Cicerone

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Testo

CICERONE
Orazioni
Ne cura personalmente la pubblicazione N pubblicare significa riprodurle a mano in più copie, e diffonderle ad un pubblico consono.
Spesso le orazioni sono state riviste e ampliate rispetto ai discorsi pronunciati; in qualche caso scrive appositamente per la pubblicazione, dei discorsi mai pronunciati, con il fine di:
• Fare propaganda politica
• Difendere il suo operato
• Essere famoso tra i contemporanei ed i posteri
➢ Verrine (vedi Libro)
➢ Pro Lege Manilia, De Imperio Gnaei Pompei: è scritta per promuovere la guerra in Oriente contro Mitridate.
• E’ un’orazione che Cicerone fa al popolo a favore della legge del tribuno Manilio, che assegnava a Pompeo poteri straordinari in occasione della guerra contro Mitridate E pericolo che potesse marciare su Roma con l’esercito
• È una legge appoggiata dai populares e dai cavalieri È i successi di Mitridate, minavano agli interessi commerciali delle ricche province romane in Oriente
• Sono contrari alla legge i senatori (gli optimates), perché era rischioso conferire poteri straordinari ad un solo uomo
• Cicerone appoggia la legge perché deve ancora fare carriera politica, insiste perciò sull’eccezionale gravità della situazione, che ha bisogno di misure straordinarie C esalta le qualità di generale di Pompeo
➢ De Lege Agraria: si compone di tre orazioni, due pronunciate davanti al popolo ed una davanti al senato, che vanno contro una proposta di riforma agraria fatta dai populares nel 63 a.C. era già diventato console, quindi non necessita più dell’appoggio del popolo. Se la legge fosse passata, sarebbero stati penalizzati i latifondisti, perché con questo emendamento si volevano restituire allo Stato gli appezzamenti terrieri dell’ager publicus la legge è stata ritirata (verrà applicata quattro anni dopo dalla dittatura di Cesare).
➢ Catilinarie: “concordia ordinum” ” serie di accordi per limitare gli scontri nella società di Roma, mirando a favorire gli intellettuali delle classi senatorie.
➢ Pro Sestio: 56 a.C. : è un’orazione giudiziaria nella quale difende il tribuno della plebe Sestio, che lo aveva aiutato a tornare dall’esilio, e che è accusato di de vi, cioè di aver organizzato bande armate da opporre a Clodio.
• Nell’orazione viene fatta un’analisi della politica interna di Roma N ci sono tensioni in questi anni, e Cicerone sostiene che il ricorso a mezzi illegali si rende necessario a volte, ovvero quando si devono evitare i colpi di stato e difendere le istituzioni gravemente minacciate dai progressi eversivi dei populares
• Lancia un appello per il “consensum omnium bonorium” ” alleanza di tutti i cittadini moderati, che miri alla salvaguardia degli interessi comuni
➢ De Provincis Consularibus: Cesare, che era diventato console, chiede una proroga per cinque anni, che poi diventano dieci q Cicerone appoggia Cesare, sente il bisogno di giustificarlo perché egli in Gallia elimina il pericolo di invasioni, favorendo così gli interessi dello Stato.
➢ Pro Archia Poeta: Archia è un amico di Cicerone, e sperava che egli cantasse le glorie del suo consolato s è un’orazione importante perchè elogia la poesia e offre un momento di svago n il poeta assume funzione sociale, in quanto l’azione porta a far ricordare i grandi uomini.
Filippiche
Stile
Vario, duttile, multiforme: lo stile delle Filippiche, può essere ora molto ampolloso, ora molto stringato. Il modello è Demostene, Cicerone usa la concinnitas, per la quale in un periodo deve esserci sempre simmetria, armonia ed equilibrio.
Docere, delectare e flectere
Docere D mostra la prima funzione dell’oratore, e significa informare il pubblico sulla causa in questione, presentando la tesi nel modo più convincente e razionale.
Delectare D lo usa, insieme al flectere, quando la tesi non è abbastanza convincente. Consiste nel procurare piacere all’uditorio, attraverso l’ironia, con esempi, battute che risultino piacevoli al pubblico, in modo che questo, affascinato, dimentica che la causa in fondo è debole.
Flectere F coinvolgere emotivamente. Alla fine di un processo, è la capacità di far leva sugli affetti e suscitare consenso attraverso i sentimenti, l’ira o la commozione: nelle orazioni c’è molto pathos, c’è uno stile complesso.
De Oratore
Nel pensiero greco, c’era stata una disputa tra i retori e i filosofi, per il primato dell’educazione e dell’avvio alla carriera pubblica Platone (filosofo) VS Sofisti (retori).
Cicerone sostiene che per l’oratore è necessaria una buona preparazione filosofica, ed egli deve possedere una cultura vasta, che comprenda anche lo studio della filosofia. Nonostante questo, deve essere preminente l’eloquenza, che è la facoltà che abbraccia ogni competenza e dottrina.
Cicerone nel “De Oratore” prende posizione contro chi crede che l’oratore perfetto si possa formare solo attraverso regole ed esercizi (concezione tecnicistica), sia contro coloro che credono bastino le doti naturali e l’esperienza. Il perfetto oratore, è colui che contempera il talento naturale con la conoscenza delle tecniche dell’ars, è un uomo impegnato a fondo nella vita pubblica, moralmente e intellettualmente superiore, ha una profonda cultura, che gli permette di parlare con disinvoltura, è un uomo che ha senso dello stato, che studia e agisce per il bene dei concittadini e l’oratore coincide con il politico (vir bonus, dicendi peritus è l’uomo impegnato politicamente, ma ha in sé un impegno morale).
La tecnica del dialogo, sulla quale è impostata l’opera, permette di mettere a confronto le diverse opinioni dei personaggi coinvolti.
Inventio ricerca di argomenti da trattare
Dispositio disporre i vari argomenti in tale modo
Memoria tecniche per imparare a memoria
Elocutio stile da usare, figure retoriche
Actio dizione, tono della voce, gesti da usare.
Testo: il potere della parola (p. 215) T l’oratore è come un sacerdote, è ispirato da un dio; l’oratore con la sua parola, è in grado di punire o assolvere, quindi assume funzione e valore civile.
Brutus
Cicerone, nel percorrere la storia dell’eloquenza, arriva fino a se stesso: in questo modo si paragona a meta e culmine di questa evoluzione dell’ars.
Si scaglia contro l’atticismo, tipicamente usato da Cesare, che consiste in uno stile essenziale, scarno. Allo stesso modo, si scaglia contro l’asianesimo, che è la tendenza opposta, ama periodi lunghi, ampollosi, con numerose figure retoriche. A Cicerone non piace l’eloquenza degli atticisti, come non gradisce quella degli asiani: egli è per il giusto mezzo, quindi se è necessario, si fa ricorso alle forme di artificiosità, senza escluderle a priori come volevano gli atticisti.
De Republica
Nel De Republica Cicerone recupera il modello greco, ma con apporti personali.
Scipione L’Emiliano è l’uomo politico più ammirato da Cicerone, in lui proietta tutti gli ideali e le aspirazioni. Il circolo degli Scipioni, non era un circolo continuativo, nel senso che gli incontri dei vari autori e personaggi avvenivano dopo un viaggio per esempio, quindi saltuariamente, ma non era un ritrovo abituale t l’idea che sia un qualcosa di stabile è un’invenzione proprio di Cicerone.
Fra le tre forme semplici di governo prese in esame, l’autore preferisce una forma mista, che elimina i difetti delle forme principali = repubblica romana, è la miglior forma di governo di genere misto, che garantisce la stabilità dello stato.
De Legibus
In questa opera, Cicerone analizza la storia del diritto romano in ambito politico, civile, religioso.
E’ importante perché:
1. è una fonte storica
2. fa numerosi riferimenti alla realtà politica.
Per difendere le istituzioni e gli interessi della res publica oligarchica, che era in decadenza per l’avvento del regime imperiale, scomoda anche la filosofia greca pur di ottenere il suo scopo.
Opere filosofiche
A Cicerone interessa la morale. Le opere filosofiche vengono scritte a partire dal 45 a.C. , dopo il suo ritiro dalla politica, perché:
• in quel periodo si afferma il potere di Cesare
• è emarginato dai senatori
• gli è da poco morta la figlia, e questo evento lo porta a un bisogno di riflessione.
La sua posizione filosofica è eclettica: accoglie le convinzioni che egli ritiene valide dalle discordanti posizioni delle filosofie greche. Non ha pregiudizi nei confronti di qualsiasi dottrina, ha un atteggiamento aperto e critico nei confronti del sapere.
Carattere dossografico del modo di procedere ciceroniano doxa = opinione, molte sue opere sono infatti una rassegna d’opinioni su determinati problemi. Questo modo di procedere non dipende solo dall’essenza divulgativa, con il solo fine di mostrare le diverse posizioni prese dai greci sui problemi, ma si spiega con l’intento di effettuare una sintesi critica dei risultati cui era giunto il pensiero in secoli. Nascono così le conclusioni di Cicerone, ma sono poste in maniera non definitiva, non vuole dare una verità assoluta, ma pone la questione in modo problematico.
Le opere filosofiche di Cicerone, nella storia della cultura, ci hanno tramandato il pensiero greco e consentono di ricostruire il pensiero di filosofi greci, le cui opere erano andate perse. Cicerone ha elaborato una visione del mondo e dell’uomo, che sembra il punto d’arrivo di una riflessione filosofica che durava da secoli f sintesi di risultati della riflessione filosofica greca, con esperienze morali e politiche del mondo romano.
Il concetto di humanitas, si sviluppa nelle opere filosofiche:
1. l’uomo è superiore agli altri esseri viventi, grazie al dono della ragione che lo rende simile alla divinità
2. l’uomo veramente degno di questo nome, assoggetta gli istinti e le passioni al dominio della ragione l spiccato razionalismo che porta al disprezzo per il corpo, si svaluta tutta la sfera emotiva e affettiva
3. con lo studio, si acquisisce una vasta cultura enciclopedica, prettamente orientata all’umanistico, indispensabile per affinare le qualità naturali, per conoscere a fondo se stessi e il mondo, per orientarsi sempre meglio nella vita
4. nei rapporti con i suoi simili l’uomo deve sempre avere rispetto, tolleranza, benevolenza, autocontrollo, cortesia, equilibrio e tutte queste cose, sono specchio della bellezza e dell’armonia interiori. Le buone maniere e la raffinatezza, contraddistinguono l’aristocratico in ambito sociale, spirituale, morale
5. il dovere di rendersi utili alla società e alla patria è preminente, quindi chi può, deve dedicarsi alla politica
6. successo, gloria, prestigio, non sono da disprezzare, ma non devono essere il fine delle mie azioni. La coscienza di aver fatto qualcosa di buono per la società, è l’unica soddisfazione, Cicerone ha una concezione laica della vita e della morale i i valori morali si stabiliscono in base a criteri umani
Stile
Lo stile della filosofia è diverso da quello dell’oratore. Filosofo = docere, quindi utilizza uno stile meno ricco di artifici, ma è più scarno. Il problema che aveva Cicerone era trovare dei corrispettivi dei termini filosofici greci in latino, in quanto la filosofia greca era innovativa, sotto il profilo della terminologia, quindi per ovviare al problema:
• non lo fa molto spesso, ma Cicerone introduce dei neologismi, con calchi sul modello greco
• recupera termini appartenenti alla tradizione latina, ampliandone il campo semantico, per comprendere il significato dei termini filosofici derivanti dal greco.
Cicerone predilige la forma del dialogo, rispetto a quella del trattato.
Opere significative:
Academici Libri: affronta il problema gnoseologico, che è preliminare nella filosofia; discute se è possibile per l’uomo attingere alla verità assoluta e la soluzione è che non esiste un criterio oggettivo per distinguere con certezza assoluta il vero dal falso, ma è possibile avvicinarsi alla realtà attenendosi a ciò che pare probabile, cioè razionalmente verosimile, dotato cioè di un maggior grado di persuasività rispetto ad altri contenuti.
De Finibus Bonorum Et Malorum: si pone i problemi del fine supremo cui l’uomo deve tendere, che come risultato porta alla felicità. Confuta Epicuro che tende al piacere, confuta lo stoicismo che crede il sommo bene stia nella saggezza.
Cicerone preferisce la dottrina accademica, che dice che la felicità consiste nella virtù, però a differenza degli stoici, è completa solo quando ai beni spirituali se aggiungono quelli del corpo.
De Natura Deorum: confuta sia Epicuro, sia la concezione stoica che vuole una provvidenza divina a reggere il mondo; la conclusione di Cicerone è che forse è più vicina alla realtà è la soluzione stoica. In Cicerone c’è un certo agnosticismo, ovvero non sa schierarsi con precisione nei credenti o negli atei: nella sua scelta appare comunque la preoccupazione di salvare la religione, che era fondamentale come instrumentum regni.
De Divinatione: riflette sull’arte divinatoria, critica i filosofi che hanno tentato di difenderla, e afferma che la religione sarebbe di maggior pregio se depurata da ogni superstizione. Cicerone però, oltre ad essere magistrato era anche appartenente al collegio degli Auguri, che facevano uso della divinazione. Analizzando la sua posizione in merito alla divinazione, Cicerone crede che dal punto di vista politico possa essere utile, e le conferisce una funzione conservatrice e la divinazione è instrumentum regni.
Cato Maior De Senectute: Catone in quest’opera, chiacchiera con Scipione l’Emiliano e Lelio, elogia la vecchiaia, dicendo che non è un periodo inutile della vita, ma anzi, questo porta tanti piccoli piaceri, non ultimo il piacere della morte che libera l’uomo dalle catene del corpo e lo porta verso l’immortalità. Catone, nell’opera, è portavoce della cultura filosofica, della cultura letteraria e dell’humanitas di Cicerone. In quest’opera Cicerone esprime la nostalgia per il buon tempo antico, in cui il politico poteva comunque mantenere prestigio fino alla tarda vecchiaia.
Lelius De Amicitia: tratta dell’amicizia come il bene più grande per l’uomo, dopo la sapienza. Nell’opera parla Lelio dopo la morte di Scipione l’Emiliano, e Cicerone recupera il concetto romano di amicizia, ma rivisto alla luce del pensiero greco: l’amicizia non nasce dall’interesse, ma dall’amore per i propri simili che è innato nell’uomo. La vera amicizia sussiste solo tra le persone virtuose.
De Officiis
Sembra che ci possa essere un conflitto tra ciò che è utile e ciò che è giusto: è un conflitto solo apparente, perché posso fare qualcosa di utile senza danneggiare la società. Ciò che nuoce agli altri e pare utile non lo è, perché si minacciano le basi del consorzio civile.
Epistolario
Non sappiamo con quali criteri sia stata organizzata la raccolta, ne conosciamo gli intenti della pubblicazione, anche se supponiamo che possa essere:
1. per commemorare questo grande personaggio
2. qualcuno crede che la divulgazione, sia stata promossa da Ottaviano, che almeno in parte, è responsabile dell’uccisione di Cicerone. In questo modo l’imperatore vuol screditare la figura dell’autore, e fare in modo di discolparsi, anche perché nelle lettere Cicerone non appare così forte, sicuro e convincente come nelle sue orazioni, anzi si dimostra debole, indeciso e intento a lamentarsi d’ogni cosa.
In quest’opera vediamo Cicerone come rappresentante significativo del suo tempo, poiché riesce ad emergere la sua personalità artistica, filosofica e culturale.
Le epistole sono un documento psicologico di Cicerone, ci danno una serie di notizie di carattere storico, erudito e antiquario.
Tutte le lettere sono state inviate ad un destinatario, nessuna è restata ai posteri, come invece accade con molti autori del suo tempo. Abbiamo poi tre tipi di lettera:
1. pubbliche ed aperte: sono delle lettere inviate ad una persona, ma il destinatario è intermediario tra l’autore e il suo pubblico, perché non la tiene per sé, ma la divulga ad altri
2. private a carattere letterario: sono lettere inviate a persone che non conosce bene, che non sono amici intimi, quindi Cicerone è preoccupato per l’immagine che può dare di sé, controlla con rigore la forma, i contenuti e la sintassi, attenendosi scrupolosamente al modello della comunicazione personale
3. intime e sincere.
IV Catilinaria
• Patres conscipti: senatori
• Per deos immortales: per gli dei immortali!
• Salus, salutis: salvezza
• Dei D dii di
• Meis laboribus: causa efficiente o mezzo
Capitolo I p.176
Io vedo, o senatori, che i volti e gli occhi di voi tutti sono stati rivolti verso me, vedo voi essere preoccupati non solo per il vostro pericolo e dello stato, per il pericolo che io sto correndo, se questo è stato allontanato. E’ per me lieta nel male e bene accetta nel dolore la vostra benevolenza verso di me, ma quella per gli dei immortali! Abbandonatela, e dimentichi (avendo dimenticato) della mia di salvezza, pensate a voi e ai vostri figli. A me, se è stata data in sorte questa condizione del consolato, cosicché sopportassi tutte le amarezze, tutti i dolori e le sofferenze, li tollererò, non solo strenuamente ma anche più contento, a condizione che ne derivi dalle mie fatiche per voi e per il popolo romano, dignità e salvezza. Io sono quel console, senatori, per il quale non il foro, nel quale è contenuta ogni giustizia, non il Campo Marzio, reso sommo dagli auspici dei consoli (o alle autorità dei consoli), non la curia [manca], rifugio per tutte le genti, non la casa, [manca], non il letto concesso per il riposo, non il fine [manca], non fu mai vuoto dal pericolo di morte e dalle insidie. Io passo molte cose sotto silenzio, molte sopportai, a molte rinunciai, molte situazioni negative fui costretto a considerare legittime, per il timore che nutrivo per voi. Ora, se gli dei immortali vollero che questa fosse la conclusione del mio consolato, affinché salvassi voi e il popolo romano dalla strage, le vostre spose e i vostri figli e le Vergini Vestali dalla crudelissima persecuzione, i templi e i santuari, questa bellissima patria di tutti noi, da un terribile incendio, tutta l’Italia dalla rovina e dalle guerre, subirò qualunque sorte sarà assegnata a me solo dal destino. E infatti Publio Lentulo ha rietenuto che il suo nome, indotto dai vati, sarebbe stato fatale per la rovina dello stato, perché io non dovrei allietarmi che il mio consolato sia stato in certo modo voluto dal Fato per la salvezza del popolo romano?

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