Alessandro Manzoni e i promessi sposi

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Categoria:Letteratura

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Testo

ALESSANDRO MANZONI

VITA
Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785, dal conte Pietro e Giulia Beccarla, figlia di uno dei più illustri rappresentanti dell’Illuminismo lombardo. Trascorre l’adolescenza in collegi gestiti da padri Somaschi dove riceve oltre ad una tradizionale educazione classica, una profonda avversione per i metodi pedagogici. Nel 1805 raggiunge la madre a Parigi dopo la morte del nuovo marito. Nacque tra i due un intenso rapporto. A Parigi Manzoni entrò in contatto con gli “ideologi”, un gruppo di intellettuali che erano gli eredi del patrimonio illuministico. Nel 1810 lasciò Parigi per ritornare definitivamente a Milano, ma a Parigi si era compiuto un profondo rinnovamento nella sua visione della realtà, che era ispirata al cattolicesimo. Il rinnovamento coinvolse anche l’attività letteraria. Manzoni abbandonò la poesia classicheggiante e si dedicò alla stesura di una serie di Inni sacri. Dal 1812 crea nuove opere come le Odi civili, la Pentecoste, ma con la pubblicazione dei Promessi sposi nel 1827 si può dire concluso il periodo creativo del Manzoni.

BASE CULTURALE
I modelli giovanili sono Monti e Parini, illuministi lombardi e francesi, Vico e alcuni intellettuali napoletani come Cuoco e Lo monaco.
Molto importante fu per il Manzoni l’esperienza parigina e soprattutto il gruppo degli Ideologi d’opposizione al regime napoleonico; le caratteristiche sono:
- la ragione come fondamento di ogni metodo d’indagine senza la rigidezza illuministica,
- la necessità della verifica dei valori illuministici per dare una dimensione storica all’indagine dei fenomeni (è limitato il pensiero illuministico della storia),
- individuare un principio unitario e razionale in grado di interpretare tutta la realtà,
- rifiuto dei principi di autorità che limitano la libertà della ragione,
- la necessità di rifiutare ogni forma di superstizione e pregiudizio.

PENSIERO
Dall’illuminismo prende la convinzione che la realtà deve essere capita attraverso la ragione (fonde un concetto illuministico con uno romantico, quello di trovare un fine). Nei confronti della Rivoluzione Francese considera giusta la spinta ideologica che l’ha provocata, sbagliati gli eccessi, la violenza che la Rivoluzione produce perché frutto della passione e dell’irrazionalità.
Il Manzoni, infatti, rifiuta sempre ogni cambiamento se frutto di un violento sovvertimento degli ordini sociali. Lo possiamo quindi definire un moderato e un riformista.
La conversione non lo portò ad una fede pacificata e consolatoria, non gli risolve i problemi, ma lo porta ad una continua verifica messa in discussione dalle sue scelte d’intellettuale. Il Manzoni, pur mantenendo una posizione ortodossa (tradizionale) all’interno del Cristianesimo cattolico- romano, subì l’influenza giansenista riguardo la presenza del male (male è presenza attiva in questa Terra), della corruzione dell’uomo, la necessità e l’imperscrutabilità della Grazia divina (l’uomo non è in grado di salvarsi da solo, quindi non esiste il libero arbitrio); rigorismo morale, il rifarsi al Vangelo contro la corruzione della Chiesa.
Altro concetto fondamentale è la sua idea di storia: è vista cristianamente come caduta, espiazione, riscatto (Inferno- Purgatorio- Paradiso), ma questo disegno provvidenzialistico non trova riscontro nella realtà per la presenza del male, per il soccombere degli umili e degli oppressi, per l’inutilità pratica delle azioni giuste. Questi rimasero sempre interrogativi angosciosi per Manzoni che razionalisticamente non poteva accettare di spiegare il male e l’ingiustizia come causati solo dalla fragilità umana, dal peccato o dalla caduta. Queste risposte potevano soddisfarlo sul piano teologico- religioso, ma non quando ricercava le cause “ storiche” dei fenomeni riguardanti uomo e
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società. Il pensiero del Manzoni sulla storia oscillerà sempre tra pessimismo cristiano (sfiducia dell’agire umano nella storia, l’uomo da solo non c’è la fa) e un’analisi dell’agire umano sempre giudicabile e riconoscibile secondo le categorie giustizia- ingiustizia, bene- male, razionalità- passione. Questi due bisogni fede e ragione non si concilieranno mai, ma staranno sempre in rapporto dialettico con accentuazione ora dell’uno ora dell’altro aspetto. E’ possibile che il riscatto umano avvenga solo in virtù della Grazia (Innominato e Fra Cristoforo), per vie occulte ed imperscrutabili della Provvidenza divina (Renzo e Lucia) oppure dell’azione provvidenziale della sventura che salva l’oppressore e l’ingiusto (Adelchi, Ermengarda, Napoleone)?

INNI SACRI E ODI
La poesia deve essere interessante, vera ed utile, deve avere un fine preciso. La grande novità è la ricerca nella storia o nella liturgia del rapporto uomo- dio. La poesia non deve più essere espressione dell’individualità del poeta, ma la voce della comunità dei fedeli o coro etico. Gli Inni Sacri sono la massima espressione della fede riconquistata. Il vero è dato dalla rivelazione di Cristo e dalle Sacre Scritture nelle quali il Manzoni vede la nuova mitologia. Queste poesie vogliono recuperare il carattere corale e popolare della tradizione cristiana. I temi di fraternità ed uguaglianza sono svolti in senso evangelico e non in senso politico e sociale (in cristo siamo tutti uguali). Sono poesie antiliriche, all’io lirico si sostituisce il noi corale. L’io del poeta si oggettiva nell’evangelista che racconta, nel testimone del miracolo e nel credente. Nelle Odi politiche l’io personale del poeta si oggettiva nello storico, nel predicatore, ecc. Si parte da un fatto storico per giungere ad una meditazione nella storia, sull’uomo e sulle sue debolezze.

TRAGEDIE
Nelle tragedie il Manzoni condanna l’invenzione cioè la libertà di costruire situazioni fittizie; il poeta deve partire dalla storia in quanto in essa si trovano già le situazioni più drammatiche ed interessanti. L’imitazione non consiste nel creare cose uguali al fatto realmente accaduto, ma ad esso somigliante e il più possibile uguale all’interiorità della storia (vero poetico).
Il vero poetico rappresenta lo spazio del poeta, significa restituire alla storia la parte perduta, integrare cioè gli avvenimenti di cui si conoscono solo gli aspetti esterni, nella loro volontà morale ed interiore. Il vero poetico ridà voce ai sentimenti, ai pensieri, alle passioni degli uomini; l’invenzione deve quindi accordarsi con la realtà, è solo un mezzo in più per farla risaltare. Il vero poetico, rispetto al vero storico, è una verità più profonda, testimoniata, ma non documentata dai fatti. La tragedia deve puntare sull’interiorità del dramma che è nascosta nel fatto, riportarla a galla e dare verità alle vicende storiche, ricostruendo la catena delle cause morali e affettive che hanno spinto all’azione. E’ chiaro che con questi presupposti, le unità aristoteliche sono un ostacolo perché costringono ad alterare i fatti. Le unità di tempo e luogo portano ad alterare lo sviluppo del racconto e ad un’innaturale concentrazione degli avvenimenti e quindi il poeta mette in scena le passioni più accese, forti ed esasperate che producono un effetto d’immoralità poiché il lettore si immedesima nel personaggio. L’unica unità che il Manzoni accetta è l’azione. Il coro è utilizzato in modo nuovo, cioè è svincolato dall’azione ed esprime la riflessione esterna dell’autore, funge da tramite tra vicende rappresentate e pubblico. Determina nello spettatore un interesse conoscitivo che gli impedisce di immedesimarsi nell’azione, consentendogli cosi’ un giudizio libero da coinvolgimenti emotivi. Sul piano linguistico il lessico si amplia con termini più consueti e più vicini all’uso comune, tende ad un tono colloquiale vicino alla prosa. Le tragedie sono un momento provvisorio quasi preparatorio per il romanzo, in quanto:
- l’obiettivo di restituire alla storia la sua completezza attraverso il vero poetico non trova nella tragedia il mezzo di ricreare uno stato della società, esigenza che Manzoni andava più idoneo, in quanto necessitante di un’azione e di un protagonista che consentono solo parzialmente maturando in quegli anni
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- il fine che Manzoni aveva in mente lo portava a soluzioni tecniche più liriche che tragiche, la stessa idea di tragedia da leggere e non da rappresentare ha in sé qualcosa di innaturale
- lo sperimentalismo del linguaggio e il pluristilismo testimoniano un’esigenza espressiva che va verso la prosa e che mal si accorda con il genere tragico.

I PROMESSI SPOSI
I Promessi sposi rappresentano una svolta per la letteratura italiana per la lingua usata, per il tipo di romanzo (romanzo storico) e per il tipo di lettore a cui è destinato. Il Manzoni, infatti, cerca di rendere l’opera accessibile ad un pubblico vasto, al fine di raggiungere i suoi intenti educativi.
L’idea dell’opera nasce probabilmente a Parigi, su ispirazione dell’amico Fouriel, prendendo spunto dalle pagine di Walter Scott. Con il romanzo storico Manzoni si propone di offrire un quadro di un’epoca del passato (la società lombarda del seicento sotto la dominazione spagnola), ricostruendo tutti gli aspetti della società, il costume e la mentalità. Infatti, i protagonisti non sono i grandi personaggi storici, ma personaggi inventati, di oscura condizione.
La stesura del romanzo comincia nel 1821. Dei Promessi sposi esistono due edizioni e tre redazioni. La prima redazione del 1821-1823, dal titolo” “Fermo e Lucia” si articola in quattro tomi per un totale di 37 capitoli. La prima edizione pubblicata nel 1825-1827 con il titolo “Gli sposi promessi (Ventisettana) e l’ultima edizione nel 1840-1842 che è quella che abitualmente noi leggiamo con il titolo definitivo de “I Promessi Sposi”. Tra le redazioni vi sono alcune sostanziali differenze. Il testo differisce dal “Fermo e Lucia” per il cambiamento dei nomi, da Fermo a Renzo e da Conte del Sagrato ad Innominato. Per quanto riguarda la struttura viene abolita la divisione in tomi e restano quattro sezioni narrative articolate in 38 capitoli. La lingua del “Fermo e Lucia” fortemente ricca di lombardismi e francesismi viene tradotta adottando prima un toscano letterario e poi un linguaggio vivo, concreto e moderno, ispirato alla lingua usata dai colti fiorentini. La differenza sostanziale sta nel fatto che l’impostazione del racconto è sensibilmente diversa. Nel Fermo l’autore ricorre maggiormente al documento storico e realistico, con l’intento di fornire un preciso quadro della società e introducendo ampie digressioni di carattere saggistico. Tutto questo materiale non narrativo è ridotto nei Promessi sposi dove si ha la tendenza a risolvere in rappresentazione drammatica tutto ciò che nel Fermo è offerto in forma saggistica.
A livello stilistico esistono tre personaggi:
- il lettore medio che non ha competenze specifiche e vuole le prove per essere convinto di quello che legge.
- un anonimo autore che afferma di avere raccontato una storia del popolo
- un narratore che decide di riscrivere e di farsi editore della storia e ciò gli consente di diversificare il suo ruolo da quello dell’anonimo autore, perché può guardare con distacco quanto racconta (Manzoni). L’editore sa molte cose di più dell’anonimo perché ha cercato testimonianze e quindi è il garante della ricostruzione storica
La funzione dell’introduzione, sdoppiando l’autore dal narratore ha il fine di creare uno spazio di discussione che consente al lettore una lettura analitica, riflessiva e distaccata. Manzoni non vuole il coinvolgimento del lettore perché in questo modo il lettore guarda con distacco e non si lascia influenzare dagli aspetti negativi. Il poeta arriva dopo lo storico, integra la storia con personaggi inventati, ma verosimili. Il narratore è l’editore e si limita a riscrivere il manoscritto nell’italiano fiorentino. Il Manzoni svolge sia il ruolo di autore anonimo sia di narratore, ma crea uno sdoppiamento per non permettere al lettore di immedesimarsi e per non avere coinvolgimenti nella storia. Il narratore è anche intellettuale, ma è anche storico perché in questo romanzo si cercano le colpe, le cause, le verità, le responsabilità di ciò che accade.
La vicenda è ambientata durante la dominazione spagnola in Lombardia, tra il 1628 e il 1631 e narra la storia di due giovani, Renzo e Lucia, il cui matrimonio è impedito dal signorotto Don Rodrigo, che minaccia di morte il curato Don Abbondio se questi avesse celebrato il matrimonio. Costretti a fuggire dopo il tentativo di matrimonio a sorpresa, e separati da una lunga serie di eventi,
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i due dovranno attendere molto prima di potersi sposare. La divina provvidenza attraverso la pestilenza colpisce il signorotto che muore. Renzo è il protagonista principale del romanzo, ha le virtù che per il Manzoni sono proprie del popolo contadino. In lui è presente una componente ribelle, un’insofferenza per ogni forma di sopruso, la convinzione che l’oppresso possa farsi giustizia da sé. Ciò costituisce un pericolo per l’eroe perché lo porterebbe a commettere atti di violenza, che gli alienerebbero la benevolenza divina. Il suo percorso di formazione consiste nel giungere ad abbandonare ogni velleità d’azione e a rassegnarsi alla volontà divina. Lucia è vista come la guida morale del giovane sposo per la sua bontà e la sua innocenza. In lei c’è uno spontaneo rifiuto per la violenza, un abbandono fiducioso e totale alla volontà di Dio
I Promessi sposi sono un romanzo storico, nel quale troviamo invenzione e storia (la storia è narrazione che si basa su fatti veri, mentre l’invenzione è frutto della fantasia); esistono personaggi veri come l’Innominato e il cardinale Borrromeo, ma altri inventati come Renzo, Lucia e don Abbondio. Per questo motivo possiamo affermare che i Promessi sposi siano solo un romanzo. La lingua è ricca di espressioni del parlato, di proverbi, di luoghi comuni, mentre quella dei potenti è più complessa. Accanto al dialogo e al discorso diretto libero troviamo il discorso indiretto libero; la sintassi delle parti storiche predilige le opposizioni.. L’aggettivo acquista una nuova funzione, diventa il punto di vista del narratore (per es. con l’espressione “bella impresa” dà un giudizio ironico), scarso è l’utilizzo di similitudini e metafore. Si tende ad un tono medio, eliminando dal lessico espressioni letterarie, ma anche gergali. La lingua per Manzoni deve essere efficace, viva che precede la letteratura in quanto è convinto che una lingua non può essere inventata, ma trovata là dov’è (la lingua nasce dal popolo). Dopo il Fermo e Lucia tra il 23 e il 24 si converte al toscano (prima bergamasco) e il risultato più evidente è l’edizione Ventisettana del 25-27. Successivamente si reca a Firenze per imparare il “vero” fiorentino e compie l’elaborazione finale con l’edizione del 40-41. Nel “ discorso sul romanzo storico” pubblicato nel 1850 esprime il rifiuto e la condanna del genere: l’invenzione anche se ispirata a verosimiglianza e fondata su una sicura conoscenza storica, resta sempre arbitraria, non provata. Storia e romanzo non vanno né confusi né mescolati, senza vita e senza voce, perciò, restano quegli uomini passati sulla terra senza lasciar traccia.
Nei Promessi Sposi il Manzoni cerca di conciliare la sua fede cristiana con la sua formazione illuministica, che lo porta ad una concreta analisi della realtà. Egli riflette sui temi della giustizia, delle leggi e della violenza e condanna il potere e la sopraffazione, causa di cadute e sofferenza degli uomini. La condanna dei potenti presenta però delle eccezioni: fra Cristoforo ed il cardinale Federico Borromeo, pur appartenendo a tale stirpe, hanno dedicato la propria vita all’aiuto dei poveri. La visione del mondo è sempre pessimistica, anche se in forma attenuata, perché il male è sempre presente, ma nei Promessi Sposi a differenza dell’Adelchi c’è un maggiore attivismo da parte degli oppressi. Manzoni cerca di trovare il pretesto per lottare per concrete riforme sociali: assume le posizioni di un moderato che delega il compito storico di promuovere la battaglia contro la sopraffazione, la corruzione e le classi dominanti, e indica agli oppressi la strada di una serena accettazione delle ingiustizie subite. Il Manzoni riconosce al popolo la capacità di azione, a patto che quest’ultimo abbia delle valide guide. Inoltre egli crede nella funzione mediatrice della chiesa: nei Promessi Sposi sono, infatti, uomini di fede ad assolvere tale funzione, aventi una grande pazienza e una saggezza superiore. La fede è vista più volte come elemento in grado di addolcire le avversità rendendole una vita migliore.
Nell’opera del Manzoni possiamo rintracciare due tematiche fondamentali:
- il rifiuto dell’idillio inteso come vagheggiamento di un “riposo morale”, come rappresentazione di una vita quieta e senza scosse, nell’ambito familiare, lontana dai tumulti della storia
- la provvidenza. Renzo e Lucia hanno una concezione elementare e ingenua della provvidenza, che identifica virtù e felicità. Per loro dio interviene a difendere e premiare i buoni e a garantire il trionfo della giustizia. Per il Manzoni al contrario virtù e felicità coincidono solo nella prospettiva dell’eterno. Solo alla fine dei tempi vi è la certezza che i buoni saranno premiati e i cattivi puniti

Esempio



  


  1. lorella

    testo argomentativo sul fatto che oggi si continuano a leggere i promessi sposi

  2. Rosy

    Il valore delle similitudini Manzoniane nei Promessi Sposi

  3. giuseppe

    sostengo l'esame alla facoltà di filosofia