Canto XXVI dall'Inferno - Dante

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Testo

Canto XXVI dall’Inferno - Dante

Il corno più grande della fiamma cominciò a muoversi mentre mormorava come le voci disturbate dal vento; la cima della fiammella muovendosi a destra e a sinistra come se
fosse una lingua che parlasse, parlò e disse: «Quando me ne andai da Circe, che mi aveva trattenuto più di un anno a Gaeta, prima che Enea la chiamasse così, né la dolcezza suscitata dall’amore verso mio figlio, né l’amore pietoso verso la vecchiaia di mio padre, né l’amore dovuto che doveva far felice Penelope, poterono vincere dentro di me l’ardore che ebbi di scoprire il mondo, i vizi e le virtù degli uomini; ma mi misi per mare aperto soltanto con una barca e con quella piccola compagnia dalla quale non fui abbandonato. Vidi le spiagge a destra ed a sinistra fino alla Spagna, fino al Marocco, la Sardegna e le altre isole, bagnate dallo stesso mare. Io e i compagni eravamo vecchi quando arrivammo allo stretto di Gibilterra, dove Ercole segnò i suoi confini così che l’uomo non li oltrepassasse; a destra avevo lasciata Siviglia ed a sinistra Ceuta. “O fratelli”, dissi, “che per centomila pericoli siete giunti all’occidente, in questo poco tempo che ci rimane, non negate il sapere, dietro al luogo dove tramonta il sole, dove non c’è anima viva. Prestate bene attenzione alla vostra origine, al motivo per cui siete nati: non siete nati per vivere come animali, ma per seguire valore e conoscenza”. Feci i miei compagni desiderosi, con questa piccola preghiera, al cammino, a mala pena poi li avrei ritenuti; e girata la poppa verso oriente, facemmo dei remi le ali per il folle volo, sempre dirigendoci verso l’Equatore. La notte mostrava tutte le stelle del polo antartico; il polo artico era ormai molto basso. Passati cinque mesi, da che eravamo entrati nello stretto, apparve una montagna, scura per la distanza, e mi sembrava tanto alta come non ne avevo mai viste. Passarono cinque mesi, da quando avevamo oltrepassato lo stretto, quando apparve una montagna, scura per la lontananza, che mi pareva alta più di ogni altra che avessi visto fin ora. Noi ci rallegrammo, e subito l’allegria si tramutò in tristezza, poiché dalla montagna nacque un vento impetuoso, e percosse il primo lato della barca. Lo fece girare tre volte, come in un vortice, con le acque tutt’intorno; la quarta volta la poppa si alzò verso l’alto e la prua andò giù, come piacque a Dio, finché il mare si chiuse sopra di noi.

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