Le qualità del Principe nella riflessione letteraria di Machiavelli

Materie:Tema
Categoria:Letteratura Italiana

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Testo

Saggio breve su Machiavelli:le qualità del principe nella riflessione letteraria di Machiavelli
TITOLO: Moralità e realtà: un’antitesi?
DESTINAZIONE EDITORIALE: settimanale specialistico letterario

Machiavelli fu uomo politico prima che letterato e questa sua attività fu il laboratorio di formazione della sua ideologia. Il Principe è il risultato di una complessa crescita intellettuale,basata su molteplici osservazioni: dall’analisi del Savonarola alla conoscenza della forte personalità del Valentino, dallo studio di Tito Livio all’esperienza presso la corte di Luigi XII.
Nel 1559 il Principe, come tutte le opere di Machiavelli, entra nell’Indice dei libri proibiti con l’accusa di ateismo e immoralità. Ritengo necessario chiarire che Machiavelli era credente ( probabilmente in crisi per la mancanza di spiritualità della chiesa del tempo) e il rigore e la serietà apprese dal “maestro” d’etica Dante alimentano forti dubbi che fosse un uomo privo di morale. Quel cinismo che tanto sconvolse le generazioni successive all’autore altro non è che la volontà di separare gli ambiti di ricerca: scindere il reale dall’ideale, il mondo materiale da quello spirituale, l’uomo da Dio.
Machiavelli descrive le qualità del suo principe ideale perché egli possa avere successo nel mondo reale. Deve avere una forte personalità, capace di opporsi ai suoi valori morali come ai vizi, se necessario. La virtù per Machiavelli è la capacità di adattarsi, usando la razionalità, alle situazioni presentateci dalla fortuna (intesa come casualità) e di sfruttare a proprio vantaggio anche le occasioni avverse. Se per raggiungere il bene sommo, cioè quello dello Stato, bisogna compiere azioni moralmente ingiuste queste vanno compiute. Machiavelli non intende promuovere il male, che afferma vada compiuto solo in caso di vera necessità e nella misura minima, ma è consapevole che, per trattare pragmaticamente la politica, l’a-moralità e l’a-religiosità siano indispensabili.
Infatti, anche la religione viene vista attraverso la prospettiva utilitarista-politica: la fede è qualcosa che va gestita in base agli effetti che produce sullo Stato.
La forza è un elemento importante per il principe, che altrimenti non riuscirebbe a mantenere il potere, e Machiavelli porta ad esempio Savonarola, al quale il popolo una volta saturo della sua estrema moralità, voltò le spalle.
Queste idee sono il frutto di un pessimismo di impronta platina insito nella personalità dell’autore.
Machiavelli nutre la completa sfiducia nei confronti della natura umana, esprimibile con la sfruttata formula “homo homini lupus”. Ciò gli impedisce di credere che nella realtà in cui vive, dilaniata da guerre a sfondo politico e religioso, un principe ispirato da una retta morale guidata da una profonda fede e dalla bontà possa non essere schiacciato dalla corruzione che dilaga.
L’a-moralità di Machiavelli è, a mio avviso, la via migliore per stimolare riflessioni sulla moralità.
L’autore voleva proprio questo:stimolare la discussione politica. Infatti l’opera venne pubblicata postuma (1530) e prima il manoscritto vagò per i salotti letterari per più di dieci anni.
Ancora oggi quest’opera è capace dopo quattro secoli di far riflettere e trova grande riscontro nella nostra realtà.

Scritto a mano occupa ca. 3 colonne e mezzo di foglio protocollo.

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