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Testo
FRANCESCO PETRARCA
LA VITA
Nato ad Arezzo il 20 luglio 1304 da ser Pietro e da Eletta Canigiani. In principio veniva chiamato Petracchi, ma poi giunto alla fama fu chiamato Petrarca. Anche lui fu esiliato.
La prima infanzia la trascorse ad Incisa, dove nel 1307 nacque Gherardo. Studiò grammatica e retorica sotto la guida di Convenevole da Prato. Dal 1316 al 1320 studiò all’Università di Montpellier diritto, poi tra il 1320 e il 1326 studiò a Bologna diritto. Nel 1318-1319 morì la madre e per il dolore scrisse il primo componimento poetico in latino. Nel 1326 tornò ad Avignone in seguito alla morte del padre.
Da quel giorno visse alla corte papale insieme al fratello, dove poté dialogare in latino ed essere ammirato per la sua profonda conoscenza dei classici. Riportò con poesie in volgare la lirica amorosa là da dove era partita: in Provenza. Con le brigate cortesi Francesco incontra Laura, proprio il venerdì santo, il 6 aprile 1327. Il venerdì santo probabilmente è una data simbolo, poiché nel giorno della morte del Cristo, lui ha trovato l’amore. Laura probabilmente non è mai esistita, o se è esistita era sposata con un de Sade.
Consumò rapidamente il patrimonio paterno, e così, avendo preso i voti minori, diventò cappellano dal cardinale Giovanni Colonna, dal quale restò fino al 1337, saltuariamente fino al 1347. Essendo chierico riceveva denaro dalla chiesa.
Negli anni ’30 si affermò come poeta e viaggiò per l’Europa del nord, incontrò il frate agostiniano Dionigi di Borgo San Sepolcro che gli regalò le Confessiones di S. Agostino. Fece inoltre un viaggio a Roma.
Nel 1337 gli nacque il primo figlio naturale, Giovanni, e nello stesso tempo acquistò una casa a Valchiusa (Vaucluse), dove preferì abitare piuttosto che ad Avignone. In quella casa cominciò le sue opere latine come l’Africa, recatosi a Napoli fu esaminato da re Roberto d’Angiò e a Roma fu incoronato poeta con l’alloro dal senatore Orso dell’Anguillara.
Tra il 1341 e il 1342 si fermò a Parma, ma il successo datogli dall’incoronazione fu solamente illusorio. Negli seguenti gli morirono molte persone care, e decise inoltre di sottrarsi alla corrotta Avignone, e cominciò ad amare l’Italia. Nel 1342 Gherardo diventa monaco nella certosa di Montrieux. Alla fine del 1343, anno in cui nacque Francesca, si recò a Napoli con incarichi diplomatici e poi a Parma, ma dovette fuggire e rifugiarsi a Verona, dove nella biblioteca capitolare scoprì le lettere di Cicerone ad Attico, Bruto e Quinto. Tra il 1345 e il 1347 a Valchiusa lavorò al De vita solitaria e altre opere.
Petrarca sperò molto in Cola di Rienzo, ma quando il tribuno fu sconfitto gli rimase solo una grande delusione.
Nel 1348 scoppiò la peste nera e venne a sapere che proprio il 6 aprile di quell’anno Laura era morta. Nell’aprile del 1349 ottenne un canonicato a Padova e nell’autunno del 1350 si recò a Roma per il giubileo. Durante il viaggio soggiornò a Firenze dove conobbe Boccaccio.
Francesco sentiva sempre più stretti e intrigati gli ambienti papali, e pensava che solo un’alta carica burocratica gli avrebbe concesso il successo desiderato. Cresceva intanto l’amore per l’Italia. Sperava che in Italia sarebbe potuta tornare la potenza romana, grazie a Carlo IV.
Così nel 1353, mentre passa le alpi, gli viene l’idea di scrivere un’epistola all’Italia Tellus Sanctissima. Decise di andare a vivere dal vescovo Giovanni Visconti per garantirsi l’individualità.
Dal 1353 al 1361 visse a Milano e parte una missione diplomatica nel 1354 a Mantova, nel 1356 a Praga entrambe le missioni per incontrare Carlo IV; e nel 1361 a Parigi per incontrare il re di Francia.
Nel 1362 si reca a Venezia dove ha una casa in cambio della sua ricca biblioteca personale. Fino al 1368 la sua vita torna irrequieta con continui viaggi tra Venezia, Padova e Pavia. Si stabilisce poi a Padova, presso Francesco da Carrara. Poi ad Arquà gli viene donato del terreno e una casa dove abita fino dal 1370 in poi, e dal 1371 anche la figlia Francesca. Per aiutare l’amico Francesco da Carrara fa da diplomatico tra Venezia e Padova, ma ormai è stanco e vecchio e non gode di buona salute, così nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1374 muore d’infarto ad Arquà.
Petrarca filologo e umanista
Possiamo definirlo come un’umanista data la sua passione per i classici. Ed è proprio grazie alle lettere che si garantisce un rapporto profondo con gli uomini classici. Petrarca sa che non deve imitare un unico autore latino, bensì saper cogliere le cose migliori da ognuno e saperle riutilizzare, come l’ape fa con i fiori. Petrarca rivede come ogni attimo che vive sia stato vissuto anche dai classici, ma come la virtus romana è caduta d’audience, poiché non c’è nessuno degno di capire quei letterati. Spera che con la ricerca dei testi classici e con la loro ricostruzione, nella loro originalità al di là delle deturpanti trascrizioni, si possa tornare all’antico splendore di Roma. L’umanesimo di Petrarca si trasforma in filologia che si eleva ad un tale livello che si confronta con molti studiosi, tra cui molto francesi. Con la sua iniziativa rinasce l’amore per la classicità. Petrarca scopre e copia molti manoscritti rimasti dimenticati in qualche biblioteca medievale. Questi andranno a formare la sua biblioteca, piccola ma molto preziosa.
Lo scrittore di fronte alla società contemporanea
Contrario alle sue radici comunali, è molto diverso dai suoi contemporanei. La sua formazione ad Avignone lo mette subito di fama mondiale. Vive la religiosità meccanicamente quando ha funzioni da chierico. Questo lo rende diverso dai poeti laici (Dante) e da quelli religiosi del Medioevo, strettamente legati ai loro ordini, cosa che non era Petrarca. Dovendo preoccuparsi saltuariamente dei suoi doveri di chierico e avendo comunque una rendita può dedicarsi al mondo dei dotti che s’identifica come l’intera comunità europea. Ad ogni modo Petrarca cerca una patria tranquilla, che riconosce nell’Italia, culla della letteratura latina. Purtroppo non può fare molto per i suoi ideali di civiltà umana, così aiuta coloro che lo aiutano economicamente o culturalmente. Naturalmente i rapporti di Petrarca col mondo socio-politico sono più che altro di difesa della sua vita intellettuale: Petrarca non si fida molto dei signori. Solo gli amici sono degni di fiducia e sono anche i destinatari delle sue lettere poiché molto dotti.
La filosofia del Petrarca: l’umanesimo cristiano
Petrarca preferisce le filosofie che guardano all’interiorità dell’essere umano piuttosto che a una conoscenza globale. Petrarca si sente diviso tra la sua passione classica e la sua cristianità, ma supera tutto ciò: Cicerone gli offre la sintesi della moralità romana, Seneca gli spiega la coscienza dell’uomo, e con entrambi conosce la stoicità. Tutto questo lo porta a pensare che il pensiero classico continua col pensiero cristiano. Abbraccia la filosofia di sant’Agostino che gli insegna a indagare nei meandri della coscienza umana. Anche con la maturazione dell’intelligenza filosofica del Petrarca vediamo che la virtus e le humane litterae sono i due fondamentali su cui si basa.
Per cui Petrarca vive la sua religiosità come un Dio che dona pace.
Le raccolte epistolari
Le lettere dei Petrarca non sono spontanee, bensì sono pensate per glorificarsi ulteriormente, con molta cura nella parte letteraria. Molte lettere sono state scritte e riviste più volte.
La maggior parte delle lettere è stata posta nella raccolta Rerum familiarium libri. Sono 350 lettere suddivise in 24 libri, questa raccolta fatta nel 1366. 19 lettere politiche furono estromesse e raccolte in Sine nomine, cioè senza il nome del destinatario. Altre epistole furono scartate e raccolte poi in Variae dopo la morte del poeta. Nel 1361 cominciò un’altra raccolta Rerum senilium libri, che voleva concludere con una grand’epistola ai posteri: Posteritati. Purtroppo rimase incompiuta e si fermò ai fatti del 1351.
La differenza tra le Familiares e le Seniles è di contenuto, anche se viene sempre e comunque trattata la persone dell’autore. La conversazione è sempre colta e altamente morale. C’è molta varietà tematica, la difesa della poesia, la difesa del mondo antico, la problematica politica, filosofia, religione e le proprie vicende umane e intellettuali.
L’intreccio tra la narrazione autobiografica e la religiosità e moralità e sempre molto tesa, per esempio l’epistola a Dionigi, che parla della scalata di Francesco e Gherardo Tetrarca al Mount Ventoux nel 1336. L’epistola venne scritta tra 1352-1353 e trasformò una semplice scalata su un monte nel viaggio che l’anima compie verso Dio, di quanto questo viaggio sia faticoso e pieno di ostacoli. E questo l’ha potuto ben capire grazie a una frase letta nelle Confessiones di Sant’Agostino.
Composizione e struttura del Canzoniere
Per la prima volta abbiamo un libro di raccolte organico, fatto dallo stesso autore con molta cura. Il titolo latino era “Francisci Petrarche laureati poete Rerum vulgarium fragmenta” (Frammenti di cose volgari di Francesco Petrarca poeta laureato), ma lo si conosce come Canzoniere. Sono 366 componimenti (317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate, 4 madrigali). Alcune rime vennero escluse e rimasero nella memoria come Rime extravanganti.
Il lavoro d’organizzazione durò tutta la vita nei manoscritti Vaticano latino 3195 e 3196 possiamo vedere in parte autografi e in parte copiati da Giovanni Malpaghini, le sue bozze e i suoi piani per il Canzoniere.
Il Canzoniere fu un’opera fortunata venne trascritta molte volte e la prima stampa risale al 1470 a Venezia. Se abbiamo una copia del Canzoniere ben fatta lo dobbiamo al filologo Pietro Bembo.
Il Canzoniere si apre e comincia con il primo errore giovanile, che fu l’amore per Laura, e arriva al dolore per la scoperta della sua vanità. Si tratta cioè della storia di trasformazione, di una vicenda esemplare di errore e disillusione.
La Prima parte parla dell’amore per Laura, a parte alcuni sonetti politici e dedicati ad alcuni amici.(263).
La Seconda parte tratta del disinganno avuto dopo la morte di Laura. Anche se il libro dice di no, si può anche dividere questa raccolta in rime in vita e in morte di Madonna Laura. Il libro fa da raggruppamento dei vari frammenti dell’anima del Petrarca che sono le varie rime che lui ha scritto. Il tema è sempre lo stesso: il dissidio, solo che viene affrontato con stati d’animo diversi e diverse metafore e luoghi.
La figura poetica di Laura
In Laura è eliminata ogni traccia realistica e concreta, non sono mai descritti dei suoi gesti, sembra più un simbolo che una donna. Sembra così irreale che anche dei contemporanei di Petrarca sono scettici sull’esistenza di Laura, il cui nome si può confondere con lauro, la pianta della poesia con la quale Petrarca fu incoronato poeta nel 1341. ma lui con una lettera a Giacomo Colonna ribadisce la veridicità del suo amore.
Petrarca costruì sulla figura di Laura un personale simbolismo (esempio: 6 aprile conosce Laura, 6 aprile muore Laura). Ma l’amore che prova per Laura non è salvifico come quello di Dante per Beatrice, bensì è smarrimento.
Pertrarca rievoca momenti, figure e parole che non sono state fatte o dette e che non potranno essere.
Petrarca depura l’immagine della donna: ha la pelle bianca, i capelli d’oro e tutto intorno a lei è dolce e soave.
La donna non è più come nello stil novo che salva, ma la donna è dolce nemica, che consola e distrugge. Petrarca vorrebbe staccarsi, ma non riesce perché rimane attaccato alla bellezza terrena di Laura.
Le scelte linguistiche e stilistiche
Petrarca voleva raggiungere la perfezione linguistica mai raggiunta, egli ricerca un linguaggio splendido e prezioso. Il Canzoniere ha imposto alla letteratura seguente una lingua poetica perfetta.
Petrarca vuole raggiungere la perfezione, vuole una lingua pura e assoluta, non vuole mischiare lingue di diversa provenienza. Tende verso un’equilibrata uniformità. Se il volgare di Dante è arricchito da modi di dire di molti luoghi, Petrarca vuole tendere alla lingua toscana perfetta. Pertrarca si rivolge ad un gruppo di intellettuali, capaci di apprezzare le sue finezze. Usa il procedimento della pluralità: usando aggettivi, avverbi o sostantivi simili, sinonimi o addirittura opposti arriva ad ampie e complicate combinazioni linguistiche. Ciò caratterizza il linguaggio del Petrarca.
Ma dietro a tutta questa ricercatezza linguistica c’è il desiderio di semplicità, ed è questo che affascina nel Petrarca, in cui traspare tutta la sua debolezza e il suo dissidio interiore.
Rapida lettura del Canzoniere: le liriche più celebri
Oltre alla suddivisione data dall’autore, si può suddividere il Canzoniere in 6 parti:
1. i primi 60 componimenti sono databili nei primi anni dell’attività poetica del poeta, tranne il primo sonetto introduttivo scritto tra il 1347 e il 1350. c’è rigogliosità e si vedono molti accenni agli antichi e ai miti (Laura e lauro fa riportare al mito di Apollo e Dafne). Si può vedere come il paesaggio rispecchi i dubbi e gli stati d’animo dell’autore ancora giovane.
2. dal 61esimo al 129esimo componimento. Il pirmo sonetto è dedicato al giorno in cui incontrò Laura, in modo da farlo rivivere per sempre. La figura di Laura, o meglio dei suoi occhi è ripetuta in tre canzoni. Petrarca oscilla sempre tra realtà e finzione, esalta Laura e no riesce a sottrarsi al suo ricordo.
3. dal 130esimo al 247esimo componimento. In questa sezione Petrarca condanna amore come un labirinto, però sa che è un labirinto prezioso, dal quale non vuole uscire.
4. dal 248esimo al 266esimo componimento. Raccordo tra Prima e Seconda parte. Finisce la Prima parte col presentimento che perderà Laura e così ne esalta la castità. La Seconda parte aspira alla salvezza dell’anima e capisce la vanità di beni terreni e inizia la vergogna e il pentimento.
5. dal 267esimo al 349esimo componimento. Tutte scritte in morte di Laura. Qui il poeta vuole redimersi e salvarsi. Laura viene vestita diversamente: lei è in Paradiso e apre la strada al suo amante, che non l’ha avuta in vita, e la sua sofferenza diventa il cammino di redenzione. Qui il linguaggio petrarchesco ha un potere evocativo praticamente infinito.
6. dal 350esimo al 366esimo componimento. Questa parte è rivolta all’analisi interiore, alla ricerca di una pace assoluta. E qui Laura si trasforma in immagine di conforto.
Significato storico del Petrarca
Petrarca è stato il modello essenziale per tutta la nostra letteratura. Il modello pertrarchesco consiste in una poesia che sta al di fuori del tempo e dello spazio, che si adatta a qualunque uomo di qualunque epoca. L’uomo moderno può rivedere nel Petrarca la contraddizione e il dissidio che affligge ognuno di noi.
Possiamo trovare il centro del dissidio di Petrarca nella sua astrazione concreta ed effimera, come Laura. Petrarca è in continua ricerca tra verità divina e verità terrena.
Attraverso l’amore per Laura Petrarca vuole risolvere il suo dissidio. La poesia del Petrarca vuole esaltare la bellezza effimera e ricercare una bellezza duratura, eterna. La poesia del Petrarca è quindi perfetta, ma costruita sull’amore instabile.
Petrarca odia il tempo in cui vive e la sua debolezza, vorrebbe dimenticarsi di tutto, ma Laura lo tiene ancorato al mondo.
Petrarca vuole fuggire dal suo mondo, ma anche parteciparvi al livello di alto intellettuale, questo fa di lui l’ultimo uomo del Medioevo e il primo del mondo moderno.
Nella figura di Petrarca troviamo tutta la depressione che ha caratterizzato il suo mondo.
LE RACCOLTE EPISTOLARI
L’ascesa al Mount Ventoux
La funzione dell’epistola è quella di far capire le proprie contraddizioni, sulle quali ha riflettuto a lungo prima di scrivere, o comunque a molto rielaborato.
La scalata inizia come una cosa terrena, un desiderio di bellezza più che umano. Poi però Petrarca concepisce che c’è dietro qualcosa di più grande, una sollecitazione culturale. Con la scelta del compagno che condividerà quella scalata con lui mette in luce l’irrisoluta personalità petrarchesca. La scelta di Gherardo non è così povera come la vuol fare intendere Petrarca, la personalità del fratello minore sarà determinante. Il carattere di Gherardo è schietto e coerente, nell’episodio così come nella sua conversione. Il problema della personalità di Francesco è proprio il fatto che non riesce ad intraprendere la via della virtù, troppo stretta per Francesco. Francesco poi guarda il cielo d’Italia e pensa ai suoi sbagli, di cui ora si vergogna (Ultimi 10 anni). Ma la svolta decisiva arriva dalla lettura di un passo delle Confessiones in cui Sant’Agostino spiega la contraddizione in primo luogo di Petrarca, di prestare attenzione a tute le realtà del creato e non solo a se stesso. La bravura dell’autore sta nel scrivere quest’epistola semplicemente, facendola vedere come una cosa interiore e altamente morale. Molto utile per sé.
Posteritati
Questa epistola, mai finita per la morta dell’autore, è importante perché fonda la nostra biografia tradizionale. In quest’epistola si mostra come figura dell’umanista ideale, come autodifesa dalle accuse rivoltegli per aver ceduto ai Visconti. Si descrive molto virtuoso, ammettendo alcuni sbagli fatti in gioventù, ma che l’esperienza gli vieta di rifare, come innamorarsi o cedere ai piaceri terreni. Sebbene parli di Laura come una cosa giovanile, sappiamo che andò avanti a parlare di lei anche dopo la morte, grazie al Canzoniere. Nell’epistola non parla mai delle sue opere volgari. Petrarca spiega della sua conoscenza del mondo antico e dei suoi valori, di come avrebbe voluto nascere in quell’età. Nell’epistola dice anche che l’incoronazione come poeta è stata praticamente un errore, o almeno rispetto al periodo in cui gli fu attribuita. Spiega inoltre come lui abbia continuamente cambiato città per via della sua incapacità di stare fermo, poiché anche un malato cambia posto se è il posto a farlo stare male.
CANZONIERE
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
1349-1350. È un sonetto introduttivo e spiega tutte le tappe principali: dall’amore per Laura alla scoperta della sua vanità terrena.
Con il Canzoniere Petrarca vuole rimettere in ordine i frammenti della sua anima, da qui il titolo (anima = idee). L’idea dell’anima in frammenti è ripresa da sant’Agostino.
Le rime sparse sono una metafora: non riuscì mai a separarsi dal dissidio che lo intrappolava.
Carducci diceva che invece del primo sonetto sarebbe dovuto essere l’ultimo, poiché riepiloga tutta la vita del Petrarca. Infatti petrarca si pente e vuole redimersi dall’uomo che è stato. Nel Canzoniere spiega anche il suo io.
Quartine: invocazione ai lettori.
Terzine: approfondiscono, rallentando il ritmo, la meditazione morale.
Era il girono ch’al sol so scoloraro
1352. parla del giorno in cui petrarca s’innamora di Laura. Nel secondo sonetto il poeta si arrende ad Amore, e in questo spiega com’è avvenuto il suo incontro con Laura il 6 aprile 1327 (Venerdì Santo). Nel 1327 il Venerdì Santo però era il 10. questo fa capire che Petrarca voleva dare al suo incontro con Laura un alto valore simbolico, costituendo un calendario a sé, che viene descritto nel corso del Canzoniere. La morte di Laura avviene ancora il 6 aprile 1348, perciò Petrarca voleva legare la data della morte di Cristo, dell’incontro con Laura e della morte di quest’ultima, facendo così sembrare il tutto un’opera cosmica, voluta da Dio.
Il sonetto è diviso in 4 parti quante sono le strofe. Ha un tono alto e sacro per via dell’importanza del giorno.
Movesi il vecchierel canuto e biancho
1337. Petrarca si paragona a un vecchio che stanco va a Roma a vedere il viso di Cristo sul panno della Veronica, così lui con il suo amore ricerca il viso di Laura in ogni donna.
Continua così il dissidio tra amore profano e amore sacro che è in Petrarca. Lo rende quasi blasfemo paragonando il viso del Cristo a quello di Laura.
Le quartine e la prima terzina parlano del viaggio del vecchio, e l’ultima terzina è dedicata al caso particolare del poeta. Questa suddivisione non è normale, ma anzi in qualche modo strana, poiché non segue la divisione delle strofe per far finire l’argomento trattato.
Solo e pensoso i più deserti campi
Prima della fine del 1337. no riuscendo a liberarsi del suo tormento amoroso il poeta cerca luoghi deserti, ove nessuno possa giudicarlo. È lontano dal soggetto stilnovista poiché non è sostenuto da una prospettiva filosofica, il poeta è alienato e ossessionato dal suo amore.
Non essendo razionale Petrarca non vede più niente oggettivamente, vede tutto soggettivamente: il luogo geografico rispecchia il suo stato d’animo. Tutto ciò influenzerà profondamente la sensibilità romantica.
La divisione del sonetto in quattro parti perfette, la scelta dei vocaboli e degli accenti rende tutto il sonetto molto musicale e prezioso di gravità
Benedetto sia’l giorno, e’l mese, e l’anno
Periodo avignonese. È una lauda mondana, in cui il poeta benedice il suo amore. Ripete spesso “benedetto” così come san Francesco ripeteva il “laudato”. L’io accetta volentieri il giogo datogli da Amore. Questo sonetto mette anche il luce la divisione dell’anima del Petrarca: prima non vuole l’amore adesso è contento di essere innamorato. È l’inizio di un’intermittenza psicologica che attraverserà tutto il Canzoniere. Lo stesso Canzoniere si giustifica come storia del poeta innamorato.
Lo stile del sonetto è alto e austero, ricorda le litanie; ma viene alleggerito dalle colorazioni che Petrarca gli dà mostrando varietà dell’identità, sia nella forma che nei contenuti.
Padre del ciel, dopo i perduti giorni
1338, 11 anni dall’innamoramento. Il sonetto è l’opposto del precedente, se prima era felice di avere il giogo dell’amore ora non lo è più. E così prega ardentemente Cristo, nel giorno della sua morte, di togliergli quel giogo di dosso. Qui richiede il cambiamento, simile al primo sonetto, dove però si capisce che il cambiamento è già avvenuto. Il tempo del calendario fa delle fratture ancora più angosciose nell’anima del poeta. E il Canzoniere registra il suo faticoso cammino.
In una struttura perfettamente bilanciata si trova un andamento alternato tra la prima quartina e la prima terzina, e la seconda quartina e la seconda terzina.
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
1339-1340 oppure 1342-1343. Nonostante Laura sfiorisca fisicamente per Petrarca lei sarà sempre bella come il primo giorno. Petrarca la descrive angelicamente e ricorda il pirmo incontro e l’innamoramento molto chiaramente. L’amore portato da Laura non è salvifico, bensì rinsalda ciò che Petrarca ha provato quando s’innamorò e che perdura al di là del tempo.
Il sonetto è una sintesi di tutto il Canzoniere: caratteristiche fisiche e morali di Laura, innamoramento, il tempo che fugge, la dialettica tra passato e presente e l’amore perpetuo.
Chiare, fresche e dolci acque
Ha un suo svolgimento, concentrato sulla fontana di Valchiusa e sull’affascinante presenza di Laura. Questa canzone è molto legata a quella precedente: Se’l pensier che mi strugge. Ma questo non vuol dire che sono state scritte consecutivamente. Sulla data della composizione ci sono varie ipotesi: 1341, 1343, 1345 o 1350.
Tutta la canzone è basata sulla dolce riva, i tre aggettivi iniziali sono così perfetti da far immaginare un luogo non reale. La fontana diventa così un luogo ideale, diventa il locus amoenus. Il luogo può esistere solo nella mente, poiché solo la mente umana può concepire un luogo così perfetto e bello. Più Laura non c’è più il Tetrarca la desidera, e questo lo si vede nelle descrizioni che dà di Laura: ogni sua parte è in armonia con la natura. La donna in questo caso diventa colei che trasforma i luoghi, i quali in sua presenza diventano magnifici, e il poeta per questo si esalta nella sua lacerazione. Il poeta immagina la sua morte e la venuta della donna sulla sua tomba, grazie alla morte avrà la pace tanto agognata.
Nella canzone il poeta gioca coi suoni e coi ritmi che danno un’idea altalenante. Il discorso si presenta in un tempo in cui il poeta si sente prossimo alla morte. Quel luogo presente gi fa venire in mente ricordi (passati) del corpo di Laura in quei luoghi (I^ stanza). Passa di conseguenza all’immaginazione della sua futura morte (II^ e III^ stanza), per poi tornanre al passato con l’uso dell’imperfetto (IV^ e V^ stanza). Ma alla fine fissa la propria persone in un presente eterno.
Petrarca si rifà ai classici: la natura magnifica di fronte all’inafferrabile evanescenza della realtà.
Sintetizzando:
1. il poeta chiede alla natura di Valchiusa che ha ospitato il corpo di Laura di ascoltare le sue ultime parole.
2. se dovrà morire per amore, che la sua tomba siano quei luoghi.
3. immagina la visita di Laura alla sua tomba, la quale fa commuovere Dio con un suo sospiro.
4. bruscamente torna a un ricordo di quando una pioggia di fiori si è posata su Laura.
5. quel luogo è l’unico che gli dà pace, poiché è il luogo dove Laura gli ha fatto credere di essere in cielo.
6. il congedo spera che la canzone giustamente ornata esca dal bosco e raggiunga il pubblico.
Italia mia, benchè’l parlar sia indarno
1344-1345. si può così datare perché il poeta dice di trovarsi nella Pianura Padana e che c’è una guerra tra i principi italiani che usano i soldati mercenari. È una canzone politica. Partendo da fatti realmente vissuti dal poeta arriva creare un alto componimento retorico: richiede ai principi italiani di no lasciarsi vincere da ideali di grandezza politica, ma di pensare alla cultura italiana che rischia di andare in mano ai “barbari del Nord”.
Per Petrarca l’Italia ha un grande valore: è la continuità della civiltà classica. Petrarca fa affidamento alla sua parola per dialogare coi principi, detentori del potere politico, per fargli pervenire i suoi ideali di pace per l’Italia. Purtroppo con la sua alta oratoria Petrarca diventa astratto, ma con la sua identità culturale si identifica con l’identità italiana in quei tempi lacerata.
Questa canzone diventerà la base della politica italiana, sulla quale si fonderà anche Machiavelli.
Sintetizzando le stanze:
1. è una sorta di premessa, prima si rivolge all’Italia di cui piange i dolori, e poi a Dio, chiedendogli di far ascoltare le sue suppliche ai principi.
2. d’ora in poi si rivolge ai principi, spiegando che la presenza di soldati stranieri in Italia non è un bene.
3. non capisce come i tedeschi, che i Romani avevano sterminato, siano stati chiamati dai principi ad attraversare le Alpi.
4. al contrario dei Romani, i principi si fanno aiutare dagli stranieri per annientarsi a vicenda.
5. i principi non si accorgono del dolore e dell’inganno dei tedeschi, e non dovrebbero sentirsi inferiori perché di sangue latino.
6. i principi dovrebbero aver più amor patrio, in modo da sbarazzarsi dei barbari.
7. spiega come la vita sia breve e come dovrebbe essere rivolta a fare del bene.
8. il congedo mete in guardia la canzone che passerà anche per mani superbe, ma anche per mani magnanime alle quali porterà il desiderio di pace.
Ci sono altre due canzoni dedicate all’Italia: In quella parte dove amor mi sprona e Di pensier in pensier, di monte in monte; che fanno da intermezzo, per cambiare argomento e non pensare all’amata, ma ai problemi di tutti.
Pace non trovo, e non ò da far guerra
1345-1347. Riassume il dibattito del poeta innamorato. Il poeta si sente votato alla distruzione poiché lui odia e ama allo stesso tempo. È un continuo innalzarsi e abbassarsi per amore. I primi otto versi sono intrecciati come nei sonetti pre-stilnovistici in modo che ci sia un’idea di coppia come la coppia: amore-odio.
Passa la nave mia colma d’oblio
1342-1343. usa la metafora della nave come vita umana: la nave attraversa una brutta tempesta, così la sua rottura allegorica con Laura.è l’ultimo della prima parte ed è di carattere pessimistico, come lo si può capire dalle caratteristiche climatiche (inverno) e dai luoghi mitologicamente negativi (Scilla e Cariddi).
La composizione raggiunge effetti di notevole solennità, grazie a immagini efficaci. Scandito in quattro vigorose parti.
La vita fugge, e non s’arresta una hora
1348-1357. ricorda la fuggevolezza della vita, del ricordo e della speranza, quindi la sua vanità. Pensa che come la donna è morta anche lui potrà trovare pace solo nella morte. L’anima innamorata ha perciò un momento di smarrimento.
Sentenzia il dolore per la morte dell’amata e la stanchezza di cercare una pace interna. Stile piano e uniforme, intonato alla riflessività del momento.
Zephiro torna, e’l bel tempo rimena
Primavera 1352. il poeta non si spiega come il bel tempo possa tornare dopo la morte della sua amata. Ma la cosa più triste per il poeta è che in questo periodo ricorre la cosa per lui più importante: il suo innamoramento. La morte di Laura mostra come le cose siano fuggevoli e così l’idillio di Petrarca si trasforma in dramma.
Stile piano e raffinato, messo in risalto dalla costruzione paratattica.
Quel rosignuol, che sì soave piagne
Contemporaneo del precedente e forma con esso una coppia tematica. Si rifà al classico Virgilio con l’usignolo, che piange la perdita della famiglia. La natura mostra affinità con lo stato d’animo del poeta.
È melodioso come il canto dell’usignolo, è grave e i nessi consonantici delle quartine e la lunghezza della prima immagine danno senso di tristezza.
Vergine bella, che di sol vestita
Canzone, scritta durante gli anni Sessanta. È la conclusione del Canzoniere, e con questa Petrarca vuole ritrattare la tematica amorosa con il pentimento, chiedendo alla Vergine di aiutarlo ad avere la grazia da Cristo. La Vergine è la femminilità salvifica, la parte buona della femminilità. La preghiera come, nella Divina Commedia conclude il tutto, e Petrarca tiene conto del culto Mariano.
Questa canzone si rifà al primo sonetto, di cui riprende la prima lettera V. la parola Vergine, viene ripetuta 21 volte. E 21 sono gli anni che Laura ha resistito all’amore del Petrarca. Petrarca adora la Madonna con il sostegno di attributi biblici e classici. Le prime sei stanze sono quindi dedicate alla lode della Vergine. Il resto è un’invocazione alla Madonna che lo assista sulla via del pentimento e racconta la vicenda amorosa del poeta.
Stanze:
1. Prima invocazione e richiesta di soccorso.
2. La Vergine del Soccorso offre consigli e piani.
3. Scelta da Dio per salvare l’umanità e rendere degni di grazia.
4. Lei è madre, sposa e figlia piena di grazia.
5. Può rendere gioiosa la vita del poeta e portarla a buon fine.
6. Governi il poeta nella sua vita tempestosa.
7. Ricorda la vita errante, l’amore per Laura e si sente vicino alla morte.
8. Ricorda che Laura è terra e vuole che il suo dolore finisca.
9. Chiede di non essere abbandonato e che il suo pianto sia ora devoto.
10. Rivolgerà alla Vergine i suoi pensieri, prima rivolti all’amata.
11. Congedo: aspira alla morte e alla pace finale.
Petrarca vede nella sua ultima composizione del Canzoniere la tragicità della poesia. La Vergine è la salvezza personificata. Lei che concede pace e grazie fa sì che il libro pieno di sospiri si concluda nella pace estrema.
il pensiero di francesco petrarca