Giovanni Pascoli: vita e poetica

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Categoria:Letteratura Italiana
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Testo

GIOVANNI PASCOLI
(1855-1912)
VITA
➢ La vita del Pascoli può essere divisa in tre fasi: la rottura del “nido”, la ricostruzione del “nido”, il nuovo “nido”. Vediamo in che senso.
➢ Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una piccola famiglia della borghesia rurale, in condizione abbastanza agiata: il padre Ruggiero, era il fattore in una tenuta di gente nobile. E’ una tipica famiglia patriarcale, molto numerosa: Giovanni è il quarto di ben dieci figli. La vita serena di questa famiglia viene però spezzata da una tragedia, destinata a segnare profondamente l’esistenza del poeta: il 10 agosto 1867 (quando Giovanni ha undici anni) il padre, di ritorno dal mercato, viene misteriosamente ucciso a fucilate, forse da un rivale che aspirava a prendere il suo posto di amministratore. La morte del padre dà a Pascoli un profondo senso di ingiustizia e crea notevoli difficoltà economiche alla famiglia, che si trasferisce a Rimini, dove il figlio maggiore aveva trovato lavoro, assumendo il ruolo paterno. Seguono così altri lutti nel giro di pochi anni: nel 1868 muoiono la madre e la sorella maggiore e poi due fratelli.
➢ Sin dal 1862 Giovanni era entrato nel collegio degli Scolopi a Urbino, da cui riceve una rigorosa formazione classica. Nel 1871, per le ristrettezza economiche, deve però lasciare il collegio e prosegue gli studi a Firenze grazie alla generosità di uno dei suoi professori. Si diploma e nel ’78, grazie all’esito brillante di un esame (della cui commissione faceva parte Carducci) ottiene una borsa di studio presso l’Università di Bologna, dove frequenta la facoltà di Lettere. Subisce il fascino dell’ideologia socialista, partecipa a manifestazioni contro il governo, nel ’79 è arrestato e passa alcuni mesi in carcere. L’esperienza è però traumatica e Pascoli si distacca dalla politica militante per professare un socialismo umanitario, che propugnava la bontà e la fratellanza fra gli uomini. Riprende gli studi, si laurea nel 1882 e inizia la carriera di insegnante liceale prima a Matera poi a Massa, dove chiama a vivere con se le due sorelle Ida e Mariù, ricostituendo così quel “nido” familiare che i lutti avevano distrutto. Nel 1887, sempre con le sorelle, passa ad insegnare a Livorno, dove rimane fino al 1895.
➢ Nel 1895, dopo il matrimonio di Ida, prende in affitto una casa a Castelvecchio di Barga, nella campagna lucchese. Qui abita con la fedele sorella Mariù, lontano dalla città che detestava e di cui aveva orrore, in una vita appartata, dedita agli studi, alla poesia e agli affetti familiari, in realtà turbata da oscure angosce e paure e dalla presenza ossessiva della morte.
➢ Intanto nel 1895 aveva ottenuto la cattedra di grammatica greca e latina prima all’Università di Bologna poi a quella di Messina. Passa quindi a Pisa ed infine subentra al suo maestro Carducci sulla cattedra di letteratura italiana a Bologna.
➢ Negli anni Novanta inizia la pubblicazione delle sue poesie (la prima edizione di Myricae è infatti del 1891). La sua fama si allarga. Dal ’92 per ben dodici anni vince la medaglia d’oro al concorso di poesia latina ad Amsterdam. Negli ultimi anni vuole “gareggiare” con Carducci e col “fratello minore e maggiore” (così egli lo definisce) D’Annunzio nella funzione di poeta civile e di celebratore delle glorie della patria, con una serie di componimenti (v. “Le ultime raccolte”). Oltre a ciò completa questo suo compito con una serie di discorsi pubblici, tra i quali è rimasto famoso La grande proletaria si è mossa, tenuto il 26 novembre 1911 per celebrare la guerra coloniale di Libia.
➢ Il poeta è però ormai minato dal male, un cancro allo stomaco. Si trasferisce a Bologna per le cure, dove muore poco dopo, il 6 aprile 1912.
➢ Caratteristiche della vita di Pascoli sono:
- attaccamento al nido: la chiusura gelosa nel nido familiare e l’attaccamento morboso alle sorelle rivelano la fragilità della struttura psicologica del poeta che, fissato ad una condizione infantile, cerca entro le pareti la protezione da un mondo esterno, quello degli adulti, minaccioso;
- ricordo ossessivo dei suoi morti che, riproponendo il passato di lutti e dolori, inibisce il rapporto con gli altri (Pascoli non ha infatti relazioni amorose e conduce una vita forzatamente casta);
- visione adolescenziale del sesso, visto come qualcosa di proibito e misterioso, e fatto di turbata attrazione e di ripugnanza;
- rapporto “patologico” e morboso con le sorelle, che ricreano intorno a lui un nido familiare caldo e accogliente, dal quale sesso e procreazione restano esclusi. E’ una relazione patologica perché il matrimonio di Ida è sentito da Pascoli come tradimento e profanazione della sacralità del nido, fatto che gli provoca vere e proprie manifestazioni depressive. Pascoli ripone talmente tanta fiducia nelle sorelle, rimaste l’unico punto saldo della sua esistenza, e ne è talmente attaccato da esserne geloso, come un bimbo è geloso della propria mamma.
IDEE E VISIONE DEL MONDO
➢ Fin da quando frequenta gli ambienti scolastici (durante gli anni del liceo e in quelli dell’insegnamento) entra in contatto con idee intrise di positivismo. Questa formazione positivista di Pascoli è riconoscibile soprattutto nelle sue poesie, dove c’è un’attenzione meticolosa alla terminologia specifica riguardo a piante, animali, stelle, astri, etc. Oltre agli ambienti che frequenta è il periodo stesso nel quale si forma ad essere di matrice positivista. Egli percepisce però anche la crisi di questo movimento, ovvero l’esaurirsi del Positivismo, causato da una sfiducia verso la scienza, colpevole di non riuscire a cogliere il tutto e la vera essenza della realtà. C’è quindi una tensione verso l’Assoluto, che però non sfocia nella religione tradizionale ma in una sorta di francescanesimo, ovvero nella pratica della fratellanza e della carità, che si fa portatore di un messaggio di mansuetudine evangelica.
➢ Secondo la visione pascoliana, siccome la realtà non è interamente conoscibile dalla scienza e quest’ultima non è capace di fare di essa un tutt’uno organico e di ordinarla, la realtà è frantumata. In essa non c’è un ordine preciso e prestabilito e ogni piccolo particolare ha lo stesso valore di qualsiasi altro. Non esistono quindi gerarchie d’ordine fra gli oggetti: ogni elemento, anche il più piccolo, può così diventare argomento privilegiato della poesia. Gli oggetti sono collegati e uniti da legami che solo il poeta è in grado di cogliere. Costui fa una lettura organica della realtà tramite le corrispondenze.
➢ Ogni frammento del reale è descritto in maniera minuziosa (quasi verista, anche se è bene non usare questo termine parlando del Pascoli), secondo la visione soggettiva del poeta, e ogni oggetto acquista valore e rimanda o si riferisce ad altro: in questo senso si parla appunto di corrispondenze tra elementi. La terminologia specifica usata dal Pascoli permette di andare nel cuore stesso della realtà e di attingere all’essenza delle cose. E’ quindi solamente un modo per conoscere le cose tramite il semplice fatto di dare loro un nome: nominare un ente significa scoprirlo per la prima volta, arrivare ad appropriarsene e ad identificarsi con esso, e quindi individuarlo e determinarlo nella realtà.
➢ La parola assume così un valore magico e ogni oggetto acquista significato simbolico.
IDEE POLITICHE
➢ Per quanto riguarda l’ideologi apolitica Pascoli si avvicina ad un socialismo ancora pre-marxista, cioè quello di stampo umanitario riconducibile a Bakunin, che teorizza un’azione a favore delle classi più povere. E’ quindi inizialmente portavoce di una concezione socialista che affida alla poesia la missione di diffondere un messaggio di amore e fratellanza. Egli subisce però, durante l’università, le influenze di Andrea Costa, portatore di un anarco-socialismo con un certo alone romantico (che sostiene cioè l’azione umanitaria a favore del popolo e contro le ingiustizie). La sua reazione socialista rispecchia il sentimento di quasi tutti gli intellettuali dell’epoca, frustrati perché non riescono a identificarsi e ad inserirsi nella società.
➢ Nel 1876, anno di alcuni importanti processi contro i socialisti e della morte del fratello maggiore, aderisce ufficialmente e in pieno alle idee socialiste associandosi all’Internazionale. Viene tuttavia arrestato durante una manifestazione antigovernativa e dopo essere stato processato abbandona gli ideali di un socialismo ormai troppo vicino al marxismo e teorizzatore della lotta di classe, concezione che Pascoli respinge. Non accetta quindi gli obiettivi specifici di questo nuovo socialismo perché egli è un socialista “di cuore” ma non “di mente”. Egli rifiuta solo la dottrina marxista ma non tutto il socialismo, poiché questo per lui è appello d’amore, fratellanza e pace.
➢ C’è qui un pessimismo di fondo: nel mondo c’è quasi solamente il male. Al male si reagisce però con la consapevolezza: le sofferenze e i dolori, se accettati, purificano l’uomo e lo rendono più forte. Il dolore deve quindi insegnare anche il perdono. Egli presenta se stesso e la sua famiglia come esempio di vittime del male nel mondo, ma proprio per questo vuole evitare di odiare e di vendicarsi, proclamando invece la necessità dell’amore e del perdono. Anche per questo motivo la sua poesia assume a volte toni predicatori.
➢ Bisogna quindi arrivare alla concordia fra le classi sociali, non solo fra gli individui. Ogni classe ha la sua fisionomia che rende però necessaria la solidarietà e la collaborazione: il segreto dell’armonia sociale è infatti che ognuno si accontenti di ciò che ha. Il piccolo proprietario terriero (che è a sua volta un’immagine virgiliana) è per Pascoli modello ideale: questi infatti rispecchia a pieno gli ideali della famiglia, della giustizia e dell’operosità. Il mondo del piccolo proprietario è però un mondo che sta scomparendo a causa dei processi capitalisti, ma che conserva comunque i valori originali. La felicità è quindi possibile solo nel piccolo podere, che assume un valore sacro. Pascoli mitizza il mondo dei piccoli proprietari agrari come mondo saggio e sereno, celebrando ed esaltando il valore della famiglia, nucleo che vive in un nido di legami d’amore ma anche di dolore e di sofferenze.
➢ Pascoli ha un concetto di nazione e di patria come di una grande famiglia: l’Italia è quindi come un nido e gli abitanti i suoi figli. L’Italia è però a quel tempo povera: egli non è d’accordo con l’emigrazione verso paesi più ricchi e benestanti ma giustifica il colonialismo. Da qui la celebre legittimazione dell’impresa di Libia, con la quale la “famiglia” Italia ha occasione di trovare lavoro e occupazione per i suoi “figli”. Pascoli è quindi favorevole alle guerre per le conquiste coloniali e alle guerre non di offesa ma di difesa.
➢ Pascoli vince il pessimismo con l’utopia.
POETICA
➢ Quella del Pascoli può essere definita una “poetica del fanciullino”, denominazione tratta dl titolo del saggio “Il Fanciullo” pubblicato nel 1897: il poeta è infatti come il fanciullo presente in ogni uomo. Il fanciullo è, a sua volta, colui che non si è fatto corrompere dalla scienza e che agisce senza troppi ragionamenti logici ma solamente col sentimento e coll’istinto: il suo è quindi un modo di vedere le cose a-logico e a-razionale. Il fanciullino è l’unico che può vedere le cose realmente e per quel che sono. Egli è portatore di freschezza, di genuinità e ingenuità, di spontaneità e istinto, e vede tutte le cose come e fosse la prima volta, quindi con stupore e meraviglia.
➢ Il poeta è quindi come un veggente, perché dotato di una visione più acuta di quella degli uomini comuni, e la sua poesia è pura e senza finalità educative (è quindi, in questo senso, paragonabile a Virgilio, che non ha scritto per un secondo scopo ma realmente perché voleva scrivere, anche se le sue opere incontrarono tuttavia i favori della corte). La poesia non serve quindi per educare l’uomo né ha secondi fini ma è fine a se stessa. Tutto sommato essa trasmette buoni sentimenti, rilassa e purifica l’animo umano dalle fatiche, tranquillizza e rende l’uomo pago di quello che già ha, di modo che non vi sia contrasto con il prossimo ma solo pace tra gli uomini. Ciò nonostante il male è presente nel mondo e nasce dal fatto che gli uomini tentano di sopraffarsi l’un l’altro; se però l’uomo si rendesse conto che tutto questo non serve, si accontenterebbe di quello che ha senza bisogno di portare la guerra. E’ questa l’utopia umanitaristica di Pascoli che, fra l’altro, rifiuta la lotta di classe. Il poeta-fanciullo pascoliano ci fa così cadere nell’abisso della verità.
➢ Pascoli fa quindi rientrare nelle sue liriche tutta la realtà: tutto può essere oggetto di poesia. La poesia sta anche nelle piccole cose; anzi sono proprio gli argomenti più umili e dimessi, e non solo quelli elevati, a essere forse i più ricchi di poesia. Per quanto riguarda lo stile c’è un rifiuto del linguaggio aulico, tipico della poesia tradizionale.
OPERE
➢ Pascoli non pubblica le sue liriche di volta in volta ma solo dopo averle riscritte e rielaborate. Solo nel 1891 decide di pubblicarle sotto forma di raccolte, nelle quali non è quindi possibile riconoscere una precisa scansione in fasi per quanto riguarda l’evoluzione del pensiero e della poetica, che sono sostanzialmente sincroniche. Le raccolte si differenziano però sia per contenuto che per forma.
Myricae
➢ E’ la prima raccolta, che Pascoli fa pubblicare nel 1891. Il titolo latino è una citazione virgiliana, tratta dall’inizio della IV Bucolica, in cui il poeta proclama l’intenzione di innalzare un poco il tono poetico, poiché “non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici (=myricae)”.
➢ In questa raccolta egli canta le cose comuni e piccole (da qui la scelta del titolo myricae, che sono per l’appunto piante umili che crescono sulle rive dei corsi d’acqua e degli stagni) secondo la poetica del fanciullino, cioè con una visione fresca e ingenua della realtà.
➢ Questa raccolta è stata stampata in cinque (diverse) edizioni, poiché ogni volta Pascoli vi ha aggiunto nuove poesie (dalle 22 della prima alle ben 156 dell’ultima).
➢ Le liriche sono come dei quadretti paesaggistici nei quali la natura è vista però in maniera decadente: Pascoli esprime infatti un senso di morte, di crisi e di disfacimento.
➢ Per quanto riguarda la forma e lo stile sono presenti numerose onomatopee, oltre che forme di analogia e di sinestesia. La variazione delle combinazioni metriche fa si che si ha un miscuglio di versi brevi e di versi lunghi.
Poemetti
➢ Assistiamo qui a un cambio di forma e di contenuto. I poemetti sono infatti componimenti più lunghi, scritti quasi in forma narrativa tramite l’uso della terzina. E’ una raccolta che venne divisa in seguito in due raccolte distinte, Primi poemetti (1904) e Nuovi poemetti (1909).
➢ I temi sono relativi al mondo della campagna. Si hanno infatti contenuti campestri attraverso i quali Pascoli racconta della vita nel podere di una famiglia rurale di Barga, cioè della vita del piccolo proprietario terriero.
➢ Questa raffigurazione della vita contadina si carica di un carattere e di un intento ideologico: la poesia del Pascoli, pur essendo pura, vuole comunque trasmettere all’uomo i buoni valori di cui la vita contadina è un raffinato esempio. Il piccolo proprietario, che sta scomparendo e che è soppiantato dalla crescente industrializzazione, rappresenta quindi un’utopia regressiva e incarna i veri valori. Si ha quindi un contrasto tra i valori (veri) della famiglia contadina e i valori (oramai perduti) del mondo moderno.
➢ Mentre Verga mette in evidenza la lotta per la vita, probabilmente con tono critico, Pascoli idealizza la vita, pur dura, del contadino, rifiutando anch’egli la lotta fra le classi. Il mondo del contadino è quindi visto in maniera quasi idillica e idealizzata: questi ignora gli aspetti più crudi della realtà popolare, quali la miseria, la fame, la degradazione, i conflitti e l’abbrutimento della natura umana.
➢ Affrontando la realtà di ogni giorno Pascoli trasfigura le realtà quotidiane e le fa rivivere alla luce dell’epos, ovvero in una chiave epico-classica che riesca a nobilitare le cose di tutti i giorni, le quali hanno anch’esse il diritto e la prerogativa, alla pari di tutte le altre, di essere cantate nella poesia.
➢ Al di fuori di questo ciclo “georgico” e oltre a componimenti dal contenuto campestre si hanno anche liriche dal contenuto più inquietante e simbolico, che trattano di temi decadenti quali la morte o il sesso morboso. Queste liriche sono, in particolare:
- Il vischio, che insiste sull’immagine di una pianta parassita e “vampira” che succhia la linfa vitale di un albero da frutto;
- Digitale purpurea, con al centro un “fiore di morte” che emana un profumo inebriante e turba l’innocenza delle educande di un convento;
- Suor Virginia, che crea un’atmosfera notturna e arcana, in cui aleggia un presagio di morte.
➢ Vanno poi ricordati altri testi famosi come:
- L’aquilone, nel quale Pascoli ricorda un suo compagno morto da piccolo, trattando del tema della memoria che fa rivivere e riporta all’infanzia;
- Italy, che affronta il tema sociale dell’emigrazione, descrivendo il ritorno temporaneo di una famiglia di emigranti al paese natale e il conflitto fra due mondi, quello industriale della nuova patria, l’America, e quello arcaico della campagna lucchese; la lirica riproduce anche, e soprattutto, il miscuglio di dialetto popolare e di inglese, proprio del modo di esprimersi dei migranti;
- La vertigine, che esprime il tema astrale dell’angoscia originata dal percepire che la terra gira nello spazio infinito dell’Universo e il terrore di precipitare nel vuoto senza trovare mai fine.
Canti di Castelvecchio
➢ E’ una raccolta di componimenti brevi, nei quali è stavolta la forma lirica a prevalere su quella quasi “narrativa” dei poemetti.
➢ Gli argomenti e i temi più ricorrenti sono: il succedersi delle stagioni e l’immutabile ciclo naturale, il dolore e l’angoscia dell’esistenza, i ricordi dell’infanzia e delle tragedie familiari (ovvero i cari che sono morti).
➢ Non mancano però anche in questa raccolta i temi più inquietanti e morbosi, che danno corpo alle segrete ossessioni del poeta:
- il sesso (come ne Il gelsomino notturno), contemplato col turbamento del fanciullo per il quale il rapporto adulto è qualcosa di ignoto, affascinante e ripugnante insieme;
- la morte (come in La mia sera), che appare come un rifugio in cui sprofondare e come una regressione nel grembo materno.
Poemi conviviali
➢ E’ una raccolta che comprende gran parte delle poesie pubblicate su Il Convito, rivista che ospitò anche la pubblicazione de Le vergini delle rocce di D’Annunzio.
➢ Si tratta di poemi dedicati a personaggi del mito e della storia antichi, quindi a figure mitiche e del passato (come Achille, Ulisse, Alessandro Magno, etc.).
➢ Sono liriche piuttosto erudite (ad esempio nella ricostruzione del mondo antico) e componimenti molto raffinati, soprattutto per quanto riguarda la cura meticolosa della forma, con un gusto che deriva dalla poesia parnassiana, ovvero da un movimento sviluppatosi in Francia e caratterizzato da grande elaborazione formale, e con un linguaggio raffinatamente estetizzante.
Carmina
➢ Si tratta di poesie scritte in latino per il concorso di poesia latina di Amsterdam.
➢ Sono in genere dedicati agli aspetti più marginali della vita romana ed hanno per protagonisti personaggi umili (gladiatori, schiavi, etc.). I temi riguardano la schiavitù e la sofferenza.
➢ Il latino di Pascoli non è una lingua morta, puro esercizio stilistico ed espressivo, bensì una lingua intimamente rivissuta, una lingua moderna che rivela profonde affinità col linguaggio delle poesie italiane.
Le ultime raccolte
➢ Sono raccolte che comprendono poesie in cui Pascoli si atteggia a vate e a celebratore delle glorie nazionali, emulando Carducci e D’Annunzio. Sono caratterizzate da grande elaborazione formali e da numerosi virtuosismi metrici del tutto artificiosi. Quasi incomprensibili e illeggibili. Queste sono: Odi ed inni, Poemi italici, Canzoni di Re Enzio, Poemi del Risorgimento.
Saggi critici
➢ Pascoli svolse anche l’attività di critico e di saggista in opere dal titolo Il fanciullino (1897), che è l’esposizione più organica della poetica pascoliana, e La grande proletaria si è mossa, discorso pronunciato in pubblico con evidente riferimento all’Italia, invitata alla conquista della Libia.
➢ Ci sono anche altri saggi, come quelli su Leopardi, Manzoni e Dante, al quale dedica ben tre volumi, e alcune antologie scolastiche, curate direttamente dal Pascoli. Il poeta pronunciò inoltre altri diversi discorsi ufficiali, pronunciati in diverse occasioni pubbliche.
TEMI DELLA POESIA
➢ Prima di affrontare questo discorso è opportuno porsi l’interrogativo se Pascoli sia veramente un poeta decadente oppure no. Numerosi critici rispondono a questo quesito dicendo che egli è il poeta decadente per eccellenza, più decadente ancora di D’Annunzio. Mentre quest’ultimo però sperimenta le suggestioni raccolte all’estero, Pascoli risulta meno aperto a queste “nuove” tendenze.
➢ Mentre Pascoli esalta infatti il piccolo borghese, ovvero l’uomo che si accontenta, che esalta e dà valore alle piccole cose, D’Annunzio rifiuta la banalità, ovvero l’uomo comune, e opta per il superuomo.
➢ La poesia pascoliana è destinata alla funzione di proporre una determinata visione della vita, che si concretizza nella celebrazione della realtà del piccolo borghese e dei suoi valori, in nome di intenti pedagogici, moralistici e sociali.
➢ Accanto a ciò si assiste ad una predicazione umanitaria e del buonismo, ovvero il sogno di un’umanità “affratellata” che trovi nella solidarietà e nel reciproco rispetto e aiuto una consolazione al male di vivere, ai dolori e alle miserie dell’esistenza umana. Da questo umanitarismo scaturisce anche un sentimentalismo a tratti patetico, che rimanda soprattutto alle tematiche di De Amicis.
➢ Per quanto riguarda i miti della produzione pascoliana ritroviamo, fra i tanti, il fanciullino, il nido (familiare, caldo e protettivo) e il ritorno dei morti. La tragedia familiare scaturita dall’assassinio del padre è infatti trasformata da Pascoli in un’ossessione privata e in una vicenda esemplare, da cui si può ricavare l’idea del male che è presente fra gli uomini e la necessità del perdono e della concordia. Soprattutto alla fine Pascoli si atteggia però a poeta-vate e i suoi personaggi-miti cantano l’Italia e le imprese patriottiche.
➢ Mentre però D’Annunzio va oltre (ma solo velleitariamente, poiché in concreto il suo superuomo fallisce) e offre alle masse la prospettiva di un sogno evasivo, di gloria e di lusso, che le strappi dalla mediocrità quotidiana, Pascoli si ritira nel nido e ribadisce la fede in alcuni valori elementari ma fondamentali (la proprietà, la famiglia, la devozione e la fedeltà ai morti, l’accontentarsi del poco, la pietà per i sofferenti), che sono poi anche quelli che gli hanno procurato tanta fortuna scolastica. Entrambi hanno però la consapevolezza della crisi e la visione catastrofica di un mondo minato dal male e dalla sopraffazione, che Pascoli esorcizza con il mito del fanciullino e del nido, che funge da protezione. Entrambi poi si rivolgono allo stesso pubblico, al quale Pascoli, grande poeta dell’irrazionale, offre una visione della vita del tutto personale mentre D’Annunzio rivolge intenti ideologici e propagandistici ed è trasportato nel mondo, tutto suo, dei superuomini.
➢ Pascoli è un baluardo contro le angosce della realtà contemporanea, è invitato alla bontà, alla fratellanza e ai buoni sentimenti. La sua poesia è ricca di sentimento e di buon cuore, trasmette valori positivi e inizialmente apprezzati dalla critica. Pascoli quindi, in quanto esploratore dell’irrazionale e delle lacerazioni della coscienza moderna, è ancora più decadente di D’Annunzio.
CARATTERISTICHE E SOLUZIONI FORMALI
➢ Per quanto riguarda la sintassi prevale la coordinazione. Una sintassi quindi “frantumata” e giustificata in questo dalla poetica e dal modo tipicamente pascoliano di vedere le cose a frammenti. C’è infatti un periodo breve, quasi nominale (senza verbo). Pascoli è in definitiva il portatore di un modo diverso di guardare alla realtà e in questo senso è utile ricorre a due illustri esempi dell’antichità: Cicerone e Seneca. Il primo, famoso per le strutture altamente elaborate delle sue opere, è esempio del fatto che la realtà si può controllare; il secondo, lavorando per frammenti (come Pascoli) e facendo ricorso all’uso di frasi brevi ma ad effetto e dense di significato, è sostenitore del rifiuto di una sistemazione logica dell’esperienza ed è testimone di un’atmosfera visionaria e da sogno in cui domina il relativismo, in cui quindi non c’è una verità universale e valida per tutti. Per cui Pascoli è come Seneca, uno che infrange la norma e che fa cadere le certezze (tangibili).
➢ Il lessico è innovativo, caratterizzato dalla mescolanza di codici diversi. Il notevole plurilinguismo di Pascoli è anch’esso giustificato dalla poetica: il suo linguaggio esprime infatti l’incertezza e l’ambiguità che il poeta ha nel definire la realtà. Nella sua lingua troviamo, in definitiva:
- termini preziosi e aulici;
- termini comuni e quotidiani;
- termini gergali e dialettici;
- termini precisi (riferiti alla terminologia ornitologica e botanica);
- termini stranieri (come ad esempio nella poesia Italy);
- parole greche e nella stessa grafia greca.
➢ Predominanti sono poi gli aspetti fonici, dall’onomatopea, cioè alla riproduzione quasi esatta di un suono, al fonosimbolismo, che è un modo col quale Pascoli entra in sintonia con l’oggetto, usato per coglierne l’essenza e per conoscerlo, andando al di là dei legami logici che la parola comune ispira. Col fonosimbolismo i suoni acquistano quindi valore per loro stessi.
➢ Pascoli usa molte forme metriche diverse, che rendono il ritmo fortemente spezzato. Queste sono però usate in maniera innovativa, poiché il poeta ama giocare sugli accenti imponendo appunti ritmi diversi e quindi spezzati, che portano ad un discorso e ad un verso frantumato, accentuato dal frequentissimo uso degli enjambements. In questo senso Pascoli può essere definito, in un certo qual modo, precursore del Futurismo e del Surrealismo, coi quali si ha l’esplosione dell’universo linguistico tradizionale e l’invenzione di codici assolutamente inediti.
➢ Al livello delle figure retoriche, Pascoli usa largamente il linguaggio analogico, e questo tramite l’uso della sinestesia, della metafora e appunto dell’analogia.
➢ Rispetto a D’Annunzio Pascoli è molto più innovativo per quanto riguarda la forma poetica. Questi infatti influenzerà tutta la poesia del Novecento, aprendo la strada, come si è detto, ai futuristi (sostenitori di una svalutazione della parola, la quale non comunica se non attraverso il suono) ma anche agli ermetici. Pascoli è quindi un innovatore della poesia, come già lo era stato a suo tempo Leopardi, che iniziò il rinnovamento della lirica con l’introduzione delle parole comuni e del verso libero, questa volta però con la prevalenza della subordinazione sulla coordinazione.
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Esempio



  


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    commento della poesia Patria di Pascoli

  2. Enrico

    commento della poesia Patria di Pascoli

  3. musti

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