Pseudolus «Pseudolo»

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Testo

Pseudolus «Pseudolo». Il giovane Calidoro ama riamato la cortigiana Fenicio, ma non dispone del denaro per riscattarla, cosicché il ruffiano Ballione può venderla ad un soldato straniero: con vivo compiacimento del padre di Calidoro, Simone, che disapprova la condotta dissipata del figlio. Ma il servo di Calidoro, Pseudolo, riesce ad intercettare il messo del soldato incaricato di scortare la ragazza, a farsi dare la lettera col contrassegno del nuovo proprietario e, con l’aiuto di un finto messo, Simia, a sottrarre Fenicio a Ballione. Per effetto di un complicato giro di scommesse concernenti la riuscita della beffa, il ruffiano deve versare una somma pari al prezzo del riscatto a Simone, questi, a sua volta, consegnarla tal quale al vincitore Pseudolo. Così, il ruffiano, figura antropologicamente negativa e sociologicamente predisposta alla sconfitta, perde la ragazza e due volte il prezzo della ragazza (dovrà infatti risarcire anche il soldato), il padre perde moralmente ma non finanziariamente, il figlio ottiene l’amata, e il servo astuto denaro e gloria. Segue una gran baldoria finale alla quale è invitato anche il “catoniano” Simone. E la commedia del servodrammaturgo (Pseudolo è un autoritratto, fiero e autoironico, di Plauto stesso) e del suo grande rivale, Ballione, poeta supremo dell’improntitudine ruffianesca.

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