Marco Tullio Cicerone

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Testo

MARCO TULLIO CICERONE
Nasce nel 106 a.C., da una famiglia equestre (inizia il corsus onorum da homo nonus come Cesare); studiò in Grecia e seguì diverse lezioni (stoica, accademica, platonica e retorica = uomo eclettico). Negli anni ottanta a.C. esordì come avvocato e nel 70 vinse la causa contro Verre per concussione (superò il suo maestro di oratoria, avvocato di Verre). C. diventa un’optimates e nel 63 represse la congiura di Catilina, facendo condannare a morte i principali responsabili, ma il suo peso politico declinò da lì a poco in seguito all’alleanza politica tra Pompe, Cesare e Crasso (Triumvirato, cane a tre teste). In esso C. vedeva la morte della democrazia e della libertà; nel 58 Clodio presenta una legge con validità retroattiva che condanna Cicerone all’esilio con l’accusa dell’esecuzione dei catilinari che non ebbero la possibilità dell’appello al popolo. Dopo un anno viene richiamato da Pompeo e reintegrato a Roma, dove cercò di impedire lo scoppio della guerra civile, facendosi da mediatore tra Cesare e Pompeo, ma vedendo il fallimento dei suoi tentativi si allea dalla parte di quest’ultimo. Quando Cesare vince chiede il perdono nel 48 a.C.
Tra il 58-43 concentra le sue riflessioni filosofiche, morali e politiche sulla concordium omnium: per salvare la repubblica bisognava riunificate le parti (optimates, Pompeo e populares, Cesare). Per C. la concordium è avvenuta solamente nel periodo scipionico. Nel 43 a.C. viene ucciso dai sicari di Antonio: la morte di Cicerone e Cesare rappresentarono la crisi della Repubblica.
ORATOR: 46 a.C. Cicerone formula la teoria dei tre stili: veemens (elevato e sublime; uso di domande retoriche, parole ricercate e figure retoriche), modicum (medio e temperato), subtile (esile e tenue); a seconda dell’argomento del discorso, dei destinatari, del periodo storico e dei contenuti bisogna scegliere uno stile diverso. Riprese inoltre la teoria dei “tria genera dicendi” (da Rethorica ad Herennium 90 a.C. circa) cioè i triplici obbiettivi: probare (approfondire i temi), delectare (interessare il pubblico) e flectere (indurre nei destinatari determinate reazioni emotive).
DE ORATORE: 55 a.C. immagina un dialogo tra eminenti senatori nella villa di Crasso elogiando l’eloquenza umana che ha la capacità di influenzare le passioni e le volontà degli uomini, ha una funzione sociale (reca conforto e diletto), ha il potere di difendere e di attaccare gli avversari senza violenza ed è ciò che ci differenzia con le fiere.
ORATIO IN CATILINAM: pubblicate nel 60 a.C., ma sono orazioni tenute nel 63 a.C. durante il processo contro Catilina, insieme di 4 libri (per il senato e per il popolo). Catilina, nobile decaduto, dopo essere stato accusato di concussione nel 67 mentre era pretore in Africa, torna a Roma e organizza una congiura dove sarebbero morti due consoli, ma non venne portata a fine. Inoltre provò a candidarsi al consolato ma gli fu negata la candidatura poiché era ancora sotto processo per concussione. Nel 64 a.C. si ripresenta ai comizi consolari, dove erano presenti anche Cicerone (optimates) e Ibrida (populares); Cicerone inasprisce le idee radicali di Catilina e riesce a far votare la nobiltà e il ceto equestre per lui e per Ibrida. Nel 63 si ripropone come console con un programma elettorale di riforme per i ceti più deboli, ma Cicerone, attraverso una legge, insinua il dubbio di brogli elettorali e Catilina perse. Nello stesso anno abbracciò una rivoluzione armata che prevedeva una prima fase, dove un piccolo manipolo rimasto in città doveva destabilizzare la situazione a Roma attraverso incendi e attentati (anche a Cicerone stesso), e una seconda dove le truppe di Manlio sarebbero scese da Fiesole per marciare su Roma. Cicerone fu informato da Fulvia, l’amante di uno dei congiurati, e convocò l’8 novembre il senato nel tempio di Giove Statore per svelare la congiura. Dopo aver sentito l’accusa, Catilina scappa e raggiunge l’esercito di Manlio che cerca di allearsi con i soci Allobrogi, ma gli ambasciatori vanno a rivelare la congiura e finalmente Cicerone ottiene una prova oggettiva e svela al popolo il pericolo sventato, che lo elegge “pater patria”. Cesare e Uticense cercarono di salvare la vita a Catilina, mentre Cicerone era propenso ad una pena di morte.
- Quo usque tandem: nel primo paragrafo Cicerone si scaglia con veemenza contro il nobile decaduto con una serie di incalzanti domande retoriche ed esclamazioni enfatiche che non danno tempo di risposta. Nel secondo mette in buona luce il senato, ultimo baluardo della democrazia, in contrapposizione al folle piano distruttivo di Catilina. Lessico del male: abutere et eludet (catilina sta complottando contro l’intera repubblica e si prende gioco dello stato), effrenata audacia (dalla metafora del cavallo impazzito a cui non si possono più reggere le redini, audax viene da audeo,ere cioè osare oltre i limiti imposti dalla legge e dagli dei), furor (un ladro fuori di sé), machinaris (campo semantico del lessico scientifico: progetto pensato e messo in pratica), istius (dispregiativo, nonostante sia vicino –hic- è lontano da chi ascolta, dalla verità e dalla giustizia), ad mortem te (frase incriminata per l’esilio di Cicerone).
- Tra efficienza e garantismo: grazie all’oratoria di C. i senatori sono convinti a decretare l’esilio a Catilina, ma siccome non c’era una prova oggettiva (solo le informazioni di seconda mano di Fulvia), non era ancora stato applicato il decreto, anche perché Catilina era un cittadino romano, per giunta senatore con ancora qualche sostenitore. Cicerone si accusa di inerzia e di scrupoloso rispetto delle garanzie costituzionali mascherando abilmente la mancanza di una prova inconfutabile. Se condannerà Catilina avrà lui stesso dei problemi legislativi: lo avverte di essere sotto sorveglianza e di essere a conoscenza dell’accampamento in Etruria.
- Cicerone esorta Catilina a lasciare la città: Attraverso incalzanti imperativi esorta Catilina all’esilio, non come ordine ma come semplice consiglio (interrogative retoriche), per liberarlo finalmente da una grande paura (magno metu). Per dimostrare la follia omicida del cospiratore, presenta gli attentati dell’anno precedente ai comizi consolari alla sua persona a cui si è dovuto difendere con armi proprie, insinuando nei senatori il dubbio di un grave rischio che sta per abbattersi. C. si presenta come unico salvatore della patria.
- La patria esorta Catilina a lasciare Roma: Cicerone fa ricorso all’espediente retorico della prosopopea, introducendo cioè la personificazione della patria, facendosi da interprete dei sentimenti di astio e terrore dell’intera cittadinanza che vuole l’esilio di Catilina: la patria è come una madre e Catilina, essendo un cittadino romano, sta commettendo un matricidio. La patria parla direttamente a Catilina per mezzo di C. e presenta i delitti compiuti da un figlio: la madre, spazientita e impaurita, vuole cacciare suo figlio, si che sia vera o no la congiura. C. usa la personificazione per un valore collettivo e tradizionale (la patria è il frutto dei mos maiorum, dunque anche la storia di Roma vuole l’esilio).
- Parti per l’esilio: Cicerone chiede a Catilina di liberare lo stato dal terrore partendo per l’esilio. I senatori nel loro silenzio sono d’accordo e il console chiede aiuto anche ai cavalieri e a tutti i cittadini onesti.
- Preghiera a Giove Statore: La sezione conclusiva è composta da una prima parte dove Cicerone rinnova la richiesta che i congiurati lascino la città in quanto si l’unica possibilità di repressione della congiura. Nella seconda parte poi rivolge ad una solenne preghiera a Giove Statore, affinché dia una sanzione religiosa al proprio operato in difesa della comunità. Lessico religioso: Omenis (presagi), auspicis (auspici), nefarium (illecito per la legge divina), mactabis (verbo a valenza sacrale: punire a livello religioso l’hibrys di Catilina, un uomo che si ha superato i limiti imposti).
DE RE PUBLICA: dalla Politeia di Platone.
1 libro: le tre forme di governo e le sue degenerazioni (già teorizzata nel II sec. da Polibio)+Costituzione mista.
2 libro: costituzione romana nel tempo.
3 libro: tema della giustizia all’interno dello stato.
4-5 libro: figura dell’uomo di governo ideale (princeps, rector, gubernator rei publicae)
6 libro: Sominium Scipionis.
- Le forme di governo: Cicerone espone la dottrina aristotelica ripresa anche da Polibio delle tre forme di governo, le loro degenerazioni e la ciclica transizione dall’una all’altra nel tempo (si rifà ad Eraclito: tutto scorre, gli eventi storici si ripetono), evitabile solo con il ricorso della costituzione mista. Lo Stato è una società organizzata che si fonda sulla naturale inclinazione umana del vivere insieme e sull’osservanza della giustizia, che ha come fine il bene pubblico. Lo stato ha bisogno di un’autorità che si conformi allo scopo del bene della comunità: può essere un uomo solo (il re), uomini scelti (governo dei migliori – optimates-), o il popolo. Sono tutte forme di governo tollerabili, ma non perfette (monarchia e aristocrazia: eccesso di libertas, democrazia: eccessivo egualitarismo); la meno auspicabile è la democrazia (molto soggetta a iniquità e cupidigie), ma a seconda del periodo storico se ne preferisce una. Monarchia: Ciro, imperatore persiano, fu un sovrano giusto e saggio, ma la monarchia può trasformarsi in tirannide a causa della crudeltà della persona che la regge. I Marsigliesi hanno un’aristocrazia, ma questa contiene il germe dell’oligarchia perché il popolo è tenuto in condizione di schiavitù. Gli Ateniesi si costituirono in una democrazia, ma la trasformarono preso in una sfrenata e rovinosa demagogia.
- La costituzione mista: Scipione dopo aver dichiarato la propria preferenza verso la monarchia, espone la l’idea di un regime politico che sia la fusione delle tre forme di governo, dove è presente un’autorità regale, una posizione eminente agli ottimi (aristocratici) e che alcune decisioni siano riservate al popolo: la costituzione mista. I vantaggi sono un’equilibrata distribuzione dei poteri (aequibilitas) e la stabilità (firmitudo), inoltre non è soggetta a sovvertimento, se non per difetti e colpe dei governanti. Secondo Cicerone e Polibio la costituzione mista si è creata solamente durante il periodo scipionico (201-129 a.C. circa).
SOMNUM SCIPIONIS: Un dialogo tra Scipione l’Emiliano, Lelio e alcuni scipionici nel 129 a.C. composto tra il 51-54, è la parte finale del De re publica. Mentre si sta ricomponendo il triumvirato, Cicerone coglie l’occasione per auspicare a concordium omnium, una gestione pubblica dello stato e non privata: devono essere i partiti a governare, non tre persone. Mentre negli altri 5 libri si parla di un governo temporale, nel somnium c’è un elogio all’uomo di governo atemporale e divino (dettato dal volere degli dei). Cicerone passa dal De re publica al Somnium con il pretesto di Lelio di costruire una statua in onore di Nasica, che uccise Gracco. La risposta di Scipione è il somnium: racconta che il nonno paterno gli apparve in sogno 20 anni prima, e gli parlò di un luogo per coloro che aiutarono lo Stato: la via Lattea. Dunque vasta la consapevolezza del proprio gesto glorioso, non c’è bisogno di una statua, perché dopo la morte c’è un posto beato per chi se lo merita.
Il Somnium si è divulgato nell’alto medioevo perché intrinseco della filosofia neoplatonica (speculazioni sull’immortalità dell’anima) oltre alla sua brevità e maneggevolezza. La figura di Scipione, caratterizzato dall’humanitas, è intrinseca della filosofia stoica (Polibio: stoico e partito optimates), ma la vita dopo la morte descritta da Cicerone è tipica del neoplatonismo. Nel 1822 palinsesto dei Salmi di Agostino rivela il Somnium.
- Cornice del sogno: Scipione nel 129 racconta di essere giunto in Africa nel 149 per partecipare alla terza guerra punica, dove ha incontrato il re della Numidia, Masinissa. Durante la cena il re rievoca la figura del grande Scipione Africano, e durante la notte compare in sogno al nipote. La cornice da verosimiglianza al racconto mistico.
- La profezia: L’Africano rivela al nipote la gloriosa carriera politica, la morte violenta a causa dei parenti (clima di turbolenza e di vendetta) e il luogo di eterna beatitudine ai benemeriti della patria.
- La vita dopo la morte: Cicerone desume dal Fedone platonico il concetto del corpo-carcere dell’anima e la natura ligna dell’anima dalla dottrina orfica-pitagorica (la causa prima dell’anima è il fuoco primordiale, il Demiurgo è il creatore di tutto). Dopo la morte inizia la vera vita: Paolo il padre appare all’Emiliano, che chiede di raggiungerlo al più resto: ma il padre lo avverte che dio dà il corpo all’uomo per governare la terra e solo lui può toglierlo! Il dovere umano più alto è l’officium, cioè governare: bisogna coltivare giustizia e devozione per gli dei, antenati e per la madre patria (pietas) l’educazione per Cicerone è conservazione dei mas moirum. Tutti i valori della terra sono secondari, perfino Roma: dalla via lattea tutto appare più piccolo. Per coloro che avranno accresciuto e salvato la patria però ci sarà un luogo beato e illuminato nelle stelle: Cicerone vuole dire che il potere politico è relativo, bisogna fare politica per ottenere la pace, non per interessi personali.
DE OFFICIIS: trattato morale del 44 a.C. dove si parla della corretta gestione dello stato da parte del buon governatore. Nello stesso periodo scrive anche 4 Filippiche contro Marco Antonio, che prese il potere alla morte del padre Cesare. Cicerone vede il declino della Repubblica in Marco Antonio (che lo assassinerà) e l’avvio dell’Imperialismo con Augusto: come Demostate (che avvertì gli ateniesi dell’arrivo di Filippo), cicerone avverte i romani del declino repubblicano e il senato, colpito dalle sue orazioni, appoggia Augusto. Nonostante Cicerone sia abbattuto e dimentico della politica non risparmia parole e denuncie a nessuno.
- L’uomo di stato: L’opera che si basa ancora sulla Repubblica di Platone, descrive l’uomo di stato, che deve in primo luogo salvaguardare il bene di tutti i cittadini (non solo di una parte) per evitare guerre civili (pestifera belli civili, come Mario contro Silla, Cesare contro Pompeo) e curare l’intero corpo dello stato. Inoltre si deve dedicare totalmente al bene dell’intera comunità (utilitas civium), dimenticando il proprio personale tornaconto (abstinentia), biasimevole inoltre è la caccia aglio onori che sfocia spesso in guerre civili (esempi positivi: Metello e Publio Africano, due rivali politici, ma non nemici). Inoltre non deve adirasi e perdere l’autocontrollo, ma deve essere moderato e magnanimo. Un uomo clemente non prenderà mai provvedimenti o punizioni che siano causa di umiliazione, perché bisogna correggere il comportamento del reo, non umiliarlo perché poi sarà influenzato dalla vendetta. Bisogna essere mossi dalla giustizia e dalla mediocritas, non dall’ira.
- Disinteresse e morigeratezza: Chi ha la responsabilità di governo deve assolutamente evitare il vizio dell’avaritia, principale causa della decadenza degli stati, e coltivare il disinteresse personale (abstinentia) e la morigeratezza (continentia). Cicerone condivide con Sallustio l’opinione che l’avaritia sia una principale causa del decadimento della Repubblica, ma, mentre Sallustio fa risalire la diffusione del vizio al 146 a.C. (si distrusse Cartagine non per il bene del popolo ma per interesse personale degli uomini di Stato), Cicerone la pone agli inizi del I sec. Una volta i romani non erano cupidi di ricchezza, ma successivamente l’avaritia ha portato una grandissima corruzione nello stato (nel 149 a.C. Pisone fece approvare la legge contro la concussione). Lucio Emilio Paolo con il tesoro dei Macedoni fece togliere le imposte, l’Emiliano non si arricchì personalmente dopo la distruzione di Cartagine come nemmeno Lucio Mummio dopo la guerra contro Corinto (abbellì l’Italia, non la sua casa). Cicerone si scaglia contro i populares e li accusa di demagogia, minacciando con le loro proposte del libero esercizio della proprietà privata (133 a.C. riforma agraria: Gracco si oppone alla diminuzione dei piccoli privati, i contadini, che si ammassavano a Roma. La legge prevedeva che nessuno avesse più di 500 iugeri, non le terre private, ma quelle confiscate dallo stato in paesi conquistati; le altre terre sarebbero state ridistribuite al popolo. Viene ucciso da uno scipionico).

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