Materie: | Riassunto |
Categoria: | Latino |
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Testo
Petronio
1. La questione petroniana
L’autore del Satyricon
Da una serie di codici sono stati tramandati degli estratti di un lungo romanzo in prosa e in versi intitolato Satyricon e attribuito ad un certo Petronio Arbitro, identificato in età rinascimentale con l’omonimo personaggio di cui parla Tacito in un passo degli Annales: un uomo raffinato ed eccentrico vissuto durante l’età neroniana, dedito ad un’esistenza di piaceri squisiti, divenuto elegantiae arbiter all’interno della corte imperiale; uno fra i pochi intimi di Nerone fino al suicidio in seguito alla congiura pisoniana del 65-66 a.C. Nella descrizione tacitiana la morte di Petronio appare una parodia del suicidio stoico di Seneca.
Due tesi
Esistono due tesi sull’identificazione dell’autore del Satyricon: quella unionista, che sostiene l’identificazione con il Petronio di Tacito e quindi assegna l’opera all’età di Nerone; quella separatista che nega l’identificazione e sposta la composizione dell’opera a un’età più tarda.
La tesi separatista
La tesi separatista si basa su una serie di constatazioni:
• Tacito non accenna, nel suo ritratto di Petronio, all’esistenza di un romanzo (anche se in realtà era solito ignorare completamente l’attività letteraria dei soggetti descritti);
• le testimonianze del Satyricon sono posteriori alla fine del II secolo d.C.;
• il tessuto linguistico del Satyricon sembrerebbe estraneo all’età di Nerone e più affine alla lingua letteraria del secolo successivo (ma è stato dimostrato come tali caratteri linguistici e stilistici siano già presenti nell’Apokolokyntosis di Seneca).
La tesi unionista
La tesi unionista si basa su argomentazioni di varia natura:
• la coincidenza del congnomen Arbiter con l’espressione tacitiana elegantiae arbiter;
• l’atmosfera del romanzo, che pare adattarsi al ritratto di un uomo bizzarro e raffinato;
• il richiamo ad attori, cantanti e gladiatori assai noti all’epoca di Caligola e Nerone;
• la pertinenza delle discussioni letterarie sviluppate nel romanzo, al clima culturale dell’età neroniana;
• la presenza di uno squarcio poetico sulla presa di Troia, che potrebbe alludere alle ambizioni letterarie di Nerone, autore di un poemetto sul medesimo argomento;
• le analogie di stile e di linguaggio con l’Apokolokyntosis di Seneca.
Datazione dell’opera
È dunque presumibile che l’autore dell’opera sia il Petronio citato da Tacito. Il Satyricon fu composto presumibilmente negli anni 63-65.
2. Il Satyricon
Estensione del testo
Il Satyricon è giunto a noi gravemente mutilo per motivi di censure e interpolazioni (per ragioni di natura morale), mancante sia della parte iniziale sia di quella finale. Non sappiamo quanto fosse realmente esteso. I frammenti in nostro possesso dovrebbero corrispondere ai libri XIV, XV e XVI dell’opera. Ma è anche possibile che il romanzo facesse parte di una miscellanea contenente diverse storie come nelle satire menippee.
Ordinamento attuale
Gli studiosi moderni hanno raccolto il testo in 141 brevi capitoli, senza alcuna divisione in libri: comprende parti in prosa (dominanti) e brani poetici. La narrazione è condotta in prima persona da Encolpio, protagonista della vicenda; ma all’interno della storia principale vengono ad inserirsi, secondo la tecnica del racconto ad incastro, cinque novelle, affidate a voci narranti diverse.
Il titolo
Il titolo dell’opera doveva essere probabilmente Satyrica («storie di satiri»), nel senso di «racconti di argomento osceno e licenzioso». Il titolo tradizionale Satyricon è il genitivo neutro plurale ratto da libri. Satyrica era un termine ambiguo che richiamava il vocabolo latino satura, rischiando di tramutare il significato del titolo nel più generale «Racconti satirici». Il Satyricon si presenta come una forma narrativa aperta, caratterizzata dall’intersecarsi di una pluralità di generi e di modelli.
La vicenda
Si può suddividere il frammento narrativo in cinque blocchi: 1) le avventure di Encolpio, Ascilto e Gitone in una Graeca urbs dell’Italia meridionale; 2) la Cena Trimalchionis; 3) nuove avventure nella Graeca urbs, durante le quali Encolpio fa la conoscenza del poeta Eumolpo, mentre Ascilto scompare dalla scena; 4) l’episodio sulla nave di Lica e Trifena; 5) l’arrivo a Crotone.
Da vari accenni nel testo, si possono ricostruire, almeno in parte, le vicende smarrite (antecedente perduto).
Antecedente perduto
Encolpio, uno studente squattrinato di buona cultura, narratore e protagonista del romanzo, appare perseguitato dall’ira di Priàpo, di cui ha profanato i misteri o divulgato un segreto durante una permanenza a Marsiglia. Fuggito in Italia, viene incriminato forse per una rapina in un tempio e condannato all’arena. Sfuggito al carcere si dirige verso sud con il fanciullo Gitone, di cui si è invaghito, e che diventa il suo amasio. I due vivono un’avventura erotica con Trifena, una cortigiana impetuosa e possessiva, e con Lica, un trafficante di schiavi che comanda una nave. Di nuovo soli, i due fanno la conoscenza di Ascilto, un avventuriero senza scrupoli che diventa immediatamente rivale in amore di Encolpio. I tre arrecano disturbo alle cerimonie in onore di Priapo compiute dalla sacerdotessa Quartilla.
Primo blocco
I tre eroi sono da poco giunti in una città della Campania. Encolpio frequenta la scuola del retore Agamennone, con il quale ha una disputa sulle cause della decadenza oratoria. A causa della rivalità in amore che li oppone, Encolpio e Ascilto decidono di separarsi entro tre giorni. Recatisi al mercato per vendere un mantello rubato, hanno la ventura di recuperare una tunica piena di monete d’oro di cui a loro volta avevano subito il furto. Tornati alla locanda vengono sorpresi dalla sacerdotessa Quartilla, che li obbliga per tre giorni a un’estenuante kermesse sessuale.
Secondo blocco
Sfuggiti a Quartilla, i tre si recano a una cena nella casa di Trimalchione, un liberto ricchissimo che ostenta un lusso pretenzioso e volgare. Il sottofondo è un insieme di voci, suoni e litigi, tra il chiacchiericcio dei numerosi ospiti , alcuni abituali, altri d’eccezione. Lusingato dalla presenza dei letterati, Trimalchione monopolizza l’attenzione generale filosofeggiando, recitando versi, rievocando il suo passato di schiavo, enumerando le sue ricchezze, e infine costringe gli ospiti a fare la prova generale del su funerale e cade schiantato dal vino. Richiamati dal chiasso intervengono i pompieri. Nella confusione i tre eroi riescono a guadagnare l’uscita.
Terzo blocco
Encolpio e Ascilto si affrontano a causa del solito Gitone che beffardamente sceglie il secondo contendente. Affranto dal dolore, Encolpio entra in una pinacoteca, dove fa la conoscenza di Eumolpo, un vecchio poeta di scarsa fortuna che gli racconta la novella del fanciullo di Pergamo. I due iniziano a discutere sulle cause della decadenza dell’arte, che Eumolpo attribuisce all’avidità di denaro e al crollo dei valori morali. Poi il vecchio poeta improvvisa un poemetto sulla presa di Troi, ma viene interrotto dalle sassate dei presenti che lo costringono a fuggire. Dopo numerose avventure, Encolpio ritrova Gitone: geloso di Ascilto decide di partire con Eumolpo su una nave.
Quarto blocco
Encolpio e Gitone si accorgono troppo tardi di essere capitati sul mercantile di Lica e di Trifena, che durante la notte hanno un sogno premonitore della loro presenza. Nonostante il travestimento i due vengono riconosciuti e minacciati di terribili punizioni. La contesa degenera in una grottesca battaglia, finché il pilota della nave ottiene che sia proclamata una tregua d’armi. Eumolpo riesce così a placare gli animi e ad imporre un trattato di pace. Segue un allegro banchetto di riconciliazione generale, durante il quale Eumolpo racconta la novella della matrona di Efeso. Una temepesta fa naufragare la nave: Lica muore durante il naufragio; Encolpio, Gitone ed Eumolpo riescono a tornare a terra.
Quinto blocco
Un contadino indica loro Crotone, informandoli sugli strani costumi della città: la popolazione di divide in cacciatori di eredità e uomini straricchi ma privi di eredi, e perciò tenuti in sommo onore. Eumolpo si finge un ricco possidente e Encolpio e Gitone i suoi schiavi. Sulla strada Eumolpo tiene una lezione sul poema epico, cui fa seguire un brano poetico sulla guerra combattuta tra Cesare e Pompeo (Bellum civile). Encolpio, di nuovo perseguitato dal dio Priapo, non riesce a soddisfare la voglie di una matrona chiamata Circe. Infuriata, la donna ordina ai servi di frustarlo. Il giovane recupera finalmente la sua virilità grazie all’intervento di Mercurio. Temendo di essere smascherato Eumolpo detta un testamento in base al quale entreranno in possesso delle sue fortune (inesistenti) coloro che si saranno nutriti del suo cadavere. L’ultimo capitolo che possediamo si chiude con il discorso di un abitante di Crotone favorevole ad accettare la clausola testamentaria.
3. Il problema del genere e i modelli
Il genere
Già nell’antichità era sorto il problema sulla collocazione del Satyricon all’interno di un genere letterario: Microbio lo collocava tra le opere narrative di puro intrattenimento; Giovanni Lido, uno scrittore bizantino del VI secolo, tra quelle satiriche; mentre gli studiosi moderni hanno spesso esitato considerando la presenza di elementi del romanzo antico, della fabula milesia, del mimo, della satira menippea, della satura latina.
Il romanzo antico
Opere come il Satyricon venivano variamente definite con termini generici come fabula, e non trovavano una precisa collocazione all’interno del sistema dei generi. La stessa genesi del romanzo antico non è chiara: compare solo in epoca ellenistica, probabilmente sulla scia della nuova storiografia di indirizzo avventuroso e di tono patetico successiva alla morte di Alessandro Magno. I testi narrativi si rivolgono ad un pubblico di cultura non elevata e di gusti facili, imponendosi come letteratura di puro intrattenimento e di evasione. Per questo motivo sono sopravvissute solo poche opere: due in lingua latina (il Satyricon di Petronio e le Metamorfosi di Apuleio), cinque in lingua greca.
Il romanzo greco
Il romanzo greco presentava una vicenda di carattere erotico-avventuroso centrata su una coppia di innamorati, giovani, belli, di alto lignaggio, virtuosi e reciprocamente fedeli a dispetto di ogni avversità.
Le vicende partivano da una situazione iniziale obbligata: la separazione dei due amanti-protagonisti, dovuta a ostacoli di vario genere, spesso alla presenza di pericolosi rivali. Le peripezie successive comprendevano dei topoi avventurosi come peregrinazioni, travestimenti, sogni premonitori e naufragi, fino all’inevitabile conclusione lieta con i due innamorati che possono finalmente riabbracciarsi, e questa volta per sempre.
Il registro dominante era quello sentimentale e patetico; l’amore era idealizzato e virtuoso; l’eroina riusciva sempre a difendere la propria verginità contro ogni insidia. Gli scenari sono improbabili, poveri di riferimenti all’attualità contemporanea. Proprio la fissità delle vicende e delle situazioni, ricche di complicazioni e di colpi di scena, costituiscono il segreto del successo.
Rapporti tra il Satyricon e il romanzo greco
Anche nel Satyricon i protagonisti vivono situazioni avventurose molto simili a quelle del romanzo greco, su un registro patetico e melodrammatico, nell’ambito di un medesimo gusto narrativo centrato sul singolo episodio. Ma si tratta di un ribaltamento ironico e parodistico della materia romanzesca: i protagonisti sono una coppia di innamorati, ma omosessuale; non virtuosi e fedeli ma viziosi, corrotti e pronti ad ogni avventura. Ascilto ed Eumolpo sono l’antitesi dell’amico leale che accompagna i protagonisti del romanzo greco d’amore. Sembra inoltre esclusa la possibilità di una conclusione felice.
Parodia del romanzo greco
Il Satyricon si presenta dunque come una parodia del romanzo greco, un antiromanzo che capovolge le situazioni topiche dei suoi modelli, capovolgendone anche la sostanza ideologica: l’idealizzazione dell’amore è sostituita dai desideri esclusivamente materiali (sesso, cibo, denaro); le situazioni non sono serie ma comiche e umoristiche; viene accentuato, rispetto alla vaghezza dei luoghi e degli ambienti del romanzo greco, l’elemento realistico.
Una «Odissea comica»
Lo studioso tedesco Klebs ha interpretato il Satyricon come un’«Odissea comica», cioè una parodia dell’Odissea omerica. Encolpio viene perseguitato dal dio Priapo che lo costringe ad affrontare numerose avventure (come Odisseo è perseguitato da Poseidone), e lo stesso Encolpio viene riconosciuto non dal volto ma dalle sue parti virili (come Odisseo viene riconosciuto dalla nutrice dalla cicatrice). La tecnica è la stessa, ovvero l’abbassamento comico del mito. Ma ciò non significa che tutto il Satyricon sia da intendersi come una parodia dell’Odissea: il motivo dell’ira di Priapo resta il filo conduttore della vicenda, che tuttavia cresce liberamente intorno ad altri nuclei sia epici sia romanzeschi.
La fabula milesia
Nel mondo latino era diffusa la fabula milesia, un genere narrativo che doveva il nome ai Milesiakà («Storie di Mileto») di Aristìde di Mileto. Si trattava di novelle di argomento per lo più erotico e piccante, narrate con maggior realismo rispetto alle vicende sentimentali e idealizzate del romanzo greco.
Affinità con il mimo
Il materiale narrativo delle milesie si era diffuso anche nel mimo latin, dove situazioni scabrose e piccanti venivano ambientate con effetti di realismo e di comicità negli strati più bassi della popolazione. Della fabula milesia e del mimo Petronio predilige gli aspetti più triviali della realtà sociale, rappresentati tuttavia con un lucido distacco.
Rapporti con la satira
I legami con la letteratura satirica appaiono evidenti fin dal titolo, e vanno indagati sia nella direzione della satira menippea che della satira esametrica. Il lungo episodio della Cena Trimalchioinis, ad esempio, si richiama in parte alla Cena Nasidieni di Orazio. Alla satira appartengono il realismo mimetico dell’osservazione e il tono arguto e spregiudicato del narratore. Ma va sottolineata una profonda differenza: lo scrittore satirico romano è un moralista che vuole denunciare il vizio e trasmettere valori positivi ed esemplari su un registro di tollerante bonomia o di acerba indignatio, mentre la rappresentazione di Petronio non ha fini morali e non tocca mai le corde della protesta o dell’invettiva.
Rapporti con la satira menippea
Ancora più stretti sono i rapporti con la satira menippea alla quale il Satyricon deve per prima cosa la sua forma prosimetrica (prosa mista a versi), la varietà dei registri stilistici, il gusto per la parodia e per il pastiche, la fusione di elementi realistici e fantastici.
4. Struttura del romanzo e strategie narrative
Il viaggio e il labirinto
Il Satyricon si presenta come un’opera letterariamente complessa, indirizzata a un pubblico colto capace di apprezzare l’uso spregiudicato e parodico dei materiali narrativi, la qualità delle allusioni intertestuali, la commistione dei registri e degli stili.
Intorno al motivo del viaggio era sorta gran parte della narrativa antica, e anche nel Satyricon i personaggi si spostano in continuazione, gli scenari cambiano e variano i luoghi delle singole avventure.
Ma nell’opera di Petronio, il motivo del viaggio assume la forma di un affannoso vagare labirintico entro luoghi disseminati di trappole e di insidie alla ricerca di una via d’uscita. Sullo schema del labirinto sono modellati tutti gli episodi del romanzo compreso quello della Cena. Alla frenesia del vagare sembra corrispondere, per antitesi, la fissità della situazione-base, quella di un triangolo amoroso che si riproduce immancabilmente. Il motivo del labirinto definisce simbolicamente lo stato di precarietà, di incertezza e di sradicamento dei personaggi, sballottati caoticamente nel viaggio della vita senza alcun punto di riferimento sociale o morale.
Il mondo del Satyricon
Intorno ad Encolpio si muovono personaggi sordidi e viziosi, che si muovono nei luoghi canonici della vita romana. Lo sguardo di Petronio è sempre lucido e affilato, e non manca di toccare i grandi problemi sociali del suo tempo: la crisi dell’agricoltura (a causa del latifondo), le carestie, il sovraffollamento, l’emergere di nuovi ceti sociali, la corruzione sociale e morale dell’impero.
Pluralità delle voci e realismo della narrazione
Risulta tuttavia difficile stabilire quale sia la posizione dell’autore. Petronio non prende mai posizione in merito agli avvenimenti, abbandonando ogni eventuale giudizio alla pluralità e alla varietà delle voci che animano il romanzo. Manca in ogni caso un personaggio che detenga una visione globale, positiva e coerente, dei fatti, o che possa essere considerato portavoce dell’autore. La dispersione delle prospettive e la dimensione esclusivamente soggettiva delle singole esperienze conferisce forza realistica alla narrazione, trasmette cioè la sensazione di assistere alla rappresentazione obiettiva e concreta di un mondo e di una società.
La figura di Trimalchione
Nell’opera è evidente la capacità di cogliere la natura ambigua e contraddittoria degli eventi, l’inesattezza a volte ridicola e mostruosa dei comportamenti umani. La figura di Trimalchione ne è l’esempio più evidente: in un'unica sequenza cita Seneca, detta un’epigrafe funebre dove proclama fieramente di non aver mai ascoltato un filosofo e maltratta i servi per una leggerezza. Ma il personaggio sfugge ad una definizione univoca: miscuglio di istrionismo e di ridicole stramberie, di sordidezze plebee e di istintiva vitalità, irex convivii dispotico ed eccentrico. Petronio non si limita a farne una grottesca caricatura. Sarebbe facile interpretare Trimalchione come una caricatura di Nerone o come il rovescio del sapiens stoico: ma Petronio non è un moralista, e lascia che siano i fatti a prevalere sui giudizi e sulle sentenze.
5. Realismo mimetico ed effetti di pluristilismo
Pluristilismo
Nel Satyricon, come nella palliata plautina e nella satira affluisce una corrente di sermo cotidianus e la materia linguistica penetra con irruenza e con libertà, dando luogo a un risultato espressivo assolutamente unico.
Realismo mimetico
Nel Satyricon ogni personaggio viene individuato e caratterizzato dal linguaggio che usa: si parla per questo di realismo mimetico o di mimesi dello stile. I personaggi si possono dividere in due categorie:
a) quelli colti, che fanno uso di un latino semplice ma elegante, improntato a un ideale di urbanitas, aperto alle forme del sermo familiaris e colloquiale;
b) quelli incolti, che si esprimono invece in un latino paratattico, popolaresco, ricco di volgarismi e di forme idiomatiche, di irregolarità morfologiche e sintattiche tipiche del sermo plebeius o rusticus.
Effetti di contrasto
Trimalchione occupa una posizione intermedia tra le due categorie, passa dall’uso di un linguaggio elevato e pretenzioso ad uno plebeo e volgare della classe sociale a cui appartiene. La parte iniziale e quella finale della Cena sono caratterizzate da due diversi livelli linguistici. Inizialmente Trimalchione vuole far colpo, sfoggiare un linguaggio scelto, anche se accanto a forme ricercate troviamo volgarismi e concetti grossolani. L’effetto di contrasto determina il ridicolo del personaggio, che cerca inutilmente di darsi un tono, finché, negli ultimi capitoli non perde ogni ritegno linguistico.
Tali effetti di contrasto sono involontari; al contrario, in personaggi come Encolpio o Eumolpo, sono frutto della loro volontà di “abbassarsi” al livello dei destinatari. Il mimetismo linguistico di Petronio non dipende dunque solo dalla cultura e dal ruolo sociale del personaggio, ma anche dal contesto nel quale di trova a d agire.