Plauto

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Testo

Plauto
Vita e opere
Origini e cronologia
Plauto nacque a Sarsina, città che anticamente era situata in Umbria, oggi in Romagna. La data della sua morte viene citata da Cicerone nel Brutus, che la colloca durante la censura di Catone, nel 184 a.C. la data di nascita può essere desunta da un’ulteriore citazione ciceroniana del De Senectude: essa afferma che Plauto era senex quando scrisse il Truculentus e lo Pseudolus (191 a.C.), e poiché per i romani la vecchiaia iniziava a sessanta anni, il nostro autore non dovrebbe essere nato dopo il 251 a.C.
Controversie sul nome
La tradizione indica come suo nome completo Titus Maccius Plautus, il ché sembra improbabile perché la formula del tria nomina era riservata ai soli nobili, a cui Plauto certamente non apparteneva. Si è supposto che il nome originario sia Titus Plautus, a cui si sarebbe poi aggiunto Maccius: questo nome ricorda in modo particolare quello di una maschera atellana, Maccus, che egli avrebbe assunto perché aveva iniziato la sua carriera con questo ruolo o perché era specializzato nel rappresentarlo. Il cognomen Plautus ha invece riferimenti “comici”: può infatti significare “dalle orecchie grandi” o piuttosto “piedipiatti”, termine riservato agli attori che recitavano senza calzature.
Biografia
Sul conto di Plauto circolavano così tanti aneddoti che non si sa quali avvenimenti della sua vita siano veri e quali leggendari. Si raccontava che, giunto a Roma molto giovane come attore, si fosse dedicato al commercio, con risultati tutt’altro che buoni. A causa dei suoi debiti sarebbe stato fatto schiavo in un mulino: proprio qui avrebbe scritto tre commedie che, conquistato il favore del pubblico, gli valsero la libertà. Il fatto straordinario è che, se tutto ciò è realmente accaduto, egli avrebbe vissuto in prima persona quanto racconta nelle sue commedie. Gellio ricorda i titoli di due commedie scritte in schiavitù, il Saturnio e l’Addictus (= lo schiavo), ma ammette di non ricordare il titolo di una terza.
L’epigramma
Anche a Plauto, come a Nevio, è attribuito un epigramma sepolcrale, che recita: “da quando Plauto è morto la commedia è in lutto, la scena è rimasta deserta, il riso, lo scherzo il gioco e i ritmi sono scoppiati a piangere”.
L’importanza di Plauto
L’importanza di questo autore risiede nel fatto che per primo decise di dedicarsi ad un solo genere: la commedia. La sua fu molto probabilmente una carriera lunga e fortunata, poiché per un intero ventennio scrisse ininterrottamente commedie. Grazie al grande successo che tali rappresentazioni aveva presso il pubblico, continuarono a essere messe in scena anche dopo la sua morte.

Il corpus delle commedie
La straordinaria popolarità fu causa di diverse controversie riguardanti l’autenticità delle commedie: spesso infatti si attribuiva il suo nome a opere minori per assicurarne il successo. Le commedie plautine si possono suddividere in:
- varroniane: sono ventuno e, come Varrone attesta, sono di autenticità indiscutibile;
- un gruppo di diciannove, di cui non si può certificare l’autenticità ma che Varrone riteneva plausibile attribuire al poeta;
- un gruppo di origine spuria.
Il gruppo delle varroniane ci è giunto quasi integro; solo la Vidularia è andata perduta, mentre sono incerti la parte finale dell’Aulularia e quella iniziale delle Bacchides.
Struttura e caratteri delle commedie plautine
I modelli
Le fabulae plautine sono quasi tutte palliate, causa la grande considerazione di cui i modelli greci godevano. Inoltre la gravitas romana vietava di portare in scena fatti e personaggi dell’ambiente romano, come quanto accaduto a Nevio aveva dimostrato.
I modelli plautini si rifanno sia alla “commedia nuova”, sia a quella di “mezzo”, sia a quella “attica antica”; è inoltre possibile rintracciare elementi della farsa italica.
La contaminatio
Non è possibile sapere in che misura il poeta abbia utilizzato i suoi modelli, ma sembra probabile che egli abbia mescolato su un canovaccio comune scene prese qua e là da altre commedie. Nonostante tutto il suo stile è dotato di grande originalità, derivante dal fatto che tendeva a modificare il più possibile l’originale innestandovi qualcosa di suo.
I caratteri
I gusti di Plauto sono orientati verso i modelli meno raffinati, dai quali deriva la sua irrequieta ed esilarante comicità. Le commedie consistono essenzialmente di intrecci complicati (il poeta amava la comicità spassosa, il riso, gli equivoci, il fantastico, gli imbrogli), ma da essi traspare spesso una profonda caratterizzazione psicologica.
Gli intrecci
Le storie sono ambientate prevalentemente in luoghi stranieri e caratterizzate da temi tradizionali, come il contrasto tra padri e figli, tra nuove e vecchie generazioni. Di solito le storie sono a carattere amoroso, ricche di intrighi ed equivoci, che dopo eventi quasi inverosimili si concludono felicemente per intervento della fortuna o grazie all’astuzia di un servo.

La struttura
Ogni commedia di Plauto si presenta divisa in: prologo, azione, epilogo, ai quali talvolta si affiancano alcune didascalie. Nelle parti dialogate (deverbia) e in quelle musicali (cantica) vengono messi in risalto i caratteri tipici della comicità plautina: la genialità e la fantasia.
La caratterizzazione psicologica di Plauto
Il nostro autore non né un moralista, né un satirico, né tuttavia si preoccupò di mettere al servizio di un’elevata idealità di vita la sua arte. Egli scrisse per piacere a tutti, ma in particolare per suscitare l’ilarità e il riso. Il tema principale attorno cui ruotano le vicende da lui trattate, il vizio, non è fine a se stesso: è un elemento occasionale volto alla costruzione della scena comica. Questa non deve essere intesa unicamente nel suo scopo di suscitare ilarità, ma anche nei suoi intenti più prettamente moralistici ed etici. Non di rado infatti l’autore lamentava la perversità dell’ambiente romano incitando alla virtù e all’antica frugalità.
Va tenuto presente che egli non possedeva un intimo spirito religioso, ma da buon romano concepiva la religione come elemento fondamentale della vita e nelle sue commedie spesso celebrava non solo le divinità romane, ma anche le antiche divinità italiche.
La lingua
La lingua è fresca, spontanea e chiara. E’ come se questa lasciasse all’improvviso la sua infanzia per diventare matura. Conserva ancora, è vero, le durezze del ceppo arcaico, ma utilizza forme ed espressioni popolari, come proverbi, nomignoli e intonazioni farsesche elevate a un più alto livello artistico, processo che ha come risultato la nascita di un originale linguaggio comico- letterario. Derivano dalla sua cultura le espressioni grecizzanti, entrate con lui a far parte del patrimonio linguistico latino, ed anche alcune espressioni di lingue inusitate. Dalla sua cultura affiorano anche i numerosi procedimenti stilistici e le figure del discorso, come allitterazioni, anafore e giochi di parole.
La metrica
Non si sa fino a che punto Plauto abbia riprodotto i metri caratteristici della commedia nuova: quelli più usati sono il senario giambico e il settenario trocaico.

Esempio