Sofocle

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Testo

SOFOCLE

Vita:

il noto drammaturgo di Colono visse nel periodo della guerra contro i Persiani, quindi nel V sec. A.C., dove nacque da famiglia molto ricca. Fu giovane quando entrò a far parte del mondo teatrale e non fu soltanto poeta tragico, autore di grandiose tragedie quali Antigone o Edipo Re, ma anche direttore di un coro in un’opera teatrale che riguardava la vittoria a Salamina di Atene.
Fu partecipe anche alla vita politica della sua polis , ricoprendo importanti incarichi come quello da strategodell’esercito di Atene, a fianco di Pericle, e a quella religiosa, introducendo il culto del Dio Asclepio.
Si tramanda che Sofocle abbia composto 130 tragedie e drammi satireschi, conseguendo ben 20 vittorie all’Agone, gara teatrale. Le uniche che sono state ritrovate in buone condizioni sono:
Antigone, Elettra, Edipo re & Edipo a Colono, Filottete, Trachinie, Aiace.

Il suo tempo:

la corrente tragica a cui Sofocle si ispira fa ormai totalmente parte dell’età classica e questo drammaturgo ne è un importantissimo rappresentante: Edipo Re e Antigone in particolar modo mostrano ed esemplificano i nuovi e tipici criteri osservati dalla complessa struttura della tragedia della nuova epoca.
Importante componente del teatro classico i generale e assai presente nella tragedia di Sofocle è l’ambiguità: la sua forma perfetta e razionale infatti cela anche altri concetti, alle volte anche sbalorditivi.
I personaggi di Sofocle inoltre vivono la propria esistenza soli, senza essere accompagnati da nessuna divinità o vittime di alcun volere divino: nonostante la religiosità del drammaturgo, il divino possiede la sola funzione di garantire il compimento dei destini di ogni uomo sulla Terra.
Le trame spesso contengono temi dibattuti nel periodo in cui vive, quali la giustizia, la politica e il legame fra cittadino e polis.
Non trascurabile è anche l’influenza che queste tragedie hanno ricevuto dalla corrente filosofica a quel tempo diffusa, la sofistica.

Lavoro di drammaturgo:

le caratteristiche dell’eroe protagonista delle vicende tragiche di Sofocle contraddistingueranno la nuova era teatrale da quella arcaica precedente e da quelle a venire.
Questo personaggio risulta isolato da tutto, sia dai suoi simili ché dalla sfera religiosa, costretto ad affrontare sofferenze dovute al crudele destino che affligge ineluttabilmente ed inspiegabilmente la sua vita, nonché l’intera umanità, nonostante le sue doti e facoltà degne di lode, che lo rendono ineguagliabile da nessun altro personaggio della vicenda e che quindi lo “centralizzano” per l’intero svolgimento della tragedia. Il suo essere al centro dell’attenzione comporta inevitabilmente un cambiamento della sua psiche nel corso della storia, atto assolutamente estraneo al noto drammaturgo Eschilo ma in grado di coinvolgere ancor più lo spettatore, che può ora confrontare il protagonista con se stesso (confronto “prima / dopo”).
Esso consiste solitamente nella progressiva accettazione del fatto che non è possibile sfuggire al malvagio destino ( = metabolé) e nella maturazione a poco a poco della sofferenza che affliggerà il personaggio per l’intera vicenda, portandolo qualche volta anche al suicidio.
A questa sorta di “evoluzione psichica”, che ovviamente ne conseguirà sempre un peggioramento della situazione, dovuto alla nascita di un sentimento negativo nella mente del protagonista, come la gelosia in Deianira della nota tragedia “Trachinie”.
La straordinaria capacità delle vicende di Sofocle di sopraffare i personaggi e sorprendere gli spettatori è dovuta al loro inaspettato arrivo, come se fossero una sorta di continui “colpi di scena”, che spesso fa riferimento ad eventi accaduti in passato e i cui risultati si manifestano contemporaneamente alla narrazione tragica, come succede in “Trachinie”, nel momento in cui la protagonista scopre bruscamente di aver ucciso il marito per colpa del sortilegio di una bestia con cui aveva avuto a ché fare molto tempo prima.
La drammaturgia in generale poi, attraverso il prezioso contributo di questo tragediografo, termina il suo sviluppo. Sofocle infatti introduce:
• L’Antilabé – la recitazione di un verso viene suddivisa fra due personaggi;
• Il terzo attore;
• Un coro costituito da tre elementi in più del normale;
• Miglioramenti agli impianti scenici;

viene infine abbandonato il sistema a “trilogia”, che vincolava enormemente la narrazione della singola tragedia.
Dal punto di vista dello stile il poeta tragico tende invece a tralasciare da una parte metafore e figure retoriche troppo squilibrate, riservando limitate espressioni poetiche ed elevate al solo coro, dall’altra frasi o locuzioni popolari: adotta quindi un tono essenzialmente medio, né difficile da comprendere ma neanche privo di concetti e profondità di pensiero.

Aiace
Struttura a “dittico”: prima parte dedicata al protagonista e al destino che lo sconvolge, seconda parte dedicata agli esiti delle sue azioni sulla comunità.
Il periodo in cui è stata composta la tragedia resta ancora oggi incerto: si ipotizza intorno alla morte di Temistocle (460 – 450 A.C.).
Questa figura eroico - mitica appare in altre svariate opere più antiche, tra cui la Piccola Iliade, l’Etiopide e fugacemente nell’Odissea, quando Ulisse giunge nel regno dei morti. La narrazione di Sofocle riguarda sommariamente la parte conclusiva del mito di Aiace, ovvero poco prima della sua decisione di mettere fine alla sua esistenza.
Nella seconda parte della vicenda si accende uno scontro fra chi desidererebbe rendergli onore per le sue mirabili imprese (assegnazione del kleos, la “gloria dovuta”) e chi, e tra questi i capi dell’esercito, invece vorrebbe lasciar marcire la sua salma o gettarlo in pasto ai cani. La tragedia si conclude con la sepoltura dell’eroe, che in futuro verrà riconosciuto come uno dei protettori della sua città natia, Atene.
Il protagonista si presenta come un personaggio rigorosamente legato all’onore e alla morale pubblica arcaica, che si rispecchia essenzialmente nella “cultura di vergogna”: dal momento che si è ridicolizzato di fronte ai soldati nemici infatti appare spontaneo da parte sua e quasi “giustificabile”, essendo la concezione dell’eroe greco molto severa per quanto riguarda la vergogna (concetto eroico dell’ “aidos”), il desiderio di suicidarsi, che ormai è l’unica soluzione possibile per porre rimedio alla sua sventura. Aiace non giunge quindi ad alcun tipo di accordo con se stesso per evitare la morte, al contrario di ciò che avviene invece con la maggior parte degli eroi “moderni”, come l’Eracle di Euripide che, nonostante abbia ucciso la sua intera famiglia, si lascia sottomettere all’inevitabilità degli eventi avversi e decide di fuggire lontano con l’amico Teseo.

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