modestia e discrezione di augusto di Svetonio

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Testo

‘Modestia e discrezione di Augusto’ Svetonio
[Augusto] evitò sempre il nome di padrone come una obbrobriosa maledizione.
Essendo lui presente come spettatore dei giochi, essendo stato pronunciato in una rappresentazione scenica ‘O padrone giusto e buono’ e tutti i presenti esultanti avendo approvato come se fosse stato detto di lui, sia respinse subito le indegne adulazioni con la mano e con il volto, sia il giorno dopo le proibì con un editto molto severo; dopo ciò non sopportò nemmeno di essere chiamato padrone dai figli o dai nipoti in modo serio o scherzoso e proibì lusinghe di tale genere anche tra loro.
Non uscì mai dalla città o da qualche centro fortificato e non entrò mai in nessun luogo se non di sera o di notte, per non dare fastidio a qualcuno per cortesia.
Durante il consolato si mosse quasi sempre a piedi in pubblica, fuori dal consolato spesso in una lettiga chiusa.
Ammetteva anche la plebe ai ricevimenti promiscui, accogliendo i desideri dei presenti con tale disponibilità, che scherzosamente aveva rimproverato un tale, poiché esitava a porgergli il suo libello, quasi come un dono a un elefante.
Nel giorno di adunanza del senato non salutò mai i senatori se non nella curia e per giunta seduti e [li ] [salutava] singolarmente per nome senza che nessuno gli suggerissi, anche allontanandosi salutava i senatori senza farli alzare allo stesso modo.
Fece delle cortesie a molti scambievolmente, e non smise di frequentare di frequentare i giorni solenni di ciascuno, non prima del momento in cui, già abbastanza vecchio, e prima di essere schiacciato in un giorno di nozze nella folla.
Richiamò alla vita Gallo Terrinio , senatore a lui poco familiare, ma rimasto improvvisamente cieco e per questo motivo aveva deciso di lasciarsi morire di fame, consolandolo di persona.

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