Trionfo di Epicuro

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Testo

ANALISI DEL TRIONFO DI EPICURO.

Il trionfo di Epicuro è il proemio del primo libro dell’opera di Lucrezio: il De Rerum Natura.
Il titolo del poema lucreziano allude all’opera del maestro Epicuro anche se quest’ultima è più sviluppata (si parla infatti di 37 libri).
Il De Rerum Natura è diviso in 6 libri ripartiti in 3 coppie:
- il I e il II trattano dei principi generali della fisica atomica;
-il III e il IV della passionalità umana;
-il V e il VI della cosmologia.
Ogni coppia di libri ha il suo proemio in cui la luminosità del messaggio si contrappone all’oscurità del modo in cui finiscono i libri II, IV e VI.
Il proemio del I libro è “il Trionfo di Epicuro” che rappresenta il primo elogio del maestro della dottrina epicurea.
Nel proemio viene messa in risalto l’eccezionalità e la maestosità di Epicuro (si nota dai versi: primum Graius homo mortalis tollere contra est oculus ausus) di cui Lucrezio è fedele seguace, e viene celebrato con tono mistico e come autore di un’impresa quasi sovrannaturale, come colui che ha salvato l’umanità dichiarandone l’inesorabile limitatezza.
Tale principio della dottrina epicurea è messo in evidenza nel testo con una metafora in cui si attribuisce alla religione un orribile aspetto (horribili super aspectu) quasi fosse un mostro che incombe pericolosamente sul futuro dell’umanità (come risalta dal testo: oppresso gravi sub religione).
Tale creatura è inoltre rilevabile con una personificazione: quae caput ostendebat.
In seguito un’anastrofe accompagna un’altra metafora: ecfringere ut arta naturae primis portarum clausura cupiret, cioè “da desiderare per primo gli stretti serrami della natura” infranti da Epicuro : qui il mondo viene metaforicamente concepito come una fortezza.
Da notare inoltre sono le diverse assonanze come: vivida vis pervicit e quem neque fama deum nec fulmina nec minitanti, dove si notano le forti ripetizioni della “v” e della “m”.
L’ultima ma non meno importante figura retorica è un asindeto: quare religio pedibus subiecta vicissim opteritur, nox exae quat victoria caelo.
Da qui si evince una contrapposizione formale e semantica della religione con la vittoria.
Analizzando il testo latino notiamo inoltre che è particolarmente articolato e complesso, ove prevalgono subordinate: si parla quindi di ipotassi che potrebbe rappresentare la causa implicita di un ritmo lento il quale tono è di narrazione fortemente epica.
Il ritmo così lento e inesorabile è dato anche dalla presenza di termini lunghi e di numerosi enjambement .
Il testo è inoltre arricchito da arcaismi come cupiret, primus e Graius che gli attribuiscono solennità, quasi alludendo all’erudizione di Ennio, pater della poesia latina.
Questo componimento così ricco e articolato è intitolato “ il Trionfo di Epicuro” proprio per la trionfalità che trasmette a chi lo legge.
Ma si tratta realmente di un trionfo o il componimento si può paragonare alla “Ginestra” di Leopardi?
Quest’ultima infatti riprende notevolmente i temi del seguace di Epicuro accentuandone il pessimismo ed esaltando un tono cupo e oscuro.

ULGIATI – MORRONE – FATICON I- PECORILLI

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