Versioni di Latino

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Testo

Auctores - Lucrezio
Se gli uomini,così come si vede che sentono che c'è un peso nel loro animo tale da affaticarli con la gravezza,potessero conoscere anche da quali cause ciò derivi e da dove una così pesante mole di male alberghi nel loro cuore,non trascorrerebbero la loro vita come oggi per lo più vediamo che ciascuno non sa cosa vuole per se e sempre cerca di cambiare luogo come se potesse deporre il peso.Esce spesso fuori dalle sue grandi stanze colui che si è annoiato di stare in casa e subito vi ritorna ,come colui che si accorge che lo star fuori non è affatto meglio.
Corre forsennatamente verso la sua villa spronando i manni,come se fosse ansioso di portare aiuto alle sue case in fiamme.Non appena ha sfiorato la soglia della sua villa immediatamente sbadiglia o sprofonda subito nel sonno e sfiora l'oblio o ancora affrettandosi raggiunge la città e torna a vederla. Così ciascuno fugge sé stesso,ma a colui il quale naturalmente come accade non è possibile sfuggire, sta attaccato suo malgrado e lo odia,per il fatto che non coglie la causa della malattia;mentre se lo vedesse bene ormai lasciate le cose,ciascuno si preoccuperebbe anzitutto di conoscere la natura, poiché è in gioco la condizione non di un'ora,ma del tempo eterno,nel quale i mortali devono aspettarsi (che scorra) tutto il tempo quale che sia che resta dopo la sua morte.

Capitolo LIV degli "Annales" di Tacito
Ma ora abbiamo entrambi colmato la misura, sia tu, per quanto può un principe donare ad un amico, sia io per quanto può un amico ricevere da un principe; il di più può soltanto fomentare l'invidia, la quale, come tutti i diletti degli uomini, non giunge a toccare la tua grandezza; ma su di me sovrasta minacciosa e devo difendermi. E come invocherei il tuo soccorso se in una campagna militare o in un viaggio mi trovassi spossato, così, vecchio ormai ed inetto anche agli uffici più lievi in questo viaggio della vita, sentendo di non poter sostenere oltre il carico delle mie ricchezze, chiedo a te aiuto. Ordina tu che i miei beni passino sotto la cura dei tuoi amministratori, rientrino a far parte delle tue sostanze. Non intendo con questo volermi ridurre in miseria, ma riconsegnarti quei beni il cuo fulgore mi abbaglia, potrò nuovamente dedicare alle occupazioni spirituali quel tempo che si perde nella cura dei giardini e delle ville. Tu hai ora abbondanza di energie e l'esperienza di un altissimo comando assimilata durante tanti anni: possiamo quindi noi, tuoi vecchi amici, chiedere congedo. Anche questo sarà per te titolo di gloria: aver elevato alle più alte fortune chi ne avrebbe accettata anche una modesta.

Versione: Macedonia
Prima era Macedonia, fu chiamata così l'Emazia dal nome del re Emezio, di cui le prime prove di valore ancora sussistono in quei luoghi. Di questa come furono scarsi gli aumenti ( di territorio ), così i confini furono sempre piccoli. Era chiamata Beozia il territorio dove regnavano i Pelasgi. Ma poi per il valore dei re e l'operosità della gente forzati dapprima i confini, subito dopo forzati i popoli e le nazioni, estesero il dominio fino agli estremi confini dell'oriente. Nella regione della Poemia, che era una parte della Macedonia, si dice che abbia regnato Pelagono, padre di Aristopeo, il cui nome abbiamo appreso tra gli illustri difensori della città durante la guerra di Troia in Macedonia. Europo regnò da un'altra parte in Europa. Ma anche Carano, che aveva ricevuto dall'oracolo l'ordine di cercare dei territori in Macedonia, arrivando ad Emazia con una grande quantità di Greci, senza che i cittadini se ne accorgessero a causa di grandi piogge e nebbia, inseguì un gregge di capre che fuggivano la pioggia, occupò la città di Edessa; e ricordandosi ("revocatus in memoria") dell'oracolo, dal quale aveva ottenuto l'ordine di cercare di ottenere il dominio con i comandanti e animali, stabilì la capitale del regno.

Proemio di "Vite dei Massimi Condottieri" di Nepote
Non dubito, Attico, che molto numerosi saranno coloro che giudicheranno questo mio modo di scrivere la storia, leggero ed inadeguato a grandi uomini, dato che vi si legge, per esempio, chi sia stato il maestro di musica di Epaminonda o si menziona tra le sue belle qualità l'agilità nella danza e la bravura nel sonare il flauto. Ma saranno probabilmente persone che, ignorando la cultura greca, crederanno di dover approvare soltanto ciò che è conforme al loro proprio modo di vivere. Ma quando avranno imparato che il criterio circa il ben fatto e il mal fatto non è uguale per tutti e che ogni cosa deve essere giudicata secondo le tradizioni dei propri avi, non si meraviglieranno che nella trattazione delle virtù dei Greci io mi sia uniformato alla loro forma di civiltà. Così non era vergognoso per Cimone, grandissimo tra gli Ateniesi, avere per moglie la sorella germana, perché i suoi concittadini seguivano la stessa usanza, mentre ciò, secondo i nostri costumi, è scandaloso. A Creta era segno di distinzione per i giovani l'essere stati amanti di molti. A Sparta non c'è vedova tanto nobile che non possa darsi alla prostituzione per guadagno. Così anche in tutta la Grecia si aveva per grande onore l'essere proclamato vincitore alle Olimpiadi, fare scene o esibirsi negli spettacoli non era ritenuto disonorevole per alcuno: tutte cose che da noi sono parte infamanti, parte umilianti e parte contro il decoro. Invece moltissime azioni giudicate decorose da noi invece sono giudicate turpi da loro.
Chi dei Romani si fa scrupolo di portare la moglie al banchetto? o quale matrona non si fa vedere nell'atrio della casa o frequentare la società? In Grecia invece l'uso è molto diverso. La donna non è ammessa a conviti che non siano di congiunti e si trattiene solo nella parte più interna della casa, chiamata gineceo, dove nessuno può entrare se non uno stretto parente. Ma mi distoglie dal diffondermi più a lungo in codesta materia sia la mole dell'opera sia una certa fretta di dar corso a quello a cui ho accennato. Vengo quindi all'argomento propostomi e tratterò in questo libro della vita di alcuni grandissimi condottieri.

Versione: Scontro tra Cesare e i Britanni
Cesare capiva che anche se ciò che era accaduto nei giorni precedenti si sarebbe ripetuto, cioè che in nemici sconfitti fuggissero il pericolo velocemente, tuttavia trovati per caso circa trenta cavalieri, che Commio Atreba aveva portato con sé, dispose le legioni in schiere davanti all'accampamento. Incominciata la battaglia i nemici non poterono contrastare l'impeto dei nostri soldati per lungo tempo e così fuggirono. Ma avendoli inseguiti per un bel tratto, quanto potevano mettere assieme con la corsa e le forze, ne uccisero molti; e poi dopo aver bruciato tutte le case in lungo e in largo ritornarono agli accampamenti.

Versione: Sogni e visioni
In sogno Giove ordinò al plebeo Latino di annunciare al senato che i consoli istituissero i giochi poiché non erano stati definiti secondo il rito: infatti prima dell'introduzione del corteo per il circo il servo era stato condotto in croce dal padrone.
Siccome Latino dubitava, fu oppresso dalla improvvisa morte del figlio, dopodiché della salute del suo corpo, continuando le profezie di Giove; finalmente portato su una lettiga riferì il sogno al senato e subito dopo uscì dalla curia con i propri piedi.
Sembra che Creso, avendo due figli, abbia visto in sogno il figlio Ati mentre si strappava un giavellotto. Pertanto sembrò al re che al figlio fosse proibito di usare il giavellotto. Poco dopo tuttavia, quando un cinghiale di dimensioni enormi devastava le culture del monte Olimpo, con frequenti devastazioni di campi coltivati, il figli fu lasciato andare da Creso per ucciderlo. Così si dice che non avrebbe potuto evitare il destino del giovane. Infatti mentre tutti erano intenti con intensa passione ad uccidere il maiale, il caso sfortunato deviò verso Ati la lancia di qualcuno, scagliata al fine di colpire la bestia da colpire.

Si dice che Annibale nominato responsabile e comandante dell'invasione dell'Italia, abbia visto in sogno un giovane mandato a lui da Giove. Poco dopo si dice che abbia visto un immenso serpente che spaventava tutto ciò che gli si parava davanti con slancio impetuoso; e poi sbalordito si dice che interrogò il giovane sul significato di ciò, il quale rispose: «guarda la grandezza dell'Italia: perciò taci e lascia al destino tutte le altre cose»;.

Traduzione dei vv. 1-30 del Prologo de "Le Baccanti" di Euripide
Io Dioniso, figlio di Giove, son giunto presso la terra dei Tebani, che la sposa figlia di Cadmo Semele ha dato alla luce una volta, fatta partorire dalla fiamma del lampo; avendo assunto l'aspetto mortale al posto di quello divino sono giunto presso la fonte di Dirce, serpente del fiume Ismeo. Vedo il sepolcro di mia madre , la fulminata e vicino le rovine delle case e delle dimore fumanti per la fiamma ancora viva del fulmine di Zeus, oltraggio inestinguibile della madre. Era verso di me. Lodo Cadmo, che ha reso inviolabile questo suolo, recinto sacro della figlia; io la coprii con i verdi grappoli della vite. Abbandonando i campi dei Lidi e dei Frigi ricchi d'oro, la pianura dei Persiani battute dal sole, le mura della Battriana e la gelida terra dei Medi, e dopo aver attraversato l'Arabia felice e tutta l'asia che presso il mare salato si adagia con le città dalle belle torri; piene insieme di Greci e Barbari mescolati tra loro, prima andai verso la città d!
ei Greci e avendo condotto una danza corale e avendo imposto i miei riti di iniziazioni, per rivelarmi dio ai mortali. E' Tebe la prima cittò della terra ellenica che ho fatto risuonare di grida femminili, dopo aver ricoperto il loro corpo con una pelle di cerbiatto (nebride) avendo loro dato un'arma ricoperta di edera in mano. Ma lì le sorelle della madre, quelle che meno avrebbero dovuto faarlo, dicevano che Dioniso non era figlio di Zeus (ma dicevano che) Semele sedotta da un mortale, riferiva a Zeus il peccato del letto, astuta trovata di Cadmo e per questo esclamavano esultanti, Zeus l'aveva uccisa, poichè aveva mentito riguardo le sue nozze.

Versione: Trionfo di Camillo tre volte vincitore
Camillo tornò trionfante nella città vincitore contemporaneamente di tre battaglie. Portò moltissimi prigionieri etruschi davanti al carro, venduti i quali all'asta ricavò tanto denaro, che, rifuso il prezzo dell'oro versato dalle matrone, con ciò che era avanzato, sono state fatte tre coppe d'oro, le quali con l'iscrizione del nome di Camillo risulta che sono state poste nella cappella di Giove davanti ai piedi di Giunone prima dell'incendio del Campidoglio.

Versione: Un'ennesima ruberia di Verre
Non sarebbe certamente stato necessario che venisse portata via la statua di Apollo a Lisone di Lilibeto, primo uomo, presso il quale hai alloggiato. Dirai di averla acquistata. Lo so, per mille sesterzi. Così penso. So, dico. mostrerò il contratto di acquisto. Tuttavia non sarebbe stato necessario che ciò venisse fatto. Al minore Eio, a cui è tutore Gaio Marcello, al quale avevi sottratto una grande quantità di denaro e vasi con stemmi di Lilibeto, quali dei due dici che sono stati comprati o confessi che sono stati rubati?

Catullo - Carme 1
A chi posso donare il piacevole nuovo libretto
appena levigato con l' arida pomice?
A te, o Cornelio: infatti eri solito
pensare che le mie inezie valessero qualcosa,
già da quando osasti, solo degli Italici,
esporre tutta la storia universale in tre libri
faticosi, per Giove, e laboriosi.
Perciò accetta (prendi per te) questo libretto
qualunque sia la sua lunghezza e il suo valore; ciò, o vergine protettrice,
possa durare per più di un secolo.

De Bello Gallico 1,3
Spinti da questi motivi e scossi dall'autorità di Orgetorige, stabilirono di
disporre l'occorrente alla partenza: adunare il maggior numero di bestie da
soma e di carriaggi che si potesse acquistare, eseguire il massimo delle semine
per non mancare di grano durante il viaggio, stabilire una pace amichevole
con le nazioni limitrofe. per compiere questi preparativi giudicarono
sufficiente un biennio, e al terzo anno fissano per legge la partenza. A
realizzarli viene scelto Orgetorige. Questi nel corso delle ambascerie che
compì presso varie nazioni convince Castico figlio di Catamatalde - un
sequano il cui padre aveva dominato per molti anni sul suo popolo ed era stato
proclamato dal Senato amico del popolo romano - a prendere il potere tra i
suoi connazionali come suo padre prima di lui; altrettanto fa con l'eduo
Dumnorige, fratello di Diviciaco allora principe della sua nazione, e molto
popolare, inducendo a compiere un tentativo analogo e concedendogli in
moglie la propria figlia. dimostra a entrambi l'estrema facilità dell'impresa,
poichè anch'egli avrebbe ottenuto il dominio della propria nazione: ed
essendo fuor di dubbio che gli Elvezi fossero il ppolo più potente dell'intera
Gallia, garantisce che con le sue risorse e il suo esercito egli avrebbe
procurato loro il trono. Questo discorso li induce a giurare lealtà reciproca, e
confidano che un volta raggiunto il potere, con quei tre popoli così forti e saldi
potranno divenire padroni della Gallia intera.

Versione: Esordi del commediografo terenzio
Publio Terenzio l’Africano, nato a Cartagine, servì a Roma il senatore Luciano Terenzio, dal quale non solo fu nobilmente educato nell’ingenio e nello stile, ma fu anche liberato a tempo opportuno. Scrisse sei commedie. Mentre allestiva Andria la prima di quelle davanti ai magistrati (edili ), gli fu ordinato di recitare davanti a Cecilio, andando verso di lui mentre cenava, si dice che recitasse senza dubbio della commedia, che era con un vestito spregevole, stando su uno sgabello vicino al letto triclinare in verità dopo poche battute fu invitato a sedersi, per cenare insieme con Cecilio, in seguito espose tutto il resto non senza la grande ammirazione di Cecilio.

Versione: Gli studenti si devono esercitare attivamente
Ne lo stesso precettore deve solo insegnare queste cose, ma interrogare frequentemente e mettere alla prova il discernimento degli studenti. Così l'apatia si allontanerà da coloro che ascoltano, ne le cose che si andranno dicendo sfuggiranno agli orecchi: insieme, condurranno a ciò quello che da questo si chiede; cioè che loro conoscano e capiscano. Infatti che cos'altro facciamo insegnando a loro se non che sono sempre da informare? Questo genere di attenzione oserei dire più utile agli studenti più che a tutte le abilità in ogni cosa. Come tuttavia sono state tramandate alcune regole generali nell'arte della guerra molto maggiormente sarà comunque più vantaggioso conoscere per quale motivo qualcuno dei comandanti ne faccia uso sapiente in quale circostanza, in quale momento, in quale luogo o sia contrario: infatti in tutte le cose generalmente le regole valgono meno che la pratica.

Versione: I libri sibillini
Si narra che una volta una certa vecchia si recò dal re Tarquinio, portando con se nove libri, che diceva contenevano i divini presagi e desiderava vendere. Tarquinio avendo domandato il prezzo, la vecchia chiese il prezzo massimo; il re la derise perché pensava avesse perso il senno a causa della tarda età. Allora quella, avendo posto un fuoco davanti a questo, bruciò tre dei nove libri e chiese se voleva comprare i sei rimanenti allo stesso prezzo. Ma parve a Tarquinio, che rideva molto di più, che la vecchia senza dubbio delirasse. Ma immediatamente la vecchia, bruciati altri tre libri, chiese candidamente di nuovo al re se voleva comprare gli ultimi tre libri al medesimo prezzo. Allora si dice che Tarquinio sia divenuto più attento; infatti pensò che una donna così costante e sicura di sé non fosse da sfidare; pertanto comprò immediatamente al medesimo prezzo i libri. Quando la vecchia partì da Tarquinio, nessuno seppe mai che cosa lei fosse stata pagata: ciò non fu più visto da nessuna parte del mondo.

I Sanniti chiedono agli Etruschi di allearsi contro i Romani
I Sanniti si diressero verso l'Etruria e chiesero una assemblea sei capi dell'Etruria. E radunata questa espongono per quanti anni combattono per la libertà contro i Romani: avevano provato tutte le cose, nel caso in cui potessero affrontare un rischio tanto grande di guerra con le loro stesse forze: avevano tentato anche di ottenere gli aiuti delle genti vicine non con grande efficacia. Avevano chiesto la pace al popolo romano,, non potendo tollerare la guerra; si erano ribellate perché la pace per chi è schiavo è più tollerabile che la guerra per chi è libero. A loro restava un'unica speranza negli Etruschi: sapere che erano la gente più ricca d'Italia per armi, uomini, denaro; avevano come confinanti i Galli. nati tra spada e armi, feroci non solo con il loro ingegno ma anche contro i Romani, popolo che ricordano catturato da loro e riscattato con l'oro, non vantandosi inutilmente. Numma mancava a che costringessero i Romani cacciati da ogni territorio al di là del Tevere a combattere per la propria salvezza non per non tollerare il regno d'Italia nel caso in cui gli etruschi avessero lo stesso animo che un tempo era stato di Porsenna e dei loro antenati.

Versione: Il re Pirro
Nel medesimo tempo fu dichiarata una guerra ai Tarantini, che già si trovavano nella parte meridionale dell'Italia, poiché avevano fatto un torto agli ambasciatori romani, questi chiesero aiuto contro i romani, a Pirro, re dell'Epiro che traeva origine dalla stirpe di Achille. Egli venne subito in Italia e allora per la prima volta i romani combatterono con un nemico d'oltremare. Fu mandato contro Pirro il console P. Valerio Levino, il quale dopo aver catturato gli esploratori di Pirro, ordinò che essi fossero condotti per l'accampamento, che fosse mostrato tutto l'esercito e che allora fossero lasciati andare, affinché riferissero a Pirro tutto ciò che i romani stavano facendo. Attaccata immediatamente battaglia mentre, sebbene Pirro fuggisse già, vinse con l'aiuto degli elefanti i quali impaurirono i romani giacché non li avevano mai visti. Ma la notte pose fine al combattimento; Levino tuttavia fuggì durante la notte. Pirro catturò mille !
e ottocento romani e li trattò con sommo rispetto, fece seppellire quelli uccisi. E dopo aver visto questi anche morti con ferite sul petto e con un aspetto orribile, si dice che portò le mani al cielo con queste parole: che egli avrebbe potuto essere padrone di tutto quanto il mondo se gli fossero capitati tali soldati.

Versione: L'educazione presso i Romani
Ritengo che sarebbe opportuno che io dica poche cose sulla educazione dei figli presso i romani per non tediarvi. Nessuno dei padri di famiglia non conosce la severità con la quale in tempi antichissimi venivano educati gli animi e i corpi dei figli. Pertanto erano ritenuti ottimi i costumi della repubblica se nati da una disciplina fin dall'infanzia. Neppure le madri si vergognavano di passare i giorni costantemente a casa per educare i figli, affinché diventassero ottimi cittadini della patria. Tuttavia gli scrittori delle cronache romane non raramente manifestavano dispiacere degli attuali costumi. Infatti si diceva che negli ultimi tempi della repubblica la vita della famiglia e dei cittadini era già corrotta. Allora le madri incominciarono ad essere infastidite dovendo rimanere a casa con i figli, inoltre ai padri dispiaceva osservare tutto quello che gli avi avevano ritenuto non sconveniente. D'altra parte sembrava che i cattivi esempi dei genitori incitavano i figli al lusso e alla pigrizia.

Esempio



  


  1. francesca

    sto cercando la traduzione della versione 19 il maestro deve insegnare anche con l' esempio. mi potete aiutare perfavore :)