Materie: | Scheda libro |
Categoria: | Letteratura Italiana |
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Data: | 01.06.2005 |
Numero di pagine: | 8 |
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Analisi del testo
TITOLO DEL ROMANZO: “I Malavoglia”
AUTORE: Giovanni Verga
CASA EDITRICE: Arnoldo Mondatori
DATA EDIZIONE CONSULTATA: settembre 1971
DATA PUBBLICAZIONE DELLA PRIMA EDIZIONE: settembre 1939
VITA E OPERE DI GIOVANNI VERGA: Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da famiglia aristocratica e di tradizioni liberali. Si iscrive alla facoltà di legge presso Catania e in seguito entra nella Guardia Nazionale istituita dopo l’arrivo di Garibaldi. Abbandonati gli studi inizia a scrivere alcuni romanzi di argomento patriottico. Quindi si trasferisce a Firenze, poi a Milano pubblicando tra il 1866 e il 1875 una serie di romanzi (Storia di una capinera, Eva, Tigre) legati alla maniera romantica. L’ incontro con le opere degli scrittori realisti e naturalisti francesi (Balzac, Zola) determina una svolta nella produzione letteraria del Verga. Con Nedda (1874), storia di una raccoglitrice di olive, Verga sceglierà l’ambientazione siciliana e l’attenzione alle vicende degli umili che contraddistinguerà la sua maggiore produzione: le novelle Vita nei campi (1880) e Novelle rusticane (1883), i romanzi I Malavoglia (1881) e Mastro don Gesualdo (1889). I due romanzi avrebbero dovuto costituire insieme ad altri tre (La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni e L’uomo di lusso) un ciclo chiamato I vinti. Verga non completerà il ciclo, anzi dopo il ritorno a Catania (1893) scriverà sempre meno chiudendosi infine in un totale silenzio. Oltre che narratore Verga è anche autore di teatro: ricordiamo Cavalleria rusticana, trasposizione scenica della novella omonima che, rappresentata a Torino nel 1884 con grande successo, segna la nascita del teatro verista in Italia. Muore a Catania nel 1922.
GENERE LETTERARIO
Possiamo definire “I Malavoglia” un romanzo verista: il “Verismo” è un movimento letterario sorto in Italia nell'ultimo trentennio del XIX secolo, contraddistinto dall’espressione del “vero” con una rappresentazione obbiettiva di tutta la realtà, anche nei suoi aspetti più umili, che crea un’atmosfera cupa e avvolta dal fatalismo. “I Malavoglia” avrebbe dovuto far parte del “Ciclo dei Vinti” nel quale Verga voleva rappresentare i desideri che spingevano molti uomini a mutare stato, a ostinarsi a voler migliorare le proprie condizioni di vita, insieme a “ Mastro don Gesualdo” e altri tre progettati ma mai scritti. Nei Malavoglia viene rappresentata solo la lotta per i bisogni materiali ma gli altri romanzi del ciclo avrebbero dovuto assumere via via toni più alti.
PERSONAGGI
PRINCIPALI: l’intera famiglia dei Malavoglia, presentata direttamente dal narratore all’inizio del romanzo, può essere considerata la protagonista della narrazione. Questi personaggi sono la personificazione tipologica della famiglia di pescatori sconvolta dalle disgrazie ma che cerca sempre di andare avanti a testa alta; il loro spessore psicologico è dato dalle loro stesse parole attraverso il discorso diretto libero. La famiglia è paragonata alle dita della mano:
Padron Ntoni è il capofamiglia, il più anziano; sa molti proverbi simbolo della saggezza popolare,. È un uomo caparbio che non rinuncia mai a fare il suo dovere. Ama il mare e quindi anche il suo mestiere di pescatore. Inizialmente il narratore non descrive in modo dettagliato il personaggio, dice solo che è un vecchio curvo, ma in seguito, quando questi si ammala, lo descrive con maggiore attenzione, come se attraverso la descrizione fisica emergesse anche il profilo psicologico e affettivo. Non si oppone alla società del suo tempo né la subisce, la rispetta con tutte le sue credenze e tradizioni. Il suo animo da sereno qual è nel primo capitolo cambia radicalmente nel corso del romanzo a causa delle disgrazie che egli si trova a dover affrontare: negli ultimi capitoli ci troviamo davanti ad un uomo stanco della vita che, ormai giunto ad un’età avanzata, non aspetta altro che la morte.
Bastianazzo è il figlio di Padron ‘Ntoni, è definito “ grande e grosso” ma è un uomo di buon cuore e lavoratore. Muore ancora giovane in mare nella tempesta in cui è perso il carico di lupini.
La Longa (Maruzza) è la moglie di Bastianazzo, la buona massaia. Si dà da fare per contribuire al bilancio familiare. La sua serenità svanisce con la morte prematura del marito e poi del figlio Luca; il dolore per queste perdite la invecchia precocemente. La sua vita è spezzata da una grave malattia: il colera.
Ntoni è il figlio maggiore di Bastianazzo e Maruzza. È un ragazzo giudizioso, anche se a volte troppo impulsivo. Col passare degli anni, la sua voglia di lavorare diventa sempre minore, si ribella alla sua condizione di miseria e povertà in un modo insolito: smette di lavorare e va a cercare guai all’osteria e con il contrabbando. Questa vita lo porterà a scontare cinque anni di galera. Dopo essere stato rilasciato, lascia il paese d’origine.
Luca è uno dei figli di Bastianazzo, “un vero Malavoglia”, di buon cuore come il padre e giudizioso. Muore prematuramente in guerra.
Mena che lavorava e tesseva sempre tanto da essere soprannominata “Sant’Agata”, è una figlia giudiziosa e riservata. È soprannominata Sant’Agata per il suo assiduo lavoro al telaio. Dopo la morte della madre sa educare la sorella minore Lia e mandare avanti la casa.
Le disgrazie e i dispiaceri la invecchiano assai precocemente: a soli ventisei anni le sembra già d’essere vecchia.
È molto influenzata dalla società del suo tempo: decide, infatti, di non sposarsi con Alfio Mosca, di cui era innamorata, perché questo avrebbe riportato sulla bocca di tutti la triste sorte della sorella.
Alessi rappresenta la fiducia nel futuro; è un bravo ragazzo, si dà da fare per tirare su la famiglia dopo la morte del nonno, del padre, della madre e la “fuga” di ‘Ntoni. Riesce a riscattare la casa del Nespolo e ricostruisce la famiglia dei Malavoglia. Sposa una brava ragazza, Nunziata.
Lia: la più piccola della famiglia Malavoglia. Finisce sulle bocche di tutti dopo il processo del fratello e per questo lascia Aci Trezza. Nessuno avrà più sue notizie. Solo Alfio Mosca sa la verità.
SECONDARI: il “secondo protagonista” del romanzo è l’intero paese, composto di personaggi uniti da una stessa cultura ma divisi da antiche rivalità, tipi che parlano e si confondono tra loro creando un effetto corale che nei primi capitoli quasi disorienta il lettore. La Santuzza, l’ostessa che simboleggia l’inganno, don Michele, il brigadiere corrotto, don Silvestro, il segretario che gestisce come una marionetta il sindaco, Alfio Mosca, il carrettiere rassegnato al suo destino di lavoratore, Campana di Legno, un ricco e avaro signore sono alcuni tra i più importanti. Al contrario di ciò che si può pensare, anche l’asino di Alfio Mosca ha un’importanza nell’economia del romanzo. Questo animale è il simbolo dei vinti, dei poveri che devono soltanto lavorare per guadagnare una miseria: “Carne d’asino - borbottava ‘Ntoni - ecco cosa siamo! Carne da lavoro!”.
TEMPO
Le vicende durano circa dieci anni: dal 1865, vale a dire tre anni dopo la spedizione dei Mille di Garibaldi, al 1875, negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia. Il tempo del racconto non è omogeneo: sono frequenti le ellissi e spesso sono narrate intere giornate. Il ritmo è quindi abbastanza accelerato, frammentario e solo in alcuni punti è rallentato da piccole riflessioni e descrizioni. L’elemento dominante è la scena; di conseguenza tempo del racconto e tempo della storia coincidono. Sono in sostanza assenti flashback e anticipazioni. Le indicazioni temporali sono legate solamente alle feste liturgiche e all’alternarsi delle stagioni, elementi tipici caratterizzanti lo scorrere del tempo nella cultura contadina.
LUOGHI
L’intero romanzo è ambientato ad Aci Trezza, piccolo paese abitato per lo più da pescatori vicino Catania. I luoghi esistono solo come nomi senza mai diventare oggetto di minuziosa descrizione. Il paesino ad esempio è inteso come uno spazio chiuso e unitario dove si svolgono le vicende e al suo interno vi è una sorta di scenografia fissa di luoghi tipici: la farmacia, il sagrato della chiesa, la piazza (luogo dei pettegolezzi), l’osteria dei perdigiorno (luogo di sotterfugi)... La casa è il centro morale ed economico della famiglia. Il mare e il cielo con i suoi “Tre re” sono presenze vive e palpabili che osservano distanti e pacifici le vicissitudini dei personaggi.
RIASSUNTO
Il romanzo narra le vicende di una famiglia di pescatori, i Toscano soprannominati “Malavoglia”, che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese vicino Catania. La famiglia è nota e rispettata da tutti e può considerarsi economicamente agiata grazie soprattutto ai proventi ricavati dalla pesca con la barca chiamata “Provvidenza”. La loro esistenza felice e tranquilla è sconvolta da alcuni fatti come la partenza di ‘Ntoni per il servizio militare, una cattiva annata per la pesca, la necessità di preparare la dote per la figlia maggiore. Padron ‘Ntoni ritiene opportuno comprare a credito dall’usuraio zio Crocefisso un carico di lupini da trasportare in barca per rivenderli in un paese vicino. Purtroppo una tempesta fa affondare la nave; va perduto così il carico, muore Bastiano, figlio del capo famiglia Padron Ntoni, marito di Maruzza e padre di cinque figli: ’Ntoni, Mena, Lia, Luca, Alessi. Tutti cominciano ad arrabattarsi per saldare il debito dei lupini perduti ma presto, durante il servizio militare di leva nella battaglia di Lissa, muore Luca. Distrutti dai dispiaceri, i Malavoglia non riescono a saldare il debito e così viene tolta loro la casa di famiglia, detta la “Casa del nespolo”. Ormai tutto il paese vede di malocchio i Malavoglia che cercano in tutti i modi lavorare per ottenere i denari per maritare le figlie e per riacquistare la Casa del Nespolo. A moltiplicare le fatiche arriva il colera che si porta via la Longa. Patron Ntoni resta così solo con Alessi e ‘Ntoni a sostenere i nipoti orfani del padre e della madre. Ntoni, dopo il servizio militare, si dà a frequentare l’osteria e al contrabbando ma, accoltellata una guardia doganale, finisce in prigione. La sorellina Lia abbandona il paese e si dà alla prostituzione in città. Il conseguente disonore manda a monte il matrimonio tra Mena e compare Alfio. Il vecchio ‘Ntoni finisce la sua vita in ospedale. Da ultimo resta così Alessi che, dopo essersi sposato, con l’aiuto della sorella Mena ricompra la Casa del Nespolo e tenta di ricostruire l’onore distrutto dei Malavoglia continuando il mestiere del nonno. ‘Ntoni, uscito di prigione, ritorna a casa ma capisce di non poter restarvi e si allontana per sempre.
TEMI
I temi affrontati nel romanzo sono:
La lotta per i bisogni fondamentali dell’uomo
Il lavoro
La fatica incessante per ottenere risultati distrutti poi dalle disgrazie.
L’attaccamento alla roba: è uno degli ideali della popolazione di Aci Trezza. Con roba intendiamo i beni materiali che la famiglia deve possedere per poter vivere dignitosamente, e che all'inizio i Malavoglia avevano, quel tanto che basta per vivere. L'hanno poi perduta con quel carico di lupini, frutto di una speculazione attuata da Padron 'Ntoni, che, così facendo, ha avviato la disgrazia della famiglia. In questo frangente il vecchio patriarca è andato contro alle sue idee, di non tentare mai la fortuna, di sopportare passivamente, e di "fare solo il mestiere che sai" (era molto attaccato ai proverbi), e per questo ha pagato caro. Quando seppe della tragedia sembrava quasi più disperato per i lupini che per il figlio Bastianazzo morto in mare.
NARRATORE
E’ onnisciente quindi conosce tutti i fatti e spesso li anticipa, come nel caso della morte del giovane Luca. Nelle intenzioni del Verga il romanzo doveva essere uno “studio sincero e appassionato” su una comunità di pescatori siciliani; quindi parla in terza persona ed è esterno alla vicenda, infatti non abbiamo alcun intervento personale da parte dell’autore nella narrazione, non si fa mai portavoce dei pensieri dei personaggi ma li lascia parlare liberamente. Appare come un narratore popolare che condivide il modo di comportarsi, i pregiudizi, la mentalità, la cultura del mondo di cui parla.
STILE E LINGUAGGIO
Il romanzo crea l’illusione che a parlare sia il mondo raccontato. Verga applica la formula verista, filtra il racconto attraverso i pensieri e i discorsi dei personaggi; questa è definita la tecnica del “discorso rivissuto” che dà come conseguenza un effetto di vivacità. Viene impiegato un registro informale, popolare tipico della popolazione di Aci Trezza che consiste nell’uso di espressioni dialettali, ripetizioni, proverbi, similitudini popolari, modi di dire come ad esempio “ pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di S. Alfio”, “pareva una gallina quando sta per far l’uovo”, “pareva ci avesse il diavolo in poppa” e periodi brevi; il fatto che sia di cultura popolare è dimostrato dal fatto che fa riferimenti agli animali d’allevamento, al diavolo come spauracchio collettivo, al paese con i suoi luoghi e momenti di ritrovo. Abbiamo quindi una regressione dell’autore al livello culturale ed espressivo del narratore e dei personaggi. Nella sintassi dominano il discorso diretto e quello indiretto libero. Il tempo ha un ordine isocronico: le azioni della fabula scorrono parallele a quelle dell'intreccio (F=I). Per quanto riguarda la durata, visto che in tutto il romanzo prevalgono i dialoghi, è presente la scena, dove il tempo della storia corrisponde al tempo del discorso (T.S.=T.D.); sono però presenti anche diverse descrizioni (T.S.=O).