Materie: | Appunti |
Categoria: | Latino |
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Data: | 10.04.2001 |
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Testo
I.
Cui dono1 lepidum novum libellum2
arida modo pumice expolitum3?
Corneli, tibi: namque tu solebas
meas esse aliquid putare nugas4
iam tum, cum5 ausus es unus Italorum
omne aevum tribus explicare cartis
doctis, Iuppiter, et laboriosis.
Quare habe tibi quicquid hoc libelli
qualecumque; quod6, patrona virgo,
plus uno maneat perenne7 saeclo.
A chi dovrei offrire (questo) nuovo libretto, testé levigato dall’arida pomice? A te, Cornelio: tu infatti eri solito attribuire un certo valore alle mie nugae, fin da quando, tu solo tra gli Italici, osasti trattare tutta la storia in tre dotti e, per Giove, laboriosi libri. Accetta perciò questo libretto per quel che è e per quanto possa valere; che (possa esso) durare, o vergine protettrice (Musa), attraverso gli anni per più di una generazione.
Catullo non pose questo breve componimento all’inizio della sua opera, anche solo per il fatto che non fu lui a curarne l’edizione. Il libellus al quale fa riferimento, tra l’altro, non è di certo il libro che noi oggi abbiamo, composto di più di duemila versi, bensì un più ristretto gruppo di brani sull’estensione del quale sono state avanzate varie ipotesi: c’è chi lo identifica nei primi 15 carmi, chi nei primi 60 e così via. Di certo non si possono inserire i carmina docta in questo elenco: il riferimento alle nugae del verso 4 è un chiaro segnale di ciò, e anche solo la leggerezza della presentazione ci fa pensare ad un’opera di scarsa elevazione, anche se, a quanto dice, di un certo valore affettivo. A questo si aggiunge poi la conclusione, in cui Catullo augura alla sua opera di essere ricordata non nei secoli, ma, molto modestamente, quantomeno per più di una generazione. Pare chiaro dunque che questa introduzione sia riferita solo ad una cerchia di carmi dai temi e dai toni leggeri. Il perché della dedica proprio a Cornelio Nepote è presto detto: questi considerava Catullo come il maggior artista del suo tempo e Catullo, grato a chi seppe tralasciare le imponenti opere di altri per apprezzare le sue nugae, gli offre questo libellus. C’è chi sostiene che sia stato Cornelio Nepote stesso a curare l’edizione dell’opera, trovando così una facile spiegazione per la collocazione in capo al libro della dedica.
1 Dono, al presente, è utilizzato come falso condizionale e significa dunque “dovrei offrire”
2 Libellum ha sia valore diminutivo – dovuto alle ridotte dimensioni dell’opera – che vezzeggiativo, affettuoso quasi
3 Potrebbe essere inteso come l’effettiva operazione di levigatura dei libri, ma chiara è l’allusione al labor limae
4 Le nugae sono dei componimenti brevi e, rispetto alla tragedia o all’epica, meno impegnati, senza per questo essere però prive di valore artistico
5 “già allora, quando”, il che equivale a “fin da quando”
6 Il quod è riferito al libellum
7 Perenne non ha qui l’attuale significato di “perenne”, appunto, ma quello di “attraverso gli anni”. È infatti composto da per + annus
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