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Categoria: | Latino |
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Data: | 30.04.2007 |
Numero di pagine: | 1 |
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Testo
Tito Livio “Ab urbe condita” 2,1
Post reges exacto: considerazioni sulla recente libertà.
Tratterò le imprese del popolo romano, ormai libero. compiute in pace e in terra e i domini delle leggi più potenti di quelle degli uomini.
La superbia dell’ultimo re aveva fatto sì che quella libertà fosse più lieta. Infatti i primi regnarono cosicché, non a torto, tutti erano ricordati uno dopo l’altro come fondatori sicuramente certi di alcune parti della città, cioè di quei quartieri nuovi aggiunti per far fronte alla crescita demografica che essi stessi avevano voluto. E non c’è dubbio che lo stesso Bruto, il quale meritò tanta gloria, dopo aver espulso il re Superbo, avrebbe fatto ciò per il peggior danno dello stato se avesse usurpato, il regno a qualcuno dei re più antichi per il desiderio di una realtà troppo precoce. Cosa ne sarebbe stato se quella plebaglia di pastori e avventurieri, fuggita dai suoi popoli, che, sotto la tutela di un tempio inviolato, si attribuiva o la libertà o certamente l’impunità sciolta dal terrore del re se avesse iniziato ad agitarsi in scontri dei tribuni e in una città straniera a ingaggiare lotte con i senatori, prima che i legami coniugali e dei figli e l’affetto della stessa terra, alla quale dopo lungo tempo ci si abitua avessero riunito i loro animi? Lo Stato, minato dalla discordia, non sarebbe riuscito a muovere nemmeno i primi passi. Invece l’atmosfera di serenità e moderazione che accompagnò la gestione del potere ne influenzò a tal punto la crescita che, una volta raggiunta la piena maturità delle sue forze, potè esprimere i frutti migliori della libertà.