Il teatro greco

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Appunti sul teatro e la tragedia greca

Il teatro è l’espressione più caratteristica della cultura ateniese.

I problemi che genera la tragedia, tra cui la catarsi, sono discussi nella “poetica” di Aristotele.

Differenza fra epica e teatro: l’epica è fondata sulla narrazione (epos = parola) mentre il teatro è fondato sull’azione (drama = dramma). La parola greca teatro deriva da theatron, che deriva da theaomai (“guardare”).

Limitazione della tragedia: possono essere rappresentate scene del mito in uno spazio e tempo possibili.

Vantaggio della tragedia: permette di scavare nella psiche del personaggio.

In origine, la tragedia aveva valore rituale e liturgico (era un pubblico servizio): si svolgeva durante la festa di Dioniso. Era un fenomeno di massa, in cui si discuteva anche di politica e di religione.

Gli elementi costitutivi del dramma:
• Dolore (pathos): nella tragedia, l’eroe assiste alla sua caduta nel non riuscire ad affrontare le prove della vita. Il dolore è una parte inevitabile e senza spiegazione della vita (non dipende dalla religione). Può derivare da un errore, una colpa, una maledizione, solo dal destino infausto, oppure assurdamente, dal nulla.
• Scelta: nella tragedia, l’eroe si trova piu’ volte davanti a “bivii” che prevedono due o più possibilità di scelta; tutte queste possibili scelte però porteranno inequivocabilmente alla disfatta, proponendo così sullo stesso piano sia il tema della libertà, sia quello del limite dell’uomo.
• Destino: nella tragedia i personaggi sono “sovradeterminati” e talvolta queste forze sovradeterminanti e oscure si agitano direttamente dentro all’eroe stesso, che sfugge al suo controllo e raggiunge l’autodistruzione. Il destino non permette mai all’uomo di essere completamente libero: nessun personaggio potrà mai avere padronanza su tutto; il destino è quindi una di queste forze insormontabili, ed è invisibile, insieme ad altre come le divinità. L’uomo non potrà quindi mai raggiungere la sua completa autoaffermazione.

Katharsis (la purificazione): attraverso pietà e terrore nella tragedia, le basse emozioni umane vengono eliminate dall’anima; avviene una sorta di immedesimazione dell’uomo nei personaggi dell’azione drammatica, un transfert.

I fini della tragedia sono: artistico, educativo e psicologico.

La tragedia nasce da coloro che usano il ditirambo, il canto di Dioniso. Col trascorrere del tempo questo canto amplia i temi di trattazione, non limitandosi più alle vicende dionisiache ma narrando anche quelle eroiche.
La tragedia è una forma serio-comica di una rappresentazione a carattere rituale.

Coro: onnipresente in scena, rappresenta un unico “corpo”, anche se composto da più persone: l’opinione pubblica (o di un gruppo di cittadini specifici). Aiuta e da’ consigli ai personaggi o si limita a raccontare parte della vicenda.

Etimologia della tragedia:
• Tragos e ode – “il canto del Capro” (si riferisce ai satiri camuffati da demoni caprini o al premio assegnato al vincitore degli agoni, appunto una capra).
• Tragizein – “assumere voce belante” (gli attori, durante la recitazione, assumono una voce straniata).

Maschera: è ciò che consente a una persona di alienarsi da se’ attraverso il cambiamento del primo e fondamentale aspetto dell’identità personale, il volto.

Coregia: insieme di spese che avrebbero dovuto sostenere i tre più ricchi nominati del paese per allestire le tragedie. La tragedia è quindi un servizio pubblico, finanziato da contribuenti che appartengono alla polis.

Antidosis: “scambio di beni” (se un uomo citato per finanziare la tragedia non poteva permettersi le spese, doveva indicare un altro cittadino che avrebbe potuto farlo al posto suo. Se anche costui rifiutava, avrebbe dovuto barattare tutto il suo patrimonio con quello di colui che l’aveva citato).

Agone: una sorta di gara con premiazione finale della miglior rappresentazione (miglior coro, miglior attore, ma soprattutto miglior poeta).

Tetralogia: all’agone partecipavano tre poeti, ognuno dei quali presentava tre tragedie (per questo motivo si parla di tetralogia) e un dramma satiresco per il quarto giorno.

Proagone: anteprima dei personaggi e delle tragedie che avrebbero partecipato all’agone.

Agli spettacoli partecipava tutta la popolazione e quei poveri che non potevano permettersi di pagare il biglietto ricevevano un contributo (theoricon).

Struttura del teatro:
• Orchestra: lo spazio riservato alle danze e ai canti del coro.
• Parodoi: le entrate laterali del coro
• Proscenio: lo spazio riservato agli attori
• Skene: lo spazio riservato alla scenografia.
• Cavea: le gradinate del pubblico
• Altare di Dioniso.

Giuria: composta da dieci cittadini sorteggiati da ogni tribu’, proclamava il poeta vincitore in questo modo: ogni giurato scriveva la classifica dei tre poeti a suo piacimento su una tavoletta, che veniva poi inserita in un’urna (si manteneva l’anonimato). L’arconte ne estraeva cinque e il poeta che compariva più volte primo, vinceva la gara.

La tragedia segue uno schema fisso:
• Prologo: è il discorso iniziale, costituito da un monologo di un personaggio, che di solito ricapitola la situazione, oppure da un dialogo, che coincide con l’inizio dell’azione drammatica.
• Parodo: è il canto iniziale del coro (in Eschilo, a volte, coincide con il prologo).
• Episodi: inizia l’azione drammatica, durante la quale due o più personaggi dialogano fra loro o con il coro. A volte sono presenti anche personaggi muti (kofa prosopa) e può parlare anche solo il capo coro, o “corifeo”. La recitazione è divisa in tre o più episodi, che noi definiremmo “scene”. Esistono tre forme di dialogo tragico: la rhesis (il discorso, tipico di quei personaggi che narrano scene che non è possibile rappresentare), la sticomitia (battuta da un solo verso, è una sorta di dialogo botta / risposta, costituito quindi da battute brevi che avviene tra due personaggi; si definisce antilabè uno stesso verso recitato da due personaggi) e la monodia, un brano cantato da un attore in metri lirici; talvolta può essere un duetto tra coro e attore (kommos), talvolta fra due attori (amoibaios). Si definisce parakataloghe una recitazione accompagnata da flauto.
• Stasimi: alla fine di ogni episodio, i personaggi escono di scena mentre il coro intona questi canti (sono sorte di intermezzi) in cui si commenta, analizza e illustra la situazione. Con il trascorrere del tempo, il coro però comincia a perdere valore, e lo stasimo diventa un solo e semplice canto di intrattenimento durante il cambio degli attori alla fine di ogni scena, chiamato embolima.
• Esodo: è la fine della tragedia; il coro esce di scena. Alle volte, il finale è proclamato dall’ingresso di un personaggio divino in scena tramite una macchina, tale da rendere divino questo personaggio e spettacolare il finale (deus ex machina).

I concorsi drammatici sono probabilmente introdotti dal tiranno Pisistrato e il primo poeta vincitore è Tespi con l’ “Icaria”.

Dramma satiresco: la struttura e l’argomento mitico sono simili a quelli della tragedia, ma viene inserito l’elemento fantastico e burlesco: la presenza dei satiri, ovvero demoni silvani della fecondità legati a Dioniso (theres = bestie).

Esempio