Letteratura Latina

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Testo

Lucrezio (98/94-55/51 a.c)

Vita
Lucrezio nacque nei primi anni del I secolo a.C. in Campania e morì fra il 55 e il 51 a.C. Alcune informazioni della sua biografia ci giungono da Girolamo, il quale sostiene che Lucrezio impazzi dopo l’assunzione di un filtro amoroso e che si suicidò a 44 anni. In realtà queste accuse di follia sono frutto di una propaganda anti - lucreziana nata in ambiente cristiano, al fine di screditare la dottrina antireligiosa del poeta. Si pensa che la sua formazione sia avvenuta presso il circolo epicureo di Filodemo a Ercolano.

Opere
De Rerum Natura (6 libri divisibili in diadi per argomentazione): Nel I libro Lucrezio spiega l’essenza materiale delle cose. Descrive la teoria degli atomi che, muovendosi nel vuoto e aggregandosi danno origine alle cose e disgregandosi ne provocano la distruzione. Con il II libro spiega il movimento eterno degli atomi in grado di deviare leggermente dalla traiettoria compiendo svariate aggregazioni dando vita agli esseri viventi. Nel III libro c’è la descrizione dell’anima (sensibilità diffusa in tutto il corpo) e animus ( sede della ragione e dei sentimenti e sta nel petto). Con il IV libro egli spiega come il corpo emani delle immagini “simulcra”che danno luogo alle sensazioni e ai sogni che degenerano in paure, incubi e “follia” dell’amore. Il V libro parla della formazione del cosmo che non si è creato grazie all’intervento divino. In fatti esso è costituito da atomi e come l’uomo arriverà all’autodistruzione anche l’universo farà lo stesso. Il VI libro fornisce la spiegazione scientifica dei fenomeni meteorologi e naturali (tuoni, fulmini e terremoti)escludendo in essi l’intervento divino.

Aspetti di Lucrezio e la filosofia epicurea
• Lucrezio instaura una polemica contro i valori contemporanei della società romana come il lusso e il potere. L’accusa contro il potere è espressa con un tono ed un linguaggio che dovevano suonare esplicitamente offensivi per la società romana. Egli parla degli uomini che si arricchiscono con “il sangue dei concittadini”.
• La filosofia epicurea rappresentava per Lucrezio l’unica via di scampo al “tempus iniquum” della sua patria. Essa minava le fondamenta ideologiche stesse dello stato romano: la condanna del potere e delle guerre, il disprezzo per la religione, l’invito a vivere nell’ isolamento.
• Questa filosofia era un vero e proprio attentato alla società romana che dimostrava una certa ostilità verso la dottrina epicurea nella quale riconosceva elementi potenzialmente corrosivi dell’ordine costituito.
• Tuttavia Lucrezio non vuole parlare solo alla società romana, ma a tutta l’umanità.
• A tutti è rivolto l’invito a superare le ansie del vivere: le parole che esprimono le inquietudini che affannano gli uomini, così come quelle che indicano nella paura della morte la causa di infelicità, o quelle che descrivono le sofferenze dell’amore hanno valenza universale. Le parti finali dei suoi libri sono caratterizzati da scene cupe e desolanti di disperazione, di follia e di barbarie.
• Con l’aiuto della dottrina epicurea egli vuole convincere i lettori che è possibile, tramite la ragione, condurre un’esistenza più felice. Occorre che gli esseri umani imparino ad accettare la vita in tutte le sue parti, senza chiedere aiuto agli dei e guardando in faccia con coraggio la natura e le sue leggi, in quella condizione di equilibrio che dà loro la retta conoscenza delle cose. Quando poi sarà il momento di morire, essi si allontaneranno dalla vita senza protestare, come un “convitato sazio”.
• La conoscenza della natura libererà l’uomo dalle cause prime dell’angoscia e dell’infelicità che sono il timore della morte ed il timore degli dei.
• La vita e la morte sono i due aspetti in perpetuo ciclo di aggregazione e di disgregazione; la morte non è una minaccia che proviene all’uomo dall’esterno, ma in quanto disgregazione di atomi, fa parte dell’esistenza stessa.
• I sensi sono l’unica fonte di conoscenza, perché nulla esiste se non possiamo “sentirlo”.
• La consapevolezza che la morte fa parte della vita e che è cosa naturale permette all’uomo di superare la sua ansia e lo spinge a vivere mirando a ciò che è veramente essenziale come il godimento dei piaceri naturali, l’indifferenza al potere e alla ricchezza e il raggiungimento dell’atarassia. Con la ragione e la conoscenza si può vincere la paura della morte.
• La filosofia epicurea dimostra che l’unica legge che regola la vita e la morte è quella della materia e che gli dei esistono ma vivono separati dal mondo e ad esso sono indifferenti, in una condizione di perfetta imperturbabilità.
• Lucrezio afferma che gli esseri umani non sono stati creati da dio e che l’umanità si è evoluta grazie alle proprie forze sia in positivo sia in negativo (corruzione).
• Per Lucrezio un’altra causa di infelicità dell’uomo civilizzato è l’amore, che a causa del progresso si è discostato dall’istinto erotico divenendo artificiosamente complicato, trasformandosi in passione, tenerezza e persino masochismo. Per l’autore bisogna invece amare con la guida della ragione.

Stile di Lucrezio
Lo stile di Lucrezio è caratterizzato da frequenti ripetizioni, nelle quali si è visto un segno di immaturità stilistica. C’erano le formule di transizione usate quando gli inviti all’attenzione fatte al lettore dovevano essere reiterati spesso e i termini tecnici della fisica epicurea dovevano restare fissi. Lucrezio dovette anche ricorrere alle perifrasi nuove,alle coniazioni e talora anche a calchi diretti dal greco. Infine nel linguaggio di Lucrezio sono presenti molti arcaismi,soprattutto aggettivi composti, e vocaboli poetici(sempre legati allo stile arcaico)che creava egli stesso,rivelando una propensione verso gli avverbi e le perifrasi.

Fedro (intorno al 20 a.C. – intorno al 50 d.C.)

Vita
Fedro nacque in Tracia intorno al 20 a.C. Portato come schiavo a Roma, fece parte della “familia” di Augusto, dal quale fu affrancato e destinato a mansioni di tipo amministrativo. Fu intentato contro di lui un procedimento giudiziario da Seiano, per alcune illusioni rivolte a lui stesso nelle favole. Passò l’ultimo ventennio della sua vita a scrivere favole, senza ottenere né l’appoggio di qualche personaggio influente né il riconoscimento artistico. Morì intorno al 50 d.C.

Opera
Le favole di Fedro sono 94 raccolte in 5 libri di diversa consistenza, il che fa pensare ad una censura di alcune di queste. Nicolò Perotti ci ha lasciato un’appendice di 31 favole fedriane, la Appendix Perottina. I prologhi e gli epiloghi presenti in alcuni libri ci fanno capire molto sulla personalità dell’autore e sugli eventi della sua vita.

Aspetti delle favole fedriane e stile
• Il modello della favola seguito da Fedro è quello dell’aneddoto, in cui i protagonisti sono animali, che pur inseriti in contesti propri della loro condizione,agiscono e parlano come fossero uomini. I comportamenti descritti sono in realtà quelli che regolano i rapporti tra gli uomini e il commento che chiude il racconto ha un intento di insegnamento morale.
• A Fedro va il merito di aver dato sistemazione e precisa elaborazione metrica ad un genere letterario di origini molto remote, radicatosi in Grecia con Esopo e anche presso i romani.
• Con le favole Fedro vuole principalmente far divertire il lettore e dare dei validi insegnamenti morali. Le sue favole hanno una utilità.
• Le favole rappresentano una ricca galleria di tipi umani rappresentati simbolicamente attraverso gli animali: il prepotente, il furbo, l’arrogante, il debole etc. Dietro l’apparente semplicità si vedono l’ironia, il sarcasmo, il senso delle accuse che Fedro ha rivolto hai potenti in favore degli umili.
• Il suo stile è caratterizzato dall’uso della brevitas (concisione), la varietas e una certa eleganza.

Seneca (4/2 ca a.C. - 65 d.C.)

Vita
Seneca nacque a Cordova, in Spagna, alla fine del I secolo a.C. Fu condotto a Roma da fanciullo e fu da subito avviato agli studi grammaticali e retorici, e in seguito filosofici per sua scelta. A Roma si dedicò all’eloquenza e iniziò il cursus honorum. Caligola, invidioso della sua guadagnata fama di oratore, voleva farlo uccidere. Claudio, invece, lo fece relegare in Corsica con l’accusa di adulterio con Giulia Livilla. Dopo 8 anni di esilio venne chiamato da Agrippina per fornire al figlio Nerone un consigliere di sicura esperienza. In questo periodo scrisse numerose opere. Progressivamente il rapporto con Nerone si deteriorò e si ritirò a vita privata. Nel 65 d.C. egli fu coinvolto nella congiura di Pisone e fu condannato a morte da Nerone. Seneca si suicidò nello stesso anno.

Opere
Le principali opere di Seneca sono: -Consolationem ad Marciam e ad Polybium; - Consolatio ad Helviam e – Epistulae ad Lucilium. Nelle prime viene affrontato il tema della morte, entrambi i destinatari di quest’opera piangono la morte di un congiunto. Per cercare di confortarli, Seneca dice che la morte è un qualcosa di inevitabile, non è un male, perché ci riporta allo stato in cui eravamo prima di nascere. Nella Consolatio ad Helviam, Seneca cerca di rincuorare la madre dopo l’esilio del figlio, dice che l’esilio non deve essere visto con infelicità, perché non è in grado di incidere nell’animo del saggio. Ed infine le Epistulae ad Lucilium, sono il primo esempio di epistolario in prosa, di carattere filosofico.
Stoicismo: I concetti di fondo dello Stoicismo sono: la razionalità divina, che guida il mondo secondo un ordine preciso e deciso; l’uomo che dispone di norme di condotta infallibili e il saggio non si lascia sopraffare dalle emozioni.

Aspetti della filosofia senecana
• Seneca esorta a ritirarsi dalla vita politica ed esalta l’otium come valore in se, una scelta di vita giusta e non un ripiego. L’otium è visto come contemplazione operativa e non come assenza di vita. Seneca rivaluta l’otium rispetto all’impegno politico attivo per la sua complessa esperienza a fianco di Nerone.
• Così introduce la figura del Saggio che è un maestro che insegna, non un essere perfetto e distante, la sua sapienza è una aspirazione non una conquista. Egli quando parla di politica non lo fa sul piano istituzionale o giuridico bensì su quello etico, nonostante i compromessi della politica. Il ruolo che ha il sapiente è quello di guidare e consigliare il principe. Seneca esorta l’imperatore a esercitare il potere secondo valori etici e con equilibrio.
• Il teatro, per Seneca, rappresenta uno strumento che gli consente di parlare per immagini e attraverso personaggi concreti, con un linguaggio forte ed emotivamente coinvolgente, delle situazioni esistenziali descritte nei trattati e nelle lettere, sebbene qui vengano viste al “negativo”. La maggior parte dei personaggi incarnano valori negativi come il furor e l’ira.
• Seneca esorta a fare l’esame di coscienza per scoprire i propri vizi ed evitare il facile sbaglio di guardare solo i difetti altrui. La ricerca individuale ha come metà la libertà interiore,che può essere ottenuta da tutti. Essa si può raggiungere liberandosi dalle passioni che offuscano la ragione, dominano i nostri comportamenti e ci rendono schiavi degli istinti e dei desideri.
• La vita è vista come un prestito che ci è stato dato e la morte un evento naturale al quale dobbiamo prepararci e non temerlo. Bisogna morire con serenità. Il problema non è la morte, bensì la vita alla quale dobbiamo prepararci giorno per giorno e dobbiamo vivere intensamente il tempo che ci è stato dato. La vita è morte continua , in quanto ogni giorno che passa ci viene sottratta un pezzo di vita. Egli rifiuta anche l’idea del suicidio in quanto il saggio deve vivere quanto “bisogna” e non quanto a lui piace.
• L’inquietudine è un altro male dell’uomo e ci si può liberare attraverso la conquista dell’autonomia interiore. Secondo Seneca, l’umanità appare incapace di capire che il tempo non va valutato su parametri quantitativi ma qualitativi. La vita umana è fugace solo per chi la spreca in una esistenza alienante. Seneca rifiuta il suicidio in quanto rappresenta la rinuncia ai doveri sociali.
• Nelle relazioni con gli altri grande valore ha l’amicizia che può essere vissuta con profondità e sincerità solo da chi ha il senso di solidarietà umana.
• Per beneficio Seneca intende l’aiuto e il servizio nei confronti di chi soffre respingendo il significato romano di “beneficium” cioè il rapporto non paritario e utilitaristico fra cliens e patrono.
• Seneca condanna inoltre il trattamento disumano e crudele degli schiavi, i quali in quanto uomini non devono essere trattati così. Induce i padroni ad usare clemenza.
• La saggezza ha bisogno di cultura e di letture, purché siano buone, cioè finalizzate ha formare la “bona mens”. Meglio leggere pochi libri ma buoni e bisogna avere sempre il tempo per assimilarli. La verità va cercata sempre nel nostro interiore.

Stile di Seneca
Lo stile che Seneca usa nelle sue opere è originalissimo e unico, anticiceroniano e influenzato dalla diffusione della nuova retorica di stampo asiano delle declamationes (linguaggio metaforico e con presenza di sentenze, paradossi, antitesi). Seneca è interessato ad applicare il pensiero filosofico nella vita quotidiana, cosicché usa uno stile “aperto e semplice” evitando parole ricercate e artifici. La sintassi è paratattica, con frasi brevi e frammentate; sono spesso presenti anafore, antitesi e parallelismi. La sintassi è rapida, vivace e mai monotona. La frase è costituita spesso da una breve sentenza. Seneca ha creato il lessico adatto ad esprimere i sentimenti interiori di cui parla nelle sue opere. Così ad alcune parole attribuisce altri significati: libertas (libertà dell’anima), servitus (servitù delle passioni), populus e vulgus (non praticanti di sapienza), occupatus (dominato da interessi alienanti), amicus e beneficium. Seneca crea effetti espressionistici accesi e fortemente patetici. Il suo stile ricevette giudizi poco lusinghieri dagli antichi come Quintiliano e Frontone. Lo stile delle tragedie è tenuto sempre su livelli sostenuti e “sublimi”. Seneca accentua gli aspetti truci legati a questi soggetti. Vengono creati aspetti espressionistici accesi e fortemente patetici coerenti con l’atmosfera.

Petronio (età di Nerone)

Vita
Le notizie su Petronio sono scarse e incerte. Tacito lo descrive come un maestro di raffinatezze e un arbitro di buon gusto vissuto alla corte di Nerone. Fu, secondo Tacito, pro console e console della Bitinia e trascorse le ultime ore della sua vita dedicandosi alla lettura di poesie leggere e nel suo testamento rivelò i nomi di coloro con i quali l’imperatore aveva praticato le sue perversioni sessuali.

Opera
Il Satyricon è un lungo frammento di 141 capitoli con “buchi” nella narrazione. Numerosi brani poetici si inseriscono nella narrazione in prosa. La narrazione principale è interrotta da alcune digressioni narrative: si tratta di 5 favole. Lo stesso titolo dell’opera pone dei problemi interpretativi e si pensa Satyricon voglia dire “libri di cose relative ai Satiri”. I Satiri sono personaggi mitologici metà uomini e metà capri. Il Satyricon narra le vicende del giovane Encolpio che viaggia con Gitone, suo amante e Ascilto, suo rivale in amore. Dopo varie vicende Ascilto scompare per far posto a Eumolpo un altro pretendente di Gitone.

Caratteristiche del Satyricon
• Non sappiamo bene se definire il Satyricon un romanzo o una satira. Molti aspetti sembrerebbero quelli tipici di una satira , come il banchetto, la discussione su argomenti letterari, il viaggio. Alcuni personaggi sono tipici delle satire, come: le streghe, gli avari, le donne corrotte, etc.
• C’è una varietas di linguaggio, infatti questo si adatta perfettamente ai vari personaggi. I personaggi di basso livello sociale hanno un linguaggio quotidiano e corrente mentre quelli più importanti usano un linguaggio elegante. Il linguaggio presenta molti termini legati alla sfera sessuale che tradiscono gli ambienti carnevaleschi della satira. C’è una mescolanza di prosa e versi.
• Si pensa inoltre che il Satyricon sia la parodia dei generi aulici, in particolare dell’epica. Infatti sono molti gli agganci con l’Odissea di cui Petronio ne fa una e propria parodia. Il protagonista Encolpio rappresenta l’anti Ulisse, l’anti eroe perché privo di virtù morale.
• I testi del Satyricon sono “esagerati”, enfatici.
• Un'altra chiave di lettura dell’opera è come parodia del romanzo ellenistico. Però mentre nel romanzo ellenistico l’amore era idealizzato, nel Satyricon era essenzialmente carnale, fatto da esperienze trasgressive. Si pensa anche che si rivolga in altre direzioni con la sua parodia.
• Il Satyricon è molto più complesso ed articolato di una satira dal punto di vista strutturale. Si afferma su tutti il tema del sesso. L’Eros rappresenta il legame tra tutte le storie e i personaggi, e si configura come il vero protagonista, nelle sue più svariate dimensioni..
• Nel Satyricon, al contrario delle satire, non c’è un punto di vista morale. Infatti Petronio non vuole dare nessun insegnamento , ma vuole fare divertire. Non c’è alcun principio etico.
• Il Satyricon si può definire anche “romanzo” in quanto c’è la presenza di un narratore (Encolpio), dell’intreccio, di personaggi fortemente caratterizzati e delle descrizioni di spazi ed ambienti. Tuttavia Encolpio non è l’unico narratore, infatti i punti di vista sono svariati.
• Alla narrativa rimandano anche molte novelle di argomento erotico (fabulae Milesiae) inserite con la tecnica dell’incastro.
• La descrizione degli spazi cittadini e degli ambienti chiusi è molto realistica ed è in contrapposizione ai vicoli e gli spazi aperti della città, molto bui e oscuri anche di giorno. Anche i personaggi sono “esagerati” in senso espressionistico e quasi grotteschi.
• Encolpio sembra appartenente ad un’élite. Di buona cultura e raffinato si muove in una realtà che sembra non appartenergli. In questa realtà rinuncia a qualsiasi principio morale e si limita ad osservare senza giudicare. Anche gli altri personaggi sono espressione della amoralità propria di una società malata e decadente.
Quintiliano (35/40 d.C. – circa 100 d.C.)

Vita
Quintiliano nasce in Spagna, a Calagurris fra il 35 e il 40 d.C. e studiò a Roma. Fu maestro di retorica, attività che lo rese famoso, e sotto vespasiano raggiunse l’apice della sua carriera. Domiziano gli affidò l’educazione dei suoi nipoti. Finito l’insegnamento, si dedicò alla composizione dell’“Institutio Oratoria” e al trattato perduto “De causis corruptae eloquentiae”. Morì intorno al 100d.C.

Opere
L’Institutio Oratoria è dedicata a Vitorio Marcello, funzionario alla corte di Domiziano, ed è un manuale completo per l’aspirante oratore, diviso il 12 libri. I libri I e II affrontano problemi di natura pedagogica, come la formazione iniziale dell’oratore, il rapporto maestro – allievo e il confronto fra scuola pubblica e privata. Dal libro III al IX, Quintiliano spiega tutti gli aspetti tecnici dell’“ars dicendi”. Inizialmente c’è lo studio degli argomenti da inserire nelle cause (inventio) e discute le varie parti del genere giudiziale. Nel X libro, Quintiliano da suggerimenti sulle letture da fare, soffermandosi sulle singole opere degli autori greci e latini. Il libro XI è dedicato alla memoria e all’actio, cioè l’arte di tenere a mente e di porgere i discorsi. Nell’ultimo libro, egli traccia il profilo del perfetto oratore, che deve difendere per il bene e non deve prestare la sua opera ai potenti.

Aspetti di Quintiliano e caratteristiche dell’“Institutio Oratoria”
• Nella Roma repubblicana, l’oratoria era stata lo strumento fondamentale della vita politica e si pose presto la necessità di definire i rapporti tra etica e retorica. L’Institutio Oratoria da un lato si pone su questa linea di riflessione, dall’altro risponde ai nuovi bisogni culturali dell’epoca dei flavi.
• Quintiliano, con l’Istituto Oratoria, vuole formare un cittadino sia professionista sia un catoniano “vir bonus”, legato alle radici morali e culturali di Roma e dominato dal senso del dovere nei confronti dello stato.
• L’opera di Quintiliano ha come destinatari i giovani che devono formarsi. Per questo è un testo di piacevole lettura, nella quale si alternano consigli, esortazioni, excursus ecc. Egli vuole dare un iter scolastico completo e formare umanamente e moralmente il bambino con un insegnamento unitario, in cui tutte le materie sono di pari importanza.
• Quintiliano sostiene la scuola pubblica in quanto spesso i precettori “privati” sono individui corrotti. Gli insegnanti pubblici sono più stimolati dal consistente numero di allievi e inoltre gli stessi allievi imparano a vivere e relazionarsi in una comunità. Gli insegnati devono essere moralmente ineccepibili e devono inculcare agli allievi l’amore verso l’apprendimento.
• Quintiliano si oppone all’uso della violenza, in quanto controproducente. Rivaluta il gioco nell’apprendimento e la musica.
• Lo stile di Quintiliano è tendente all’onestà e all’equilibrio perseguita in tutta l’opera. Il suo è un oratore “moderato”. È una persona moralmente seria che rifugge dai compiacimenti stilistici e dall’esibizione. Quintiliano utilizza spesso un linguaggio “poetico”, ricco di similitudini e di metafore, molto più figurato di quello ciceroniano; anche la sintassi che certo è più varia e più concentrata di quella del modello, è ravvivata da iperbati, da ellissi del verbo e dall’uso della costruzione participiale.
• Quintiliano critica negativamente Seneca, non tanto per il valore morale dei contenuti, ma per lo stile artificiosamente brillante, e che sui giovani riscuoteva molto successo. Egli definisce lo stile senecano “corrotto” e “corruttore”.
• Riguardo alla decadenza dell’oratoria, Quintiliano si mostra fiducioso e ottimista. Egli pensa che il modello per ora insuperato dell’oratoria, Cicerone, sia stato corrotto da scuole “sbagliate”. La rinascita dell’oratoria è possibile attraverso una scuola rinnovata ed un insegnamento corretto.

Marziale (39/40 d.C. – 104 d.C.)

Vita
Marziale nacque nel 39/40 d.C a Bilbilis (Spagna) dove pratico gli studi grammatici e retorici. Nel 64 si stabilì a Roma diventando amico di Senenca, Lucano e i Pisoni; dopo la congiura di Pisone non ebbe vita facile, in quanto costretto a dipendere in veste di cliens da personaggi facoltosi. Grazie alla fama raggiunta con la pubblicazione degli epigrammi ottenne da Tito e Domiziano alcuni privilegi e la nomina a tribuno militare. Tuttavia non raggiunse l’agognata agiatezza economica. Morì intorno al 104.

Opere
Gli epigrammi di Marziale sono raccolti in 12 libri, preceduti dal “Liber de spectaculis” e seguiti dalle due raccolte intitolate “Xenia” e “Apophoréta”. Il metro prevalente è il distico elegiaco, ma se ne incontrano anche di diversi, come il falecio e lo scazonte. I temi sono vari e spaziano dal componimento conviviale all’epicidio, dallo scherzo all’epigramma erotico , talvolta anche assai licenzioso.

Aspetti dell’epigramma di Marziale
• L’epigramma, originario della Grecia, era usato per le funzioni commemorative. Con il tempo per la sua brevità fu usato in altri ambiti come la politica o la moralità ecc. L’epigramma latino ha come suo primo sperimentatore Ennio. Esso ha i caratteri della semplicità linguistica, della brevità e della comicità ed ebbe un grande successo in quanto era uno strumento di intrattenimento.
• Marziale si era conquistato molto presto una discreta fama come autore di versi perché in molte occasioni questi riuscivano a “riscaldare l’ambiente” ed erano utilizzati in molte cerimonie o per fare omaggi a potenti e a imperatori.
• I destinatari degli epigrammi di Marziale sono sia gli imperatori sia la gente comune. Ad un certo punto decise di pubblicare queste “poesie di consumo” in un genere letterario, per fare apprezzare a più persone anche intimamente i suoi epigrammi.
• Marziale conduce una polemica letteraria contro i generi letterari alti come tragedia e epica, accusandoli di trattare temi assurdi e incredibili, lontani dalla realtà quotidiana.
• Marziale ebbe tanto successo perché seppe fondere la struttura dell’epigramma di origine greca con la comicità della satira latina. Il lessico varia da un linguaggio osceno a uno delicato. Le tecniche costruttive dei periodi e l’uso delle figure retoriche ne fanno uno stile unico.
• Nei suoi epigrammi Marziale si rivolge quasi sempre ad un amico e la poesia è quasi sempre a forma di dialogo. La prima parte dell’epigramma presenta una questione, un oggetto, che fa restare il lettore in suspense mentre la seconda parte scarica la tensione accumulata con un finale a sorpresa.

Plinio il Vecchio ( 23 – 79 .d.C.)

Vita
Plinio il Vecchio nacque a Como nel 23/24 d.C. da una famiglia appartenente all’ordine equestre. Dopo aver prestato servizio militare con incarichi diversi nelle Germanie, negli anni dal 59 al 68 condusse una vita appartata, forse per i difficili rapporti con Nerone. Sotto vespasiano la sua carriera pubblica riprese il volo, poiché rivesti il ruolo di procuratore imperiale nelle province. Dal 76 visse a Roma presso l’imperatore e si pensa morì nel 79 durante l’eruzione del Vesuvio, per studiare l’evento stesso.

Opere
La Naturalis Historia è preceduta da una lettera dedicatoria a Tito ed è suddivisa in 37 libri. Il I libro è una sorta di indice analitico degli altri libri. Nel II invece riguarda gli elementi e il cosmo. Dal III al VI libro riguardano la descrizione di zone geografiche. Il VI libro è basato sull’uomo in quanto ne analizza la posizione rispetto agli altri esseri viventi e descrive alcuni popoli. I libri dal VIII al XXXII trattano la zoologia sistematica, la botanica e le medicine. Gli ultimi 5 libri hanno per argomento i metalli e la mineralogia.

Aspetti di Plinio e della Naturalis Historia:

• La cultura della prima età imperiale si caratterizza per l’intento di sistematizzare l’intero patrimonio di nozioni acquisite nel vari campi del sapere per offrire a chiunque la possibilità di farsi una cultura.
• L’opera di Plinio si propone come un’enciclopedia dell’universo, che coincide con la natura. Perciò l’enciclopedia di Plinio racchiude tutti i più svariati argomenti, facendone dsi essa uno strumento di facile consultazione (argomenti organizzati in blocchi) e dal fine pratico e immediato.
• Lo stile dell’opera manca di omogeneità stilistica, ma a Plinio non interessa in quanto è rivolta a tutti. L’opera è scritta per fornire nozioni ed è usato un linguaggio alla portata di tutti.
• Tutto ciò che si trova nella Naturalis Historia deriva da altri libri, a parte rare eccezioni e perciò non è fondata su osservazioni personali.
• Plinio nella stesura della Naturalis Historia non segue criteri di tipo scientifico. Anche secondo gli antichi non era possibile trovare nella natura principi ordinatori, in quanto era considerata come un corpo vivo e pensante. Perciò non stupisce se nell’opera sono inseriti i mirabilia (notizie assurde e fantasiose) per alleggerire e variare la monotonia di una trattazione enciclopedica.
• L’eclettismo filosofico di Plinio gli permette di raccogliere sia notizie realistiche che scientifiche. I fenomeni naturali sono messi continuamente in rapporto con gli uomini, evidenziando perfino negli animali caratteri antropomorfi.
• Plinio ritiene che tutto ciò che è naturale è positivo. Per questo non bisogna intervenire sulla natura. La tecnologia umana è interpretata come una forma di violenza.

Tacito (55/58 d.C. – 98/117 d.C.)

Vita
Non abbiamo molte notizie sulla vita di Tacito e le poche che abbiamo ci vengono fornite da Plinio il Giovane. Si ipotizza la nascita intorno al 55/58 d.C. e fra i luoghi natali ipotizzati ci sono l’Italia Transpadana, la Gallia Nerbonense e Terni. Proveniva da una famiglia agiata e nel 77 sposò la figlia di Giulio Agricola. Il matrimonio accelerò le tappe del suo cursus honorum. Nel 93 tornò a Roma dopo alcuni anni di lontananza e dopo la morte del suocero. Dopo alcuni incarichi politici nel 112 fu inviato in Asia insieme a Plinio in qualità di proconsole. La sua esperienza politica è evidente in tutte le sue opere. Si presume che sia morto verso la fine del principato di Traiano.

Opere
Dialogus de oratori bus => Breve trattato in forma dialogica sulle cause del declinio dell’eloquenza. È un dialogo immaginario e gli interlocutori sono Materno e i maestri di oratoria Giulio Secondo, Marco Apro e Vipstano Messalla. De vita Iulii Agricolae => è la biografia di suo suocero Giulio Agricola, che era anche il più celebre fra i generali di Domiziano. De origine et situ Germanorum => è un opera di carattere etnico-geografico che esplora e descrive le popolazioni del nord come i germani. Historie => opera di carattere storico che contiene la storia dalla morte di Nerone a Domiziano 69/96 d.C. Annales => opera di carattere storico che contiene la storia dalla morte di Augusto al principato di Nerone, circa 66 d.C.

Aspetti di Tacito e delle sue opere:
• Tacito approfondì i meccanismi della politica, che fu il suo principale interesse.
• Nel Dialogus si può vedere che è l’eloquenza a costituire il campo di osservazione per capire il variare dei tempi ed il mutare delle realtà socio-politiche. Bisogna accettare le trasformazioni della storia ed il mutare dei punti di vista e dei gusti. Attraverso i dialoghi spiega che c’è libertà politica se si favorisce anche l’arte oratoria.
• Attraverso la Laudatio Funebris,Tacito scrive una biografia del suocero tutta in positivo. Egli esalta quasi Agricola e mira a difendere l’operato di quelli che avevano saputi servire lo stato con fedeltà e competenza durante il periodo flavio.
• Il modello di cittadino di Tacito è quello legato agli antichi valori morali ed al senso di stato. Inoltre incarna la difficile arte dell’ubbidienza. Esalta i funzionari onesti.
• Tacito è fortemente interessato agli altri popoli e questo lo si può percepire nella Germania, una operetta che descrive i popoli germanici. Egli è interessato anche al confronto con la realtà romana. Secondo Tacito i romani hanno dimenticato le virtù del passato ed è per questo che vede nei barbari un maggior pericolo perché hanno mantenuto l’antico vigore.
• Per Tacito scrivere di storia fu un modo fu un modo per fare politica, pur nei limiti consentiti dai tempi.
• Tacito si dispone all’analisi della nuova realtà rappresentata dall’impero, e degli eventi che ne accompagnarono la formazione e la crescita, sulla base di razionale senso della realtà, studio obiettivo dei fatti e moderato relativismo. Tacito voleva inoltre capire come fosse nato l’impero, e quali meccanismi istituzionali avessero dato origine a un secolo di sangue.
• Egli vede nella monarchia centralizzata ed assoluta l’unica forma di potere che consentisse di affrontare i problemi amministrativi e militari di un popolo che dominava pressoché tutto il mondo conosciuto e di reggerne le spinte processuali.
• Lo scrittore nelle Historiae e negli Annales tratta in blocchi separati i regni dei diversi imperatori in tal modo l’opera è una raccolta di monografie di stampo sallustiano.
• Tacito vuole anche spiegare le cause dei conflitti della storia imperiale. Egli coinvolge il popolo sottolineando l’adulazione di esso verso l’imperatore e il senato sempre più umiliato e terrorizzato è costretto ad assumere una posizione di servilismo.
• L’impero è nato con Augusto come monarchia dinastica ereditaria. Così si sono verificati gli scontri col senato che voleva una fetta di potere, sottratta dall’imperatore. Tacito è cosciente tuttavia che il senato riveste una funzione secondaria all’interno della società imperiale e che l’imperatore si ingrazia la plebe e i soldati per aumentare il suo potere sulla società.
• Lo stile tacitiano è generalmente sublime. Tale sublimità è l’espressione dell’elevatezza dei temi, dell’austerità della personalità dello scrittore e, soprattutto, è conforme al destinatario ufficiale, l’élite senatoria. Tacito fa uso della brevitas e del discorso indiretto, che permette di entrare con facilità nella tortuosità caratteriale degli imperatori analizzati.

Giovenale (50/60 .d.C. 130/140 d.C.)

Vita
Giovenale nacque tra il 50 e il 60 .d.C. e morì tra il 130 e il 140 .d.C. Dalle testimonianze di Marziale si pensa che Giovenale sia stato di condizione modesta, addirittura è possibile sia stato un cliens (a cui fa riferimento nelle sue opere). A Roma esercitò l’attività di avvocato e di declamatore e forse anche maestro di scuola. Sulla sua difficoltà di vivere egli scrisse 16 satire in esametri raccolte in 5 libri.

Opera
Nella I satira Giovenale espone il proprio programma: fare una rassegna dei vizi degli uomini e all’obiezione che la satira potrebbe risuscitare risentimenti, egli dice che parlerà male solo dei morti. La II satira è contro gli omosessuali e critica il loro comportamento pubblico. Nella III satira Giovenale affronta la pericolosità della vita in una città come Roma mentre nella IV satira vengono ridicolizzati comicamente Domiziano e i senatori mentre si accingono a cuocere un gigantesco pesce in una padella, senza tagliarlo. La V satira mette in risalto la triste condizione del cliens, offeso dal ricco e tronfio patrono mentre la VI satira è contro le donne ed è costituita da ritratti pesantemente negativi. Nella VII satira si parla della condizione indigente dei letterati. Nell’VIII satira si svolge un confronto fra la nobiltà di nascita e moralità del comportamento. Nella IX satira si riprende il tema dell’omosessualità con un dialogo fra il poeta e l’omosessuale Névolo mentre nella X satira si affronta la questione dell’ambizione e della fama di potere. Argomento dell’XI satira sono le cene sontuose e la golosità dei patrizi romani mentre nella XII satira si parla di amicizia disinteressata. Nella XIII satira sono messi sotto accusa gli imbroglioni e i frodatori mentre nella XIV satira si parla della decadenza dell’istruzione e della responsabilità dei genitori di educare i figli. Il tema della XV satira è l’antropofagia, praticata in Egitto mentre nella XVI satira, incompleta, si discute dei privilegi dei soldati rispetto ai civili in campo processuale.

Temi e stile della satira di Giovenale
• Giovenale rinnova fortemente i caratteri delle satire, che composte in esametri, si rifanno ai modelli di Lucilio e Orazio. Da Lucilio egli prende la vis polemica, ma come Orazio, senza potersi permettere bersagli precisi e con vincoli di libertà molto forti.
• Giovenale, al contrario di Orazio che si esprime con la bonarietà del colloquio e parla con sorridente ironia, è rabbioso e le sue satire sono invettive contro i vizi della società. Egli non segue alcuna filosofia in quanto vuole solo condannare la società.
• Rispetto ai modelli mancano nell’opera di Giovenale i riferimenti autobiografici, i dialoghi vivaci, i mimi, gli excursus narrativi, gli apologhi.
• Nelle satire di Giovenale i personaggi hanno forza autonoma. Così la satira di Giovenale si accosta agli epigrammi di Marziale, che sono una ricca galleria di personaggi, con la differenza che Marziale ride dei tipi e dei vizi della società che descrive mentre Giovenale manifesta solo sdegno ed una rabbia insopprimibile.
• Nelle satire Giovenale denuncia la condizione dei letterati della sua società, attanagliati dalle difficoltà economiche e umiliati dal successo delle “star” dello spettacolo.
• Giovenale vede nel presente solo il male e la degradazione sempre più pesante della società che ha perso i sani principi e valori della società arcaica e contadina,quali la parsimonia, la fides e l’onestà morale.
• Giovenale individua la causa della decadenza nel denaro e nell’afflusso di stranieri. Nella prospettiva del cliens romano che vede in pericolo i propri piccoli privilegi, gli stranieri, soprattutto i Greci, rappresentano il “diverso”, che ha alterato senza rimedio il tessuto sano della società.
• Il poeta critica anche i nobili, corrotti e rammolliti dai vizi più turpi sono capaci solo di vantarsi dei loro antenati.
• Alle donne contemporanee, che vivono in assoluta libertà da regole e da principi etici, vengono contrapposte le spose e madri dell’antichità, custodi del focolare domestico, fedeli, pudiche e incorruttibili.
• Lo stile di Giovenale è ciò che lo allontana dal genere letterario della satira. Infatti manca del tutto la varietas, la forma dialogica, l’uso del sermo cotidianus è limitato, l’ironia e la comicità sono quasi assenti. Assomiglia molto di più ad una tragedia ed è usato un registro alto.

Apuleio (125 d.C. – 170d.C.)

Vita
Apuleio nacque a Madaura, in Algeria, verso il 125 d.C. da famiglia agiata. Studiò dapprima a Cartagine grammatica e retorica poi ad Atene studiò innumerevoli discipline le quali soprattutto la filosofia. Viaggiò molto, per poi ritornare in Africa svolgendo l’attività di conferenziere. Si sposò con Pudentilla, una ricca vedova di Tripoli, madre di Ponziano. Tre anni dopo il matrimonio morì Ponziano e i parenti della donna incolparono Apuleio di averla sedotta grazie ad un filtro magico. Apuleio si difese con l’Apologia un discorso con il quale ottenne l’assunzione. Dopo il processo tornò a Cartagine e dal 170 non si fanno più notizie di lui.

Opere
Apologia => È il discorso di difesa pronunciato da Apuleio per difendersi dall’accusa di stregoneria nei confronti della moglie. Essa è formata da 103 cap. che si possono dividere in 3 parti principali. Dai cap. 1-25 Apuleio dimostra la vastità delle sue conoscenze e le argomentazioni dell’accusa vengono smontate una per una. Dai cap. 25-65 Apuleio affronta l’accusa più delicata, quella di essere un mago. In verità egli non dice apertamente di non essere mago, ma attribuisce a questa attività una funzione scientifica e filosofica. Infine negli ultimi capitoli, Apuleio ripercorre tutta la storia con Pudentilla e dimostra di non averla sedotta a scopo di lucro. Dimostra che il matrimonio è stato favorito dal figlio di Pudentilla e che l’eredità lasciata dalla vedova è andata tutta ai figli.
Metamorfosi => Le metamorfosi sono una sorta di romanzo in 11 libri. Dal I al III libro si raccontano le avventure di Lucio, che incuriosito dalla magia praticata dalla moglie di un suo ospite, si trasforma per sbaglio in asino. Il possibile antidoto sarebbe quello di mangiare dei petali di rose. Dal IV al X libro sono narrate le vicende di questo asino che è travolto da una vastissima serie di accadimenti, l’ultimo dei quali viene comprato da un ricco signore che accortosi dell’intelligenza dell’asino lo voleva far esibire in uno spettacolo in cui si sarebbe dovuto accoppiare con una condannata a morte. Riesce a scappare a tale destino e viene aiutato nell’ultimo libro dalla dea Iside a riprendere le sembianze umane.

Aspetti di Apuleio e delle Metamorfosi
• Apuleio è dipinto come il maggiore rappresentante della sua epoca, perché conosce sia il greco che il latino. Egli è uno dei protagonisti della “seconda sofistica” ed è interessato un po’ a tutto dalla poesia alla musica.
• La molla che spinge Apuleio è la curiositas che lo porta ad affrontare ogni tipo di studio e indagine. Egli punisce la sua smaniosità di conoscere simbolicamente attraverso le disavventure di Lucio.
• Apuleio dovrebbe essere considerato un “mago della parola”. Egli non bada al tema, bensì a come viene trattato, alla forma.
• Nel suo stile la serietà e lo scherzo si uniscono. È reso inconfondibile da un eccezionale verve ludica e dalla rapidità del pensiero. Lo stile lessicale di Apuleio è composto da termini di tutti i tipi, dai più usuali ai più ricercati.
• Apuleio ha rielaborato la storia delle Metamorfosi dal “Romanzo dell’asino” di Luciano da Samosata, però dandogli un intreccio più ricco e complesso. Esse si possono dividere in 3 nuclei principali: i libri I/III, i libri IV/X e il libro XI.
• I primi tre libri introducono al tema apuleiano della magia, grazie a racconti “neri”, relativi a esperienze di magia e stregoneria e ala curiositas. Nei libri centrali questa curiositas viene soddisfatta e vengono raccontate numerose novelle. Questa parte del romanzo è incentrata sulla rappresentazione della realtà attraverso la vita dei personaggi e delle passioni. Vi è il racconto di Amore e Psiche con lo schema-base di una favola. Essa richiama alcuni temi come la molla all’istinto irrazionale, il sesso e la curiositas. L’ultimo libro coincide con l’ultimo nucleo. In esso alla magia si sostituisce la spiritualità religiosa, alla curiosità profana quella spirituale. C’è la maturazione di Lucio che attraverso l’esperienza che lo rende degno di accostarsi alla preghiera, ottiene da Iside la grazia e la salvezza. C’è un continuo riferimento alla religione Isiaca.
• Il linguaggio è uguale per tutti i personaggi, di ogni provenienza sociale. La realtà comune viene resa letteratura attraverso un linguaggio prezioso, sempre artificiale e non realistico.
• L’effetto complessivo della tecnica di racconto di Apuleio è quello di un grande spettacolo nel quale i temi, significati e messaggi appaiono semplicemente un pretesto, di fronte al piacere di raccontare e stupire.
• I personaggi non hanno spessore psicologico e neppure precisa individualità. Possiamo vedere uno sviluppo e una evoluzione solo nel protagonista, Lucio. Egli attraversando diversi stadi arriva alla maturità spirituale e acquisisce una profonda dimensione interiore.

Esempio