Sallustio - bellum catilinae

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Testo

Sallustio - bellum catilinae
Cap. 12
Dopo che le ricchezze incominciarono ad essere tenute in onore e a queste seguivano la gloria, il governo e la potenza le virtù iniziarono ad indebolirsi, un modesto patrimonio cominciò ad essere vergognoso possedere, l'onestà per malanimo al condottiero. Dunque, in conseguenza delle ricchezze, la lussuria e l'avarizia con la superbia invasero la gioventù; afferravano, spendevano, tenevano di poco conto le cose proprie e desideravano altro, la vergogna e la riservatezza, disprezzavano senza alcuna distinzione le leggi umane e divine. Varrebbe la pena, dopo aver visto case e ville nella estensione della città visitare i templi degli dèi che i nostri antenati, uomini religiosissimi costruivano. Quelli, in vero, i templi degli dèi decoravano per la pietà decoravano le cose della loro gloria e non toglievano nulla a i vinti, tranne la possibilità di nuocere. Ma i contemporanei, uomini ignavi, con estrema scelleratezza, tolgono tutto ai loro soci.
Cap. 13
Infatti a che scopo dovrei raccontare quelle cose che se non a quelli che lo videro, non sono più credibili a nessuno. Che monti sono stati spianati e tratti di mare colmati da numerosi privati? E a questi mi sembra che le ricchezze siano state oggetto di trastullo, infatti quelle ricchezze che sarebbe stato possibile godere dignitosamente, desideravano sperperare indecorosamente. Ma si era diffusa una minor brama per la ricchezza sessuale, per la gozzoviglia e per ogni altra raffinatezza. Gli uomioni si comprotavano da donne, le donne mettevano il pudore in pubblico. Per nutrirsi ricercavano tutti i cibi rari, per terra e per mare, dormivano più di quanto non fosse necessario, non erano oppressi dalla fame o dalla sete, né dal freddo o dalla stanchezza ma, prevenivano con mollezza tutte queste cose. Questi comportamenti spingevano i giovani ad azioni malvagie quando mancavano i mezzi famigliari. L'animo impregnato alle male arti, non si preoccupava facilmente dei piaceri; in questo modo tanto più sfrenatamente l'animo era dedito in tanti modi al chiedere denaro e a sperperarlo.
Cap. 14
In un tanto grande e così corrotto stato, Catilina poiché ciò era molto facile a farsi, aveva intorno a sé come guardie del corpo schiere di tutti gli scellerati, viziosi e criminali. Infatti qualunque spudorato, adultero, bordelliere aveva dilapidato le sostanze paterne con il gioco, con le gozzoviglie e con il sesso e chi aveva contratto enormi debiti per riscattare un'offesa o un delitto. Inoltre tutti i padricidi da ogni parte, i sacrileghi, i condannati nei processi o timorosi della sentenza per i loro delitti inoltre quelli che alimentavano la mano o la parola con l'assassinio dei cittadini. Inoltre tormentava tutti quelli che erano tormentati dall'indulgenza e dal rimorso. Loro erano gli amici e gli intimi di Catilina. E se qualcuno ancora privo di colpa si fosse trovato nella sua amicizia per i quotidiano contatti e le lusinghe veniva reso facilmente come gli altri. Ma massimamente desiderava la compagnia la compagnia di giovani, i loro animi ancora malleabili e inconsistenti per la giovane età erano infatti catturati senza difficoltà. Infatti come la passione di ciascuno ardeva a causa dell'età procurava donne ad alcuni, comprava cani e cavalli ad altri, insomma, non badava né a spese né al prorpio denaro puttana purchè si rendesse quelli sottomessi e fidati. So che ci sono stati alcuni che ritenevano che la gioventù la quale frequentava la casa di Catilina avesse avuto poco rispetto del suo pudore. Ma questa diceria valeva più degli altri fatti che da prove che qualcuno avesse appurato.
Cap. 15
Catilina già dalla prima adolescenza aveva avuto numerose e sacrileghe relazioni sessuali, con una fanciulla nobile, con una sacerdotessa di Vesta e altre cose di tal natura contro leggi umane e divine. Inoltre, preso d'amore per Aurelia o Aurestella, di cui al di fuori della bellezza un uomo onesto nulla lodò, per la qual cosa lei esitava a sposare quello, temendo figliastri in età ormai adulta. Si ritiene ormai per certo che dopo aver ucciso il figlio e aver liberata la casa per fare empie nozze e in vero tale misfatto a me sembra fosse stata la causa principale di affrettare l'attuazione della congiura. E infatti il suo animo dissoluto avverso agli dèi e agli uomini non poteva avere pace né nella veglia né nel sonno; così la coscienza devastava la mente sconvolta. Quindi quello aveva un colore asangue, gli occhi tordi, l'andatura ora rapida ora lenta. Insomma erano nell'espressione e nel volto i segni della follìa.
Cap. 16
Ma ai giovani che, come abbiamo detto sopra avesse adescato, in molti modi insegnava cattive imprese. Fra quelli forniva testimoni e firmatari falsi; ordinava di tener in poco conto la parola data, le fortuna, i pericoli; poi quando aveva distrutto la loro fama ed il loro senso dell'onore, comandava altre cose maggiori. Se non si presentava sul momento un motivo di compiere delitti faceva assalire gli innocenti come colpevoli; nientemenon per non onfiaccarsi le mani e l'animo nell'ozio senza motivo preferiva essere cattivo e crudele. Confidando Catilina in questi amici e compagni, e poiché allo stesso tempo l'indebitamento era enorme per tutte le terre e poiché la mezza parte dei soldati di Silla, dopo aver fatto un uso troppo dispendioso dei loro beni, memori delle rapine e dell'antica vittoria desideravano vivamente una gloria civile, presa la risoluzione di abbatterelo stato. In Italia non c'era nessun esercito; Pompeo faceva la guerra nelle terre più lontane; lui stesso aveva una grande speranza di candidarsi al consolato; il senato non era per nulla preoccupato; tutte le cose erano sicure ma queste appunto erano favorevoli a Catilina.
Cap. 24
Dunque tenuti i comizi, vengono proclamati consoli Cicerone ed Antonio; questo fatto aveva inferto un primo colpo agli aderenti alla congiura. Né tuttavia la smania di Catilina era frenata, ma di giorno in giorno tramava sempre nuovi piani, preparava le armi per tutta l'Italia nei punti adatti portava il denaro preso a prestito con la garanzia sua e degli amici ad un certo Manlio presso Fiesole, il quale in seguito fu li primo a dare inizio allo scontro armato. In quel tumulto si dice che attirasse a sé moltissimi uomini di ogni ceto e anche alcune donne che dapprima si erano permesse ingenti spese con la prostituzione del loro corpo, poi, quando l'età aveva posto un limite soltanto al guadagno e non alla lussuria, avevano contratto grandi debiti. Per mezzo di loro Catilina credeva di poter sollevare in rivolta gli schiavi in città, di incendiare la città, di associare a sé i loro mariti o di ucciderli.
Cap. 25
E tra di esse vi era Semprionia che aveva commesso spesso molte azioni di un'audacia virile. Questa donna fu abbastanza fortunata quanto alla nobiltà di nascita e alla bellezza, inoltre per il marito e i figli; era dotta quanto alla letteratura greca e latina, abile nel suonare e nel danzare, con maggior raffinatezza di quanto si addice ad una donna onesta di molte altre cose che sono strumenti sono di corruzione. Ma lei ebbe tutte le cose sempre piùcare dal decoro e dal sostegno pudico; non facilmente si sarebbe potuto distinguere se fosse più prodiga del denaro o della reputazione; in lei c'era una passione così infiammata che più spesso provocava gli uomini di quanto non fosse provocata. Ma lei spesso prime d'ora aveva tradito la parola data, aveva negato con spergiuro di aver ricevuto denaro a prestito, era stata compplice di delitti, era precipitata nel'abisso della degradazione a causa della lussuria e della povertà. Tuttavia il suo ingegno non era spregevole; poteva comporre poesie, suscitare il riso, tenere una conversazione di tono modesto, ora lusinghiero, ora sfacciato; insomma in lei c'era molto spirito e fascino.
Cap. 55
Dopo che come ho detto il Senato aderì al parere di Catone, il console intendendo che fosse migliore cosa da farsi, prevenire la notte che stava per calare, affinchè qualcosa di nuovo non accadesse in quello spazio di tempo, comandò ai Triumviri di preparare quelle cose che egli richiedeva per l'esecuzione; egli stesso, disposti dei presidi, scorta in carcere Lentulo; la medesima cosa accadde agli altri congiurati per mezzo dei pretori. C'è in luogo nel carcere che viene chiamato Tulliano quando si sia saliti un po' a sinistra scavato sotto terra circa dodici piedi. La fortificano da ogni parte dei muri al di sopra una volta composta da archi di pietra; ma lo squallore, l'oscurità, il terribile odore, anche il suo aspetto è terribile. Dopo che fu lasciato in quel luogo Lentulo, gli esecutori delle condanne capitali ai quali era statao ordinato, lo strangolarono con un laccio. Così quel patrizio della famosissima stirpe dei Conegli che aveva ricoperto a Roma il potere consolare e consolatico trovò una fine della vita degna dei suoi costumi e delle sue azioni. Il supplizio di Cetago Statilio Crobinio Ceponio fu eseguito nel medesimo modo.
Cap. 58
Io so di sicuro, o soldati, che le parole non aggiungono coraggio, né un uomo da ignavo diventa coraggioso, né un esercito diventa forte da timoroso per un'orazione di un generale. Quanta più grande audacia c'è nell'animo di ciascuno per fattura o per costumi, tanto grande suole manifestarsi in guerra. Non esortare invano colui che né la gloria né i pericoli eccitano; la paura d'animo gli chiude le orecchie. Ma io vi ho chiamato per ammonirvi di poche cose, nello stesso tempo per spiegarvi i motivi dela mia decisione. Sapete di certo, o soldati, quanto grande rovina abbia portato a se stesso e a noi la pigrizia e l'ignavia di Lentulo e in quale modo non sono potuto andare in Gallia mentre aspettavo i rinforzi dalla città. Ora invero noi tutti vicini a me capita ora in quale situazione siamo. Due eserciti di nemici, uno dalla città, l'altro dalla Gallia ci stanno contro.
La scarsità di frumento e delle altre cose ci impediscono di stare piu a lungo in questiluoghi anche se l'aiuto lo desidererebbe moltissimo. Dove ci piacerebbe andare la strada deve essere aperta con le armi. Perciò io vi esorto affinchè siate di animo forte e pronto e, quando inizierete la battaglia, ricordate che voi portate nelle vostre destre: ricchezza, onore, gloria e inoltre libertà e patria. Se vinciamo tutte le cose saranno sicure per noi; vettovaglie in abbondanza, i municipi e le colonie si apriranno. Se per paura scapperemo quelle stesse cose diventeranno ostili: né un luogo né un amico proteggerà colui il quale le armi non hanno difeso.
Inoltre, o soldati, su noi e su quelli incombe la medesima necessità; noi combattiamo per la patria, per la libertà, per la vita; per quelli è un sovrappiù combattere per la potenza di pochi. Perciò attaccate più audacemente o memori di un antico valore. Vi sarebbe stato permesso di trascorrere una vita in esilio con sommo disonore; avreste potuto attenderea Roma parecchi aiuti favorevoli, lasciati andare gli opportuni. Poiché queste soluzioni sembravano vergognose ed insopportabili per gli uomini le avete diminuite per cercare di raggiungere per cercare questi pericoli presenti. Se volete abbandonarli c'è bisogno di audacia, nessuno se non il vincitore sostituisce la guerra con la pace. Infatti sperare la salvezza nella fuga avendo distolto le armi con le quali il corpo viene coperto dai nemici, quell'azione invero è una follia. Sempre in battaglia il pericolo è massimo per quelli che hanno più paura; l'audacia fa da baluardo. Quando vi osservo, o soldati, e quando penso alle vostre azioni mi domina una grande speranza di vittoria. Il vostro animo, la vostra età, il vostro valore mi esortano, inoltre la necessità che rende forti anche i timidi. Infatti la ristrettezza del luogo impedisce che la moltitudine di nemici possa circondarci. E se la fortuna avrà guardato con ostilità il nostro valore guardatevi di non morire invendicati e di non essere ammazzati come bestie una volta catturati piuttosto che combattendo da uomini; lasciate piuttosto ai nemici una cruenta e luttuosa vittoria.
Cap. 61
Ma portata a termine la battaglia in vero avresti potuto scorgere quanto coraggio e quanta forza d'animo ci fossero nell'esercito di Catilina, Infatti ciascuno da morto copriva con il coprpo quel luogo che aveva occupato da vivo. Pochi inoltre, che aveva disperso penetrando nel mezzo dello spiegamento un po' più in là allora tutti erano morti con ferite mortali. Catilina in vero fu ritrovato lontano dai suoi fra i cadaveri dei nemici, mentre ancora appena respirava e tratteneva nel viso la fierezza d'animo che aveva avuto da vivo. Alla fine ciascuno che fosse cittadino libero fu catturato fra la moltitudine intera né in battaglia né nell'atto di fuggire: così tutti quanto avevano avuto uguale riguardo della loro e della vita dei nemici. Allora l'esercito del popolo Romano non aveva ottenuto una felice o incruenta vittoria; infatti tutti i più valorosi o erano morti in battaglia o si erano allontatati gravemente feriti. Molti invece se n'erano andati dall'accampamento o per vedere o per rubare rivoltando i cadaveri dei nemici e trovavavno a volte un amico o un ospite o un parente. Ci furono dunque coloro che conoscevano come i nemici personali. Così in modo variabile gioia, tristezza, lutto e felicità oscillavano in tutto l'esercito.

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