Versioni Sallustio

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Testo

Versione numero 13 pagina 56 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“L’Africa”
L'Africa è delimitata a occidente dallo stretto fra il Mediterraneo e l'Oceano, a oriente da un'estesa pianura in declivio, che i nativi chiamano Catabatmo. Il mare è burrascoso, le coste prive di approdi; il suolo è fertile di messi, adatto al pascolo, ma infecondo per gli alberi. Vi è penuria di pioggia e di acqua sorgiva. Gli indigeni sono di costituzione sana, agili, resistenti alle fatiche. Se non sono uccisi dalle armi o dalle bestie feroci, i più muoiono di vecchiaia, dal momento che raramente periscono per malattia. Vi sono, inoltre, moltissimi animali di natura malefica.
Versione numero 40 pagina 92 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Dura accusa contro i politici corrotti”
Rincresce proprio dover ricordare come in questi ultimi quindici anni siate stati oggetto di scherno da parte di pochi prepotenti, come i vostri difensori siano caduti miseramente e senza vendetta e come vi siate lasciati corrompere dall'inerzia e dalla viltà. Negli scorsi anni sopportavate con sdegno, ma in silenzio, che l'erario fosse saccheggiato e che re e popoli liberi fossero tributari di pochi nobili, cui toccavano sempre i più alti onori e la maggior ricchezza. Eppure, non contenti di aver commesso impunemente simili delitti, hanno finito per consegnare ai nemici le leggi, la vostra maestà, ogni valore divino e umano. E i responsabili di queste imprese non provano vergogna né rimorso, ma passano tronfi sotto i vostri occhi, ostentando le cariche sacerdotali, i consolati e alcuni i loro trionfi, come se li avessero a titolo d'onore, non come preda. E voi, Quiriti, nati per comandare, tollerate la schiavitù senza reagire? Ma chi sono questi padroni della repubblica? Uomini malvagi, dalle mani insanguinate, avidi oltre misura.
Versione numero 62 pagina 113 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Il nobile Metello”
Dopo il trattato di Aulo e la vergognosa fuga del nostro esercito, Metello e Silano, consoli designati, si erano divisi fra loro le province; la Numidia era toccata a Metello, uomo energico e, benché avverso alla parte popolare, di fama sempre specchiata. Questi, appena entrato in carica, dopo aver determinato tutte le altre questioni con il collega, si dedicò esclusivamente alla guerra che stava per intraprendere. Pertanto, diffidando del vecchio esercito, arruola soldati, fa venire rinforzi da ogni parte, prepara armi difensive, tutto quello che serve generalmente in una guerra imprevedibile e bisognevole di molte risorse. Parte per la Numidia suscitando grandi aspettative nei Romani, non solo per le sue eccellenti doti, ma soprattutto perché di fronte al denaro il suo animo era incorruttibile.
Versione numero 86 pagina 142 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“La storiografia come impegno politico”
E' positivo dedicarsi al buon andamento dello Stato, ma è anche conveniente saper parlare; in pace e in guerra si può diventare famosi e sono lodati in gran numero coloro che operarono ma anche quelli che scrissero sull'operato altrui. A me, sebbene non tocchi uguale successo allo scrittore e all'autore delle imprese, tuttavia sembra quanto mai difficile narrare le imprese; in primo luogo è necessario che le parole siano adeguate ai fatti realmente accaduti
Versione numero 89 pagina 144 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“L’antefatto della guerra giugurtina”
Intendo narrare la guerra combattuta dal popolo romano contro il re dei Numidi Giugurta; in primo luogo perché essa fu lunga, sanguinosa e dall'esito incerto; poi perché allora per la prima volta si fece fronte all'arroganza dei nobili. Questo conflitto, che sconvolse leggi umane e divine, giunse a tale follia, che soltanto la guerra e la devastazione dell'Italia posero fine alle discordie civili. Ma prima di iniziare questa narrazione, mi rifarò un po' indietro, perché il complesso degli avvenimenti risulti più chiaro e comprensibile.
Nella seconda guerra punica, in cui il comandante cartaginese Annibale aveva logorato più di ogni altro le forze italiche da quando si era imposta la grandezza del nome di Roma, il re di Numidia Massinissa, riconosciuto nostro alleato da quel Publio Scipione che fu poi detto l'Africano per il suo valore, si era distinto in molte e gloriose azioni di guerra.
Versione numero 122 pagina 176 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“La morte di Catilina”
Dopo aver fatto un ultimo controllo generale, Petreio fa squillare le trombe e fa avanzare lentamente le coorti; ugualmente fa l'esercito nemico. Arrivati nel punto dove i soldati armati alla leggera potevano cominciare la battaglia, si levò un grandissimo clamore, mentre accorrevano con le insegne rivolte contro il nemico; lasciate le aste, si combatté con le spade. I veterani, memori dell'antico valore, da vicino incalzano vigorosamente; gli altri, per nulla intimoriti, resistono; si combatte con furore.
Nel frattempo Catilina si aggira, in prima linea, con soldati armati alla leggera, soccorre coloro che cadono, sostituisce i feriti con i sani, egli stesso combatte con coraggio, spesso colpisce il nemico esegue contemporaneamente i compiti del soldato coraggioso e del valente generale. Petreio, come vide, contro le sue aspettative, che Catilina spiegava grande energia, fa collocare la coorrte pretoria al centro contro i nemici e li uccide, come pure fa uccidere coloro che, qua e là, opponevano resistenza; quindi assale gli altri, da entrambi i lati. Manlio e il Fiesolano, che combattevano in prima linea, soccombono. Catilina, quando vide che le sue truppe erano state sbaragliate e che con lui pochi si erano salvati, memore della sua nobile origine e dell'antica dignità, si getta nella mischia dei nemici e là, combattendo, muore trafitto.
Versione numero 127 pagina 181 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Dopo la battaglia di Pistoia”
Ma quando finì la battaglia allora in verità avresti visto quanta audacia e forza d'animo c'era stata nell'esercito di Catilina. Infatti quasi ognuno proteggeva, persa la vita, col corpo quel luogo che aveva ottenuto combattendo. Per i pochi che la coorte pretoriana aveva diviso nel mezzo, erano caduti un po' più in là; ma tutti con ferite. In verità Catilina fu trovato lontano dai suoi tra i cadaveri dei nemici, che respirava ancora un po', tratteneva sul viso la fierezza d'animo che aveva avuto da vivo. Infine fra tutte le truppe nessun cittadino libero fu preso nella battaglia o nella fuga. E tuttavia l'esercito del popolo romano non ottenne una vittoria facile o non cruenta: infatti ognuno, più valoroso o era caduto in battaglia o era fuggito gravemente ferito. Inoltre molti che erano venuti dagli accampamenti per vedere o spogliare, rivoltando le salme dei nemici, trovavano uno un amico, uno un ospite o un congiunto. Ci furono allo stesso modo quelli che riconobbero i loro nemici. Così l'allegrezza, il dolore, il pianto, e la gioia erano mescolati variamente per tutto l'esercito.
Versione numero 220 pagina 276 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Giugurta a Roma”
Giugurta, pertanto, contro la sua dignità di re, viene a Roma con Cassio in veste molto dimessa. Sebbene non gli mancasse la forza d'animo, indotto da tutti quelli per la cui nefasta influenza si era macchiato dei delitti sopra riferiti, con una grande somma di denaro compra l'aiuto del tribuno della plebe Gaio Bebio. Giugurta, pertanto, contro la sua dignità di re, viene a Roma con Cassio in veste molto dimessa. Sebbene non gli mancasse la forza d'animo, indotto da tutti quelli per la cui nefasta influenza si era macchiato dei delitti sopra riferiti, con una grande somma di denaro compra l'aiuto del tribuno della plebe Gaio Bebio. Convocata l'assemblea, la plebe era ostile al re: chi lo voleva messo agli arresti, chi, secondo il costume degli antenati, lo voleva sottoporre al supplizio come nemico. badando più alla dignità che alla voce della collera, sedava i tumulti, placava gli animi e assicurava infine che per parte sua il salvacondotto concesso dallo Stato non sarebbe stato violato. Poi, ottenuto il silenzio, dopo aver fatto introdurre Giugurta, prende la parola rammentando i misfatti da lui commessi a Roma e in Numidia e descrivendo i suoi delitti contro il padre e contro i fratelli. Aggiunge che il popolo romano sa bene chi lo ha aiutato e chi è stato suo complice, ma vuole da lui prove più evidenti. Soltanto rivelando la verità potrà sperare nella lealtà e nella clemenza del popolo romano; tacendo, non salverà i complici e comprometterà se stesso e ogni sua speranza di salvezza.
Versione numero 231 pagina 289 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Discorso di cesare a favore dei catilinari”
"O senatori, quando si prendono in esame questioni poco chiare, è necessario non lasciarsi influenzare dall'odio e dallo sdegno, dalle simpatie e dalla pietà. Difficilmente l'animo discerne il vero quando questi sentimenti lo offuscano; e nessuno di noi può obbedire contemporaneamente al proprio arbitrio e al proprio interesse. Se tendi l’arco del tuo intelletto, esso dispiega la sua forza; se la passione ti possiede, essa fa da padrona e l'anima si svigorisce. Potrei ricordare abbondantemente, senatori, quanti re e popoli, spinti da sdegno o da pietà, presero iniziative sbagliate. Ma preferisco esporre quelle situazioni in cui i nostri avi ottennero successi, con onestà e giustizia, trascurando gli impulsi del loro animo. Ora, senatori, dovete fare in modo che in voi prevalga la dignità, piuttosto che la scelleraggine di Lentulo e degli altri; e salvaguardare più il vostro buon nome che il vostro sdegno. Dunque, se troverete pene proporzionate alle loro colpe, io sarò favorevole ad un provvedimento eccezionale; ma se l'atrocità dei delitti sarà più grande di quanto immaginiamo, io propongo che si applichino quelle pene che la legge ha stabilito.”
Versione numero 274 pagina 343 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Ritratto di Catilina”
Lucio Catilina, nato da nobile famiglia, fu di grande forza sia d'animo sia di corpo, ma di indole malvagia e corrotta. Furono gradite a questo le guerre civili, le stragi, le rapine, la discordia civile fin dall'adolescenza e in esse impegnò la sua giovinezza. Il fisico fu tollerante della fame, del freddo, delle veglie, al di sopra di quanto può essere credibile a chiunque. L’ animo fu audace, subdolo, mutevole, simulatore e dissimulatore di qualsiasi cosa, bramoso dell'altrui, prodigo del suo, ardente nelle passioni. Ebbe abbastanza eloquenza poco accorgimento. L'animo insaziabile bramava sempre cose smisurate, incredibili, troppo alte. Dopo la dittatura di Lucio Silla, un desiderio grandissimo di impadronirsi dello stato lo aveva invaso; né aveva nessuna remora nel modo in cui lo conseguisse, purché si procurasse il potere. L'animo feroce era agitato di giorno in giorno sempre di più dalla ristrettezza del patrimonio e dal rimorso dei crimini, entrambe cose che aveva accresciuto con quelle passioni, che ho trattato in precedenza. Inoltre lo incitavano i costumi corrotti della popolazione, che mali pessimi e diversi fra loro, lussuria e avarizia, travagliavano.

Versione numero 275 pagina 345 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Le ragioni della scelta storiografica di Sallustio”
Allora, quando il mio animo trovò sollievo dopo sventure e pericoli, e decisi che il resto della vita l'avrei trascorso lontano dalla politica, non fu mia intenzione di lasciar consumare il tempo nella pigrizia e nella inoperosità, ma neppure trascorrere il resto della vita intento alla coltivazione dei campi, alla caccia, o a lavori umili; ma, ritornato alla primitiva occupazione, ossia lo studio, dal quale la nefasta ambizione politica mi aveva allontanato, decisi di scrivere i fatti storici di Roma, per sommi capi, a seconda che sembrasserodegni di memoria, tanto più che il mio animo era ormai liberato da inutili speranze, da paure, da legami politici. E dunque esporrò, quanto più possibile attenendomi alla realtà, con brevità la congiura di Catilina. Infatti credo che queste vicende siano degne di ricordo per la singolarità della macchinazione delittuosa e del rischio corso dallo Stato.
Versione numero 276 pagina 346-347 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Degenerazione della virtù romana”
Ma quando lo stato crebbe con fatica e giustizia, quando i grandi sovrani furono dominati in guerra, quando genti e importanti popoli furono sottomessi con la forza, quando Cartagine, emula dell'impero romano fu distrutta dalle fondamenta, quando tutti i mari e le terre erano aperti, la fortuna iniziò ad incrudelire e sconvolgere tutti. coloro che avevano facilmente sopportato le fatiche, i pericoli, i dubbi e le asperità, per questi furono di peso e di sventura l'ozio e la ricchezza. Dunque per primo crebbe il desiderio di denaro, poi quello di comando. Tali passioni furono quasi l'origine di tutti i mali. infatti l'avarizia sovvertì la fede, l'onestà e tutte le altre virtù; al posto di queste insegnò la superbia, la crudeltà, l'ateismo, il considerare tutto in vendita. L'ambizione spinse a diventare menzogneri molti uomini, ad avere una cosa nel cuore, un'altra palese sulla lingua, a stimare l'amicizia non secondo i meriti reali ma in base al vantaggio personale, e ad avere più un bell'aspetto che un buon animo. questi mali all'inizio crebbero a poco a poco, talora venivano puniti; poi, quando il contatto dilagò quasi in pestilenza, la città si trasformò, il governo da giustissimo e ottimo divenne crudele ed insopportabile.

Versione numero 277 pagina 348 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“La calma prima della tempesta”
Ma i giovani, come abbiamo detto sopra, aveva adescato li educava in molti modi a malavagi misfatti. Fra questi quelli di fornire testimoni e firmatari falsi; di tenere in poca considerazione la fedeltà, la fortuna, i pericoli, poi, quando aveva compromesso il loro senso dell'onore e la loro reputazione, ordinava altre cose più gravi. Se non si presentava sul momento un motivo per compiere delitti, accerchiava gli innocenti come i colpevoli e li trucidava. Sicuro di questi amici e alleati e, allo stesso tempo, per l'indebitamento ingente in ogni luogo, e poiché parecchi veterani di Silla, dopo aver fatto un uso troppo dispendioso dei loro beni, rimpiangevano le rapine ed il tempo della vittoria e speravano di rifarsi in una guerra civile, Catilina concepì il piano di impadronirsi dello Stato. In Italia non c'era nessun esercito; Pompeo portava guerra in terre lontanissime; egli stesso aveva grande speranza di ottenere il consolato; il senato non era per nulla preoccupato; tutte le cose erano tranquille e sicure; tutto ciò era appunto favorevole a Catilina.
Versione numero 278 pagina 349 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Ritratto di Giugurta”
Costui, divenuto un giovane prestante e di bell'aspetto, ma soprattutto ragguardevole per intelligenza, non si lasciò corrompere dai piaceri e dall'ozio, ma, secondo gli usi della sua gente, cavalcava, lanciava il giavellotto, gareggiava con i coetanei nella corsa: e, benché eccellesse su tutti, a tutti, nondimeno, era caro. Dedicava, inoltre, la maggior parte del suo tempo alla caccia, era il primo o fra i primi a colpire il leone e simili fiere: quanto più agiva, tanto meno parlava di sé. Dapprima Micipsa era stato lieto di tutto questo, pensando che dal valore di Giugurta sarebbe venuta gloria al suo regno; tuttavia, vedendo il prestigio di quel giovane aumentare sempre più, mentre lui era già anziano e i suoi figli ancora piccoli, cominciò a preoccuparsi gravemente di tale fatto, rivolgendo in sé mille pensieri. Lo atterriva la natura umana, avida di potere e pronta a soddisfare le proprie passioni, e inoltre l'opportunità della sua età e di quella dei suoi figli, adatta a traviare, con la speranza di un facile successo, anche gli uomini meno ambiziosi; lo atterriva, infine, il forte affetto dei Numidi per Giugurta, che gli faceva temere l'insorgere di una rivolta o di una guerra civile, se avesse ucciso con l'inganno un tale uomo.

Versione numero 280 pagina 350 da “Il nuovo laboratorio di traduzione”
“Elogio (con riserva) dei Gracchi”
Quando Tiberio e Gaio Gracco, i cui antenati durante la guerra punica e in altre guerre avevano molto giovato alla repubblica, incominciarono a rivendicare la libertà della plebe e a svelare le malefatte dell'oligarchia, la nobiltà, sapendosi colpevole, fu presa dal terrore. Essa si era opposta, perciò, all'esecuzione dei progetti dei Gracchi, attraverso gli alleati, i Latini e talvolta i cavalieri, che si erano allontanati dalla plebe nella speranza di associarsi ai nobili. Per primo trucidarono Tiberio, alcuni anni dopo Gaio, che seguiva le orme del fratello, tribuno della plebe il primo, triumviro per la deduzione delle colonie il secondo; e con loro Marco Fulvio Flacco. Ammettiamo pure che i Gracchi, per smania di vincere non abbiano saputo mantenere una condotta moderata. Ma per l'uomo onesto è meglio essere vinto che trionfare sull'ingiustizia con mezzi violenti.
Esercizio numero 1 pagina 150 da “Lexis 2”
3. È come dici tu, o Catone; ma forse qualcuno dirà che a te la vecchiaia sembra più sopportabile per le tue sostanze, le tue ricchezze e il tuo prestigio, e che invece ciò non può toccare a molti.
6. Povero me! Perché non fosti in forze? Se fossimo stati insieme non avremmo certamente negato i consigli.

Esercizio numero 2 pagina 150 da “Lexis 2”
1. Cosa devo fare? Seguirlo attraverso terra e mare, il quale non so dove sia?
2. Certe discussioni ti portano molto dolore a sono gradite a Bruto; Ma voglio provare con la mia eloquenza al popolo.
3. Chi ha una vita comoda? Chi non può lavorare? Ma chi possiede (una vita comoda) ha certamente tuttavia sazietà o abbondanza.
Esercizio numero 4 pagina 150 da “Lexis 2”
2. Sia sacrilego, abbia tutte le vergogne e i vizi, il principe è un buon imperatore!
9. Abbia tu pure attraversato il vasto mare, come dice il nostro Virgilio , i tuoi vizi ti seguiranno ovunque arriverai.

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