Materie: | Appunti |
Categoria: | Letteratura Greca |
Download: | 1439 |
Data: | 25.11.2009 |
Numero di pagine: | 17 |
Formato di file: | .doc (Microsoft Word) |
Download
Anteprima
tragedie-euripide_1.zip (Dimensione: 17.91 Kb)
trucheck.it_le-tragedie-di-euripide.doc 58.5 Kb
readme.txt 59 Bytes
Testo
LA TRAGEDIA GRECA III
EURIPIDE
Di lui si conservano 17 tragedie. Figlio della sofistica, non si occupò di politica e fu il meno amato. Ebbe solo 5 vittorie di cui una postuma. Presentò le brutture della vita e il moralista Aristofane lo prese in giro e disse che non fu educatore. Anziano se ne andò da Atene forse per l’incomprensione, invitato dal re di Macedonia. Secondo la tradizione, nacque da genitori nobili il giorno della battaglia di Salamina, ma non è verosimile. Si sposò ed ebbe tre figli di cui uno tragediografo, Euripide il Giovane. Andò in Macedonia nel 408 e morì nel 405. Sofocle, che lo avrebbe seguito nella tomba solo pochi mesi dopo, si presentò all’agone tragico vestito a lutto. Razionalizza il mito sottoponendolo ad una revisione tagliandogli le parti incredibili, ma in realtà è come Pindaro , scrosta e cerca di eliminare l’impuro. Gli piace mescolare i miti variandoli, ne intreccia due o tre cambiando il finale o complicando così tanto la trama che è sempre necessario un DEUS EX MACHINA che dica cosa fare, dato che l’uomo non lo sa, il dio sblocca la situazione risolvendola artificiosamente. Introduce innovazioni tecniche; un suo musicista ( Timeo ) fece una musica nuova e scandalosa per gli ateniesi, una sillaba passava per due –tre note e non più per una sola. I personaggi non sono eroi ma uomini che soffrono senza principi a cui essere ligi ( è il sofismo ), partono in lunghi monologhi in cui riversano le loro incertezze. La mescolanza e l’invenzione del mito rendono necessario un prologo esplicativo simile al nostro in cui si spiega cosa sia successo perché il pubblico non sa. Non aumenta né gli attori né il coro; questo continua a perdere importanza, non si può contrapporre all’eroe perché uomo, può solo compatirlo o dargli sentenze ( γνομαι ) con etica di buonsenso, i personaggi non hanno codici di comportamento e si rifugiano nella γνομη. Fu accusato di misoginia ( in quella società? ) ma per noi è l’opposto perché appare più vicino alle donne ( che sono tante sulla scena ) in quel mondo dove la donna sta sempre in casa e rimane chiusa nel gineceo soffrendo non per sé ma per la famiglia. Euripide rappresentò donne con loro autonome e sentimenti,che agiscono, ciò fu scandalo. Le donne non andavano a teatro, se avessero conosciuto quelle tragedie si sarebbero scandalizzate e avrebbero accusato Euripide di misoginia, perché la donna ateniese era la prima a pensare male di una donna che agisce. Nell’Ippolito non solo un libero si rivolge ad uno schiavo ( scandaloso ! ) ma quello schiavo agisce, il rapporto servo-padrone è di tipo ilotico. Atene città commerciale conosce solo lo schiavo commerciato ( ce ne sono tre tipi di schiavi; l’ilotico, il commerciato e la preda di guerra ); per Aristotele il libero ha il λογος perfetto per φυσει, lo schiavo no, secoli di abitudine fecero maturare questa convinzione. A Sparta invece solo il tipo ilotico, ma in fondo venivano protetti dagli Spartiati ( non era uno schiavo commerciabile ). Ci furono altri casi in cui popolazione greche incapaci di difendersi per vari motivi si rendevano servi di altre popolazioni, lavoro in cambio di difesa. Alcuni ritenevano che avere servi omofoni fosse giusto, per altri era mostruoso, perché il greco doveva dominare e non essere servo. Gli iloti sono discendenti da greci sconfitti da altri greci e ridotti alla schiavitù di allevamento, qualcuno appunto sostiene che fosse nata come servitù in cambio di difesa. Cicerone con una falsa etimologia ritiene che SERVUS derivi da SERVO,salvare, lo schiavo è il nemico salvato dalla generosità romana, i romani lo credevano, e trattavano bene gli schiavi disapprovando chi li maltrattava; molti schiavi a Roma morirono per il padrone. Comunque con Euripide servi sono personaggi attivi, lui li presenta al momento della perdita della libertà ( che i greci non vedevano dal momento che acquistavano solo ); addirittura lo schiavo chiede qualcosa al padrone e lui al concede. Ciò e superscandaloso; Aristofane, fan di Eschilo, mette Euripide fuori da ogni buon senso. Farà dire a Ecuba, mentre guarda con odio Elena, “ basta attribuire agli dei le nostre colpe ”, anche Eracle lo dirà, si smonta un principio, siamo noi a farci del male ( si pongono limiti al potere degli dei e li si rende più deboli ). Euripide cerca il dio e si chiede il senso del dolore; se gli dei ci fanno fare del male sono malvagi, lui non riesce a capire quale sia l’origine del dolore, non ha più fiducia nel divino pur purificando il mito, non ha più né valori né fede. È insieme l’apoteosi ( personaggi che esaminano razionalmente le situazioni ) e la crisi ( la ragione non trovando risposte mostra la sua debolezza ) della sofistica. La sua ultima tragedia ( le Baccanti ) può essere recupero della religiosità ( l’uomo che si oppone al dio viene punito ) o il contrario ( ateismo, chi è religioso è cretino e chi è razionale muore ). È forse la suprema affermazione del conflitto che c’è nella vita, Euripide non trova soluzioni.
LE BACCANTI
Dioniso figlio di Semele e nipote di Cadmo torna dall’oriente a casa sua, Tebe, sulla tomba della madre, vuole mostrare la sua potenza, lo seguono le donne tra cui Agave, madre del re Penteo. Penteo combatte questa religione perché pericolosa socialmente, ordina di arrestare Dioniso non riconoscendolo come dio, e le Baccanti. Cadmo e gli indovini seguono Dioniso volendo sfruttare la religiosità per dare lustro al casato, invece Agave ci crede sul serio. La Baccanti diventano pericolose quando sono sotto attacco. Penteo è contento di aver riportato l’ordine con l’arresto di Dioniso, ma questo si libera dalle catene e prende in giro il re travestendolo da Baccante, Penteo si lascia prendere in giro convinto che così le arresterà tutte e ne vedrà l’immoralità. Un αγγελλος annuncia che Dioniso convinse il re a salire su un’ albero per non farsi vedere, poi ispirò Agave che uccide il figlio scambiandolo per un leone, rinsavita se ne va . Per l’interpretazione 1 il re razionalista non ha accettato l’autorità del dio quindi ha pagato la sua empietà; nella 2 Penteo, che vive secondo giusti principi, vuole estirpare il fanatismo religioso ( Agave nel suo fanatismo non distingue tra realtà e finzione tanto diventa folle ), ma ne finisce vittima: si rischia che le menti razionali ne siano sommerse. Ambedue le interpretazioni sono valide e Euripide ci dimostra l’entità del suo problema, i due aspetti insieme, lui non è riuscito a capirli, non ha trovato soluzioni. Questa tragedia è un ’esempio di razionalizzazione del mito; Era, gelosissima, fa colpire con un fulmine Semele, nella tradizione Zeus si mette il feto nella coscia, Euripide la contesta e ci dimostra l’errore ( μερος-μηρος-ομηρος ), dice che Zeus per salvare il piccino prese un μερος di aria fantoccio di Dioniso e lo diede a Era come ομηρος della sua gelosia.
ALCESTI
È una tragedia strana perché finisce bene, ma per metri e struttura non è un dramma satiresco, come qualcuno dice. È la prima tragedia di Euripide. Leone dice che poteva trattarsi di un esperimento. La vicenda è quella di Admeto, re di Fere in Tessaglia, cui Apollo, innamorato, ha concesso di sopravvivere a morte certa se qualcuno si fosse offerto per lui. I genitori si tirano indietro; anche se madre, si offre Alcesti, mancandogli le forze, lei fa un ultimo discorso dal letto. Admeto parla in modo ambiguo; vuole che la moglie sopravviva ma ha accettato il suo sacrificio non voluto dalla τυχη. Alcesti risponde con una lunga tirata: dice che nulla vale di più della vita umana, perciò per il suo sacrificio non c’è ricambio; chiede al marito di non sposarsi più. Lui risponde che esaudirà il suo desiderio, si insiste sul concetto che la vita è la cosa più cara, lei è contenta, vive e muore per il marito e i figli ( tradizionale ), ma è anomalo che prenda iniziativa, però è cosciente del suo essere e della sua azione ( rinfaccia al marito il suo sacrificio, gli chiede di non sposarsi più, non pregandolo, ma dicendogli “ è il minimo che puoi fare ”. Anormalmente, sembra che Admeto la ami, ma si contraddice perché basterebbe accettare il suo sacrificio, è un uomo debolissimo.più tardi Admeto, parlando cogli amici, dice di rendersi conto del pasticcio in cui si è cacciato: gli manca la moglie, i figli sono orfani, fa una bruttissima figura. Euripide ci presenta una donna forte e intraprendente con un uomo debole e disonorato. Non si sceglie tra ben vivere e ben morire. Arriva però Eracle e Admeto per non mancare di ospitalità toglie i segni di lutto ( per vigliaccheria ), Eracle se ne vuole andare ma Admeto lo convince a restare. Durante la processione un servo si lamenta perché è rimasto ad osservare Eracle ubriaco ( non è ancora dio ma eroe, è l’ Eracle da commedia ). Riavutosi, e saputo dal servo della morte di Alcesti, va giù agli inferi e la riprende portandola velata di fronte al marito che, pur colpito dalla somiglianza con la moglie appena morta non la accetta per la promessa appena fatta, ma Eracle le toglie il velo e la coppia è riunita. È un’opera non troppo scandalosa.
LA MEDEA
È una delle più grandi( apprezzata anche a Roma ), viene premiata, tratta un mito non molto diffuso. Giasone ha il nonno Pellia che vuole sbarazzarsi di lui per un oracolo, viene mandato nella barbara Colchide per prendere la reliquia del Vello d’oro ( lì si usava la pelle di pecora come pergamena, inoltre con questa stessa pelle si prendeva l’oro nei fiumi ). Giasone per intervento di Afrodite fa innamorare di lui la maga Medea, figlia del re, che gli fornisce i filtri con cui prendere il Vello. Presolo i due se ne vanno,lei ( è barbara, ma una maga quindi σαφή ) per la passione ha tradito il padre e attirato in un tranello il fratello Ipsirto,ucciso da Giasone. Siamo a Corinto, dove i due vivono felici in esilio. A parlare è la nutrice che maledice la venuta di Giasone, Medea non riesce a razionalizzare il suo dolore e mostra una rabbia repressa perciò muggisce ( comune nelle tragedie )non riuscendo a parlare, perché Giasone vuole sposare la figlia del re Creonte; la sua non è gelosia ma paura di perdere uno status sociale e onore, ma è un’ eroe , come Achille ha il senso dell’onore mentre come Odisseo ha l’astuzia, una femmina con uno stampo omerico. Il coro sono le donne della città. Il pedagogo annuncia che un bando vuole esiliare Medea e i figli. Ora lei arriva e fa una lunga tirata sulla condizione femminile, la prima. Si rivolge all’affettuoso coro appellandosi all’appartenenza ad un sesso comune, presenta la scomodità di questa vita, l’assurdo della dote, spesa di soldi per comprarsi un padrone; il rischio di un marito cattivo è enorme, il divorzio di fatto poteva essere chiesto solo dal marito ( non teoricamente, l’arconte poteva assumere la tutela della donna, ma accadde solo due volte ), il divorzio per la donna incolpevole non è onorevole, la vergogna ricade su di lei. Una donna, dopo il periodo di incoscienza, viene sbattuta in una casa sconosciuta con gente ignota. Se il marito è buono la vita è invidiabile ( ironico, Medea non può pensarla così ). L’uomo può sfogarsi ma la donna no, quindi è meglio morire. Certo, l’uomo rischia con la guerra, ma lei dice che si rischia di più con il parto e il dolore, è la prima affermazione che la madre paghi i figli con dolore e col parto, e quindi è come se fossero suoi. Medea, nipote del sole, decide di vendicarsi mandando attraverso i figli un vestito splendido ma unto di veleno alla rivale, che muore, e il padre la tocca, morendo pure lui. Così Medea scappa, secondo una variante accolta da Egeo. I corinzi, senza più la maga, ne uccidevano i figli. Di qui la tradizione: a Corinto due bambini nobili venivano chiusi nel tempio per dieci giorni, in espiazione all’uccisione. Il Paudano disse che Medea aveva tre svantaggi: donna-barbara- σαφή. Euripide la rende un eroe classico con lo θυμός di Achille e la σοφια di Odisseo, ma essendo donna non può agire come un uomo. Non sopporta il ridicolo. La nutrice teme che Medea commetta qualcosa di brutto; dopo la seconda notizia, quella del bando, Medea parte nel suo discorso sulla femminilità. Sofocle in una tragedia, il Tereo ,faceva dire qualcosa di simile, ma Medea è molto accesa; Sofocle sottolinea la felicità dell’infanzia, per Medea anche quelli sono tristi; Sofocle non parla di divorzio, Medea sì ( la donna non può rifiutare il marito e la separazione non è onorevole; in effetti è un atto di grande coraggio ); Sofocle non parla di parto ( mortalità del 30% ) ma Medea sottolinea che il dolore e il rischio del parto tolgono ogni tranquillità ( tre volte meglio combattere che il parto ); il figlio proprietà solo del padre, invece lei sostiene che sono suoi perché pagati col dolore e col pericolo, è un’affermazione coraggiosa. Manda a chiamare Giasone che arriva prontamente. Medea, spinta dallo θυμός, lo assale col ricordo dei suoi sacrifici che lui ripaga trattandola così. Lui è un meschino gretto che maschera tutto con la sofistica. Si difende dicendo che lui non gli ha mai chiesto nulla, è lei che ha fatto; lui l’ ha portata via dalla barbarie nel mondo civile, dovrebbe essere felice; se lui si sposa con quella nuova, trova una patria e assicura un futuro migliore dei figli ( non sa del bando ), è la soluzione migliore, la rimprovera per la sua scenata e perché lei non lo aiuta nel nuovo matrimonio. Medea, sbollita la rabbia, lo caccia via perché ha deciso di giocare d’astuzia, βολευμετα, piano organizzato, può solo escogitare un piano che racconta al coro e alla nutrice. Medea deve crearsi una via di scampo; arriva Egeo, eroe , che solo può capirla ( ma non sa il piano ); avendo saputo dell’esilio, le offre ospitalità ad Atene. Il piano non deve uccidere Giasone ma privarlo del γενος di cui è orgoglioso ( uccidere i figli e la rivale ), c’è contrasto fra la Medea madre e quella eroina. Deve ottenere una dilazione dell’esilio; va da Creonte che pur temendola perché maga e saggia viene persuaso dalle sue parole, lei passa per innocente suscitando pietà, ottiene un giorno di tempo, indispensabile per il piano. Invoca gli dei ed esprime il piano al coro e alla nutrice, che tenta di dissuaderla. Zeus è δικη, Medea dice che dirà a Giasone parole μαλθακός, ingannevoli ( o vigliacche ), morbide; ingannata dall’uomo greco, sarà lei ora a ingannarlo. Manderà alla rivale peplo e corona, corredo sia nuziale che funereo. Sa che è empio uccidere i figli ma lei lo deve fare. Manda a chiamare Giasone che arriva seccato, lei finge di scusarsi per non aver capito il suo piano intelligente, ha sbagliato a non aiutarlo, anche perché lei è una donna, ma ora è saggia e vuole aiutarlo. Lui ci casca in pieno e dice che un futuro radioso aspetta i suoi figli, non per prenderli in giro ma perché è proprio scemo, Medea gli ricorda il bando e gli chiede di tenerli lì con lui, Giasone da buon spaccone dice che non sa se ci riesce, lei gli dice che lui può ottenere tutto, l’altro ci crede. Medea dice che i bambini porteranno alla rivale dei vestiti per indurre Creonte a revocare il bando. Giasone dice che quella ragazza è ricca e possiede già tutto, e che Medea in esilio non deve privarsi di nulla, ma la maga che sono vestiti fatti dal sole. Sa che per lei è difficile uccidere i figli, ma coinvolgendoli saranno ritenuti colpevoli, e ucciderli sarebbe un atto di pietà. Di fronte ai bambini Medea fa un monologo meraviglioso con forte ironia tragica. “ voi avrete una casa e una città da cui vi separerete dalla madre ”: saranno separati perché andranno all’Ade;“voi avrete un’altra forma di vita”:sarete morti. Dice di aver pensato a cose morbide, cioè vigliacche:“siate felici ma là, il qua l’ ha tolto vostro padre”. Nella ρησις ανγελική il servo narra l’accaduto. Vedendo i bambini tutti furono contenti perché pensarono che Medea si fosse calmata. La rivale in primis prova repulsione, ma Giasone la calma, lei attratta dai doni li prova, ingenua e felice si guarda allo specchio ( in fondo è una vittima ); quando il veleno la distrugge la carne cola come resina ( effetto da vetriolo ), Medea è contenta di tutto questo dolore, il servo dice che sono andati a chiamare Creonte e anche lui è rimasto corroso. L’ αγγελλος è scandalizzato ma ne capisce le ragioni, le dice di scappare. Medea ora deve per forza uccidere anche i figli ( ora è atto d’amore ) per non lasciarli al nemico che li tratterebbe peggio, deve trovare il coraggio. Uccisi, arriva infelice Giasone che ha capito tutto e chiede i figli per seppellirli, Medea rifiuta perché è empietà che l’uccisore seppellisca gli uccisi, ed è stato lui ad ucciderli indirettamente. Dice che istituirà una festa per ricordarli. Arriva il carro di suo nonno il sole,Medea vi sale con i cadaveri, dice che Giasone morirà in modo turpe ( schiacciato da un timone ) e poi sparisce. Il carro si presta a due interpretazioni. Medea viene sottratta alla giustizia umana, interviene il dio per giudicarla o perché l’ ha già giudicata ?
1. il suo delitto è troppo mostruoso per la giustizia umana e servono gli dei;
2. secondo Martina e Leone il delitto è giustificato, l’eroe non può essere capito; la legge umana terrebbe conto delle motivazioni al di là della gretta umanità, l’uomo normale (φιλοι εχσθροι ) accetta la derisione e l’ingiustizia per il tradimento della parola data, l’eroe no, il vero colpevole è Giasone, solo un tribunale divino potrebbe capire e giudicarlo, perché solo gli dei possono capire che non poteva agire, e la portano via per questo.
Nel mito originario i figli sono uccisi dai Corinzi ma qui non servirebbe, Medea deve uccidere i figli futuri ( quelli con Creusa ) e passati ( sono suoi quindi può farlo ). Quella di Medea è una figura tragica di grande fascino, col suo figlicidio e il suo aspetto eroico, coi suoi piani agisce come una donna e si vendica coi mezzi che la società concede ad una donna. Si dice che i Corinzi, grati che Euripide li avesse liberati dalla colpa, lo riempissero d’oro e mantenessero la cerimonia solo per simbolismo.
IPPOLITO
I commentatori la chiamano Fedra perché lei è il personaggio principale. Ci sono due Ippoliti, il Velato e il Coronato (τυκυρ), il secondo sostituì il primo perché troppo scandaloso. Ippolito è il figlio di Teseo, che si è risposato con Fedra. Ippolito è seguace di Artemide, è misogino e disprezza Afrodite, che decide di vendicarsi facendo innamorare Fedra di lui; non è incesto per il sangue ma dal punto di vista legale, è un divieto morale. Fedra cerca di lottare con la sua passione, ma è molto preso da questa sofferenza, la nutrice che le vuole bene si sfoga col coro e convince Fedra a rivelarsi; lei all’inizio recalcitra per non svelare una colpa così, poi accetta. La nutrice ( lo schiavo che da consigli γνομαι ) in parole imbevute di sapienza comune, fa un discorso strano per uno schiavo ( però lei è più esperta ): l’amore è una forza divina a cui credono pure gli dei, figuriamoci gli uomini, cercare di resistere è impossibile e pure un atto di superbia, dal punto di vista logico è giusto. Questo è il ragionamento di una schiava che convince una libera ( nella prima versione Fedra prenda l’iniziativa e si rivela a Ippolito che scandalizzato si vela; lei si uccide e lascia il famoso biglietto falso, Teseo invoca Poseidone per punire il figlio, degli animali lo uccidono, Afrodite però rivela a Teseo che è innocente ; una donna che si offre ad un’ uomo è troppo scandaloso ). Qui è la nutrice che prende l’iniziativa, è meno scandaloso; si fa giurare da Ippolito il silenzio ( che viene mantenuto ), rivela la sofferenza di Fedra, allora Ippolito fa una tirata misogina ( si capisce che Afrodite si vendica ); la donna è una male a doppia faccia, era meglio se Zeus ci offriva i semi dei figli, la dote era il pagamento del padre per liberarsi della figlia, il marito stupido spende un mucchio in gioielli, si ti buschi una cretina è innocua e non fa nulla ( la donna essere pericoloso senza autocontrollo, portata a tradire ), ma se è una che sa ed è intelligente, farà le corna al marito ( paura tipica di Atene ) usando la sua intelligenza, dice che non dovrebbero avere schiave ( con cui potrebbero parlare delle loro trame malvagie ) m bestie. Ippolito è scandalizzato, per lui l’amore è contaminazione ( Teseo all’inizio dice “ com’è noiosa la tua purezza ), è un maniaco della purezza che finisce per essere ingenuo. Non si capisce perché Fedra debba lasciare il famoso biglietto, nella prima versione aveva senso, qui no . La nutrice e il coro per la sofferenza di Fedra dubitano dell’esistenza degli dei, Fedra è una vittima, Afrodite ci fa una magra figura perché coinvolge una innocente. Qual è il senso della tragedia? C’è già un’umanità che non riesce a spiegarsi il dolore, è sbagliato non venerare Afrodite ( amore mitizzato, quindi colpa grave ) ma Fedra non centra. Ippolito è solo un po’ ingenuo, Artemide non lo aiuta, Afrodite viene solo a spiegare tutto quando Teseo sta per maledire il figlio morente, è Euripide che non trova risposta
IFIGENIA
Ve ne sono due, In Taurine e In Aulide, problema già noto, Agamennone aveva il diritto di uccidere la figlia? Ifigenia viene mandata a chiamare per il sacrificio, Agamennone non ha idee chiare ( in Euripide pochi veri eroi, non c’è un codice saldo dei valori, distrutto dalla sofistica, i personaggi fanno ragionamenti complessi ).Agamennone, parlando con Menelao, dice che ci ha ripensato e che non vuole sacrificare sua figlia per una cosa cretina di un cretino, Menelao piagnucola, Agamennone fa il razionale fino in fondo:Menelao dovrebbe essere contento che la moglie se ne sia andata. Menelao se ne va e arriva l’ αγγελλος a dire che è arrivata Ifigenia e tutti lo sanno. Agamennone fa una tirata: piange ed è scosso, l’esercito non vorrà tornare indietro, ha capito che il capo ha dei doveri. Menelao torna, ci ha ripensato ( ? ) e non vuole la morte di Ifigenia. Ma Agamennone riconquista la dignità di capo e decide per il sacrificio; Clitemnestra è venuta a sapere, fa una scenata al marito per l’inganno, usa gli stessi motivi. Ifigenia, che ha con sé Oreste, fa una lunga tirata che dà l’idea del patetico,due discorsi. Nel primo, sapendo di dover essere sacrificata, prende il fratellino e implora il padre, si riferisce al dolore del parto ( comune in Euripide ), dice che è meglio vivere male che morire bene, ma Agamennone sostiene di non poter più uscire dalla sua αναγκη. Achille si schiera con Ifigenia, si rischia lo scontro, ma ecco che la ragazza inizia il secondo discorso, una presa di responsabilità: meglio la via di un uomo che quella di 10 000 donne; è giusto che il greco comandi i barbari. È il pensiero tradizionale che Euripide contesta con ironia perché detto da lei: una innocente viene sacrificata in base a dei principi su cui si dovrebbe pensare un po’ di più. Anche Agamennone ci aveva pensato su, e inoltre c’è un Achille nuovo, che rinuncia alla gloria per salvare la ragazza. Secondo il Perrotta Ifigenia si è veramente ricreduta e Euripide accetta il pensiero tradizionale, ma per Leone non vale più.
ELENA
Rispesca la versione esiodea: Menelao entra con Elena dalla guerra, la nave si incendia e approdano in Egitto. È un Menelao malinconico e straccione, supplice, che si salva sbarcando e chiede aiuto a Tolomeo, ma incontra nel palazzo Elena; sconcertato chiede cosa significhi ciò, lei dice di essere lì da 10 anni e che a Troia c’era il suo ειδολον, è rimasta casta resistendo a Tolomeo. Menelao torna nella nave e l’ ειδολον non c’è più, così capisce. È la critica di Euripide: la guerra di Troia è stata combattuta per un’ombra, ossia tanti morti per nulla.
ELETTRA
È un mito molto trattato che con Euripide subisce il massimo della trasformazione. Ambientata nella campagna ( originale ! ), a raccontare è un contadino il cui figlio riceve in moglie Elettra affinché essa non crei pericolosi pretendenti ( da una femmina ? ), inoltre lei si è adattata ai lavori agresti e c’è affetto tra i due: anomalo! Tutto è strano, il matrimonio non è consumato, anche questo incredibile; innovativa è anche l’idea del pianto. Anche qui Oreste si spaccia per un messaggero di sé stesso, Euripide pure contesta la nobiltà di nascita rispetto a quella d’animo. Si mescola anche l’Odissea ( storia della cicatrice ). Elettra trarrà in inganno la madre con la balla di un figlio: ma non si odiavano ? si dice che Agamennone fosse tornato con una concubina, ma qui Euripide contesta: perché lo possono fare solo gli uomini ? Euripide va sempre agli estremi: se Agamennone è stato giustamente ucciso per tradimento, perché Clitemnestra non ammette di dover essere uccisa? Arrivano i dioscuri. Clitemnestra ha una colpa, il dio(l’oracolo ) vuole la sua morte , ma il matricidio è ingiusto, quindi i dioscuri dimostrano che anche l’oracolo può sbagliare ( l’ordine è giusto ma se svolto commette un atto cattivo ); è empio ma logico ( si contesta di più l’oracolo che ha una parte umana, quindi sfugge l’empietà ), inoltre sono degli dei a dirlo. Mito pacioccato. È l’assurdo spinto fino in fondo, nella questione del ricciolo e delle orme, e non c’è entusiasmo nel riconoscere gli indizi. Elettra fa due considerazioni: mio fratello non ha paura di Egisto quindi non deve venire di nascosto; i capelli di uomo e donna non sono paragonabili e neppure prova di parentela. Nega che ci possa essere un’impronta sul terreno roccioso, uomini e donne hanno piedi diversi anche se fratelli. Il pedagogo chiede allora del mantello ( parte sua, altro elemento irrazionale) e lei dice che non l’ ha tessuto, e inoltre i vestiti non possono crescere insieme alle persone. È il sofismo di Gorgia: negazione dell’assolutismo e affermazione del relativismo, inventa un quarto tipo di periodo ipotetico: ponendo per assurdo che qualcosa esista, non potremmo conoscerlo, e se anche noi lo conoscessimo, non sarebbe comunicabile. Euripide dimostra l’irrazionale degli altri tragediografi ( anche per partito preso: visto che non vinco me la prendo ), è una freddezza super razionale che elimina il pathos.
LE TROIANE
Abbandona la ragione in favore del pathos: la fine di Troia vista all’interno dalle più deboli, Andromaca e Ecuba. Non si trova senso di fronte al dolore umano inspiegabile, raggiunge il patetico, l’unico valore è la compassione verso l’altro uomo. Lamento di Andromaca; l’araldo Taltibio annuncia la condanna di Astianatte; persona comune, non capisce il perché della morte di un piccino e prova compassione,dice che è colpa di Odisseo, lei deve essere saggia e non resistere, ribellarsi quando si è deboli peggiora solo le cose, se lei si ribella i greci lasceranno insepolto il bambino, che morirà per colpa dell’amore del padre. Tradizionalmente è giusto che il γενος di Ettore termini, ma Euripide anche qui dimostra l’inutilità di accanirsi contro un bambino ( ulteriore critica alla guerra di Troia ); Andromaca dice che Elena è figlia del male e si autodefinisce barbara (?), è un lamento estremamente ricco di pathos, la colpa non si sa da dove provenga ( non dagli dei perché sarebbero cattivi ).
ANDROMACA
Ermione è moglie di Neottolemo che oltretutto si è preso Andromaca da cui ha avuto un figlio. In assenza del marito, Ermione trama la morte di Andromaca e del marmocchio, ma il piano è sventato dal decrepito Peleo. Ermione rinfaccia ad Andromaca di aver tradito il marito e di non sopportare di avere un mezzo sangue in casa, ma Andromaca dice che Ettore le portava in casa i figli di altre donne e lei è abituata a fare da mamma, per lei il figlio del signore ( qualunque egli sia )è sacro. È la critica di Euripide alla pratica del concubinato, oppure alle famiglie barbare.
IONE
Euripide fu autore di tragedie di intreccio simili alla commedia nuova, le cose si mettono a posto dopo tanti pasticci grazie all’agnizione ( che risulta credibile in un’Atene non più sicura e con scambi di figli ) elemento tipico della commedia nuova. Equivoci che poi si sistemano, diventa basilare la vicenda e non il messaggio. Apollo, dopo una relazione con la principessa Creusa, anormalmente e vigliaccamente prende il figlio nato dal rapporto e lo espone al tempio dove l’ ha preso la Pizia e dove vive come un’ orfano. Arriva poi Xuto con la moglie Creusa, i due non potevano avere figli, Apollo dice che Ione è il figlio di un’avventura, così Xuto non perderà la faccia per il figlio della moglie. Creusa incontra Ione e parla della sua avventura, la trama è complicatissima. Euripide vuole purificare il dio, basta spargerne i figli in mezzo alla tragedia. Ma il dio, che la garanzia di impunità rende più colpevole, ne esce infangato, Apollo ci fa una pessima figura, non osa neanche farsi vedere, Ione viene creduto figlio da tutti. La fine è comunque positiva, anche dopo un tentato omicidio,ed è basata su menzogne ed equivoci, e sull’agnizione.
1