Alessandro Manzoni e I Promessi Sposi

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Testo

Alessandro Manzoni e “I Promessi Sposi”
Vita e opere di Manzoni
Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785 dal nobile Pietro Manzoni e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria, autore del noto trattato contro la pena di morte “Dei delitti e delle pene”. Il matrimonio fra il ricco possidente terriero e la ventenne marchesina non dura a lungo: infatti i due si separano quando il piccolo Alessandro ha appena sette anni e questi viene mandato a studiare in collegio dove rimarrà fino ai sedici anni. In questo periodo Manzoni fa sua una formazione di base illuministica, contrapposta a tendenze romantiche e alla ricerca della perfezione neoclassica.
Nel 1805 va a vivere a Parigi, dove la madre risiedeva in compagnia di Carlo Imbonati, alla cui morte Manzoni compose il carme “In morte di Carlo Imbonati”.
A Parigi Manzoni viene a contatto con gli Ideologi sensisti frequentando il salotto di Carlotta Cordorcet e lo storico Claude Fauriel, grazie al quale assume l’interesse per la storia.
Nel 1808, sposa la ginevrina Enrichetta Blondel, di regione calvinista. Nel 1810 si “converte” alla religione cattolica, che aveva abbandonato da tempo. Si pensa che la conversione sia stata dovuta dal fatto che alla nascita della prima figlia Manzoni e la moglie si fossero chiesti su quale religione educarla; la Blondel si interessò alla religione cattolica e frequentò dei corsi presso l’abate Eustachio Degola che le illustrò i principi della religione cattolica, iniziandola anche attraverso particolari compiti. Ci sono le prove che Manzoni assisteva di nascosto a questi colloqui e grazie ad essi e ad un lungo periodo di meditazione, ritrovò la sua fede e si dedicò allo studio e alla celebrazione della religione. Prima conseguenza della conversione fu la stesura degli “Inni Sacri”, cinque composizioni poetiche che celebrano le solennità più importanti della Chiesa; fra queste la più famose è “La Pentecoste”.
Dopo la conversione aumenta in Manzoni la concezione di rigore morale che già aveva. Inoltre giustifica la presenza del male nel mondo: egli non riusciva a tollerare le ingiustizie, ma alla luce della fede le accettava.
Nel 1820-1822 scrisse le tragedie “Il conte di Carmagnola” e “Adelchi”. I protagonisti delle due tragedie sono personaggi storici del passato presentati come eroi che lottano contro i soprusi del potere; in entrambe le opere sono presenti il tema del tradimento, visto come tema ricorrente ed inevitabile dei rapporti umani, il tema del conflitto tra realtà ed ideali, tra potere e morale e, importante, il tema della divina provvidenza, i cui disegni appaiono imperscrutabili.
Altre opere sono: “Del trionfo della libertà”, scritto all’età di sedici anni, le “Odi” (“Marzo 1821” e “5 Maggio”), “I Promessi Sposi”.
Manzoni dopo una vita onorata in pubblico, ma difficile in famiglia, muore di meningite cerebrale nel 1873.

Secondo Manzoni la poesia doveva avere (poetica manzoniana):
• Il vero per oggetto
• L’utile per scopo
• L’interessante per mezzo
Si può distinguere un vero storico ed un vero poetico: il primo narra di fatti realmente avvenuti e di personaggi realmente vissuti, l’altro invece è costituito da aggiunte che il poeta può fare al vero storico per spiegarne alcune cose, annettendo personaggi e avvenimenti verisimili.
La poetica manzoniana
I principali aspetti della poetica manzoniana sono contenuti in questi manoscritti:
1. Prefazione a “Il conte di Carmagnola” (1820):
- nega la validità delle unità di tempo e di luogo, due delle tre unità aristoteliche*
- illustra l’importanza che attribuisce al coro: esso deve esprimere il punto di vista dell’autore sui fatti
2. “Lettre a Monsieur Chauvet” (1823):
- rapporto fra storia ed invenzione: vero storico e vero poetico; il poeta deve commentare ed interpretare la storia
3. “Lettera al marchese D’Azeglio” (“Sul Romanticismo”)(1823):
- spiega che secondo lui un romanzo deve avere:  il vero per soggetto
 l’utile per scopo
 l’interessante per mezzo (l’interessante
nasce dalle memorie e dalle impressioni
della vita giornaliere: per M. ha quindi
importanza il quotidiano
4. “Discorso sul romanzo storico” (1845):
- definisce il romanzo storico un ibrido tra vero e inventato
5. “Sentir messa” (1836, pubblicato postumo):
- M. affronta la questione della lingua: essa deve essere il mezzo di comunicazione di tutto il popolo e crede che la parlata migliore che possa riunire tutto il popolo italiano sia il fiorentino delle persone colte.
I Promessi Sposi
“I Promessi Sposi” è un romanzo storico, cioè un romanzo che ambienta una vicenda, vera o inventata, in luoghi reali e in un’epoca storica precisa, di cui si descrivono con fedeltà i costumi e le idee.
Il romanzo fu realizzato in due anni (1821-1823), ma prima di arrivare alla sua forma definitiva subì diversi ritocchi e revisioni. Vi furono infatti tre redazioni e due edizioni:
- la stesura primitiva, che si intitolava “Fermo e Lucia” non venne pubblicata perché Manzoni non ne era soddisfatto
- la prima edizione pubblicata nel 1827
Fra la prima e la seconda redazione vi sono soprattutto differenze di stesura: nella prima, ad esempio, quando si parla della monaca di Monza, nasce un romanzo nel romanzo: rifacendosi alla narrazione gotica, Manzoni descrive nei minimi particolari il delitto commesso da Geltrude;
le storie di Renzo e Lucia erano trattate separatamente una dall’altra, mentre nella seconda le due vicende si intrecciano;
in “Fermo e Lucia” vi è una parte in cui si parla ampiamente degli untori, che viene poi tolta e pubblicata in un’opera a parte intitolata “Storia della Colonna Infame”;
è diversa anche la fine di don Rodrigo: nella prima redazione egli infatti muore dopo esser fuggito a cavallo dal lazzaretto, nella seconda muore nel lazzaretto dopo aver ricevuto il perdono.
- la seconda e definitiva edizione uscì nel 1840-’42. Dalla prima le differenze sono solo di carattere linguistico: Manzoni, convinto che la lingua italiana fosse il fiorentino delle persone colte, si reca in Toscana per “sciacquare i panni in Arno”, eliminando improprietà, francesismi, lombardismi, ecc.
“I Promessi Sposi” recano per sottotitolo “Storia Milanese del secolo XIV, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni”, poiché Manzoni immagina di aver trovato la storia in un manoscritto del ‘600, il quale autore dice a sua volta di aver sentito la storia da Renzo. Del immaginario manoscritto Manzoni riporta l’inizio, in stile barocco.
Manzoni è un narratore giudicante, infatti interviene spesso a commentare e prende posizioni in merito alla storia.
Il racconto è anche un modo per manifestare celatamente il desiderio degli Italiani all’Indipendenza dai soprusi di un dominatore straniero, nel caso dei Promessi Sposi, la Spagna.

I Promessi Sposi come tipo di romanzo
“I Promessi Sposi” si possono considerare sotto diversi punti di vista:
• come romanzo di formazione: infatti nella vicenda si può notare il cambiamento di Renzo
• come romanzo gotico, un romanzo “stile horror”, infatti soprattutto nella prima stesura, “Fermo e Lucia”, è presente un’ampia e minuziosa descrizione dell’omicidio compiuto da Geltrude, la Monaca di Monza
• come fiaba, sono presenti, infatti, molti elementi dello stile fiabesco: il matrimonio, il rapimento, gli aiutanti dei protagonisti e degli antagonisti, il lieto fine
• come exemplum, una novella, cioè, che doveva essere presa da esempio per i suoi contenuti o i suoi ideali
• soprattutto come romanzo storico, una forma di romanzo, iniziata da Walter Scott con “Ivanoe”, che ambienta una vicenda, vera o inventata, in luoghi reali e in un’epoca storica precisa, di cui si descrivono con fedeltà i costumi e le idee. Manzoni rimprovera però Scott di avere poco rispetto per la storia: infatti lo scozzese ambienta il suo “Ivanoe” nel Medioevo e usa personaggi importanti e famosi nella storia, di cui però modifica il carattere, inventa imprese
L’Introduzione
Per rendere più credibile la sua storia Manzoni dice di aver trovato il manoscritto di un anonimo seicentesco e di aver pensato, data la bellezza della storia, di riscriverla in uno stile più comprensibile.
Il romanzo inizia dunque con un’immaginaria copiatura delle prime righe del manoscritto, che Manzoni sostiene di aver riportato pari pari all’originale. Si accorge però che lo stile sarebbe troppo difficile per i suoi lettori e che con la semplice copiatura di quanto scritto dal “secentista”, li avrebbe presto stancati.
In effetti, le righe che Manzoni ha realizzato in stile barocco, sono piuttosto difficili da capire. Inizia dicendo che la storia immortala i fatti umani, ma gli storici si fermano a raccontare solo le vicende che riguardano principi e potenti, mentre lui (l’autore del presunto manoscritto), per la sua scarsa abilità, dice che si accontenterebbe di narrare le azioni di poveri artigiani. Continua spiegando che se in un tale periodo, governato da abilissimi principi e senatori, potevano essere accadute simili tragedie, doveva essere proprio opera del diavolo. Con altre frasi difficili l’Anonimo spiega che un’opera d’arte non ha bisogno di fissare in maniera troppo precisa nomi, luoghi e date. Con la frase “[…], essendo cosa evidente, e da verun negata non essere i nomi se non purissimi accidenti…” Manzoni si ferma e si chiede se ne vale la pena di trascrivere quella storia sbiadita, tutta sgorbi e di presentarla tale e quale ai “lettori d’oggigiorno”. Gli dispiace però abbandonare una storia così bella e pensa di rifarla modificandone il linguaggio.
Dopo aver illustrato gli studi compiuti per verificare la validità del manoscritto, Manzoni affronta la questione della lingua. Spiega la fatica affrontata nel cercare di trovare tutte le critiche possibili e ribatterle anticipatamente, anche se spesso due critiche si neutralizzano. Manzoni conclude dicendo che, giunto al momento di riordinare tutte le obiezioni, ne poteva uscire un libro, così dice di aver messo da parte il pensiero per due ragioni: “che un libro impiegato a giustificarne un altro, anzi lo stile di un altro, potrebbe parer cosa ridicola” e “che di libri basta uno per volta, quando non è d’avanzo”. Con queste ultime frasi Manzoni vuole dire che gli sembra inutile scrivere un libro che spiegasse le sue scelte stilistiche; tuttavia egli era un gran critico di se stesso e non trovava niente di ridicolo in un libro di critiche.

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Esempio



  


  1. giorgia

    commento sull'innominato dei promessi sposi