Francesco Petrarca

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura
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Testo

Nasce il 20 luglio 1304 ad Arezzo, da Eletta Canigiani e ser Pietro detto Petracco, notaio fiorentino costretto all’esilio nel 1302, dopo il colpo di stato dei guelfi di parte nera, insieme a tutti i principali esponenti di parte bianca, tra cui Dante. Nato esule, nutre un ambiguo rapporto nei confronti della patria, elevandola a mito letterario ed esistenziale, ma considerandosi estraneo. Nel 1307, dopo il trasferimento della famiglia a Incisa, località lungo il corso dell’Arno a una ventina di chilometri a sud-est di Firenze, nasce il fratello Gherardo, che costituirà per lui un modello di riferimento negli anni della giovinezza e della maturità. Nel 1311 il padre si unisce a Pisa agli esuli fiorentini nella speranza di ottenere il rientro in patria con l’appoggio di Enrico VII. Nel 1312 la famiglia decide di trasferirsi ad Avignone, dal 1309 sede del papato. A Carpentras inizia lo studio delle discipline del trivio (grammatica, retorica e dialettica), conosce Guido Sette, futuro arcivescovo di Genova. Nel 1316 si trasferisce a Montpellier per seguire gli studi di diritto. Nel 1318 muore la madre. Due anni dopo parte per Bologna per studiare giurisprudenza con Gherardo e Sette. Lì conosce e studia la tradizionale lirica in volgare, approfondisce la letteratura latina con maestri come Bartolomeo Benincasa e Giovanni del Virgilio. Nel 1326 muore il padre ed entra al servizio del vescovo Giacomo Colonna. Abbandona gli studi giuridici per dedicarsi alle lettere, incoraggiato dalle possibilità di viaggi, contatti ed esperienze che l’impiego dai Colonna gli offre. Il 6 aprile 1327 incontra nella chiesa di Santa Chiara d’Avignone Laura; questo evento, reale o mitico-simbolico, influenza l’attività di intellettuale, scrittore e uomo. All’inizio degli anni trenta, dopo aver preso gli ordini minori, entra al servizio del cardinale Giovanni Colonna e si trasferisce con lui a Lombez, sui Pirenei; nel 1333 è a Parigi, Gand, Liegi (dove riscopre alcune orazioni perdute di Cicerone), Aquisgrana, Colonia e Lione. Nel 1336 invia due lettere di esortazione a papa Benedetto XII per il ritorno a Roma. L’escursione sul monte Ventoso con Gherardo coincide con l’inizio di una profonda crisi interiore. Nel 1337 soggiorna in casa Colonna e riflette sul destino e sulla condizione di Roma, maturando la propria coscienza di intellettuale che alle lettere affida il compito di promuovere un riscatto morale e civile. Nel 1340 riceve l’offerta dell’incoronazione poetica da Parigi e Roma. Nel 1341 parte per Napoli dove si sottopone all’esame di re Roberto d’Angiò. Nel 1343 Gherardo si fa monaco certosino: dal confronto tra la propria condotta di vita e quella del fratello, ha origine in lui la crisi di coscienza che lo converte a una più alta forma di esistenza, in cui la fede cristiana è sostenuta da apporti filosofici di matrice platonica e stoica. Nasce la figlia secondogenita Francesca, di cui non ci è nota la madre (così come non ci è nota quella del primogenito Giovanni, nato nel 1337). Nel 1344, su incarico del cardinale Colonna, è a Napoli per studiare la situazione dopo la morte di re Roberto; nel 1345 è a Parma, da dove riesce a fuggire allorché i Visconti di Milano e i Gonzaga di Mantova stringono d’assedio la città. Nel 1347 è a favore di Cola di Rienzo che tenta di restaurare a Roma l’antica repubblica; nell’Hortatotia è evidente che scorge la possibilità di coniugare antichità e passato, cultura e politica, affidando all’intellettuale un ruolo di primaria importanza. Il fallimento di Rienzo gli provoca una forte delusione anche perché, per sostenere il tribuno, viene in dissidio con i Colonna. Nel 1348 la peste nera miete persone care al poeta, come Laura, Giovanni Colonna. A Parma è sotto la protezione di Luchino Visconti e ottiene la nomina di arcidiacono della cattedrale. Nel 1349 viaggia alla volta di Parma, Verona, Treviso, Venezia. Nel 1350 si reca a Roma per le celebrazioni del giubileo e fa tappa a Firenze, dove conosce di persona Boccaccio; tra i due, legati da profonde affinità intellettuali, nasce un sodalizio duraturo negli anni e inaugura un nuova epoca nei rapporti tra uomini di cultura. Nel 1351 ritorna ad Avignone ma i difficili rapporti con Innocenzo VI e l’imbarazzante presenza di Rienzo, imprigionato lì dopo il fallimento, lo inducono ad abbandonare la Francia. Nel 1353 si stabilisce a Milano presso i Visconti, incurante dello scandalo che questa scelta diffonde tra gli amici di Firenze e dell’espansionismo visconteo verso la Toscana. Nel 1362 la peste colpisce la città uccidendogli il figlio Giovanni e si trasferisce a Venezia, dove ottiene dal senato della repubblica la disponibilità di un palazzo presso la Riva degli Schiavoni, in cambio della donazione della sua biblioteca, che costituisce il fondo della Biblioteca Marciana. Nel 1365 soggiorna a Bologna e a Pavia, a Padova stringe amicizia con la famiglia Carrara, che gli dona la località di Arquà, sui Colli Euganei, dove si stabilisce nel 1368 con la figlia Francesca, il genero e i nipotini. Qui muore nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1374.

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