Orfeo ed Euridice, (Georgiche, IV, 457-527)

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Testo

Orfeo ed Euridice (Georgiche,IV, 457-527)

Quella fanciulla destinata a morire, invero mentre cercava di sfuggirti correndo a precipizio lungo le rive del fiume, non vide davanti ai piedi nell’erba alta, un grande serpente che custodiva le rive.
E i cori delle Driadi sue coetanee riempirono di clamore le cime dei monti; piansero le cime Rodopee e l’alta catena del pangeo e la marzia terra di reso e i Geti e l’Ebro e l’attica Orizia.
Lui stesso cercando di consolare sulla cetra il suo amore disperato, cantava te oh dolce moglie, te sola sulla spiaggia, te sola all’alba e al tramonto .
Entrò anche nelle gole del Tenaro, profonde porte di Dite e nel nero bosco di tenebrose paure e andò dai Mani e dal terribile re, cuori che non sanno addolcirsi alle preghiere umane.
Ma le ombre trasparenti spinte dal canto e i fantasmi di chi è privo di luce, venivano dai luoghi profondi dell’Erebo, come molte migliaia di uccelli si nascondono tra le foglie quando la sera o la pioggia invernale li spinge giù dai monti, donne e uomini e cadaveri (lett.: corpi che hanno portato a termine la vita) magnanimi eroi, giovani e fanciulle non ancora sposate, giovani poste sul rogo davanti agli occhi dei parenti, e li circonda tutt’intorno il nero fango e le squallide canne e l’odiosa paluda dall’acqua ristagnante del Cocito e li tiene prigionieri lo Stige scorrendo per nove cerchi.
Anzi la stessa casa della Morte e i luoghi profondi del Tartaro si stupirono e le Eumenidi dalle chiome avvolte di neri serpenti e Cerbero stupito tenne le tre bocche aperte, e la ruota del cerchio di Issione si fermò col vento.
E ormai tornando aveva superato tutte le difficoltà , e Euridice restituita avanzava verso la luce seguendolo dietro a distanza (e infatti Proserpina aveva dato questa legge) quando un’improvvisa follia prese l’incauto amante, comprensibile in verità, se i Mani sapessero perdonare: si fermò, e purtroppo vinto nell’animo, guardò la sua Euridice ormai quasi alla luce. Lì in quel punto tutta la fatica fu sprecata e furono spezzati i patti del re crudele e per tre volte si udì nella palude dell’Averno un fragore.
Quella disse: “Quale follia, oh Orfeo, ha perso me misera e te, quale fu tanta follia? Ecco per la seconda volta il crudele destino chiama indietro, e il sonno (della morte) chiude gli occhi vacillanti. Addio ormai: mi sento trascinare via, circondata da una smisurata notte, non più tua, mentre tendo a te le mani prive di forza”.
Così disse e come fumo che si mescola nell’aria sottile all’improvviso fugge dagli occhi per una via opposta e non vide più lui che cercava invano di prendere l’ombra e che voleva dire ancora molte cose; e il traghettatore dell’Orco non le permise più di passare l’ampia palude frapposta. Che fare? Dove recarsi dopo aver perso la moglie per la seconda volta’ Con quale pianto commuovere gli dei, quali dei commuovere con la voce? Invero quella navigava ormai su una fredda barca. Raccontano che per sette mesi interi quello pianse ininterrottamente per sé sotto un’alta rupe presso l’acqua del Strimone solitario, e che rievocò le sue vicende sotto i gelidi cieli ammansendo le tigri e muovendo le querce con il canto; si lamenta simile a un usignolo all’ombra di un pioppo che piange i figli perduti, che il crudele contadino ha osservato e sottratto dal nido ancora implumi; e quella piange la notte, appollaiata su un ramo rinnova il triste canto, e riempie i luoghi circostanti del triste lamento.
Nessun amore, nessun matrimonio piegarono il suo animo: solo percorreva i ghiacci iperborei e il nevoso Tanai e i campi mai abbandonati dalle brine rifee, lamentando Euridice rapita e i doni vani di Dite. Le madri disprezzate da questa devozione durante le cerimonie sacre degli dei e le feste notturne di Bacco sparsero per i campi il giovane fatto a pezzi.
Allora quando l’Ebro di Eagro nel mezzo della corrente faceva rotolare il capo staccato dal collo marmoreo, Euridice, la stessa voce e la lingua ormai fredda invocavano Euridice mentre lo spirito fuggiva: le rive ripetevano per tutto il fiume Euridice.

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