dei due dannati nel girone infernale.
Un ultimo aspetto, non meno importante, riguarda come il pellegrino Dante si pone nei confronti delle anime incontrate. Nel primo caso sembra soggetto a un trasporto passionale, da una compassione derivante dal peccato comune, fino allo svenimento finale. Nel cielo lunare, invece, persino un rapporto di parentela, che in precedenza avrebbe provocato una reazione quantomeno calorosa, viene invece messo in secondo piano dall'amore totale e incondizionato per Dio. Questa nuova prospettiva consente a Dante, terminato l'incontro, di "volgersi al segno di maggior disio" e gli permette, anzichй di smarrirsi nel dubbio di una ragione limitata, di perdersi nell'accecante luminositа dello sguardo di Beatrice.