Cecilio Stazio e Pacuvio

Materie:Appunti
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Testo

PACUVIO 220 a.C.-130 a.C.
Plinio racconta che Pacuvio era nipote di Ennio. Aveva una personalità nuova molto lontana dalle concezioni tradizionaliste e conservatrici. Ebbe molti interessi tra cui l’arte e la musica. Nacque a Brindisi nel 220 a.C. e trasferitosi a Roma entrò anche lui in contatto con gli Scipioni e divenne amico di Lelio e Scipione l’Emiliano. Lasciò poche opere e ci sono pervenuti i titoli di dodici tragedie e 400 versi; sappiamo anche che scrisse alcune Saturae di tipo enfiano, di cui però non ci rimane nulla. Da ciò che ci rimane si può capire che Pacuvio fu un grande conoscitore della tragedia greca classica e postclassica; egli preferì trattare i miti meno noti e riuscì a fondere i suoi interessi e il suo gusto artistico con lo spirito tipicamente romano dei suoi personaggi. Si usa dire che essi siano carichi di pathos, ma è più corretto dire che tendono al sublime, all’elevatezza dei sentimenti. Il teatro di Pacuvio ebbe un grande successo presso le classi più alte e colte. I suoi personaggi si esprimono in una lingua elaborata; egli si serve di parole solenni e spesso utilizza parole usate solo da lui.

CECILIO STAZIO 220 a.C.- 168-167 a.C.
Su di lui si hanno poche notizie ma la maggior parte sono fornite da Girolamo che afferma che egli era originario della Gallia Insubre e che fu “Ennii contubernalis” ossia o compagno d’armi o coabitante o scolaro di Ennio. Inoltre ci fornisce l’indicazione della data della sua morte fissandola nel 168-167 a .C. seppellito nei pressi di Granicolo; ma questa indicazione si scontra con quella si Donato. Un’altra informazione ci viene fornita da Aulo Gallio, il quale afferma che Stazio era uno schiavo poi affrancato da una delle gens Caecilia. Di lui ci rimangono i titoli di 40 commedie e 290 versi: la maggior parte ha titolo greco, mentre due hanno doppio titolo, quello greco e quello latino. E’ un problema aperto se Cecilio abbia scritto prima le commedie con titolo greco e poi quelle con titolo latino o viceversa. Venne definito da Volcacio Se digito un poeta mimico, ossia con la capacità di rappresentare con fedeltà sulla scena la vita reale; anche Marrone attribuisce a lui il primato nel genere comico. Non usa la contaminatio. I suoi modelli sono da individuare nella Commedia Nuova, infatti Menandro fu il suo commediografo preferito. Il suo teatro si compiace della riflessione pacata e moralistica e sono numerose la battute che hanno il tono della riflessione moraleggiante. Il Plocium è la commedia di cui abbiamo più frammenti: un vecchio marito si lamenta della moglie che con la sua prepotenza gli rende la vita difficile. Il suo teatro è originale anche perché si fa portavoce dei valori che il circolo scipionico cercava di radicare nella società di quegli anni, come il valore dell’humanitas. Il poeta ebbe una fortuna di poca durata: il posto che egli si era conquistato con fatica dopo la morte di Plauto fu rapidamente preso da Terenzio.

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