virgilio: vita ed opere

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Testo

VIRGILIO

Vita
Virgilio nacque in un piccolo villaggio nei pressi di Mantova, da una famiglia di coltivatori, appartenente alla piccola borghesia locale, romanizzata piuttosto di recente: il padre possedeva un poderetto lungo le rive del Mincio, felice e salubre luogo d'infanzia per il poeta. La sua formazione iniziò a Cremona, dove frequentò la scuola di grammatica. Da Cremona si trasferì a Milano e poi nuovamente a Roma, alla scuola del retore Elpidio. Abbandonò poi la retorica per dedicarsi agli studi filosofici, e in particolare all’Epicureismo, che approfondì a Napoli alla scuola di Sirone. Qui divenne intimo amico di Vario Rufo e Plozio Tucca.Il periodo della sua formazione è dominato, sul piano letterario, dalle personalità di Catullo e di Elvio Cinna (del quale scriverà un elogio), e dall'astro nascente di C. Gallo. Sedotto e affascinato da questo ambiente, Virgilio, quasi certamente, scrive in questo periodo almeno alcune delle composizioni che entreranno a far parte della raccolta oggi conosciuta col nome di "Appendix Vergiliana". Perdute le sue terre nel mantovano, Virgilio si trasferì a Roma, dove pubblicò le "Bucoliche". L’anno successivo entrò a far parte del circolo letterario di Mecenate. Mecenate ed Ottaviano offrirono a Virgilio una casa a Roma, nel quartiere dell’Esquilino, ma il poeta spesso preferiva ritirarsi a sud verso il mare ed il sole, mentre si dedicava alla composizione delle "Georgiche", compiute in sette anni, durante un soggiorno a Napoli, fra il 37 ed il 30. Quest’opera diede a Virgilio la fama e suscitò l’ammirazione di Mecenate, che gli era stato particolarmente vicino nelle varie fasi della composizione. Successivamente, Virgilio iniziò a scrivere l’ ”Eneide” e ci vollero ben sei anni perché la I redazione fosse terminata. Nel 19 a.C. Virgilio partì per un lungo viaggio attraverso la Grecia e l’Asia allo scopo di arricchire la propria cultura e, nello stesso tempo, verificare la topografia dei luoghi descritti nel poema. Ad Atene il poeta incontrò Augusto, di ritorno dalle province orientali. Questi, notate le sue precarie condizioni di salute, lo persuase a tornare in Italia aveva, ma il suo stato di salute si aggravò durante la traversata verso le coste italiane. Sbarcato a Brindisi, il poeta era in fin di vita, ma prima di morire chiese il manoscritto dell’ "Eneide", ancora incompiuta, per bruciarlo. Gli amici, per fortuna, non gli ubbidirono, forse secondo l'ordine dello stesso imperatore. Il corpo di Virgilio fu trasferito a Napoli e sepolto sulla via di Pozzuoli. Suoi eredi furono Augusto e Mecenate, che diede incarico a Vario e Tucca di pubblicare il poema.
OPERE
L’ "Eneide". Questo poema si inserisce pienamente nel genere epico di ascendenza greca, riuscendo a farsi nel contempo interprete dei valori della romanità e dello spirito di restaurazione morale augusteo, tanto da divenire il poema nazionale di Roma. Esso mantiene quella compresenza di mitologia e storia che caratterizzava l’epica latina arcaica, differenziandosi però per l’argomento: il mito assume un posto centrale e diventa nucleo primario della vicenda tanto che il protagonista non è Augusto, ma Enea. In virtù di questa impostazione, Virgilio evita un coinvolgimento troppo diretto con gli eventi contemporanei e può, in questo modo, ampliare la prospettiva e il significato della propria poesia. L’ "Eneide" risulta un’opera originale, nella sua straordinaria densità e complessità, grazie all’enorme quantità di materiali culturali: storici, letterari, antiquari e filosofici. Il modello principale è Omero, di cui Virgilio ha ripreso entrambi i poemi, capovolgendone la successione originale e riducendoli in uno solo. La prima metà, chiamata parte "odissiaca", ha quindi come tema principale il viaggio, la seconda, detta "iliadica", invece ha la guerra (spartiacque è il libro VI, quello della discesa di Enea negli Inferi). Virgilio segue Omero anche in ciò che riguarda l’apparato mitologico, con alcune differenze fondamentali come il rinnovamento dei materiali poetici di cui si serve, che organizza e orienta in modo diverso in funzione del significato complessivo dell’opera. Il punto d’arrivo a cui tende la storia universale è Ottaviano Augusto, che viene unificato così alla celebrazione di Roma su di un piano ideologico. All’interno di questa struttura, l’azione si sviluppa abbastanza lineare, procedendo senza divagazioni verso la grande scena finale: infatti, l’interesse del poeta è tutto concentrato sul destino del protagonista, che attraverso molteplici avventure si avvicina sempre più alla meta fissata dal Fato: il nascere e la futura gloria di Roma. I vari episodi del poema non ne sono quindi altro che le necessarie tappe. E’ tale meta, dunque, che illumina, dà senso e giustifica le fatiche, le angosce, la morte che incombono e colpiscono inesorabilmente i personaggi: il mondo dell’ "Eneide", infatti, a differenza di quello omerico, non conosce tanto esuberanze giovanili ed esaltazione eroica, ma appare invece dolente e meditativo, strettamente affine all’universo delle precedenti opere: postulato fondamentale è l’obbedienza al Fato. Al poema, Virgilio lavorava dettando un gran numero di versi, e poi rielaborandoli per tutta la giornata. Seguiva uno schema di prosa che si preparava e che poi portava in versi. Qua e là, data la morte prematura, è rimasto qualche segno d'incompiutezza: versi lasciati in sospeso e da lui stesso detti "tbicines", puntelli.

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