Pilleum

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Testo

“PILLEUM” PAG. 214 VERS. 196
“Ritornano in patria con lode”. Niente infatti fuorché un elogio deve essere riferito a uomini buoni e onesti né dai nemici né dagli alleati. Certamente è già cosa palese quella, cioè che niente è più vergognoso di quanto lo è chiunque venga inviato come ambasciatore salvo che per lo Stato. Tralascio in che modo si comportino e si siano comportati costoro, che pur con la funzione di legato si occupano delle proprie eredità e obbligazioni; negli uomini c’è forse questo vizio; ma chiedo che cosa in realtà sia più vergognoso di un senatore, ambasciatore senza cura, senza mandati, senza alcun obbligo verso lo Stato. Io console avrei tolto certamente questo genere d’ambasciata, benché sembrasse riguardare una prerogativa del senato, dato che tuttavia il senato aveva reso accetta la cosa in gran numero, se uno sconsiderato tribuno della plebe allora non mi avesse fatto opposizione. Ridussi comunque il tempo e ciò che era infinito lo resi annuale. Così rimane la vergogna tolta la durevolezza. Ma per favore si rinunci subito alle province e si ritorni in città.

PAG. 217 VERS. 201
Ricordo che io quando ero pienamente un giovinetto, mentre mio padre console era in Macedonia ed eravamo nell’accampamento, il nostro esercito fu sconvolto da un presagio celeste e vi fu la paura che durante la notte serena all’improvviso fosse mancata la luna, bianca e piena. Allora quello, dato che era nostro ambasciatore un anno prima di essere nominato console, non dubitò di spiegare apertamente nell’accampamento il giorno seguente che non c’era alcun prodigio, e che quello sia era accaduto allora sia ci sarebbe stato sempre in determinati tempi, quando il sole fosse stato disposto così che non avrebbe potuto colorare la luna con la sua luce. Inoltre si dice che quel famoso Pericle, guida della sua città sia per autorità sia per eloquenza sia per prudenza, avesse insegnato ai suoi della cittadina qualcosa del genere di quello anche durante quella grandissima guerra che ateniesi e spartani condussero tra di loro per la grande rivalità, ciò che egli stesso aveva colto da Anassagora, di cui era stato discepolo, cioè che quello accadeva in un tempo stabilito e inevitabile, quando tutta la luna si fosse messa sotto il disco del sole; che quindi sebbene non per tutto il novilunio, tuttavia quello non poteva avvenire se non in un certo periodo del novilunio. Avendo spiegato ciò con una discussione e con motivazioni, liberò il popolo dal timore; questa era infatti allora una nuova e sconosciuta ragione, che il sole si eclissi per l’interposizione della luna, cosa che dicono abbia visto per primo Talete di Mileto.

PAG. 230 VERS. 221
Lo stato è dunque cosa del popolo, il popolo invece non è tutto un insieme di uomini riunito in qualche modo, ma è un insieme unito dall’accordo di una grande giustizia e dall’interesse comune. Ma la prima ragione della sua unione non è tanto la debolezza quanto quasi una specie di tendenza naturale degli uomini a raggrupparsi. Dunque per questo motivo dell’adunanza di cui ho raccontato questi stabilitisi scelsero la prima sede per le abitazioni visto il posto; avendo cinto questo con una fortificazione, chiamarono l’unione di questo tipo città fortificata o città distinta dai templi e dagli spazi comuni. Quindi ogni popolo, che è una unione di una moltitudine tale quale ho descritto, ogni città, che è l’ordinamento del popolo, ogni stato, che, come ho detto, è cosa del popolo, deve essere governato da un qualche governo, affinché sia durevole. Ma questo governo per primo deve sempre riferirsi a quella causa che per questa ragione generò la città.

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