Versioni di latino

Materie:Appunti
Categoria:Latino
Download:122
Data:16.10.2000
Numero di pagine:2
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
versioni-latino_4.zip (Dimensione: 3.32 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_versioni-di-latino.doc     21 Kb


Testo

72) Euripide giusto estimatore di sé stesso
Poiché il popolo chiedeva con vigore che eliminasse dalla tragedia un certo pensiero, Euripide, entrato in scena, disse che lui era solito comporre le tragedie al fine di insegnare, non di apprendere da un altro. Senza dubbio questa sicurezza è da lodare, poiché ( Euripide) valuta con giusto equilibrio il proprio valore, attribuendo a sé stesso tanto quanto basta per essere distante dal disprezzo e dall’insolenza altrui. E così è degno di approvazione anche ciò che rispose al poeta tragico Alceste. Presso di lui, poiché egli si lamentava di non aver potuto in quei tre giorni col massimo sforzo tirare fuori più di tre versi, e l’ altro si vantava di averne scritti un centinaio senza alcuna difficoltà, disse: “Ma questa è la differenza tra i nostri versi: perchè i tuoi resisteranno solo tre giorni, i miei invece in ogni tempo”. Di uno infatti gli scritti crollarono tra le prime mete della memoria, l’opera dell’altro , composta con elaborata lentezza, scorre(lett: viene tramandata) attraverso i secoli a vele spiegate con onore e gloria.
73) Sconforto di Cicerone rientrato dall’esilio
Sono giunto a Brindisi nelle Calende di maggio. In quel giorno i tuoi ragazzi mi hanno recapitato alcune lettere da parte tua e altri ragazzi tre giorni dopo mi hanno consegnato altre lettere. Sei felice che siamo tornati salvi in Italia. Questo mi è molto gradito e di grande consolazione. Ragion per cui mi richiama in vita quello che indubbiamente fai con animo fraterno, anche se non serve a nulla: odio l’affollamento della città e del foro, fuggo gli uomini, riesco a stento a guardare la luce. Non voglio adesso enumerare tutte le disgrazie nelle quali sono caduto a causa dell’ affronto di uomini corrotti. Tuttavia sappi questo: che mi angoscio e soffro soprattutto perché mi trovo in una catastrofe tanto grande per la scelleratezza degli invidiosi che avevo considerato amici. Aggiungi poi che tra le mie maggiori preoccupazioni mi tormentano la malattia della nostra Tulliola e le agitazioni di Terenzia, l’amatissima moglie, la quale ho sempre voluto che fosse felicissima. Di certo assicuro questo: che nessuno mai fu affetto da tante sfortune, per nessuno la morte fu più augurabile. Non c’è infatti alcuna ragione per la quale io desideri rimanere in una vita così miserevole e infelice, se non per quella speranza, che ancora non ho abbandonato, di recuperare il benessere che mi inseguiva quando me ne andavo (lett. che inseguiva me che partivo). Saluti.

Esempio