Ariosto

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Testo

Notizie sull’autore:
Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia da famiglia nobile nel 1474. La morte del padre, avvenuta nel 1500, fa’ si che l’Ariosto cominci a provvedere al sostentamento della famiglia. Trasferitosi a soli 10 anni a Ferrara, viene a contatto con la corte estense, dove è accolto subito al servizio del cardinale Ippolito, per conto del quale svolge un’intensa attività politica-amministrativa.
Nel 1517 Ludovico, però, rifiuta di seguire il Cardinale Ippolito in Ungheria : questo determina la rottura fra i due. Così, un anno più tardi, entra al servizio del duca Alfonso d’Este, fratello d’Ippolito.
Anche il nuovo incarico costringe l’Ariosto a vari spostamenti. Infatti intorno al 1522 deve, a causa di una crisi economica alla corte estense, accettare l’incarico di Commissario ducale in Garfagnana per fare giustizia contro briganti prepotenti. Proprio in questo periodo si innamora, a Firenze, di Alessandra Benucci, che più tardi sposa segretamente per non perdere un beneficio ecclesiastico. Esaurito il tempo del suo incarico in Garfagnana nel 1525 è ben lieto di ritornare ad avere una vita relativamente tranquilla in una “casetta” a Ferrara. Le faccende pratiche non gli hanno comunque impedito di continuare i suoi studi letterali ed oltre ad odi in latino scrive parecchie liriche in volgare, dedicandosi anche al teatro.
Dalla fine del ‘400, presso varie corti, specialmente a Ferrara e Mantova, si diffonde la recitazione di commedie di Plauto e Terenzio. Imitando Plauto, l’Ariosto, scrive allora la “Cassaria” e “I Suppositi”, dando l’avvio alla commedia classica in volgare. In quegli anni comincia anche l’ “Orlando Furioso” che compone fino alla prima edizione del 1516, in quaranta canti. Quest’opera, come tutti i cantari ed i romanzi cavallereschi, è scritta in ottave e si rifà alla materia cavalleresca e particolarmente a quella trattata da un altro poeta della corte ferrarese, Matteo Maria Boiardo, autore dell’ “Orlando innamorato”. L’Ariosto però introduce nel tema boiardesco un ulteriore sviluppo : Orlando, il saggio e santo paladino, non solo è innamorato ma per tale amore giunge alla pazzia.
Finita la composizione del poema, l’Ariosto scrive le “Satire” in cui esprime fatti della vita quotidiana commentati in tono dolente e consapevole dell’irrimediabilità dei difetti degli uomini. Tale attività però non lo distrae da una revisione dell’ “Orlando Furioso” che esce in seconda edizione, riveduta e corretta, nel 1521. Ancora negli anni seguenti aggiunge cinque canti alla fine e rivede ancora una volta a fondo l’intero poema, cosicché nel 1532 licenzia la terza edizione accresciuta di quarantasei canti, quale noi oggi la leggiamo.
Il 6 luglio dell’anno dopo muore a Ferrara all’età di 59 anni.

L’ Orlando Furioso
L’Ariosto inizia la stesura dell’ “Orlando Furioso” intorno al 1505, quando ha poco più di trent’anni. Il poema è la continuazione dell’ “Orlando Innamorato” di Matteo Maria Boiardo.
L’ “Orlando Furioso” non ha un unico protagonista né una trama lineare ma è possibile distinguere tre grandi filoni narrativi, che si intrecciano nel poema. Il primo è il tema della guerra, epico, che fa’ da scenario e riguarda tutti gli eroi del poema. Il secondo è la vicenda romanzesca tra Orlando e Angelica; infatti l’amore di Orlando per Angelica e la follia che ne deriva dà il titolo al poema. Il terzo permette lo svolgimento del tema encomiastico : dall’amore di Ruggiero e Bradamante sorgerà la casa degli Estensi.
Le avventure degli altri cavalieri, nel poema, si ricollegano più o meno direttamente a quelle di Orlando. Così accade per Rinaldo, suo cugino, anch’egli innamorato di Angelica, e per Astolfo che recupererà il senno di Orlando a cavallo dell’ Ippogrifo fin sulla luna.
L’ “Orlando Furioso”, riprendendo la materia cavalleresca trattata da Boiardo, obbedisce all’intento prevalente di ironizzarla e rivolgerla a nuovi significati. Lo stile di Ariosto esprime un tentativo di distacco e di controllo razionale sui fatti narrati, in quanto evita sia le punte estreme del realismo e del tragico sia quelle del tono comico e ironico.

Le opere minori
Le prime due commedie scritte dall’Ariosto, la “Cassaria” e “I Suppositi”, furono stese in prosa. Esse traggono origine da eventi biografici e affermano punti di vista che fanno riferimento ad atti concreti della realtà vissuta. La “Cassaria” venne rappresentata per il carnevale del 1508 mentre “I Suppositi” venne rappresentata un anno dopo. Dopo circa un decennio di riflessione l’Ariosto ritornò a riscrivere opere teatrali, abbandonando la prosa per la poesia. Nel 1520 ci fu la prima rappresentazione del “Negromante”, altra commedia scritta dall’Ariosto.
Le sette “Satire”, scritte tra il 1517 e il 1525, costituiscono dopo l’ ”Orlando Furioso” l’opera ariostesca più nota. Le “Satire” sono rivolte a personaggi reali : l’Ariosto immagina di colloquiare con essi, rispondendo alle loro domande e perfino alle loro accuse.
Nella prima satira l’Ariosto spiega perché non ha voluto seguire il cardinale Ippolito d’Ungheria : il disagio del viaggio, la lontananza dalle persone amate, la lontananza dagli studi e soprattutto il desiderio di vivere secondo i propri umori, in personale indipendenza. Nella seconda descrive e ripudia i costumi della corte papale di Roma, oltre a condannare il nepotismo, tornando ad esprimere il suo desiderio di vivere indipendente e lontano dallo sfarzo della corte. Nella terza condanna genericamente tutte le corti ed espone a suo cugino il suo ideale di vita, semplice e senza ambizioni mondane : desidera solamente una buona moglie. La quarta satira fu composta durante la permanenza in Garfagnana, in cui il poeta descrive la sua vita difficile ed esprime la nostalgia per Ferrara e per la donna amata. La quinta satira è rivolta ancora a suo cugino Annibale, in procinto di sposarsi, a cui dà consigli sul matrimonio. La sesta satira è rivolta a Pietro Bembo, a cui chiede di trovargli un maestro per il figlio Virgilio. L’ultima satira, analoga alla prima, fu scritta in Garfagnana nel 1524 e racconta come egli abbia rinunciato ad essere nominato ambasciatore del duca Alfonso presso il papa Clemente VII.
Ancora una volta il poeta delinea il proprio ideale di vita : accanto ad una donna innamorata, tra i libri e gli amici, e al di fuori della società mondana.
Bibliografia:
“Storia della letteratura italiana”
di F.Montanari e M.Puppo,
Società Editrice Internazionale, 1987 - Torino
“Il cavaliere medievale”
di T.Di Salvo,
La Nuova Italia Editrice, 1991 - Firenze
“La scrittura e l’interpretazione”
di R.Luperini, P.Cataldi, L.Marchiani, F.Marchese
Palumbo Editore, 1997 - Palermo

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