Materie: | Appunti |
Categoria: | Latino |
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Data: | 04.12.2001 |
Numero di pagine: | 4 |
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Sallustio - Bellum Catilinae
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His rebus comparatis Catilina nihilo minus in proximum annum consulatum petabat, sperans, si designatus foret, facile se ex voluntate Antonio usurum. Neque interea quietus erat, sed omnibus modis insidias parabat Ciceroni. Neque illi tamen ad cavendum dolus aut astutiae deerant. Namque a principio consulatus sui multa pollicendo per Fuluiam effecerat, ut Q. Curius, de quo paulo ante memoravi, consilia Catilinae sibi proderet; ad hoc collegam suum Antonium pactione provinciae perpulerat, ne contra rem publicam sentiret; circum se praesidia amicorum atque clientium occulte habebat. Postquam dies comitiorum venit et Catilinae neque petitio neque insidiae, quas consulibus in campo fecerat, prospere cessere, constituit bellum facere et extrema omnia experiri, quoniam quae occulte temptaverat aspera foedaque evenerant.
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Impegnato in questi preparativi, Catilina chiedeva tuttavia il consolato per l'anno successivo, sperando, se fosse stato eletto, di manovrare Antonio a suo piacimento. E intanto non stava quieto, ma in tutti i modi tendeva insidie a Cicerone. A questi non mancavano tuttavia astuzia e scaltrezza per guardarsi. Infatti, fin dall'inizio del consolato, con molte promesse per mezzo di Fulvia aveva ottenuto che Q. Curio, di cui poc'anzi ho parlato, gli rivelasse i piani di Catilina. Per di più, pattuito uno scambio di provincia con il suo collega Antonio, l'aveva indotto a non schierarsi contro la repubblica, s'era circondato d'una guardia segreta di amici e di clienti. Venuto il giorno delle elezioni, Catilina, visto che né la sua candidatura né le insidie tese ai consoli nel Campo di Marte avevano sortito successo, decise di far guerra aperta e di ricorrere ad ogni mezzo estremo, poiché i suoi tentativi segreti s'erano risolti in vergognosi rovesci.
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Igitur C. Manlium Faesulas atque in eam partem Etruriae, Septimium quendam Camertem in agrum Picenum, C. Iulium in Apuliam dimisit, praeterea alium alio, quem ubique opportunum sibi fore credebat. Interea Romae multa simul moliri: consulibus insidias tendere, parare incendia, opportuna loca armatis hominibus obsidere; ipse cum telo esse, item alios iubere, hortari uti semper intenti paratique essent; dies noctisque festinare vigilare, neque insomniis neque labore fatigari. Postremo, ubi multa agitanti nihil procedit, rursus intempesta nocte coniurationis principes convocat per M. Porcium Laecam, ibique multa de ignavia eorum questus docet se Manlium praemisisse ad eam multitudinem, quam ad capienda arma paraverat, item alios in alia loca opportuna, qui initium belli facerent, seque ad exercitum proficisci cupere, si prius Ciceronem oppressisset: eum suis consiliis multum officere.
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Dunque mandò G. Manlio a Fiesole e nell'Etruria circonvicina, un certo Settimio di Camerino nel Piceno, G. Giulio in Puglia, e, in più, altri in luoghi diversi dove credeva gli servissero meglio. Frattanto a Roma egli agiva comunque senza requie, macchinava attentati ai consoli, preparava incendi, presidiava luoghi opportuni con uomini armati, egli stesso sempre munito d'un pugnale, sempre a comandare, ad esortare che fossero pronti e all'erta, giorno e notte in movimento, desto, infaticabile al sonno e alla stanchezza. Infine, poiché tale frenesia non dà frutto, convoca di nuovo nel cuore della notte i capi della congiura in casa di M. Porcio Leca, e ivi rampognatili aspramente per la loro inerzia, li informa di aver mandato G. Manlio presso quelle bande che egli aveva riunito per prendere le armi, e anche altri in luoghi propizi per cominciare la guerra; egli stesso ardeva di raggiungere l'esercito, ma prima voleva sopprimere Cicerone che molto ostacolava i suoi piani.
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Igitur perterritis ac dubitantibus ceteris C. Cornelius eques Romanus operam suam pollicitus et cum eo L. Vargunteius senator constituere ea nocte paulo post cum armatis hominibus sicuti salutatum introire ad Ciceronem ac de improuiso domi suae imparatum confodere. Curius ubi intellegit, quantum periculum consuli impendeat, propere per Fuluiam Ciceroni dolum qui parabatur enuntiat. Ita illi ianua prohibiti tantum facinus frustra susceperant. Interea Manlius in Etruria plebem sollicitare, egestate simul ac dolore iniuriae nouarum rerum cupidam, quod Sullae dominatione agros bonaque omnia amiserat, praeterea latrones cuiusque generis, quorum in ea regione magna copia erat, nonnullos ex Sullanis coloniis, quibus libido atque luxuria ex magnis rapinis nihil relicui fecerant.
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Pertanto, rimasti tutti gli altri sgomenti e dubbiosi G. Cornelio, cavaliere romano, e con lui L. Vargunteio senatore, promessa l'opera loro, stabilirono per quella stessa notte, poco dopo, di introdursi con uomini armati presso Cicerone, come per salutarlo, e di trafiggerlo così di sorpresa nella sua casa. Curio, come comprese quale pericolo sovrastasse il console, immediatamente per mezzo di Fulvia informa Cicerone dell'agguato che gli si prepara. Così quelli, tenuti fuori della porta, si erano accollati invano una tale atrocità.
Frattanto Manlio in Etruria cercava di far ribellare la plebe, che la povertà e insieme il risentimento per le ingiustizie patite rendevano incline alla rivoluzione poiché sotto il dominio di Silla aveva perduto i campi e tutti i beni; inoltre reclutava predoni d'ogni genere, dei quali nella regione c'era gran copia, e anche alcuni coloni di Silla, ai quali i vizi e la prodigalità non avevano lasciato nulla delle loro grandi rapine.