Curzio Malaparte

Materie:Tesina
Categoria:Letteratura

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Testo

CURZIO MALAPARTE

Kurt Erich Suckert, in arte Curzio Malaparte, nasce a Prato il 9 giugno 1898. Il padre, Erwin Suckert, è un maestro tintore di origine sassone. Erwin, dopo svariati problemi in patria per i suoi legami con il sindacato, ha lavorato in varie città d’Europa e si è infine stabilito a Prato, dove ha sposato Evelina Perelli, una ragazza milanese conosciuta a Firenze in casa di amici. Poco dopo la nascita, Kurt viene lasciato dai genitori, i quali non hanno il tempo di dedicarsi a lui e lo affidano alla famiglie dell’operaio meccanico Milziade Baldi. Nel 1911, a tredici anni, entra al liceo Cicognini e, a seguito della sua ammirazione per le figure di Mazzini e Garibaldi, si iscrive alla sezione giovanile di Prato del Partito repubblicano, della quale diverrà segretario due anni dopo. In questi stessi anni, grazie all’amicizia con il poeta Bino Binazzi, comincia a frequentare il circolo di intellettuali che fanno capo alla rivista “La Voce”. Frequenta il caffè Giubbe Rosse, nel quale incontra tra gli altri Papini, Prezzolini, Palazzaschi, Soffici. Per la giovane età non prende parte attiva alle discussioni, ma rimane fortemente affascinato dal clima di quegli incontri, ricevendone lo stimolo a scrivere. Fonda così “Il Bacchino”, giornale locale di carattere satirico sul quale pubblica i primi articoli.
Dopo lo scoppio della guerra nel 1914, scappa di casa e si unisce alla legione che Peppino Garibaldi ha formato per correre in difesa della Francia, occupata dalle truppe tedesche. Nel 1915, dopo un anno passato sulle Argonne, Malaparte torna a Prato, dove si impegna nella campagna interventista. Non appena l’Italia entra in guerra si arruola nel 51° reggimento di fanteria della Brigata Alpi. Inviato in prima linea come soldato semplice, Malaparte trascorre tre anni al fronte, mettendosi in luce per il suo comportamento eroico. Torna nel 1918, con il grado di comandante della 94° Sezione lanciafiamme d’assalto e guadagnandosi la croce francese come Oficier de Grande Valeur e la medaglia di bronzo al valore militare. Incoraggiato dai riconoscimenti, decide di rimanere nell’esercito: viene scelto come ufficiale di ordinanza, prima in Belgio e poi nei territori occupati sul Reno e, nel 1919, dirige l’ufficio stampa del Consiglio supremo di guerra durante la conferenza di Versailles.
Tra il 1920 e il 1921 Malaparte lavora come addetto culturale del Ministero degli affari esteri a Varsavia. In Polonia sarà testimone di ulteriori orrori durante l’invasione del 1920 da parte dei bolscevichi. Nel 1921, rientrato in Italia, abbandona il Partito repubblicano e si iscrive al Partito fascista. Riprende inoltre l’attività politica e letteraria, collaborando con alcune riviste e pubblicando “Viva Caporetto!”, nel quale offre una propria interpretazione dei fatti del 1917. L’opera solleva un grande scandalo e viene a più riprese ritirata. Il 1922 è l’anno della marcia su Roma, Malaparte vi partecipa come luogotenente del console Tamburini. Pochi mesi dopo ripubblica “Viva Caporetto!”, cambiando il titolo in “La rivolta dei santi maledetti” e aggiungendo una postfazione nella quale rivendica l’esigenza dell’azione politica da parte degli intellettuali, in un’Italia in cui chi si occupa di cultura si tiene lontano dall’impegno politico, rendendo impossibile “una vera rivoluzione nazionale”. Tale impegno, per lo scrittore fiorentino, si concretizza, negli anni immediatamente successivi, nella partecipazione attiva al dibattito interno al Partito fascista che proprio in questo periodo sta cercando di darsi una forma istituzionale. Nel 1925 firma il “Manifesto degli intellettuali fascisti” e, immediatamente dopo, abbandona il nome di Kurt Erich Suckert in favore di Curzio Malaparte. Con il nuovo nome pubblica “Italia Barbara”. In questo periodo Malaparte frequenta salotti importanti guadagnandosi, per il suo atteggiamento anticonformista, la stima e la protezione di importanti esponenti del partito e dell’alta borghesia romana. Nel 1926 comincia la stesura di “Don Camaleo”, opera che gli procurerà le ire del duce steso e che verrà stampata integralmente solo nel 1946. Nel 1927, dopo un periodo di intensa attività a Roma, diventa redattore capo del “Mattino” e si trasferisce a Napoli. Qui incontra il senatore Agnelli, dal quale riesce a farsi assumere come direttore della “Stampa”. Durante la direzione del giornale invia svariate corrispondenze da Mosca, poi dalla Germania e da Londra. Intanto i rapporti con Agnelli si deteriorano e nel 1931 viene licenziato dopo un acceso litigio. In questi anni pubblica diverse raccolte di racconti. Non più legato all’Italia da impegni professionali, si trasferisce a Parigi. Nella capitale francese pubblica, nell’ottobre del 1931, “Technique du coup d’etat” (“la tecnica del colpo di stato”), libro che scatenerà accese polemiche. Immediatamente tradotto in Europa e negli Stati Uniti, il volume viene proibito in Italia, Germania e Unione Sovietica. Secondo lo stesso Malaparte, fu proprio la pubblicazione di questo libro a costargli, nel 1933, al suo rientro in Italia, prima il carcere e poi il confino per cinque anni a Lipari. Dopo un anno sull’isola, la condanna, grazia alla mediazione di Ciano, viene mitigata e lo scrittore può trasferirsi a Forte dei Marmi, dove ricomincia a scrivere. Negli anni seguenti escono “Sangue” (1937) e “Donna come me” (1940). Nel 1938 Malaparte inizia un’altra delle sue peregrinazioni. È prima in Africa occidentale, come inviato del “Corriere della sera”, poi, con lo scoppio della guerra, viene richiamato nell’esercito. Combatte, non smettendo mai di inviare le sue corrispondenze, prima sul fronte italo francese, poi in Russia (dove scriverà “Kaputt”) e di lì in Polonia, Germania, Croazia e Finlandia. Nel 1943, non appena viene a sapere della deposizione del Gran Consiglio del Fascismo, torna in Italia, dove deve affrontare nuove difficoltà. Per il suo passato fascista viene prima arrestato dal governo Badoglio e poi dagli Alleati. Liberato, lavora come ufficiale di collegamento con le truppe alleate che stanno risalendo l’Italia. Il 1944 è anche l’anno di pubblicazione di “Kaputt”, ennesimo successo mondiale delo scrittore.
Con la fine della guerra Malaparte si ritrova profondamente isolato nel panorama culturale italiano. Decide così, nel 1947, di tornare a Parigi dove però trova un’accoglienza fredda. Pochi dei suoi antichi amici gli dimostrano solidarietà. Tra questi, Halevy, che gli mette a disposizione la sua casa di campagna, dove egli trascorre la maggior parte del suo tempo da solo, a scrivere. Si dedica principalmente a teatro, ma due delle sue commedie, allestite a Parigi, non riscuoteranno il successo sperato. L’anno seguente esce “La pelle”, opera che rinnova gli scandali dei romanzi precedenti. Nel 1949 torna in Italia. Qui gira il suo unico film, “Il Cristo proibito” (1951), che vince un premio speciale a Berlino, e, dopo una nuova serie di viaggi, cura la rubrica del “Tempo” “Battibecco”. Nel 1955 tenta nuovamente il successo teatrale, ma ancora una volta le sue commedie si rivelano un fiasco. L’anno seguente esce il suo ultimo successo, “Maledetti toscani”. Nel 1956 parte per un viaggio che lo condurrà prima in Russia e poi in Cina. A Pechino però gli viene diagnosticato un tumore. Riportato d’urgenza a Roma, Malaparte muore il 19 Luglio del 1957.

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