Verismo, Naturalismo e Verga

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano

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Testo

Naturalismo: deriva dal positivismo(vede la scienza come l’unica forma di conoscenza attendibile). Taine, l’allievo più importante di Comte, fu il primo a teorizzare che l’ opera d’arte è l’insieme di ereditarietà, ambiente e momento storico. Gli elementi essenziali del romanzo naturalista sono: il narratore deve analizzare approfonditamente l’animo umano; ambiente, momento storico e ereditarietà sono i tre parametri dai quali deve essere determinata la trama e le azioni dei personaggi; il narratore deve essere oggettivo e impersonale; il nuovo romanzo è legato al sociale e non più alla storia. Emergono però due problemi: il primo è legato all’impersonalità poiché se si elude il narratore si cancella anche il romanzo quindi l’impersonalità è solo un mito dei naturalisti. Da ciò ne deriva una prosa sintetica, molto controllata, priva di cantucci e di autobiografia.
Il secondo problema riguarda il determinismo (teoria per cui date certe condizioni, la vita umana scorre all’interno di determinati binari).
Gustave Flaubert: è visto come il padre dei naturalisti(anche se non lo è stato). Il suo obiettivo è quello di superare la tecnica di Balzac dato che i suoi personaggi sono ancora troppo romanzati e pittoreschi inoltre vuole raggiungere uno stile privo di partecipazione e giudizi. Il protagonista è tale perché si trova al centro di una serie di eventi che costituiscono il racconto. Il suo realismo è di tipo linguistico narrativo.
De Grancourt: la caratteristica dei due fratelli (Edmond e Jules) è che pongono al centro dei loro romanzi gli umili e la storia di questi viene narrata senza troppe effusioni sentimentali, perciò, lo stile è oggettivo. Germinie Lacerteux è l’opera principale e narra la storia di una domestica che, dilaniata dall’amore, si lascia morire.
Emile Zola: diventa famoso dopo aver scritto Teresa Raquin; interviene per difendere Manet e gli impressionisti e drefus denunciando pubblicamente il complotto militarista scrivendo “j’accuse”. Applica i tre principi di Taine nel Raugon-Macquart: un’ opera di venti volumi in cui vengono narrate le vicende di una stessa famiglia i cui membri appartengono a strati sociali diversi e in un preciso periodo storico(il suo). Ha un forte determinismo che si trasforma in una critica sociale dato che ambiente e momento storico sono gli elementi determinanti mentre l’ereditarietà appare come frutto dei fattori precedenti.
Verismo: in Italia c’è stata da poco l’unificazione nazionale, ma, lotte intestine durate secoli hanno creato delle forti differenziazioni linguistiche, economiche e culturali in tutta l’isola(inoltre era da poco sorta la questione meridionale). I nuovi intellettuali veristi si differenziano dai naturalisti poiché ad assumere importanza è l’ambiente ( che non è quello delle metropoli ma quello dei paesaggi arcaici) e l’ereditarietà. L’ambiente storico non è più così importante, anche perché gli uomini si sono comportati sempre allo stesso modo, da ciò deriva il fatalismo ossia l’idea che non si può far niente per cambiare il corso della storia e quindi nessuno può essere responsabile politicamente per ciò che accade. Il naturalismo-verismo si colloca più sul piano stilistico che su quello ideologico.
Luigi Capuana: è uno dei principali diffusori del verismo in Italia. Come Verga è uno scrittore siciliano post-risorgimentale che, deluso dall’unificazione ricerca il vero e il reale. Capuana cerca di cogliere l’aspetto letterario dell’impersonalità dello stile dal naturalismo francese.

Giovanni Verga: nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di possidenti terrieri di idee liberali. Abbandonati gli studi di legge ai quali era stato avviato dai familiari, si dedica presto alla narrativa e al giornalismo. Nel 1869 si trasferisce a Firenze: sono gli anni della stesura di romanzi di successo impostati su tormentati intrecci psicologici. Nel 74 matura una nuova poetica, il verismo, che ha del naturalismo il suo punto di riferimento. Negli anni successivi l’autore va progressivamente allontanandosi dagli ambienti culturali più vivi: amareggiato per il silenzio che circonda le sue opere, ritorna a Catania e qui si dedica alla stesura degli ultimi racconti e lavora per il teatro. Nel 1920 Verga diventa senatore; muore nel gennaio del 1922.
I suoi primi romanzi sono “i carbonari di montagna”(narra le lotte della carboneria nel sud Italia per contrastare Murat e i Francesi) e “sulle lagune”( racconta una storia d’amore ambientata a Venezia, nel quadro delle persecuzioni subite da alcuni patrioti a causa del dominio austriaco) ma questi non ebbero molto successo, perciò si avvicina al romanzo sentimentale con “una peccatrice”(storia dell’amore di un giovane siciliano per una bella contessa di prato che lo rinnega in quanto poco abbiente;quando questo diventa ricco i ruoli s’invertono e lei, dopo essersi data all’oppio, muore.
“Storia di una capinera” è il romanzo che porta fortuna a Verga per un decennio(scritto in forma epistolare riunisce le lettere inviate da Maria all’amica Marianna. La capinera in gabbia racconta la propria vicenda di amore impossibile, che si conclude con la follia e la morte in convento). Nel 1872 si trasferisce a Milano che in quegli anni era la città più europea d’ Italia; sono gli anni della scapigliatura ossia della contestazione della tradizione letteraria; contemporaneamente si diffonde il naturalismo che verga conosce grazie a Zola.
Nel 1873 scrive Eva( storia dell’amore di Enrico Lanti, pittore siciliano, per la bella Eva. La passione si stempera nella quotidianità e nelle difficoltà economiche. Dopo aver ucciso il rivale in amore in un duello, Enrico torna in Sicilia ferito e malato a morte, Eva, invece, finisce i suoi ultimi giorni nella casa paterna).
Nel 1875, per denunciare l’avidità di ricchezza e piacere, scrive Eros e Tigre reale.
Eros( storia del marchese Alberti, giovane irrequieto, che non riesce a placare la propria inquietudine con l’amore fedele per la cugina Adele. Dopo aver condotto per anni una vita dissoluta, il protagonista ritrova Adele e la sposa; i buoni propositi, però, durano poco e presto riaffiorano le vecchie abitudini: la donna morirà di dolore e l’uomo si suiciderà per il rimorso).
Tigre reale( il protagonista, Giorgia La Ferita, abbandonate le giovani ambizioni letterarie per la carriera diplomatica, intreccia una relazione amorosa con una contessa russa, Nata, trovandosi così diviso tra famiglia e amante. La donna alla fine morirà e Giorgio tornerà in famiglia).
Questi due romanzi sono apprezzati dal pubblico come un tentativo realistico di denuncia contro i vizi e le passioni. Con il dibattito sul naturalismo e sulle teorie di Darwin, Verga, sposta l’attenzione sull’istinto di sopravvivenza e sulle classi sociali povere, nonché sull’ambiente siciliano. In questa direzione aveva già scritto Nedda( la protagonista deve raccogliere le olive per vivere; dopo essere rimasta incinta da un ragazzo che è morto, deve abbandonare il paese).
Nel 1880 scrive una raccolta di novelle “vita dei campi” dove cerca un realismo aderente al vero. Il contatto con i naturalisti fa sorgere in lui un senso di fatalismo pessimistico dal quale poi deriva il determinismo ambientale: chi nasce povero resterà tale; ciò è spiegato nell’ideale dell’ostrica: gli uomini come le ostriche sono attaccati a uno scoglio che rappresenta la loro ancora, se si allontanano da questo per cercare di migliorare la loro condizione periscono.
Verga vuole scrivere dei romanzi che abbiano come oggetto principale la lotta per la vita e questo è lo scopo del “ciclo dei vinti”: cinque romanzi che rappresentano in progressione i vari strati sociali, dalla lotta per i bisogni elementari come nei Malavoglia, all’avidità di ricchezze che domina il mondo provinciale di Mastro Don Gesualdo, alla lotta di chi vede fallire la propria ambizione sociale nel mondo aristocratico come la Duchessa di Leyra, alle mire politiche dell’onorevole Scipioni, fino all’artista che raccoglie in sé tutti i desideri per consumarli.
I Malavoglia: la famiglia dei Toscano (ironicamente detti Malavoglia), pescatori onesti e labiosi di Acitrezza, povero paese siciliano,tentano di salire a un gradino sociale superiore tramite la compravendita di un carico di lupini acquistati a credito. La loro barca però naufraga: il carico viene perso e il capofamiglia, Bastianazzo, annega. È l’inizio di una serie di sventure: i M. guidati dall’energico nonno,Padron ‘Ntoni, s’impegnano a sistemare la barca rovinata e a saldare il debito dei lupini con l’usuraio, zio Crocifisso. Dei figli di Bastianazzo, ‘Ntoni, il maggiore, si perde dietro a facili avventure e al contrabbando, Luca muore nella III guerra d’indipendenza, Mena rinuncia al matrimonio perché non ha più nulla da portare in dote e Lia fugge di casa per prostituirsi. La madre e il nonno muoiono e la casa del nespolo, simbolo dell’unità familiare, è venduta per far fronte ai debiti. Solo alla fine i due figli superstiti, Alessi e Mena, riescono a riscattarla e a ricostruire una cellula familiare.
Emerge chiaramente la visione pessimistica dello scrittore: il destino si accanisce crudelmente su chi si stacca dal proprio scoglio per cercare di migliorare la propria condizione. Nel romanzo è presente il principio dell’impersonalità: lo scrittore si nasconde dietro le voci, i modi di dire e l’immaginario dei personaggi stessi.
Verga e Capuana si distaccano da Zola il quale continuava credere nel progresso sociale e fanno del naturalismo una questione di forma.
I M. è un insuccesso poiché il pubblico borghese non si riconosce nelle vicende dei pescatori, per questo Verga scrive Il marito di Elena(molto simile a madame bovarì): la donna è una bella borghese che per sfuggire dalla noia ha vari amanti; il marito per catturare la sua attenzione finge il suicidio ma, quando si accorge che anche questo gesto non serve a niente le spara.
Nel 1883 pubblica Novelle rusticane(malaria, la roba e libertà) dove è presente la lotta per la sopravvivenza nel mondo contadino; nello stesso anno pubblica Per le vie dove il tema è lo stesso ma è applicato nella realtà urbana del proletariato di Milano.
Tenta la via del successo dedicandosi al teatro con cavalleria rusticana(passioni d’amore su uno sfondo rustico); il pubblico apprezza le passioni e l’esotico e si crea così un conflitto tra gusto del pubblico e i progetti dello scittore.
Nel 1889 scrive il secondo romanzo del ciclo dei vinti: Mastro Don Gesualdo che non lotta per la sopravvivenza ma per l’ascesa sociale; da muratore si è arricchito ed è diventato un possidente, sposa la figlia di una famiglia nobile, Bianca, che però lo disprezza e lo isola, la sua famiglia d’origine cerca solo di spillargli denaro e la figlia lo rinnega; alla fine l’uomo muore solo come un cane. Al contrario dei M. qui domina la voglia di ascesa sociale e di ricchezza; stilisticamente parlando la perdita della voce narrante si focalizza nel punto di vista del protagonista, il linguaggio è meno scurrile e l’opera che ne risulta è meno innovativa.
Il gusto del pubblico si evolve: si avvicina al positivismo della scienza e a d’annunzio, quindi al decadentismo. Verga sentendosi fatto fuori si ritira in sicilia e dopo aver scritto Don Candeloro e Co. Abbandona la produzione letteraria per dedicarsi alla cura delle sue terre.

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