"Sepolcri " di Ugo Foscolo

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Testo

PARAFRASI
Il sonno della morte non è certamente meno pesante in un'urna confortata dal pianto. Quando il sole non risplenderà più davanti al poeta una pietra che distingua le sue dalle infinite altre ossa disseminate sul mondo dalla morte niente ricompenserà il defunto dei giorni perduti. Persino l'ultima dea, la Speranza, abbandona i sepolcri; e il tempo tutto travolge nella sua notte, non soltanto gli uomini e le loro tombe ma i resti stessi della terra e del cielo. Perché tuttavia l'uomo dovrebbe rinunciare all'illusione del sepolcro, che sembra trattenerlo al di qua del regno dei morti? Chi è scomparso non vive forse ancora tra noi, grazie alle soavi cure della tomba per le quali ancora sopravvive sotto terra chi è scomparso? Una celeste dote esiste negli uomini per mezzo della quale si genera tra i vivi ed i trapassati una corrispondenza di amorosi sensi; per mezzo di questa dote noi viviamo con l'amico estinto e l'estinto con noi, se le sue ossa siano state accolte pietosamente dalla terra nativa, e un sasso serbi il ricordo del nome. Solo per chi non lascia sulla terra eredità di affetti il sepolcro è privo di senso, né alcun messaggio ideale proviene dalla tomba ai viventi. Eppure nuove usanze vorrebbero contendere ai morti la memoria del nome, e togliere ai superstiti l'illusione del sepolcro. Ed un poeta come il Parini giace privo di tomba in una fossa comune. Invano la Musa della poesia satirica tenta di custodire le sue ossa, invano prega che la notte sia dispensatrice di rugiada ai resti del poeta. Soltanto il compianto e le lodi di chi sopravvive possono far sorgere sulle tombe il conforto dei fiori. Dal giorno stesso in cui gli uomini superarono la barbarie primitiva, il sepolcro è stato un altare per i vivi, il simbolo degli ideali che animarono gli antenati, un incitamento al progresso e alle conquiste. Del resto il culto dei morti non fu sempre così orrido come nei riti propri delle età più oscure, riti torbidi e che incutevano terrore. Un tempo i sepolcri furono allietati dalla luce del sole, dal profumo dei fiori, dal verde perenne dei cedri, un tempo chi sedeva a raccontare le sue pene agli estinti sentiva d'intorno la fragranza medesima degli Elisi. Gli amici ponevano una fiaccola sul sasso tombale per illuminare la notte dell'aldilà, e facevan crescere fiori d'intorno. Pietosa follia, che porta le giovinette inglesi a piangere la madre defunta, e pregare per il ritorno del comandante Nelson. Inutili sono le tombe dove domina la viltá, dove dorme ogni furore di gesta eroiche; è il caso degli ambienti altolocati della Repubblica cisalpina. Ma dovunque sorgano degli animi generosi le tombe dei grandi incitano a nobili imprese. Quando il poeta visitò in S.Croce le tombe degli italiani più grandi (Machiavelli, Michelangelo, Galileo), disse "Beata Firenze per le felici aure pregne di vita, per la lingua che dette a Dante e al Petrarca; ma più beata perché serba raccolte in un unico tempio le uniche glorie italiche superstiti". Da quel tempio infatti gli italiani avrebbero tratto gli auspici per il loro riscatto. Quivi veniva a meditare l'Alfieri; e da quei marmi traeva l'unico conforto e la sola speranza di riscatto per la patria. Un Nume parla davvero tra quelle mura, quello stesso Nume che suscitò in Maratona l'ira e il valore dei Greci contro gli invasori persiani, e dimorò poi eterno in quei luoghi. Il navigante che veleggiò nella notte lungo le coste greche vedeva rinnovarsi nelle tenebre l'antica battaglia, e le immagini dei guerrieri greci risorgere fremendo dalle tombe. Felice il Pindemonte che nella sua giovinezza veleggiò per quei mari e udì l'eco delle antiche imprese! trascorre fuggitivo ed esule. Il poeta invece è costretto ad andar ramingo per altri luoghi; ma le Muse gli concederanno almeno di rendere eterni col canto gli eroi. Infatti le Muse siedono a custodia delle tombe, e quando su di esse il tempo stampa la sua ora distruttrice, sorge la voce dei poeti ad eternare le gesta degli eroi con la poesia. Ancor oggi nella Troade risplende eterno un luogo; eterno appunto per il canto di un poeta. Quando la ninfa Elettra, amata da Giove, udì la voce della Parca, chiese all'amato che rimanesse immortale almeno la sua fama. E Giove fece sacra la sua tomba. Intorno a quella tomba si raccolsero i sepolcri dei grandi troiani. Qui Cassandra, figlia di Priamo, insegnava ai giovinetti il lamento funebre e prediceva le sventure della patria. Troia sarebbe caduta ma quelle tombe sarebbero rimaste tra le macerie a testimoniare la virtù e l'eroismo dei vinti. Un giorno un cieco mendico sarebbe entrato brancolando tra quelle antichissime ombre, abbracciando i sepolcri ed interrogando le urne. Dalle cavità più riposte gli eroi avrebbero narrato ad Omero le vicende troiane; ed il poeta, placando quelle afflitte anime col canto, avrebbe eternata la gloria dei greci, ma anche la fama e la pietà dei vinti, dovunque fosse onorato il sangue versato per la patria, e finché il sole risplendesse sulle sciagure degli uomini.
PERSONAGGI STORICI
VITTORIO ALFIERI - DANTE ALIGHIERI - MICHELANGELO BUONARROTI - GALILEO GALILEI - NICCOLÒ MACHIAVELLI - HORATIO NELSON - ISAAC NEWTON - OMERO - GIUSEPPE PARINI - FRANCESCO PETRARCA - IPPOLITO PINDEMONTE
MITI GRECI
ACHILLE - AIACE - APOLLO - ASSARACO - CALLIOPE - CAMPI ELISI - CASSANDRA - DARDANO - ELETTRA - ERITTONIO - GIOVE - ILO - LAERTE - LARI - MUSE - NETTUNO - PARCHE - PELEO - PENATI - PRIAMO - TALIA - TIDIDE - ULISSE
PERSONAGGI STORICI
VITTORIO ALFIERI
Poeta e drammaturgo nacque ad Asti nel 1749 e morì a Firenze nel 1803. Di carattere inquieto e ribelle viaggiò per l'Europa finchè non scoprì la sua vocazione di poeta, sulla quale influì anche la passione per la contessa di Albany. L'odio per la tirannia e l'amore per la libertà informano i trattati Della Tirannide, 1777, e Del principe e delle lettere ,1786, e sono i temi della sue 19 tragedie. Scrisse inoltre commedie epigrammi e satire contro la Francia rivoluzionaria.
DANTE ALIGHIERI
Nacque a Firenze nel 1265 da famiglia guelfa di piccola nobiltà e morì a Ravenna nel 1321. Fu allievo di Brunetto Latini, si dedicò presto alla poesia stringendo amicizie con i poeti stilnovisti Guido Cavalcanti, Lapo Gianni e Cino Da Pistoia e dedicò rime d'amore a Beatrice Portinari, che fu dal poeta trasfigurata in simbolo. Sposò Gemma Donati, ebbe da lei tre figli (Jacopo, Pietro e Antonia). Partecipò attivamente alla vita politica schierandosi con la fazione dei Bianchi e divenne uno dei priori di Firenze. Nel 1301, mentre era ambasciatore presso il papa Bonifacio VIII, i Neri, prevalsero a Firenze con l'aiuto di Carlo Di Valois, e Dante fu bandito dalla città (1302), condannato in contumacia, sotto l'accusa di baratteria, a una multa e poi al rogo. Tra il 1304 e il 1310 andò peregrinando per città e corti, dopo essersi isolato dai compagni d'esilio. Dopo l'ultima condanna a morte (1315) si stabilì a Ravenna presso Guido Novello Da Polenta e presso di lui morì. Le opere della maturità (Convivio, De Vulgari Eloquentia, De Monarchia, Divina Commedia) sono ispirate dall'esilio, esperienza centrale della vita del poeta.
MICHELANGELO BUONARROTI
Scultore, pittore e architetto nacque a Caprese (Arezzo) nel 1475 e morì a Roma nel 1564. Da giovane visse alla corte di Lorenzo il Magnifico, a Firenze. Dopo il 1505, chiamato dal papa Giulio II, fu poi al servizio di Leone X e di Clemente VII. Formatosi sullo studio delle opere di Donatello e Jacopo della Quercia per la scultura, di Giotto e Masaccio per la pittura, sintetizzò nella sua arte tutti i valori ispirati dal Rinascimento. Fu anche poeta e i suoi versi, ispirati da Vittoria Colonna sono un documento della sua tormentata vita interiore. Tra le sue opere maggiori, le varie Pietà ed il David per la scultura; il Giudizio Universale e la Sacra Famiglia per la pittura; la Biblioteca Laurenziana e la Cupola di San Pietro per l'architettura.
GALILEO GALILEI
Scienziato, matematico e filosofo, nacque a Pisa nel 1564 e morì ad Arcetri (Firenze) nel 1642. Fondatore della dinamica, creatore della prosa scientifica italiana, iniziò il moderno metodo sperimentale e della scienza moderna. Perfezionò e usò, per la prima volta a fini scientifici, il cannocchiale. Dal 1610 fece grandi scoperte astronomiche. Nel 1616 fu dichiarata eretica l'affermazione che il Sole é il centro immobile del mondo ed erronea, riguardo alla fede, la tesi che la Terra non é immobile nè é il centro del mondo. Nel 1630-32 scrisse il Dialogo sui massimi sistemi e il Saggiatore. Davanti al tribunale dell'Inquisizione da buon cattolico si sottomise, ma nè il confino nella sua villa ad Arcetri nè il controllo dell'Inquisizione riuscirono a piegare il suo spirito o gli impedirono di aggiungere al Dialogo i Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, la sua opera piú matura.
NICCOLÒ MACHIAVELLI
Scrittore, uomo politico e storico nacque a Firenze nel 1469 e vi morì nel 1527. Segretario della seconda cancelleria della Repubblica dal 1498 al 1512 compì varie ambascerie sulle quali poi stese rapporti dettagliati. Tornati i Medici in Firenze Machiavelli perse il suo ufficio di segretario e fu costretto al ritiro (1513) nei suoi poderi di S.Andrea in Percussina. Nel 1521 ebbe l'incarico di scrivere la storia di Firenze di cui nel 1525 offriva a Clemente VII i primi otto libri. Il Machiavelli intese la politica come scienza autonoma da ogni concezione generale del mondo, morale o religiosa, diede un'analisi spietata della natura umana; egli pensava ad un forte stato nazionale nell'ambito del generale processo europeo. Tra le sue opere più importanti citiamo la Favola di Belfagor arcidiavolo, Il Principe, i discorsi sopra la prima deca di Tito Livio e la Mandragola la piú bella commedia rinascimentale.
HORATIO NELSON
Visconte e ammiraglio inglese nacque nel 1758 e morì nel 1805 in battaglia. Si distinse particolarmente durante le guerre contro la Francia rivoluzionaria e Napoleone. Nel 1798 distrusse le navi francesi concentrate ad Abukir. Nel 1799 a Napoli appoggiò la rappresaglia contro gli esponenti della Repubblica partenopea. Comandante supremo della flotta inglese nel mar Mediterraneo affrontò (1805) vittoriosamente quella francese a Trafalgar (Spagna), dove trovò la morte.
ISAAC NEWTON
Fisico e matematico inglese nacque nel 1642 e morì nel 1727. Addottoratosi al Trinity College di Cambridge nel 1665, si dedicò a profondi studi sulla luce. Nel 1669 fu chiamato alla cattedra di matematica di Cambridge. Nel 1687 pubblicò i Philosophiae naturalis principia mathematica opera che, erigendosi a fondamento della meccanica e della fisica classiche (teoria della gravitazione universale, leggi fondamentali della dinamica), doveva influenzare per due secoli il pensiero scientifico e lo sviluppo della scienza. Quest' opera inoltre contiene numerose applicazioni di quel nuovo potente strumento, il calcolo infinitesimale, di cui Newton é, insieme a Leibnitz, il fondatore.
OMERO
Sommo poeta greco vissuto forse nel IX secolo a.C.. Nonostante le molte biografie, tutto é incerto della sua vita e la sua stessa esistenza é stata messa in dubbio. La leggenda lo raffigura girovago e mendico alla maniera dei rapsodi* . Gli sono attribuiti i poemi epici Iliade (sulla guerra di Troia) ed Odissea (sui viaggi di Ulisse) . *rapsodo = cantore che recita canti epici accompagnandosi con la cetra.
GIUSEPPE PARINI
Poeta, nacque a Bosisio in Brianza nel 1729 e morì a Milano nel 1799. Esordì con Alcune poesie di Ripano Eupilino. Nel 1754 fu ordinato sacerdote. Precettore in casa Serbelloni, poi redattore della Gazzetta di Milano, insegnò al ginnasio di Brera. Nel 1763 pubblicò Il Mattino, prima parte del Giorno, poemetto didascalico-satirico, inteso a colpire il costume della società aristocratica milanese del tempo. Nel 1765 uscì Il mezzogiorno, mentre Il Vespro e La notte, incompiuta quest'ultima, uscirono postumi. Dal 1757 al 1795 compose le Odi con intenti di educazione civile e morale. Nel 1796 fece parte della municipalità di Milano, ma se ne ritirò poco dopo, sdegnato per gli atteggiamenti del nuovo governo giacobino. Tra le prose il Dialogo sopra la nobiltà ed il Discorso sopra la poesia.
FRANCESCO PETRARCA
Poeta, nacque ad Arezzo nel 1304 e morì ad Arquà nel 1374. Studiò legge a Montpellier e a Bologna. Nel 1327 ad Avignone conobbe Laura, la donna ispiratrice delle sue liriche amorose. Nel 1341 fu incoronato poeta in Campidoglio. Famoso in tutta Europa, viaggiò molto e svolse varie missioni diplomatiche. Il suo capolavoro é il Canzoniere con cui creò anche le forme e il linguaggio propri della lirica moderna. Scrisse anche i Trionfi. Nella storia della cultura ha grande importanza il Petrarca umanista per la sua opera di scopritore di tanti tesori della sapienza e della letteratura antiche attraverso i testi ritrovati materialmente o riconquistati grazie all'invenzione della filologia, speciale disciplina che consente la ricostruzione dei testi nella forma piú aderente all'originale.
IPPOLITO PINDEMONTE
Letterato e poeta nacque nel 1753 a Verona e vi morì nel 1828. Nelle poesie campestri rivelò la sua indole garbata e propensa alla riflessione malinconica. Molta celebrità gli é derivata dalla sua versione dell' Odissea, non sempre fedele al testo e rievocata in forme fredde anche se eleganti. Da citare il poemetto I Cimiteri nel quale riafferma i valori del culto cristiano, e la cui composizione fu la causa occasionale della stesura del carme foscoliano.
MITI GRECI
ACHILLE
Figlio di Teti e di Peleo. La madre immerse Achille nello Stige (fiume dell'oltretomba) rendendo invulnerabile il suo corpo escluso il tallone (il punto da cui la ninfa aveva afferrato suo figlio per bagnarlo nelle acque del fiume). Achille fu l'eroe piú valoroso della guerra di Troia, durante la quale sfidó Ettore a duello e riuscí a batterlo, ma fu poi ucciso da Paride, il piú imbelle dei Troiani, aiutato da Apollo.
AIACE
Figlio di Telamone e di Peribea, nacque dopo lo svolgimento di un banchetto al quale parteció anche Eracle (Ercole) che con una preghiera chiese a suo padre Zeus di concedere a Telamone, suo amico, un figlio forte e coraggioso come un leone. Aiace era secondo soltanto ad Achille per valore, forza e bellezza. Dopo la morte di Achille sua madre Teti decise di assegnare le armi al piú valoroso dei greci. Queste furono assegnate ad Ulisse, grazie ad uno stratagemma. Aiace, adirato, decise di vendicarsi la sera stessa; Atena tuttavia lo colpí con una crisi di improvvisa pazzia ed egli si aggiró furibondo con la spada in mano tra le mandrie e le greggi che erano state razziate nelle fattorie dei troiani, e compí un immane macello. Recuperato finalmente il senno, cadde in una cupa disperazione e si uccise. Ma il dio del mare Nettuno tolse con un'ondata le armi dalla nave di Ulisse e le depose sulla tomba di Aiace.
APOLLO(Febo)
Figlio di Zeus e di Latona. Era considerato il dio della musica e del sole. Taluni dicono che Apollo fu l' inventore della lira (strumento musicale). Ebbe molti figli con donne mortali e ninfe tra cui Talia la Musa della poesia satirica (presente ne I Sepolcri nell'accenno al Parini). Inoltre, insieme a Nettuno, aiutó Eaco a costruire le mura di Troia.
ASSARACO
Figlio di Troo e Calliroe, nipote di Erittonio, fu uno dei tanti figli dell' uomo da cui prese il nome la famosa cittá di Troia e tutta la regione circostante, la Troade.
CALLIOPE
E' una delle nove Muse e precisamente quella della poesia epica e dell' eloquenza. Ne I Sepolcri viene ricordata come la musa dalla bella voce, definendo cosí felicemente la melodiosità petrarchesca.
CAMPI ELISI
I Campi Elisi sono uno degli aspetti dell' aldilá pagano, dove si raccolgono le anime di chi ha ben meritato. Il Foscolo li definisce beati in opposizione al credo cristiano.
CASSANDRA
Cassandra, figlia minore di Priamo, re di Troia, e di Ecuba. Un giorno si addormentó nel tempio e Apollo, apparsole all'improvviso, promise d'istruirla nell'arte della profezia se avesse acconsentito a giacere con lui. Cassandra, accettó il suo dono, ma rifiutó di darsi al dio; Apollo allora le chiese un solo bacio e nel mentre le sputó nella bocca per far sí che nessuno credesse mai a ció che essa avrebbe profetizzato. Cassandra predisse la sconfitta di Troia e affermó che nel cavallo di legno che avevano lasciato i Greci sulla spiaggia vi erano dei nemici dentro ma i cittadini di Troia non le diedero ascolto in nessuno dei casi.
DARDANO
Figlio di Zeus e della Pleiade Elettra fu uno dei mitici padri di Troia. Durante le sue peregrinazioni fu accolto in Frigia da un certo Teucro. Dardano propose di fondare una cittá dove si trova ora Troia ma un oracolo di Apollo Frigio lo avvertí che le calamitá si sarebbero abbattute senza fine sulla sua cittá, ed egli ne costruí una chiamata Dardania, sul monte Ida. Alla morte di Teucro, Dardano gli succedette dando il suo nome a tutto il regno.
ELETTRA
Le ninfe sono le personificazioni di vari aspetti del mondo naturale, immaginate come leggiadre fanciulle. Avevano il privilegio di una perenne giovinezza, ma non quello dell' immortalitá. Tra le altre, vi erano le Naiadi (divinitá delle acque dolci); le Oceanine e le cinquanta Nereidi (divinitá del mare) ; le Oreadi (divinitá dei monti). Elettra era una ninfa, appunto: una delle Pleiadi, le sette sorelle figlie del Titano Atlante e di Pleiona. Ella amó Zeus, e da quest' unione nacque Dardano. Quando Elettra morí, Zeus mise la sua anima insieme a quelle delle sue sei sorelle in cielo formando cosí la costellazione delle Pleiadi.
ERITTONIO
Figlio di Efesto e della Madre Terra, aveva sembianze di metá uomo e metá serpente; fu uno degli antenati dei fondatori di Troia.
ETTORE
E' uno dei protagonisti dell'Iliade di Omero. Figlio del re di Troia, Priamo, e di Ecuba, era il piú valoroso degli eroi troiani e sostenne il peso maggiore della difesa della sua cittá. Uccise Patroclo, l'amico piú caro di Achille e morí per mano sua. Foscolo ne I Sepolcri cantó in lui il piú alto esempio di amor patrio.
GIOVE (Zeus)
Giove nato da Crono e Rea fu salvato dalla madre che lo sottrasse al padre che voleva divorarlo. Giove divenuto grande si vendicò esiliando suo padre nel Tartaro. Ricevette dai Ciclopi il dono della folgore con la quale comandava e intimoriva gli altri déi, che per la maggior parte erano sui figli.
ILO
Nato da Dardano, fratello di Erittonio, fu il fondatore di Ilio (Troia). La leggenda dice che durante la sua vita Ilo partecipó ai giochi di Frigia dove nella gara di lotta vinse in premio 50 giovani e 50 fanciulle.
LAERTE
Marito di Anticlea. Sempre riconosciuto come padre di Ulisse (Odisseo), in realtá non lo fu affatto perché Ulisse nacque sí da Anticlea ma il vero padre fu Sisifo che sedusse la ragazza. Quando suo figlio Ulisse tornó ad Itaca dal suo lungo errare, Laerte, ringiovanito da Atena, aiutó suo figlio nella lotta contro i Proci (i pretendenti alla mano di Penelope, la fedele moglie di Ulisse) i quali avevano preso possesso della sua isola.
LARI
Erano le divinitá del nucleo domestico. Identificati con le anime divinizzate di uomini buoni defunti, sovrintendevano alla vita sociale del nucleo familiare.
MUSE (Pimplee)
Erano le figlie di Giove. In origine erano venerate come ninfe delle sorgenti. Divennero poi le protettrici della danza, del canto e della musica e di ogni manifestazione del pensiero, dell'arte e della scienza. Calliope (poesia epica ed eloquenza); Clio (storia); Euterpe (poesia lirica e musica); Melpomene (canto e tragedia); Tersicore (canto corale e danza); Erato (poesia amorosa); Urania (astronomia); Polinnia (poesia religiosa); Talia (poesia satirica).
NETTUNO (Posidone)
Nettuno, dopo una riunione con i suoi fratelli Giove (Zeus) e Plutone (Ade), ricevette come suo regno quello del mare. Egli comanda su tutti i mari e puó scatenare tempeste e maremoti a suo piacimento. Nel suo regno i suoi sudditi sono i pesci e tutte le creature marine sia mostri che bellissime ninfe.
PARCHE (Moire)
Le Moire o Parche (le tre che sono una), generate da Erebo e dalla Notte, sono Cloto, "la filatrice" che teneva in mano la ciocca da cui dipanava il filo della vita d'ogni uomo, Lachesi, "la misuratrice", che reggeva un fuso su cui torceva il filo della vita determinandone le vicende, ed infine la piú piccola di statura, ma la più terribile: Atropo, "colei che non si può evitare". Essa infatti con un paio di forbici troncava il filo nel momento in cui un uomo doveva morire.
PELEO
Nato da Eaco e Endide, Peleo sposó Teti e ne ebbe Achille. Troppo vecchio per partecipare alla guerra di Troia, Peleo invió il figlio e gli donó una lancia di frassino, levigata da Atena, e la cui punta era stata forgiata da Efesto, ed un'armatura tutta d'oro. Sono queste le armi che Aiace Telamonio voleva e che furono invece assegnate ad Ulisse.
PRIAMO
Figlio di Laomedonte ricevette il trono di Troia grazie ad Eracle. Priamo ebbe cinquanta figli, fra cui i piú importanti Ettore il primogenito (il grande guerriero eroe troiano), Paride (l'arciere che uccise Achille),e cinquanta figlie tra cui Cassandra (la profetessa incompresa). Egli assistette alla guerra di Troia e alla disfatta della sua cittá.
TALIA
Era una delle nove Muse, divine ispiratrici di arte poetica, canora e musicale. Talia era la musa della poesia satirica (perció il Foscolo la presenta come ispiratrice del Parini).
TIDIDE (Diomede)
Personaggio omerico dell'Iliade, figlio di Tideo, fu uno degli eroi greci nella guerra di Troia.
ULISSE(Odisseo)
Ulisse, re di Itaca, noto per la sua astuzia, decise di fingersi pazzo per non partecipare alla guerra di Troia ma i re greci Agamennone e Menelao con uno stratagemma scoprirono che era sano. Durante il ritorno da Troia vagó per 10 anni nei mari del Mediterraneo afflitto da varie sventure. Dante Alighieri rivisita il mito di Ulisse narrandone l'ultimo viaggio, nel quale varcò le Colonne d'Ercole affacciandosi sull'Atlantico. In Dante, Ulisse appare come il simbolo dell'umana inesausta sete di conoscenza.
Collegamenti dell'Ortis con i Sepolcri
SINTESI DELL' OPERA
Ultime lettere di Jacopo Ortis è un romanzo epistolare in cui sono raccolte le lettere che Jacopo avrebbe indirizzato all'amico Lorenzo Alderani (in cui si deve ravvisare con ogni probabilità l'amico del Foscolo Giovan Battista Niccolini) il quale dopo il suicidio del giovane le avrebbe pubblicate per rendere omaggio alla virtù dell'infelice amico. Protagonista del romanzo è l'immagine del Foscolo più vero, degli anni tra il 1797 e il 1802, anni densi di amori tempestosi e di peregrinazioni attraverso l'Italia contesa dagli stranieri. Doppia è la passione di Jacopo: a quella politica si affianca quella amorosa, prima motivo vivificante, poi elemento che affretta la catastrofe. Quando disperazione amorosa e delusione politica si saldano, Jacopo risolve di morire: il suicidio, che è annunciato al principio e realizzato alla fine del romanzo, è insieme rifiuto di una realtà divenuta insopportabile e unica soluzione, estrema possibilità di proclamare i propri ideali.
(v. 5)
Cfr. l'Ortis:" Io salutava ogni passo la famiglia de'fiori e dell'erbe", dall'ampia e commossa lettera del 20 novembre, in cui si intrecciano diversi motivi: la scoperta dell'armonia del creato nella varietà dei suoi aspetti, in cui si placano le disarmonie della vita; l'infelicità di Teresa e l'affinità spirituale dei due giovani e insieme l'estraneità di Odoardo; la commozione di fronte alle tombe dei grandi.
(vv. 17-23)
Per quanto riguarda il concetto della natura naturante, che tutto trasforma, cfr. la lettera del 13 maggio dell'Ortis: "La materia è tornata alla materia; nulla scema, nulla cresce, nulla si perde qua giù; tutto si trasforma e si riproduce". Partendo dal sensismo e dal materialismo settecenteschi Foscolo approda ad una concezione pessimistica e fatalistica della vita; essa è soltanto movimento della materia, di essa si può soltanto descrivere la fenomenologia che lega, deterministicamente, le sensazioni alle idee più complesse, ma essa non ha un fine, un perché, una causa. Il moto perenne della materia, che tutto trasforma è dunque illuminato e giustificato da una luce razionale. E, naturalmente, in questo mondo senza ragione e senza speranza si rivelano falsi tutti i grandi ideali degli uomini: la libertà, la giustizia e così via.
(vv. 49-50)
Ricorda un brano dell'Ortis: "Geme la Natura perfin nella tomba, e il suo gemito vince il silenzio e l'oscurità della morte", dalla lettera del 25 maggio. Essa descrive la Natura e la morte. La prima è, a volte, vista nella sua ineffabile bellezza tratteggiata come madre consolatrice; altre volte rappresentata nella furia dei suoi elemennti, oscura nemica. Il motivo della seconda si esprime invece attraverso il mito della tomba natia, confortata dal pianto degli amici, tema costante della poesia foscoliana.
(v. 66)
L'ambientazione è quella dell'Ortis: la lettera del 4 dicembre infatti dice: "Ier sera dunque io passeggiava con quel vecchio venerando nel subborgo orientale della città sotto un boschetto di tigli". Jacopo Ortis andato pellegrino per le varie regioni d'Italia, nella vana ricerca di un qualcosa per cui la vita meritasse veramente di essere vissuta, a Firenze visita nella chiesa di Santa Croce le tombe dei grandi italiani, e a Milano incontra il Parini con il quale discute delle sorti della patria. La lunga lettera che descrive questo incontro è interessante per diversi aspetti: anticipa un passo dei Sepolcri, tratteggia un ritratto sdegnoso del Parini che avrà fortuna nel Risorgimento e chiarisce le posizioni politiche di Foscolo subito dopo Campoformio.
(vv. 142-144)
Ricorda un passo già citato dall' Ortis: in questo romanzo il Foscolo, anche se a piccoli tratti, descrive Odoardo come l' anti-Jacopo e l' anti-Foscolo. Mentre Jacopo brucia se stesso in azioni impossibili, Odoardo "mangia, beve, dorme, passeggia e tutto con l' oriuolo alla mano"; diventa cioè il simbolo di una società che, tutta intenta al guadagno e al successo, non sentiva generosi ideali come quello di patria , e considerava il matrimonio come una "sistemazione"; una società che Ortis-Foscolo fortemente disprezzava e che Jacopo così descrive nel suo girovagare per l'Italia "Dappertutto [...] volgo di nobili, volgo di lettori, volgo di belle, e tutti sciocchi, bassi, maligni; tutti", dalla lettera Padova...; (scritta tra l'11 dicembre e il 23 dicembre).
(vv. 182-183)
Nel suo vagabondare Jacopo perviene a Genova e poi a Ventimiglia, da dove descrive il 19/20 febbraio l'esperienza vissuta sulle sponde del fiume Roja. Qui contemplando lo spettacolo maestoso delle Alpi si immerge in amare e desolate meditazioni, che dalla tragedia d' Italia si allargano al destino dei popoli e degli uomini, tutti fino all' eterne e incessanti vicende del cosmo. In questa lettera inoltre, il Foscolo conforme alla visione giacobina della storia e al suo particolare sentire, non mostra simpatia per la romanità signora del mondo. Si può poi vedere come ne I Sepolcri si esaltino, appunto, più i vinti che i vincitori: Aiace e non Ulisse, Ettore piuttosto che Achille.
Dei Sepolcri e i Sonetti
Nei Sonetti vi è un'altissima intensità espressiva, tipica della sensibilità preromantica. Vi è la formulazione di un desiderio di conoscere che cosa e come salvare dalla distruzione del tempo. Nei "Sepolcri" il Foscolo usa la tecnica poetica dello sviluppo per associazione delle immagini che si può riscontrare già nei sonetti A Zacinto, Alla sera, In morte del fratello Giovanni.
A Zacinto
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fèa quell'isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l' ìnclito verso di colui che l'acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio,
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro avrai che il canto del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Riemerge in "A Zacinto" il tema della tomba e degli affetti familiari dispersi che si riannodano sul sepolcro. Dalle tombe affiora il tema dei ricordi: il monumento sepolcrale, che è ormai inutile ai morti, assume un senso di giovamento per i vivi in quanto desta affetti virtuosi lasciati in eredità dalle persone dabbene. Solo i malvagi che si sentono immeritevoli di memoria, non la curano. Senza tomba, senza cioè un sepolcro individuale su cui possa piegarsi l'amore dei posteri, giace Parini, definito il sacerdote di Talia, la musa della poesia satirica. Parini fu seppellito nel cimitero di Porta Comasina e la sua tomba andò perduta perché, secondo l'Avviso del 1787, l'epitaffio fu appoggiato al muro di cinta e non sul sepolcro del poeta. In questi versi il Foscolo lamenta che la tomba del Parini non potrà svolgere la funzione di ispirare altri ingegni.
Con una transizione per contrasto, come in "A Zacinto", il poeta introduce la sua pensosa figura. In questo sonetto, le dolenti riflessioni foscoliane ritornano in un'atmosfera tutta intessuta di echi della poesia classica e assumono un significato universale, che si esprime con un' intensità e una profondità di accenti, la cui forza comunicativa è moltiplicata dall' originalissima struttura della breve lirica. L'attacco è improvviso e la congiunzione negativa sembra far emergere alla coscienza il frutto di una lunga e desolata meditazione sul proprio destino.
"Itaco" è riferito a Ulisse, che peraltro in quanto "astuto" e "favorito" è ben diverso dall'eroe "bello di fama e di sventura" di "A Zacinto". La "poppa raminga" è quella della nave di Ulisse errante per i mari: ritorna, di sfuggita, l'Ulisse col suo "diverso esiglio" di "A Zacinto".
Qui, come Omero cantò l'esilio di Ulisse e il suo ritorno, così il Foscolo canta il proprio esilio e il proprio non ritorno. Una volta effettuato questo sdoppiamento e fatta l'analogia tra "illacrimata sepoltura" e ricerca di Itaca per Ulisse, il Foscolo identifica nell'"illacrimata sepoltura" il tema della tomba come ricordo dei vivi.
Alla sera
Forse perché della fatal quïete
tu sei l immago, a me sì cara vieni,
o sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zefferi sereni,
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all'universo meni,
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier sull'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch' entro mi rugge.
Materialisticamente, la morte è un reimmergersi nel moto infinito e immemore della materia. Il Foscolo nega ogni trascendenza e riafferma il proprio materialismo: la materia ritorna materia, il tempo cancella tutto.
Nel primo verso del sonetto "Alla sera", si denota un'amara meditazione sulla morte, assegnata dal fato, alle affannose vicende dell'uomo. Qui il poeta desidera associare alla sera l'immagine della morte nello stesso modo in cui nei "Sepolcri" usa il termine "sonno della morte". Vi è una chiara analogia nell'associare alla fine della vita un'immagine di pacatezza e tranquillità.
In morte del fratello Giovanni
Un dì, s' io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, mi vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de' tuoi gentili anni caduto.
La madre or sol, s' io dì tardo traendo,
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo;
e se da lunge i miei tetti saluto,
sento gli avversi Numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch' io ne tuo porto quïete.
"Era rito classico de' supplicanti e de' dolenti sedere presso l' are e i sepolcri" (Foscolo), offrendo goccia a goccia il latte. La parola "sedea" richiama chiaramente l'immagine confidente di "In morte del fratello Giovanni". In entrambi i casi si desidera addolcire un'immagine e diffondere un senso di pacata mestizia.
CORRENTI IDEALI
AGNOSTICISMO
Sebbene nel testo il Foscolo non appaia direttamente agnostico, si notano a tratti spunti in tale direzione: come nel passo evidenziato, in cui il poeta esprime l'illusorietà di qualsiasi conoscenza relativa alla vita dopo la morte. Corrente filosofica che afferma che l'intelletto umano è incapace di conoscere realtà e verità nella loro essenza più intima. Dunque, l'uomo non arriverà mai a conoscere nel profondo nè Dio nè la natura. Per quanto riguarda la religione, gli agnostici, affermano che qualsiasi interpretazione teologica è incapace di definire più o meno chiaramente quanto riguarda Dio o più in generale l'inconoscibile. In effetti se fossimo consapevoli di Dio e di quanto lo riguarda, esso non sarebbe più tale. L'agnosticismo ha tre importanti sensi: il primo, agnosticismo scientifico, che considera la scienza come canone assoluto di verità; il secondo, agnosticismo filosofico, considera come massimo criterio di verità la speculazione; infine si puà parlare di agnosticismo teologico, dove fede e religione sono viste come mediatrici tra il fedele e l'approssimativa conoscenza di Dio.
ATEISMO
In questo passo Foscolo evidenzia la sua concezione ateistica riguardo alla possibilità di trovare in un aldilà inesistente la pace sperata. Secondo l'etimologia greca, ateismo significa negazione di Dio. Nella storia della filosofia, il termine è stato attribuito ad ogni concezione del mondo che in qualche modo rifiutasse l'esistenza della divinità. Platone, nella sua opera intitolata Le leggi, considera come principale forma di ateismo quella materialistica. Atea si suole considerare anche la filosofia di Epicuro, ispirata al materialismo di Democrito, secondo la quale le divinià, se anche esistono, non si curano delle cose dell'uomo. E' stato spesso accusato di ateismo anche il Panteismo, cioè l'identificazione di Dio col mondo.
ILLUMINISMO
Questa locuzione poetica ben esprime l'adesione del Foscolo ad una visione disincantata dell'esistenza, propria dell'Illuminismo, movimento filosofico razionalistico che accetta solo ciò che può essere scientificamente provato. Nascendo, si impone di illuminare l'epoca buia e corrotta nella quale era caduta l'umanità'. Gli illuministi si proponevano di agire eliminando i condizionamenti delle verità dimostrate in precedenza secondo criteri empirici, servendosi di proprie teorie originate da numerose ricerche. Essi affermavano inoltre che la morale dell'uomo dipende unicamente dalla ragione, e che le forme usuali della religione altro non erano se non un imbroglio basato sulla mancanza di ragione. Secondo Kant: "L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sè stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro... Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! E' questo il motto dell'Illuminismo."
MATERIALISMO
Passo che sottolinea il materialismo del Foscolo in quanto considera come unici elementi assoggettatori delle cose, il tempo ed il moto con l'esclusione di qualsiasi intervento sovrannaturale o ultraterreno. Il materialismo è quell'indirizzo filosofico che afferma la primarietà e originarietà della materia rispetto allo spirito e alla coscienza in genere; in antitesi all'idealismo, ritiene che la verità della conoscenza consista nell'adeguazione o corrispondenza del pensiero alle cose esistenti. Fondamentalmente, il materialismo à suddiviso in tre distinti tipi di pensiero: materialismo meccanicistico, materialismo evoluzionistico, materialismo dialettico. Per il Foscolo si parla di materialismo meccanicistico in quanto la materia è considerata come una sostanza dotata di interne proprietà meccaniche. In questo senso i processi più complessi (biologici, psicologici, sociali), vengono considerati come semplici processi meccanici; tutte le facoltà intellettuali vengono spiegate come modi d'essere e d'agire nell'organizzazione della materia.
MECCANICISMO
Con il termine "moto" Foscolo si riferisce alla legge meccanica universale alla quale tutti i fenomeni naturali sono sottoposti (compresa la morte). E' il Meccanicismo, che in filosofia indica quelle dottrine che riconducono la spiegazione di tutti i fenomeni, naturali e psicologici, allo schema di leggi per l'appunto meccaniche, ciò invariabili e determinate. Esempi classici di materialismo nella storia del pensiero sono le dottrine atomistiche dell'antichità (Democrito, Epicuro, Lucrezio), il materialismo settecentesco (D'Holbach). In generale meccanicista, poi, è la cosmologia da cui nasce, nel '600, la scienza moderna: meccanicisti sono Galilei, Newton, Boyle. Il concetto di meccanicismo implica, di fatto, una visione materialistica del mondo, contro una visione comunque spiritualistica. Il meccanicismo, comunque, non esclude necessariamente l'idea di una finalità operante nella natura, ed a questo proposito è opportuno distinguere tra il meccanicismo classico, che asserisce la genesi fortuita del mondo, e il meccanicismo della scienza seicentesca, che attribuisce il disegno del meccanicismo cosmico all'intelligenza e provvidenzialità divine. Per questo, Newton e Boyle, pur condividendo i principi e i metodi di una filosofia naturale meccanicistica e atomista, potevano tuttavia accettare i dogmi fondamentali del cristianesimo rivelato.
SENSISMO
Un altro degli elementi ideologici settecenteschi presenti nel Foscolo è il sensismo, che è richiamato in questi versi. Si tratta di una dottrina della conoscenza che non solo nega, alla maniera dell'empirismo, l'esistenza di principi conoscitivi che non siano derivati dall'esperienza, ma pone come sola fonte del conoscere la sensazione. E' importante puntualizzare la distinzione che viene fatta dai sensisti tra le sensazioni e le riflessioni, dal momento che le prime sono spontanee ed estremamente soggettive, mentre le seconde sono in un certo qual modo condizionate ed indotte dal contesto nel quale avviene una certa esperienza. L'opera sensistica per eccellenza resta comunque il "Traitè des sensations" (Trattato delle sensazioni, 1754) di Condillac, nel quale è descritta la graduale genesi delle varie facoltà dell'animo a partire dalla sensazione.
MITO
Il mito è per il Foscolo, insieme con la storia e con la tradizione, un mezzo al quale ricorrere per fare dei sepolcri un messaggio etico-politico, un carme, cioè, che sia una testimonianza della storia, della politica, della morale del proprio tempo, che abbia il compito di formare la coscienza nazionale.
RELIGIOSITA'
La religiosità del Foscolo si limita alla grande fede che il poeta ripone nella mente umana e nella forza della ragione. Se i "Sepolcri", infatti, affermano sia dall'inizio l'inutilità e l'infondatezza di qualsiasi tipo di religione rivelata, in realtà poi, Foscolo fonda una sorta di "religione della tomba".
ILLUSIONE
Grazie alle illusioni l'uomo è in grado di rendere meno dura la propria esistenza, in quanto rielabora dal punto di vista emozionale ciò che la ragione rende inaccettabile. Il passaggio dall'illusione al mito si ha nel momento in cui il Foscolo fonda la propria religione (laica) della tomba.

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