Autarcheia e metriotes

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Testo

Se puoi giocare come un convitato sui letti di Archiace e non hai timore di cenare in modesti piatti ogni tipo di legume, ti aspetterò a casa fino al tramonto.
Berrai vini versati al secondo consolato di Tauro, dalla zona palustre tra Minturno e Petrino Sinuessa.
Se hai di meglio portalo o sopporta il mio comando, ormai già da tempo splende il fuoco e la suppellettile pulita per te: manda via la speranza e i combattimenti a causa della ricchezza e il processo di Mosco: domani il giorno festivo per il compleanno di Cesare dà il permesso di dormire; senza danno si potrà prolungare la notte estiva chiacchierando piacevolmente.
A che pro avere ricchezze se non sai goderne?
Chi è parsimonioso pensando all’erede ed è troppo austero sieda accanto al pazzo: sarò io il primo a bere e a spargere i fiori e lascerò che mi considerino dissennato.
Che cosa non dissuggella all’ebrezza?
Svela i segreti, fa si che le speranze sembrino realtà; spinge a combattere l’ignavo, libera gli animi dal peso che li angustia, insegna le arti.
Chi non resero eloquente i fecondi calici?
Chi non rendono libero pure nelle ristrettezze della povertà?

Io essendone in grado e facendolo ben volentieri mi impegno di provvedere a quanto segue, che la coperta del letto triclare sporca e il tovagliolo sudicio non faccia arricciare il naso, che la coppa o il piatto ti facciano da specchio, e che, tra gli amici fidati, non vi sia chi porti fuori i nostri discorsi, che s’incotrino e siedano vicine persone simili tra loro.
Bruto e Settimo inviterò per te e, se non lo trattiene un precedente invito o una ragazza che gli sta più a cuore di noi, Sabino; c’è posto per più di un accompagnatore, ma il puzzo di capra opprime i conviti troppo pigiati.
Tu fammi sapere in quanti vuoi che siamo e lasciati da parte gli affari pianta in asso i clienti che aspettano nell’atrio uscendo dalla porta di dietro.

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