"La vita fugge e non s'arresta un'ora", di Petrarca

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Testo

Analisi completa del sonetto “La vita fugge e non s’arresta un’ora”.
di Francesco Petrarca
Petrarca nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304, da una famiglia fiorentina di condizione borghese. Il padre era notaio, mandato in esilio dopo che la parte nera si era impadronita del potere a Firenze. Egli nelle sue liriche sostiene di aver incontrato una bellissima donna, Laura, il venerdì santo del 1327, in una chiesa di Avignone. L’amore per Laura fu un episodio effimero e Petrarca lo assunse come simbolo intorno a cui concentrò tutti gli elementi della sua travagliata vita interiore, le sue contraddittorie aspirazioni, le debolezze, le colpe e le sconfitte. Ma la vita del giovane Petrarca non era solo occupata dai rapporti mondani, dall’amore e dalla poesia; egli sentiva fortemente anche l’esigenza della sicurezza materiale, il bisogno degli agi e della tranquillità. Allora la carriera più agevole era quella ecclesiastica. Petrarca prese perciò gli ordini minori, che non implicavano la cura delle anime, ma consentivano di accedere a cariche e a rendite lucrose. La maggior parte delle opere di Petrarca sono scritte in latino tranne le liriche del Canzoniere che sono scritte in volgare. Petrarca cominciò a scrivere versi in volgare sin dalla prima giovinezza e continuò sino agli ultimi anni di vita. Ben presto pensò anche a raccogliere organicamente le sue liriche. La materia quasi esclusiva del Canzoniere è costituita dall’amore del poeta per Laura come si può notare anche nel sonetto che stiamo prendendo in considerazione.
Questo è un sonetto incredibilmente drammatico scritto da Petrarca in un’ora di grave turbamento, di pesante e cupo sconforto: Laura è morta; questo lo capiamo dall’ultimo verso che è piuttosto esplicativo. Infatti, i “bei lumi” sono i begl’occhi di Laura che un tempo erano oggetto di ammirazione da parte del poeta, e ora invece sono gli occhi privi di luce di una persona morta.

Petrarca avverte la fugacità della vita, sente dietro di se il passo affrettato della morte e non sa riconoscere alcun motivo di conforto nei ricordi del passato ma neppure intravede alcuna luce di speranza nell’avvenire; è dalla prima quartina, sin dal primo verso, che il poeta evidenzia la temibile inesorabilità del tempo come qualcosa di reale.
È tutto espresso dall’allegoria della nave in tempesta che rappresenta la vita del poeta che, giunta al suo termine, non solo non ha risolto il dissidio interiore che l’ha sempre contrassegnata, ma priva della luce della defunta Laura non ha più né la guida della ragione né quella della forza morale. Dal punto di vista stilistico la fugacità del tempo è resa mediante la struttura sintattica del polisindeto che domina su tutto il sonetto. Il polisindeto contribuisce a rendere l’effetto del contrasto interiore che sta vivendo il poeta a causa della consapevolezza che, proprio nel momento in cui la morte si avvicina, egli si sente profondamente legato all’esperienza terrena e non riesce a guardare con distacco alla sua vita, ma in lui si genera tensione e angoscia. Il ritmo continua serrato anche nella seconda quartina, in cui torna il polisindeto a riproporre il contrasto e la tensione interiore che spingono Petrarca a desiderare il suicidio.
Inoltre l’autore riesce a descrivere questo suo tormento interiore affollando verbi di movimento, che vogliono evidenziare l’affanno e il tormento come: “fugge”, “vien”, “tornami”. Il tormento interiore è caratterizzato anche dalla presenza di alcune antitesi come quella tra i versi 1-2 “vita-morte” o “fugge-s’arresta”; quella tra i versi 9-10 “dolce-tristo”.
Possiamo notare, inoltre, la descrizione di tre piani temporali differenti: il presente, il passato e il futuro; nella seconda quartina troviamo sia il ricordo del passato sia l’angoscia per il futuro “e ‘l rimembrare e l’aspettare…” il passato ritorna anche nella prima terzina introdotto da: “tornami avanti”.
Nell’ultima terzina arriva invece il futuro che spaventa terribilmente Petrarca, evidente vittima di un enorme tormento interiore.
Egli dice chiaramente che avrebbe posto fine alle sue sofferenze togliendosi la vita, ma sa bene che tale gesto estremo non è consentito

ai cristiani. Nonostante ciò ha paura di vivere: la vecchiaia lo spaventa, si rende conto che con il tempo la sua situazione non può migliorare ma il dissidio tra cose materiali e spirito tenderà a rimanere intrinseco nella sua anima; è la stessa situazione che notiamo nel sonetto “erano i capei d’oro a l’aura sparsi” dove c’è la sensazione del tempo che passa, che sgretola le cose senza possibilità alcuna di porre rimedio. Quindi la morte gli si presenta come uno spettro e non come approdo di tranquillità, come meta da raggiungere per la pace eterna; a differenza del sonetto “Quanto più mi avvicino al giorno estremo” dove la morte è vista come una liberazione. Questo perché Petrarca è indissolubilmente legato alle cose della vita terrena, ma nonostante ciò è anche inappagato da questo modo di vivere. Al verso 14 troviamo una metafora molto significativa che ci riporta alla nave di Dante, ma in questo caso il porto non rappresenta tanto la salvezza, bensì il tramonto della vita; inoltre c’è il termine “fortuna in porto”, ovvero tempesta, perciò capiamo che per Petrarca la morte è tutt’altro che una fine tranquilla e sicura.
Possiamo quindi concludere dicendo che il sonetto sviluppa il tema del contrasto tra l’inesorabile trascorrere del tempo e l’attaccamento alle passioni terrene e materiali.

Esempio



  


  1. patrizia

    sto cercando le figure retoriche nel sonetto del petrarca la vita fugge e non s'arresta un'ora

  2. Per un compito

    Stò cercando brevi frasi che parlino di PACE

  3. REDOUANE Abdessamed

    siete molto ringraziate perché avete fatto un perfettissimo lavoro