Petrarca

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura Italiana

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Testo

1 INTRODUZIONE
Petrarca, Francesco (Arezzo 1304 - Arquà, Padova 1374), poeta italiano, uno dei più grandi lirici della storia, che portò a perfezione stilistica la forma poetica del sonetto. Ebbe un ruolo di primo piano nello sviluppo del volgare come lingua letteraria ed esercitò per secoli un'influenza determinante su numerosi autori, non solo italiani.
Questa miniatura illustra un esemplare quattrocentesco delle Rime e trionfi di Francesco Petrarca, e raffigura il poeta intento a scrivere nel suo studio. La grandezza di Petrarca supera i confini della letteratura italiana, e pone l'autore trecentesco fra i maggiori poeti dell'Occidente. La lirica europea è rimasta a lungo legata all'esempio dei sonetti che compongono il Canzoniere: l'imitazione del loro stile e del loro lessico diede origine al fenomeno del petrarchismo.
2 LA VITA
Nel 1312 si trasferì con la famiglia ad Avignone, da sette anni nuova sede della corte papale, vivace e raffinato centro di cultura. Nella città provenzale Petrarca avrebbe conosciuto la donna ispiratrice della sua poesia, Laura, della quale tuttavia non si sa quasi nulla. Rimasto presto orfano, per risolvere la situazione economica della famiglia abbracciò la carriera ecclesiastica: per parecchio tempo fu cappellano presso il cardinale Giovanni Colonna, al seguito del quale compì numerosi viaggi, in Italia (dove lo colpirono soprattutto le antichità romane) e in Europa (Parigi, Liegi, Colonia).
La sua fama di poeta e studioso si diffuse: nel 1341, a Roma, fu incoronato poeta in Campidoglio. Ma fu proprio in seguito a questo riconoscimento che maturò l'insoddisfazione di Petrarca, sempre più colpito dalla distanza che separava i suoi ideali fondati sulla cultura e sui classici dalle amare esperienze della vita, segnata anche dalla morte di persone a lui vicine. Trovò conforto nei ritiri sempre più frequenti a Valchiusa, in Provenza, dove studiava e lavorava. Ciononostante aumentarono i viaggi in Italia e gli incarichi diplomatici, anche per conto del papa; durante una di queste missioni passò da Firenze dove ebbe occasione di conoscere Giovanni Boccaccio, con cui strinse amicizia.
La corruzione della corte avignonese e i sempre più frequenti soggiorni in Italia fecero sì che Petrarca decidesse di abbandonare la Provenza per trasferirsi presso la corte di Galeazzo II Visconti, signore di Milano: l'Italia, meta desiderata, si configurava sempre più ai suoi occhi come l'erede culturale dell'impero romano. Arrivò in città nel 1353, e vi rimase fino al 1361, con la speranza e il desiderio di potersi finalmente dedicare a tempo pieno agli amati studi e alla poesia, aspirazione che realizzò nonostante qualche missione diplomatica e qualche viaggio privato. Allo scoppio della peste nera, nel 1361, Petrarca fuggì prima a Padova e poi a Venezia; come in precedenza, di tanto in tanto rivide l'amico Boccaccio. Infine si stabilì, nel 1368, ad Arquà, sui colli Euganei, ospite di Francesco da Carrara. A partire dal 1370 trascorse qui la maggior parte del suo tempo, con la figlia Francesca e la famiglia, dedicandosi alla revisione definitiva delle sue opere.
3 MODERNITÀ E UMANESIMO DI PETRARCA
La vita privata di Petrarca, che alternava le attività culturali alle missioni diplomatiche, non sempre fu distinta da quella pubblica. In tale varietà di lavori e di interessi è possibile individuare un primo sintomo della modernità della vocazione petrarchesca, che anche a livello strettamente culturale e letterario mostra una notevole ricchezza: alla riflessione religiosa (lesse ben presto e meditò le Confessioni di sant'Agostino, nel 1333) si accompagna il precoce amore per i classici della letteratura latina (nel 1333 scoprì a Liegi l'orazione di Cicerone in difesa del poeta Archia e nel 1345, nella Biblioteca Capitolare di Verona, le lettere di Cicerone ad Attico, a Bruto e a Quinto); e alla produzione in latino si accompagnò quella in volgare, relativamente esigua (due sole opere) ma importantissima.
Petrarca può a ragione essere considerato uno dei primi umanisti proprio per l'amore profondo che nutrì per i classici, concepiti non in contrasto ma in continuità con la tradizione cristiana, e per l'utilizzo degli esempi antichi nell'ambito della sua produzione. Tipicamente umanistica è la sua vocazione filologica, ma anche il fatto che egli fu sempre in relazione con i maggiori studiosi a livello europeo, secondo una concezione di arte transnazionale e cosmopolita.
4 LE OPERE IN VOLGARE
L'opera che rese Petrarca uno dei poeti più celebri al mondo è il Canzoniere, una raccolta di testi in volgare che l'autore riteneva di importanza secondaria rispetto alle sue grandi opere in latino. Il titolo originale recita infatti Rerum vulgarium fragmenta, cioè "Frammenti di cose volgari", dove “volgari” deve intendersi, appunto, in lingua volgare, ossia in italiano. In realtà la cura con cui l'autore organizzò questo canzoniere fu attentissima, e del resto proprio l'impianto così meditato fu una vera e propria novità. La raccolta è composta di 366 componimenti (per la maggior parte sonetti) concepiti come lettura da compiere nell'arco dell'anno, un componimento al giorno, più uno proemiale. La raccolta ha al centro la figura di Laura, e nel complesso tematizza due epoche fondamentali nella vita del poeta, la fase in cui Laura era viva e quella in cui era ormai morta. Non si tratta di una suddivisione cronologica, ma di una serie di corrispondenze e di atmosfere ispirate a questi due fatti capitali, frammenti di una vita segnata dalla gioia dell'amore e dal dolore della morte, in modo difficilmente districabile.
Laura, raffigurata in modo astratto e stilizzato, incarna l'ideale dell'amore, della bellezza e della religiosità e rappresenta un'aspirazione irraggiungibile che viene esplicitata tramite metafore e immagini studiate e ricorrenti. Petrarca lavorò con grande impegno a ogni singolo testo, apportando continue correzioni e varianti, con un meticoloso lavoro di rifinitura e di bilanciamento fra i singoli componimenti e l'insieme che essi costituiscono.
Per realizzare una poesia all'altezza dell'argomento, il volgare assunse un'eleganza mai raggiunta prima; il vocabolario usato dal poeta è ridotto e molto scelto, ma usato in modo "intensivo": nella poesia del Canzoniere conta anche la minima sfumatura di significato. Proprio la sistematicità con cui il progetto fu realizzato, insieme alla sua astrattezza intellettuale (una poesia dunque non legata da questo punto di vista a un preciso contesto storico e culturale), rese il Canzoniere un vero e proprio modello poetico, che avrebbe poi influenzato per diversi secoli la lirica occidentale. Si tratta di un paradigma determinante anche dal punto di vista metrico, ad esempio nella definizione della forma del sonetto e della canzone.
L'altra importante opera poetica in volgare è un poema in terza rima (l'allusione a Dante è evidente anche nella scelta del metro e nell'impianto allegorico) intitolato I trionfi, a cui Petrarca lavorò tra il 1356 e il 1374. Rimasto incompiuto, fu stampato per la prima volta con il Canzoniere nel 1470; la struttura riprendeva l'impostazione data da Boccaccio alla sua Amorosa visione, articolata in una serie di "trionfi". Il poeta dorme in Valchiusa, quando gli appaiono visioni trionfali del dio Amore seguito da un corteo di personaggi storici e mitologici. Anche qui ha grande importanza la valutazione, da un punto di vista spirituale, dell'esperienza legata alla figura di Laura. In generale, ogni quadro, attraverso un processo di simbolizzazione e allegorizzazione, cerca di innalzare sentimenti ed esperienze terrene verso l'assoluto celeste e la verità universale.
5 LE OPERE IN LATINO
Se i Trionfi sono in effetti piuttosto astratti e intellettualizzati, lo stesso non si può dire del principale testo latino di Petrarca, il Secretum, composto in varie fasi successive e edito a stampa per la prima volta nel 1473. Sorta di autoanalisi, di dialogo interiore, problematico e rasserenante insieme, è un'opera non destinata, nelle intenzioni dell'autore, alla pubblicazione.
La forma è quella del dialogo: una figura simbolica e muta, la Verità, appare a Francesco per aiutarlo a superare i suoi errori. Il poeta parla con sant'Agostino, suo referente dialettico. I temi sono il legame con le cose terrene, i vizi che assediano l'uomo, gli ideali che nascondono un fondo di egoismo e di cecità, a partire dal desiderio di gloria, particolarmente sentito dal poeta. E poi temi universali come la morte, la colpa, la caducità della vita. Il dialogo cui assiste la Verità, garante delle parole dei due interlocutori, si conclude, realisticamente, senza né vinti né vincitori. La modernità del libro sta anche in questo.
Tra le altre opere latine di Petrarca si ricorda De vita solitaria, un trattato morale scritto nel 1346, che consiste in un elogio della vita di studio condotta lontano dalla città (il riferimento autobiografico è ai sospirati soggiorni di Valchiusa contrapposti alla vita mondana di Avignone). Alla difesa dello studio solitario e disinteressato segue una serie di esempi ricavati dalla tradizione classica e cristiana.
L'Africa (incompiuto) è un poema epico in esametri che ha per argomento la seconda guerra punica, cantata tenendo presente soprattutto la ricostruzione dello storico latino Tito Livio e il modello poetico di Virgilio. De viris illustribus (Degli uomini illustri), iniziato a Valchiusa nel 1338 e a lungo rielaborato, è una specie di commento al poema: si tratta di una serie di ritratti di personaggi celebri, romani, mitologici e dell'Antico Testamento. In entrambi i casi la rappresentazione è piuttosto statica e la tematica abbastanza tradizionale.
Di grande interesse è invece l'epistolario, preziosa fonte di informazioni sulla vita dell'autore, sulla sua opera e sugli ambienti che frequentò, ma anche miniera di idee e riflessioni culturali, religiose e politiche, nonché ideale autoritratto col quale il poeta intendeva consegnare ai posteri la sua figura. Fu Petrarca stesso a curare la pubblicazione dei ventiquattro libri delle epistole (la sua raccolta più importante di lettere) Familiarium rerum libri (Libri di cose familiari), indirizzate ad amici e ad antichi autori classici (Virgilio, Cicerone).
Fra le altre opere in latino meritano di essere ricordate le Invectivae contra medicum (Invettive contro un medico): scritte fra il 1352 e il 1353, svolgono una polemica contro la pseudoscienza dei medici di Avignone, un pretesto per esaltare il valore spirituale della poesia in confronto alle tecniche pratiche. Così Petrarca intervenne in una tematica che ebbe molti esempi medievali ed era destinata a diffondersi anche in epoca moderna.
La grandezza di Petrarca è affidata in primo luogo alla sua poesia volgare, almeno volendo considerare la straordinaria importanza che ebbe non solo in Italia ma in tutta l'Europa e per parecchi secoli, innescando un fenomeno noto come "petrarchismo": un grande poeta come Giacomo Leopardi, collocandosi alla fine di questa tradizione, osservò che Petrarca era stato a tal punto imitato da parere un imitatore.
6 CRONOLOGIA DELLE OPERE
ANNO TITOLO
1325-1366 Familiarium rerum libri o Familiares
(raccolta di lettere in latino, di cui alcune in versi, in 24 libri)
1335-1374 Canzoniere o Rerum vulgarium fragmenta
(raccolta organica di liriche in volgare che comprende 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate, 4 madrigali: si contano nove redazioni diverse, che ampliano sempre più la prima silloge organica datata 1342)
1338-1343 De viris illustribus
(raccolta di biografie in latino di personaggi storici, religiosi e mitologici, rimasta incompiuta)
1338-1341 Africa
(poema latino in esametri sulla seconda guerra punica; incompiuto, fu pubblicato postumo nel 1396)
1338-1350 Epistolae metricae
(lettere in esametri latini, pubblicate postume)
1342-1358 Secretum
(trattato morale in forma di dialogo, in latino)
1343-1345 Rerum memorandarum libri
(raccolta di aneddoti storici in latino, incompiuta)
1346 De vita solitaria
(trattato morale in latino)
1346-1348 Bucolicum carmen
(raccolta di 12 egloghe )
1347 De otio religioso
(trattato morale in latino)
1352-1353 Invectivae contra medicum
(opera polemica contro i medici, in latino)
1354-1366 De remediis utriusque fortunae
(trattato morale in forma di dialogo, in latino)
1355 Invectiva contra quendam magni status hominem sed nullius scientiae aut virtutis
(opera polemica, in latino)
1356-1374 Trionfi
(poema allegorico-didascalico in terzine, in volgare)
1361-1374 Rerum senilium o Seniles
(raccolta di lettere in 17 libri, in latino)
1367-1371 De suis ipsius et multorum ignorantia
(opera polemica contro l'averroismo)
1373 Invectiva contra eum qui maledixit Italiae
(opera polemica in latino in difesa della Roma dei cesari e dei papi)
7 APPROFONDIMENTO DI ALCUNI TESTI
Italia mia
Indirizzata idealmente alle Signorie italiane in lotta fra di loro – forse l’occasione della stesura fu determinata dalla contesa scoppiata tra il 1344 e il 1345 tra i Gonzaga e gli Este per il controllo di Parma – Italia mia rappresenta la più celebre delle canzoni politiche del Canzoniere petrarchesco, e si colloca autorevolmente nell’alveo della tradizione di impegno civile e di alta oratoria già avviata da Guittone d’Arezzo e soprattutto da Dante. La canzone di Petrarca, lungimirante monito contro le ingerenze straniere nelle politiche italiane ed esortazione ai potenti signori italiani perché riconoscessero una comune identità quantomeno culturale, diverrà per i posteri modello di coscienza patriottica ante-litteram ammirato fino all’Ottocento, quando Leopardi ne trasse ispirazione per una sua omonima canzone.
Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sí spesse veggio,
piacemi almen che ' miei sospir' sian quali
spera 'l Tevero et l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.
Rettor del cielo, io cheggio
che la pietà che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion' che crudel guerra;
e i cor', che 'ndura et serra
Marte superbo et fero,
apri Tu, Padre, e 'ntenerisci et snoda;
ivi fa che 'l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s'oda.
Voi cui Fortuna à posto in mano il freno
de le belle contrade,
di che nulla pietà par che vi stringa,
che fan qui tante pellegrine spade?
perché 'l verde terreno
del barbarico sangue si depinga?
Vano error vi lusinga:
poco vedete, et parvi veder molto,
ché 'n cor venale amor cercate o fede.
Qual piú gente possede,
colui è piú da' suoi nemici avolto.
O diluvio raccolto
di che deserti strani
per inondar i nostri dolci campi!
Se da le proprie mani
questo n'avene, or chi fia che ne scampi?
Ben provide Natura al nostro stato,
quando de l'Alpi schermo
pose fra noi et la tedesca rabbia;
ma 'l desir cieco, e 'ncontr'al suo ben fermo,
s'è poi tanto ingegnato,
ch'al corpo sano à procurato scabbia.
Or dentro ad una gabbia
fiere selvagge et mansüete gregge
s'annidan sí che sempre il miglior geme:
et è questo del seme,
per piú dolor, del popol senza legge,
al qual, come si legge,
Mario aperse sí 'l fianco,
che memoria de l'opra ancho non langue,
quando assetato et stanco
non piú bevve del fiume acqua che sangue.
Cesare taccio che per ogni piaggia
fece l'erbe sanguigne
di lor vene, ove 'l nostro ferro mise.
Or par, non so per che stelle maligne,
che 'l cielo in odio n'aggia:
vostra mercé, cui tanto si commise.
Vostre voglie divise
guastan del mondo la piú bella parte.
Qual colpa, qual giudicio o qual destino
fastidire il vicino
povero, et le fortune afflicte et sparte
perseguire, e 'n disparte
cercar gente et gradire,
che sparga 'l sangue et venda l'alma a prezzo?
Io parlo per ver dire,
non per odio d'altrui, né per disprezzo.
Né v'accorgete anchor per tante prove
del bavarico inganno
ch'alzando il dito colla morte scherza?
Peggio è lo strazio, al mio parer, che 'l danno;
ma 'l vostro sangue piove
piú largamente, ch'altr'ira vi sferza.
Da la matina a terza
di voi pensate, et vederete come
tien caro altrui che tien sé cosí vile.
Latin sangue gentile,
sgombra da te queste dannose some;
non far idolo un nome
vano senza soggetto:
ché 'l furor de lassú, gente ritrosa,
vincerne d'intellecto,
peccato è nostro, et non natural cosa.
Non è questo 'l terren ch'i' toccai pria?
Non è questo il mio nido
ove nudrito fui sí dolcemente?
Non è questa la patria in ch'io mi fido,
madre benigna et pia,
che copre l'un et l'altro mio parente?
Perdio, questo la mente
talor vi mova, et con pietà guardate
le lagrime del popol doloroso,
che sol da voi riposo
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
segno alcun di pietate,
vertú contra furore
prenderà l'arme, et fia 'l combatter corto:
ché l'antiquo valore
ne gli italici cor' non è anchor morto.
Signor', mirate come 'l tempo vola,
et sí come la vita
fugge, et la morte n'è sovra le spalle.
Voi siete or qui; pensate a la partita:
ché l'alma ignuda et sola
conven ch'arrive a quel dubbioso calle.
Al passar questa valle
piacciavi porre giú l'odio et lo sdegno,
vènti contrari a la vita serena;
et quel che 'n altrui pena
tempo si spende, in qualche acto piú degno
o di mano o d'ingegno,
in qualche bella lode,
in qualche honesto studio si converta:
cosí qua giú si gode,
et la strada del ciel si trova aperta.
Canzone, io t'ammonisco
che tua ragion cortesemente dica,
perché fra gente altera ir ti convene,
et le voglie son piene
già de l'usanza pessima et antica,
del ver sempre nemica.
Proverai tua ventura
fra' magnanimi pochi a chi 'l ben piace.
Di' lor: – Chi m'assicura?
I' vo gridando: Pace, pace, pace. –
Francesco Petrarca, Canzoniere, CXXVIII.
Sempre combattuto fra il bisogno della meditazione solitaria e il richiamo della vita mondana e dell'amore, Petrarca ripropone questo tema in un celebre sonetto, il XXXV del Canzoniere. Nelle prime tre strofe, si presenta l'immagine di una silenziosa e inquieta peregrinazione, sullo sfondo di uno scenario naturale i cui elementi paiono umanizzarsi progressivamente, diventando intimi confidenti dell'animo turbato. La terzina finale esprime l'inesorabilità dell'amore, sottolineando l'impossibilità di sottrarsi al suo richiamo.
Metro in origine popolare, il madrigale assunse una forma spiccatamente letteraria a partire da Petrarca, che gli conferì, oltre a una certa regolarità di schema metrico, anche la pressoché esclusiva predilezione per la tematica amorosa. Altra caratteristica peculiare del madrigale è la spiccata musicalità che ne favorì in seguito la diffusione come poesia per musica. Questo madrigale petrarchesco (uno dei quattro presenti nel Canzoniere) è incentrato sul tema dell’amore profano come colpevole distrazione dal perseguimento del vero bene, quello ultraterreno: la selva e il viaggio sono metafore trasparenti del peccato e della vita.
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
Il sonetto, tra i più noti del Canzoniere di Petrarca, ricalca il topos della “lode”, conseguenza della natura divina della donna amata. Motivo già noto in alcuni illustri precedenti della poesia latina (Virgilio, Ovidio), quello della lode e della donna-angelo diventa caratterizzante nella poesia stilnovistica, e ha la sua più conosciuta espressione nel sonetto dantesco Tanto gentile e tanto onesta pare. Petrarca arricchisce la trattazione di un’ulteriore dimensione, molto cara al suo repertorio immaginativo, quella temporale: la collocazione della figura della donna in un indeterminato passato trova la sua continuazione in un presente turbato dal perdurare dei dolorosi effetti dell’amore.
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
e l'vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch'or ne son sí scarsi;
e 'l viso di pietosi color' farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i' che l'ésca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di súbito arsi?
Non era l'andar suo cosa mortale,
ma d'angelica forma; et le parole
sonavan altro, che pur voce humana.
Uno spirito celeste, un vivo sole
fu quel ch'i'vidi: et se non fosse or tale,
piagha per allentar d'arco non sana.
Francesco Petrarca, Canzoniere, XC.

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