"Gymnasion 2", 5 versioni

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Categoria:Greco

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Testo

5 VERSIONI DA GYMNASION 2
ES 197 PAG 126
SOSTRATO DI CNIDO
Avendo visto quell’architetto di Cnido, cosa fece? Avendo costruito infatti la torre sopra il Faro, la più grande e la più bella di tutte le opere, che, splendeva da esso ai naviganti per un lungo tratto del mare e non erano trasportati verso Paretonio, che era molto arduo, come si dice, e insolubile inevitabile, se qualcuno si imbattesse negli scogli; avendo fabbricato dunque la stessa opera, all’interno scrisse sotto le pietre il suo nome, mentre avendo spalmato del gesso e avendolo coperto scrisse il nome del sovrano di allora, sapendo, cosa che anche accadeva, che in poco tempo rovinava con l’intonaco le lettere, e che rivelava: “Sostrato di Cnido agli dei liberatori in favore dei naviganti”. Così neppure quello vedeva fino a quel momento neppure la sua breve vita, ma fin d’ora e per sempre, finché la torre rimanesse.
Da Luciano, come si deve scrivere la storia
ES 164 PAG 111
IL TEMPO E’ IMPREVEDIBILE
Alcuni, essendo andati nello scafo, navigavano. Dopo che essi furono giunti in alto mare, accadde che ci fu una violenta tempesta, e che la nave per poco affondò. Ogni navigante, strappatosi il vestito, invocava gli dei patrii tra lamenti e gemiti, promettendo di fare sacrifici di ringraziamento, qualora si fossero salvati. Cessata la tempesta e essendoci di nuovo la calma, essendo volti al banchetto ballavano e saltavano, come sicuramente scampati all’improvviso al pericolo. E il forte nocchiero diceva loro cominciando (così): “Ma, o amici, bisogna che noi gioiamo così qualora per caso ci sarà di nuovo una tempesta”.
La favola insegna di non montarsi affatto la testa per i felici successi, considerando il facile mutamento della sorte.
Esopo
ES 178 PAG 118
ARIONE
Periandro si compiaceva di Arione e spesso lo mandava a chiamare per la (sua) arte, ed egli, arricchito dal tiranno, desiderò tornarsene per nave a Metimna, la (sua) patria, e far vedere la (sua) ricchezza; e, dopo che si fu imbarcato su una nave di uomini malvagi, siccome mostrò che portava (con sé) molto oro ed argento, appena giunsero in mezzo all’Egeo, i marinai gli tendono un’insidia; e quello: "Poiché avete deciso queste cose”,disse, “permettete almeno che io, dopo avere indossato il (mio) costume ed aver cantato un lamento funebre per me stesso, mi getti (in mare) spontaneamente". I marinai (glielo) concessero, ed (egli) indossò il costume e cantò con voce assai melodiosa, e cadde in mare assolutamente convinto di morire all’istante; avendolo un delfino preso in groppa, (lo) portò fino al Tènaro.
Luciano, Dialoghi marini
ES 220 PAG 140
LA DONNA E IL MARITO UBRIACONE
Una donna aveva il marito ubriaco; volendo correggerlo dal suo vizio, escogita una tale cosa. Avendolo (essa) osservato devastato infatti dall’ubriachezza e essendo (egli) inebetito come un morto, dopo aver(lo) sollevato sulle spalle e (dopo) aver(lo) portato al cimitero, (lo) mise giù e se ne andò. Quando suppose che egli fosse ormai tornato sobrio, essendo ritornata batteva alla porta del cimitero. Avendo quello chiesto (lett. detto): “Chi sta bussando alla porta?”, la donna rispose: “io vengo per portare (lett. portando) le provviste ai morti”. E quello: “Non da mangiare, mio caro, ma portami piuttosto da bere; mi affliggi, infatti, ricordando(mi) del mangiare e non del bere”. Quella, essendosi battuta il petto: “Ahimè sventurata”, dice: “l’astuzia non mi fu infatti utile a niente; tu, uomo, infatti, non solo non fosti corretto, ma sei diventato anche peggiore di prima (lett. di te stesso), essendosi posto il vizio nella tua usanza”.
La favola insegna che non bisogna indugiare sulle cattive faccende. Talvolta, infatti, anche non volendo, l’abitudine si impone sull’uomo.
Esopo

ES 283 PAG 165
CAUSE DELL’OSTILITA’ TRA GRECI E PERSIANI: I FENICI RAPISCONO IO
I dotti persiani affermano che i responsabili della rivalità furono i Fenici. Costoro giunsero in queste nostre acque provenienti dal mare detto Eritreo; insediatisi nella regione che abitano tuttoggi, subito, con lunghi viaggi di navigazione, presero a commerciare in vari paesi di prodotti egiziani ed assiri, e si spinsero fino ad Argo. A quell’epoca Argo era da ogni punto di vista la città più importante fra quante sorgevano nel territorio oggi chiamato Grecia. I Fenici arrivarono ad Argo e vi misero in vendita le loro mercanzie. Quattro o cinque giorni dopo il loro arrivo, ormai quasi esaurite le merci, scesero sulla riva del mare diverse donne, tra le quali si trovava la figlia del re Inaco: si chiamava Io, anche i Greci concordano su questo punto. Secondo i dotti persiani, mentre le donne si trattenevano accanto alla poppa della nave, per acquistare i prodotti che più desideravano, i marinai si incoraggiarono a vicenda e si avventarono su di loro: molte riuscirono a fuggire, ma non Io, che fu catturata insieme con altre; risaliti sulle navi, i Fenici si allontanarono, facendo rotta verso l'Egitto.
Erodoto

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